2 Maggio 2023

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    RES debutta in Borsa il 4 maggio. Invitalia è anchor investor

    (Teleborsa) – RES, società molisana attiva nel settore della circular economy e della sostenibilità ambientale, è stata ammessa Borsa Italiana alle negoziazioni su Euronext Growth Milan (EGM), il segmento di Piazza Affari dedicato alle piccole e medie imprese ad elevato potenziale di crescita. L’avvio delle negoziazioni è fissato per giovedì 4 maggio 2023.L’ammissione è avvenuta a seguito del collocamento rivolto ad investitori qualificati italiani ed istituzionali esteri di 2.699.230 azioni ordinarie, per un controvalore complessivo pari a 10,8 milioni di euro, di cui circa 3,8 milioni sottoscritti da Invitalia (tramite Fondo Cresci al Sud) in qualità di anchor investor.Il prezzo di collocamento delle azioni è stato fissato in 4 euro per azione, corrispondente ad una capitalizzazione pari a circa 42,8 milioni di euro, mentre considerando le Price Adjustment Shares (PAS) non quotate il valore del capitale economico è pari a circa 50,8 milioni di euro. Il flottante è pari al 25,23%, includendo nel computo le sole azioni ordinarie quotate.”Ringrazio gli investitori che hanno mostrato interesse e partecipazione verso la società e siamo orgogliosi di aver al nostro fianco un partner come Invitalia che crede nella bontà del nostro progetto industriale – ha commentato l’AD Antonio Lucio Valerio – Saremo l’unica società molisana a Piazza Affari e questo ci rende ancora più fieri di rappresentare la nostra regione nel segno della sostenibilità e dell’innovazione tecnologica”.”La Borsa è per RES un primo importante passo che servirà ad accelerare il piano di crescita già avviato e che prevede investimenti funzionali ad efficientare ulteriormente la dotazione impiantistica esistente, a sviluppare nuovi progetti di ricerca applicata nell’ambito della Circular Economy e a finanziare anche un’attività mirata di M&A su impianti e autorizzazioni di terzi in aree geografiche limitrofe”, ha aggiunto.Nel processo di quotazione, RES è assistita da EnVent Capital Markets, in qualità di Euronext Growth Advisor, Global Coordinator ed Equity Research provider; Legance Avvocati Associati è Advisor legale e fiscale; EPYON è incaricata della due diligence finanziaria; BDO è la Società di revisione, mentre Spriano Communication è advisor di comunicazione corporate e finanziaria. MIT SIM agirà in qualità di Specialist.(Foto: © Antonio Truzzi | 123RF) LEGGI TUTTO

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    OPS Autogrill, termine periodo adesione prorogato al 18 maggio

    (Teleborsa) – Nell’ambito dell’offerta pubblica di scambio (OPS) obbligatoria promossa da Dufry sulle azioni ordinarie di Autogrill, l’offerente ha comunicato la proroga del periodo di adesione. La conclusione, che era originariamente prevista per il 15 maggio 2023, è stata spostata al 18 maggio 2023. La proroga, si legge in una nota, serve a consentire agli azionisti di Autogrill di beneficiare di un più ampio periodo di tempo per esaminare i dati dei Ricavi Consolidati al 31 marzo 2023 che saranno pubblicati da Autogrill il 9 maggio 2023 e il Trading Update del 1° trimestre 2023 che sarà pubblicato da Dufry il 10 maggio 2023.Intanto, risulta che oggi, 2 maggio 2023, sono state presentate 47.866 richieste di adesione. Pertanto, complessivamente le richieste di adesioni sono a quota 1.128.780, pari allo 0,5919% dell’offerta. LEGGI TUTTO

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    Pioggia di vendite a Wall Street in attesa della Fed

