6 Novembre 2025

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    Credemholding, utile a 399 milioni di euro nei nove mesi (+3,9%)

    (Teleborsa) – Il Consiglio di Amministrazione di Credemholding, società che controlla il 79,82% del capitale di Credito Emiliano S.p.A., ha approvato in data odierna sotto la presidenza di Lucio Igino Zanon di Valgiurata, i risultati al 30 settembre 2025. La Società, in particolare, ha registrato un utile netto consolidato pari a 399 milioni di euro, in crescita del 3,9% rispetto a 384,1 milioni di euro a fine settembre 2024. LEGGI TUTTO

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    Banco BPM, Castagna: “In grado di centrare Guidance. Guardiamo opportunità M&A”

    (Teleborsa) – “Penso che quest’anno abbiamo dimostrato di essere in grado di rispettare la nostra guidance anche a dispetto degli imprevisti, riuscendo a portare avanti l’acquisizione di Anima e resistere ad un’OPS ostile per nove mesi”, ha detto l’Ad di Banco BPM Giuseppe Castagna, rispondendo ad una domanda sull’M&A. “Continuiamo a considerare tutte le opportunità di M&A – ha chiarito – ma sappiamo che in ottica standalone siamo in grado di raggiungere i nostri target per il 2026”. “Non è lo scenario in cui ci troviamo ora, non stiamo prendendo in considerazione alcuna azione – ha precisato il manager – ma sappiamo ci sono ancora diverse opportunità in questo mercato”. Parlando del contributo fiscale richiesto dal governo alle banche, il numero uno di Banco BPM ha ribadito “centreremo la guidance qualunque sia il principio contabile definitivo” adottato dall’esecutivo e questo è il motivo per cui la Banca ha delineato una guidance “un po’ prudente”. Banco BPM punta infatti a raggiungere un utile netto di 1,95 miliardi di euro a fine 2025, ma al termine dei primi nove mesi ha già raggiunto l’85% del target, avendo riportato un utile di 1,665 miliardi di euro. Parlando del dividendo, Castagna ha confermato la validità di un dividend payout all’80% ed ha spiegato che il management ha valutato l’ipotesi di aumentare la distribuzione agli azionisti, avendo generato molto capitale, ma con un CET 1 “ancora al di sotto dei competitor” si preferisce aspettare la fine dell’anno per capire quale sarà il capitale generato e poi “si potrà discutere di un aumento del payout”.Nel presentare i risultati, Castagna ha sottolineato che la banca ha realizzato la sua view, con un solido modello di business integrato, una crescita sostenibile e la generazione di valore. IL manager si è detto soddisfatto dell’utile netto del 3° trimestre a 450 milioni di euro, che rappresenta il “miglior terzo trimestre” della storia del Banco BPM. LEGGI TUTTO

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    Start-up europee: EDHEC, ESMT Berlin e POLIMI lanciano il primo barometer su pratiche responsabili