    (Teleborsa) – Wall Street è in netto ribasso, con l’attenzione degli investitori incentrata sulla riunione della Fed di questa settimana e sulle trimestrali delle multinazionali a stelle e strisce. Continua intanto la pressione sul settore bancario, nonostante il salvataggio di First Republic Bank da parte di JPMorgan e con Morgan Stanley che si sta preparando a un nuovo round di tagli di posti di lavoro, poiché i timori di recessione ritardano un rimbalzo nei deal.La riunione del FOMC dovrebbe concludersi con un altro rialzo dei tassi di 25 punti base e l’apertura di una possibile fase di pausa prolungata. Ieri, il segretario del Tesoro Yellen ha detto che il Tesoro potrebbe terminare le misure straordinarie per la gestione del debito a partire dal 1° giugno in assenza di un accordo sul limite del debito.Sul fronte macroeconomico, sono aumentate meno delle attese gli ordini all’industria statunitensi, mentre il numero di offerte di lavoro è diminuito oltre le previsioni.Tra le trimestrali di maggior rilievo ci sono quelle di Uber (conti oltre le attese e redditività in miglioramento), Marriott (guidance migliorata dopo primo trimestre oltre le attese), Pfizer (primo trimestre oltre le attese nonostante calo contributo COVID-19), Chegg (ChatGPT impatta sulla crescita degli utenti).Scambi in ribasso per la Borsa di New York, che accusa una flessione dell’1,47% sul Dow Jones; sulla stessa linea, profondo rosso per l’S&P-500, che retrocede a 4.105 punti, in netto calo dell’1,51%. In discesa il Nasdaq 100 (-1,06%); sulla stessa tendenza, negativo l’S&P 100 (-1,34%).Nell’S&P 500, non si salva alcun comparto. In fondo alla classifica, i maggiori ribassi si manifestano nei comparti energia (-4,91%), finanziario (-2,85%) e materiali (-1,79%).Unica tra le Blue Chip del Dow Jones a riportare un sensibile aumento è Johnson & Johnson (+0,54%).Le più forti vendite, invece, si manifestano su Chevron, che prosegue le contrattazioni a -4,93%. Pessima performance per American Express, che registra un ribasso del 4,24%. Sessione nera per Walgreens Boots Alliance, che lascia sul tappeto una perdita del 4,22%. In rosso Caterpillar, che evidenzia un deciso ribasso del 2,46%.Tra i protagonisti del Nasdaq 100, Marriott International (+3,53%), NXP Semiconductors (+3,06%), Amazon (+0,94%) e Vertex Pharmaceuticals (+0,78%).Le più forti vendite, invece, si manifestano su PDD Holdings, che prosegue le contrattazioni a -6,50%. In perdita Diamondback Energy, che scende del 6,02%. Pesante Baker Hughes Company, che segna una discesa di ben -5,78 punti percentuali. Seduta negativa per IDEXX Laboratories, che scende del 5,52%. LEGGI TUTTO

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    Tlc, Report I-Com-WINDTRE 2023: “Le semplificazioni funzionano ma 5 misure sono ancora insoddisfacenti”

    (Teleborsa) – Migliora l’impatto delle misure di semplificazione normativa a sostegno dello sviluppo infrastrutturale in Italia, ma permangono ostacoli alla realizzazione di nuove opere sui territori ed è ancora frequente il superamento dei termini previsti per legge per il rilascio delle autorizzazioni. Sono queste alcune delle evidenze più rilevanti dello studio “Da Nimby a Pimby: fare infrastrutture in Italia”, realizzato da I-Com, Istituto Italiano per la Competitività, e presentato nel corso nel corso della prima tavola rotonda del 2023 del Futur#Lab, il Laboratorio sull’innovazione progettato dal think tank in collaborazione con WINDTRE e realizzato in partnership con Join Group, Ericsson e Inwit. Il rapporto aggiorna la valutazione realizzata per la prima volta nel 2022 sull’impatto di 15 misure di semplificazione. Rispetto all’anno scorso, le misure prese in esame sono 13 (alcune innovazioni sono state nel frattempo superate o accorpate) e di queste 5 presentano ancora criticità (erano 9 nel rapporto 2022). Nel dettaglio, 3 provvedimenti su 6 nell’infrastrutturazione di rete fissa presentano ancora criticità irrisolte (in particolare, relative alle difficoltà di utilizzo delle microtrincee, alla conferenza dei servizi e al divieto di imporre ulteriori oneri). Per quanto concerne le norme indirizzate a semplificare l’infrastrutturazione di rete mobile le criticità riguardano adesso 2 innovazioni su 7 mentre altre due appaiono parzialmente risolte.Dalle risposte delle aziende alla survey condotta da I-Com emerge che la persistenza di criticità ancora irrisolte e di margini di progresso non riguardi la formulazione delle norme generali quanto piuttosto riguardo la loro applicazione e armonizzazione con quelle territoriali adottate dalle amministrazioni locali che a vario titolo sono coinvolte nelle procedure di autorizzazione. Questo riduce il potenziale beneficio degli interventi di semplificazione e allunga i tempi di realizzazione delle opere: la maggior parte degli operatori dichiara, infatti, il frequente superamento dei termini previsti per legge per il rilascio delle autorizzazioni. Tra le proposte per superare le criticità e garantire uniformità di applicazione della disciplina sull’intero territorio nazionale e favorire strumenti di cooperazione tra operatori ed enti locali, il rapporto suggerisce di intraprendere iniziative di formazione rivolte agli amministratori locali attraverso ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e UNCEM (Unione Comuni Comunità Enti Montani), nonché di realizzare un monitoraggio dei procedimenti autorizzativi aperti per le diverse infrastrutture e impianti, allo scopo di aumentare il livello di collaborazione inter-istituzionale e pubblico-privato, nonché la capacità delle singole amministrazioni, sia nazionali che locali. LEGGI TUTTO

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    3M cede a Pierrel asset per 70 milioni di dollari

    (Teleborsa) – 3M, colosso industriale statunitense, ha stipulato accordi per la vendita di alcuni asset associati al suo portafoglio di anestetici locali dentali, con sede a Seefeld (Germania), a Pierrel, provider globale dell’industria farmaceutica quotato su Euronext Milan, per un prezzo di acquisto di 70 milioni di dollari.I prodotti anestetici locali di 3M, venduti principalmente in Europa e in Asia, includono prodotti venduti con i marchi Ubistesin, Xylestesin e Mepivastesin, insieme a siringhe e aghi correlati e fanno parte del business dei materiali dentali nella divisione Oral Care Solutions di 3M.Nell’ambito della gestione strategica del portafoglio, 3M ha deciso di uscire da questi prodotti e dare la priorità agli investimenti che sfruttano le tecnologie di base per l’igiene orale del suo business sanitario, si legge in una nota. I prodotti oggetto di compravendita hanno registrato vendite annuali nel 2022 di circa 30 milioni di dollari.La transazione dovrebbe essere completata nel terzo trimestre del 2023. Dopo il closing, 3M fornirà supporto a Pierrel per facilitare una transizione agevole per i clienti. 3M manterrà la proprietà della struttura e delle operazioni di Seefeld, che supportano l’attività Oral Care di 3M. LEGGI TUTTO

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    Inflazione, Associazioni dei consumatori: “Governo intervenga per contrastare caro prezzi”

    (Teleborsa) – Dopo una breve tregua, il tasso di inflazione torna a crescere ad aprile: secondo le stime preliminari si attesta all’8,3%, con un aumento del +0,5% su base mensile. A spingere al rialzo il tasso di inflazione sono soprattutto i prezzi dei beni energetici non regolamentati. Dati, quelli pubblicati oggi dall’Istat, che mettono in allarme le associazioni dei consumatori. “Con l’inflazione a questi livelli le ricadute per le famiglie sono estremamente onerose: secondo le stime dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori pari a 2.473,40 euro annui a famiglia”. Sulla stessa linea il Codacons: “l’inflazione all’8,3% equivale ad una maggiore spesa pari a +2.428 euro annui per la famiglia tipo che sale a +3.144 euro per un nucleo con due figli, stangata causata dalla crescita ancora a ritmi sostenuti di voci come gli alimentari e il carrello della spesa, comparti che segnano rispettivamente +12,6% e +12,1% su base annua”. Preoccupazione è stata espressa anche da Assoutenti. “I numeri Istat dimostrano che in tema di prezzi e inflazione è ancora presto per cantare vittoria – spiega il presidente di Assoutenti Furio Truzzi –. Le dinamiche dei listini mostrano ancora incrementi pesanti per beni primari come gli alimentari, che ad aprile salgono del +12,6%: tradotto in soldoni, significa che una famiglia con due figli si ritrova a spendere +969 euro annui solo per il cibo. Temiamo che sull’andamento dei listini al dettaglio si stiano registrando speculazioni e anomalie, con alcuni beni che su base annua vedono incrementi a due cifre anche in assenza di rialzi delle materie prime, e senza alcuna ripercussione causata dalla guerra in Ucraina o dall’andamento delle bollette”.”Non dimentichiamo che tali aumenti non hanno un impatto uguale per tutti: pesano in misura maggiore per le famiglie meno abbienti. Un dato che – sottolinea Federconsumatori – non fa altro che aumentare le disuguaglianze, le ingiustizie e le difficoltà nel nostro Paese: in tal senso è urgente che il Governo affronti questa vera e propria emergenza, attraverso la definizione di politiche di contrasto alle disuguaglianze e di sostegno alle famiglie, soprattutto quelle con minore capacità di spesa. Queste ultime, infatti, sono ancora costrette a mettere in atto rinunce e sacrifici: secondo le rilevazioni dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori i cittadini continuano a ridurre i consumi di carne e pesce (-16,9%, con uno spostamento anche verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati); a ricercare sempre più assiduamente offerte, sconti, acquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 48% dei cittadini); ad effettuare acquisti presso i discount (+11,6%)”.”Siamo preoccupati dell’effetto dell’inflazione sull’andamento delle vendite, soprattutto di beni di largo consumo e ortofrutta. Le nostre imprese rimangono sotto pressione perché compresse tra l’aumento dei costi all’acquisto e le difficoltà derivanti dall’attuale livello dei prezzi al consumo. L’attuale debolezza dei volumi di consumo, che stagnano intorno al -5%, è un fattore di rischio per l’intero sistema agroalimentare italiano, rappresentato da numerose filiere di eccellenza, così come per le nostre imprese – ha commentato Carlo Alberto Buttarelli, presidente di Federdistribuzione –. Nel corso dell’ultimo anno le aziende del settore distributivo hanno messo in campo uno sforzo notevole per gradualizzare gli aumenti e per tutelare il potere di acquisto delle famiglie, sacrificando significativamente la propria redditività. Oggi questo sforzo non è ripetibile e le imprese sono sempre più impegnate a trovare soluzioni nell’offerta che rispondano alla necessità di coniugare convenienza e qualità a vantaggio dei clienti. È però evidente che occorre intervenire in una logica di sostegno ai consumi che passa necessariamente dal ristabilire un clima di fiducia e da un maggiore potere di acquisto delle famiglie”.”La ripresa dell’inflazione registrata nel mese di aprile, – rileva l’Ufficio Studi di Confcommercio – pur consolidando i timori di un percorso di rientro non privo di ostacoli e non immediato, non va letta con eccessivo allarme. Il dato italiano si inserisce, inoltre, in un contesto europeo in cui il rallentamento delle dinamiche inflazionistiche, seppure avviato, mostra analoghi elementi di difficoltà, con temporanee interruzioni e andamenti non omogenei tra paesi. Il permanere di tensioni sul versante energetico, soprattutto per quanto attiene alla componente non regolamentata, non deve far trascurare alcuni segnali che portano a guardare con fiducia alla possibilità di tornare, verso la fine dell’anno, su dinamiche dei prezzi al consumo meno espansive. Il cosiddetto carrello della spesa comincia a evidenziare tassi di variazione meno sostenuti, in linea con quanto rilevato per l’alimentare. Allo stesso tempo, l’inflazione di fondo segnala ad aprile una stabilizzazione della variazione tendenziale, dato che potrebbe sottintendere come, al di là di episodici aumenti, le tensioni interne al sistema si stanno lentamente raffreddando. È comunque evidente come il prolungamento nel tempo di dinamiche inflazionistiche elevate rappresenta un elemento d’incertezza per le possibilità di consolidare i segnali di recupero dell’economia emersi nel primo trimestre del 2023″.”Non è ancora tempo per dichiararsi fuori pericolo: il dato odierno dell’Istat, anticipatore dell’inflazione di aprile, evidenzia infatti che l’indice registra un aumento rispetto ad aprile dello scorso anno (8,3%) e superiore a quanto registrato a marzo (7,6%) ed il principale fattore alla base dell’incremento è, ancora una volta, l’aumento dei prezzi dei beni energetici non regolamentati – commenta l’Ufficio economico Confesercenti –. Non si deve, dunque, abbassare la guardia: l’inflazione per ora acquisita è pari al 5,4% mentre quella di fondo, al netto dei soli energetici, resta ferma al 6,4%. Livelli ancora preoccupanti, che prefigurano una nuova rilevante erosione del potere d’acquisto delle famiglie, che già hanno registrato 12 miliardi in meno lo scorso anno ed hanno portato a livelli mai visti (5%) la propensione al risparmio. L’inflazione energetica – sottolinea Confesercenti – ha pesato e continua ad incidere sul potere d’acquisto delle famiglie e dunque sulla crescita dei consumi. In questo senso, il taglio del cuneo fiscale del Governo contenuto nel decreto lavoro è un intervento certamente positivo, volto a sostenere il potere d’acquisto delle famiglie e la nostra economia in una fase delicata. L’impatto positivo, però, rischia di essere fortemente ridotto da un ritorno all’aumento delle tariffe energetiche. Per questo, riteniamo opportuna e necessaria anche una misura di detassazione dei futuri aumenti contrattuali riferiti ai CCNL comparativamente più rappresentativi, per sostenere con più vigore i consumi e quindi, l’occupazione e la crescita del Paese: si genererebbero 2,9 miliardi di consumi aggiuntivi”.”In controtendenza i prezzi degli alimentari rallentano la loro crescita che è pari in media al +12,3% ma scende al +7,9% per i vegetali freschi – evidenzia Coldiretti –. A pesare è la stagnazione dei consumi con il taglio delle quantità acquistate nel carrello che si riflette sull’intera filiera dove si registrano situazioni di difficoltà nei campi dove i ricavi spesso non coprono i costi di produzione. I prezzi al dettaglio degli alimentari lavorati – sottolinea la Coldiretti – passano da +15,3% di marzo a +14,7% di aprile mentre quelli non lavorati da +9,1% a +8,4%. Per difendersi dagli aumenti 8 italiani su 10 (81%) hanno preso l’abitudine di fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per mettere sotto controllo le spese d’impulso, secondo l’analisi Coldiretti/Censis che evidenzia come siano cambiati anche i luoghi della spesa. Infatti il 72% degli italiani si reca e fa acquisti low cost nei discount, mentre l’83% punta su prodotti in offerta, in promozione. Le famiglie infatti vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti. Le difficoltà si estendono dalle tavole dei consumatori alle imprese per le quali si sono registrati nell’anno di guerra aumenti dei costi dal vetro alle etichette, dal cartone ai barattoli di banda stagnata, dai mangimi al gasolio, secondo l’analisi Coldiretti che evidenzia come nelle campagne a pesare sono anche le condizioni climatiche con siccità e maltempo che si abbattono sui raccolti”. In tale scenario le associazioni dei consumatori rivolgono un appello al governo. “Per salvare la spesa degli italiani e difendere la sovranità alimentare del Paese è necessario – afferma Coldiretti – aumentare i fondi destinati ai contratti di filiera per soddisfare gli investimenti proposti dalla pasta alla carne, dal latte all’olio, dalla frutta alla verdura nell’ambito del Pnrr”. “?È necessario adottare misure tempestive per invertire questo andamento, avviando – evidenzia Federconsumatori – interventi mirati al sostegno dei redditi e del potere di acquisto delle famiglie. Il taglio del cuneo fiscale va in questa direzione, ma sarebbe necessario renderlo strutturale: limitare l’intervento a solo 5 mesi è insufficiente e rappresenta l’ennesima misura spot. Anche sul fronte dell’energia sarebbe necessario ripristinare la sterilizzazione degli oneri di sistema sulla bolletta elettrica, eliminata prematuramente. Le risorse necessarie per tali operazioni possono e devono essere reperite attraverso il potenziamento della lotta ai fenomeni speculativi, all’evasione e all’elusione fiscale, disponendo anche un aumento della tassazione su extraprofitti (non solo in campo energetico) e rendite finanziarie”. “L’emergenza prezzi – rileva il presidente del Codacons Carlo Rienzi – non è affatto superata, e il Governo farebbe bene ad intervenire con misure concrete per calmierare i listini, a partire dal taglio dell’Iva su alimentari e generi di prima necessità”. “Chiediamo al Governo di studiare, al pari di quanto fatto in tema di lavoro, – è l’appello di Assoutenti – un apposito decreto anti-inflazione, contenente misure specifiche volte a contrastare il caro-prezzi, dal rafforzamento del Garante dei prezzi e della commissione di allerta rapida sui prezzi all’inasprimento delle sanzioni contro gli speculatori, fino ad arrivare ad un azzeramento dell’Iva sui generi di prima necessità”. (Foto: © Bred2k8 / Dreamstime) LEGGI TUTTO

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    Lusso italiano, brand forti ma manca un colosso e si perdono opportunità

    (Teleborsa) – Negli ultimi dieci anni, i conglomerati del lusso hanno sovraperformato i loro concorrenti monomarca sulla maggior parte delle metriche, ma ciò non ha interessato l’Italia, dove è assente un campione del lusso nazionale e i “gioielli” del paese sono spesso preda di acquisizioni da parte di gruppi stranieri. Le forti performance dei conglomerati e il fatto che diversi gruppi del lusso italiani a conduzione familiare si trovino in una fase di transizione potrebbero però portare a cambiamenti, anche se al momento non ci sono soggetti che hanno segnalato la volontà di essere aggregatori del settore. È quanto emerge da un report di BofA Global Research, che rilancia l’idea di un campione del lusso italiano, sottolineandone i potenziali benefici.L’analisi parte dai risultati significativi raggiunti dai conglomerati del Vecchio Continente. Il report evidenzia che – presi insieme – “i ricavi di LVMH, Richemont e Kering sono cresciuti due volte più velocemente, i margini sono aumentati di 10 punti percentuali in più e i prezzi delle azioni hanno sovraperformato di oltre il 200%”. Secondo BofA, i gruppi del lusso multimarca tendono a beneficiare di molteplici vantaggi competitivi, ma sono tre quelli particolarmente rilevanti per i monomarca italiani: efficienze di costo; diversificazione del prodotto; quotazione e liquidità.Con riguardo al primo aspetto, i gruppi più grandi possono ottenere migliori offerte per gli spazi pubblicitari e per i contratti dei negozi al dettaglio, attrarre e trattenere i talenti più facilmente e finanziare i loro marchi più piccoli o più deboli. Sul secondo fronte, unire le forze può aprire nuove regioni, attrarre nuovi clienti o ridurre la ciclicità del marchio. Infine, molti gruppi del lusso italiani mancano di flottanti ampi e liquidi, il che rende le loro azioni meno attraenti per gli investitori, mentre la fusione di gruppi quotati può risolvere questo problema senza che gli azionisti esistenti vendano la loro quota.Storicamente, i marchi italiani sono stati obiettivi di M&A – Gucci, Fendi, Versace – non consolidatori. Tuttavia, ci sono segnali che alcuni gruppi italiani sono aperti a una crescita inorganica. Esempi recenti includono Moncler con Stone Island nel 2020, o Zegna con Thom Browne e Tom Ford Fashion nel 2018 e 2022. Inoltre, Prada ha preso grandi quote sia in Gucci che in Fendi nel 1998-99, prima di venderle a LVMH.BofA sottolinea comunque che, sebbene i conglomerati tendano a ottenere risultati migliori, ora ci sono diversi esempi di successi “impressionanti” provenienti da aziende di beni di lusso monomarca: Moncler, Prada, Cucinelli, Zegna – e fuori dall’Italia, Chanel e Hermes.Nel complesso, gli analisti ritengono che la crescita organica rimarrà, e dovrebbe, rimanere la priorità per questi gruppi italiani. Tuttavia, dato lo slancio molto forte del marchio e la performance finanziaria che alcuni gruppi italiani stanno attualmente sperimentando, e gli evidenti vantaggi che ne derivano i gruppi multimarca, “la crescita inorganica e le combinazioni potrebbero ora essere nuovamente prese in considerazione”. “È anche interessante notare che diversi gruppi del lusso italiani a conduzione familiare si trovano in una fase di transizione gestionale, con una nuova generazione della famiglia che si assume responsabilità più importanti, il che potrebbe portare a cambiamenti nella strategia di crescita e nella cooperazione”, è la conclusione. LEGGI TUTTO

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    Piazza Affari in ribasso con bancari e petroliferi. Bene Campari

    (Teleborsa) – La giornata negativa di Wall Street trascina al ribasso anche i mercati europei, che perdono terreno dopo la campanella a New York. A Piazza Affari si registra un tonfo dei titoli petroliferi, con il deciso calo delle quotazioni del greggio su deboli dati macro cinesi e sulle attese di un rialzo dei tassi di interesse, e forti perdite per i titoli bancari, nonostante il salvataggio di First Republic Bank da parte di JPMorgan.A Milano spicca il rialzo di Campari, che ha chiuso il primo trimestre con un utile prima delle imposte di 133,6 milioni di euro, in aumento del 24,8%, su vendite nette pari a 667,9 milioni, in crescita del 24,9%. Sotto la parità, invece, Amplifon, nonostante ricavi ed EBITDA in aumento di oltre il 9% nel primo trimestre.L’Euro / Dollaro USA continua la seduta sui livelli della vigilia, riportando una variazione pari a +0,13%. Deciso balzo in alto dell’oro (+1,53%), che raggiunge 2.012,7 dollari l’oncia. Prevalgono le vendite sul petrolio (Light Sweet Crude Oil), che continua la giornata a 72,14 dollari per barile, in forte calo del 4,65%.Lo Spread peggiora, toccando i +189 punti base, con un aumento di 4 punti base rispetto al valore precedente, con il rendimento del BTP decennale pari al 4,15%.Tra i listini europei calo deciso per Francoforte, che segna un -1,23%, sotto pressione Londra, con un forte ribasso dell’1,24%, e soffre Parigi, che evidenzia una perdita dell’1,45%.Pioggia di vendite sul listino milanese, che scambia con una pesante flessione dell’1,65%; sulla stessa linea, profondo rosso per il FTSE Italia All-Share, che retrocede a 28.782 punti, in netto calo dell’1,59%. In rosso il FTSE Italia Mid Cap (-1,05%); come pure, in discesa il FTSE Italia Star (-0,76%).Tra le migliori azioni italiane a grande capitalizzazione, denaro su Campari, che registra un rialzo del 2,65%. Bilancio decisamente positivo per STMicroelectronics, che vanta un progresso dell’1,52%. Performance modesta per Prysmian, che mostra un moderato rialzo dello 0,86%.Le più forti vendite, invece, si manifestano su Saipem, che termina le contrattazioni a -7,32%. Pessima performance per Tenaris, che registra un ribasso del 5,36%. Preda dei venditori ENI, con un decremento del 4,19%. Si concentrano le vendite su Iveco, che soffre un calo del 3,53%.Al Top tra le azioni italiane a media capitalizzazione, Pharmanutra (+3,17%), Cembre (+2,64%), Antares Vision (+1,95%) e Salcef Group (+1,89%).Le più forti vendite, invece, si manifestano su GVS, che chiude le contrattazioni a -6,07%. Sessione nera per MFE B, che lascia sul tappeto una perdita del 4,72%. Vendite su Saras, che registra un ribasso del 3,54%. Seduta negativa per Banca Ifis, che mostra una perdita del 3,42%. LEGGI TUTTO