    (Teleborsa) – POLIMI Graduate School of Management presenta i risultati del primo European Responsible Start-up Practice Barometer, realizzato in collaborazione con INNOVA Europe. Fondata nel 2022 da EDHEC, ESMT Berlin e POLIMI Graduate School of Management, INNOVA Europe è una coalizione di dieci università europee impegnate nella creazione di un ecosistema di imprenditoria sostenibile in Europa, a supporto della transizione sociale e ambientale. Oggi più che mai, le start-up rivestono un ruolo chiave come catalizzatori di innovazione e trasformazione. POLIMI Graduate School of Management si è avvalsa dell’esperienza degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano e, in collaborazione con INNOVA, ha condotto un’indagine su 433 start-up europee per comprendere atteggiamenti, ostacoli e leve legate all’adozione di pratiche responsabili.Il barometer mira a fornire una valutazione concreta della volontà di implementare tali pratiche, dei metodi di attuazione e delle modalità di monitoraggio all’interno dell’ecosistema imprenditoriale europeo. Intende inoltre offrire a stakeholder come scuole, incubatori e fondi di investimento le informazioni necessarie per supportare meglio le start-up nell’affrontare le sfide della responsabilità d’impresa.Pratiche responsabili: un obiettivo di valore, ma non ancora una prioritàSebbene il 93% delle start-up intervistate dichiari di integrare pratiche responsabili nelle proprie operazioni, solo l’81% ha effettivamente intrapreso azioni in almeno uno dei quattro ambiti individuati: Ambiente, Sociale, Governance e Civico. A complemento dei tre tradizionali pilastri ESG, il barometer introduce il pilastro civico, che include iniziative che vanno oltre gli obiettivi strettamente aziendali, come investimenti nella comunità, sostegno a progetti educativi o sociali, partecipazione a iniziative di rigenerazione locale o innovazione sociale, e molto altro. Sociale: quasi 4 start-up su 5 hanno avviato iniziative sociali, in particolare a favore del benessere dei dipendenti (61%) e del marketing responsabile (63%). Governance: il 78% delle start-up adotta pratiche di buona governance. Ambiente: il 67% mette in atto pratiche ambientali responsabili. È l’ambito più frequentemente scelto come punto di partenza: tra le start-up impegnate in un solo pilastro, il 39% sceglie quello ambientale. Civico: solo il 51% delle start-up considera prioritario questo pilastro, e quasi un quarto afferma che non lo sarà nemmeno nel prossimo anno.La mancanza di risorse finanziarie (69%) e di tempo sufficiente (58%) rappresentano i principali ostacoli che impediscono alle start-up di intraprendere azioni responsabili, anche se le difficoltà variano da Paese a Paese. In Francia, la mancanza di tempo è citata più spesso (66%) rispetto a Germania (42%)e Italia (36%). In Italia, il 64% delle start-up afferma che le pratiche responsabili competono con altre priorità aziendali (contro il 25% in Francia e il 37% in Germania). In Germania, prevalgono i vincoli finanziari: il 79% cita risorse limitate come principale ostacolo, contro il 69% in Francia e il 43% in Italia.La maggior parte delle start-up ritiene che le pratiche responsabili siano utili, ma non ancora strategiche: il 42% riconosce un reale valore aggiunto, il 40% alcuni benefici, mentre il 18% non ne vede alcuno. Le pratiche responsabili, dunque, non vengono accantonate per mancanza di convinzione, ma perché considerate meno strategiche rispetto ad altre priorità in un contesto di risorse limitate.Misurare l’impatto: il punto deboleSebbene l’81% delle start-up abbia agito in almeno uno dei quattro ambiti della responsabilità d’impresa, solo il 28% utilizza indicatori di performance (KPI) per misurare l’impatto delle proprie azioni. Tuttavia, senza un sistema di monitoraggio, risulta difficile valutare i progressi, comunicare in modo trasparente o adeguare la strategia nel tempo. Il livello di monitoraggio varia in base alla maturità, al settore e ai pilastri considerati: il 64% delle start-up in fase di espansione monitora i propri KPI, contro il 27% di quelle in fase di prototipazione; il 46% delle start-up attive nel settore energia e ambiente e il 47% di quelle attive nell’ambito inclusione e impatto sociale monitorano gli indicatori – percentuali superiori alla media, ma ancora modeste per settori naturalmente orientati all’impatto; le categorie più monitorate sono impatto sociale e ambiente.Le principali difficoltà nel monitoraggio riguardano la mancanza di risorse finanziarie (27%), di tempo (25%), problemi di supporto interno (19%) e carenza di competenze specifiche (18%).La pressione degli stakeholder: un vero motore di cambiamentoIl numero di start-up che monitorano l’impatto delle proprie pratiche ESG raddoppia (40% contro 17%) quando subiscono la pressione del proprio ecosistema – clienti, investitori, incubatori, ecc. Tuttavia, questa pressione è ancora molto disomogenea: una start-up su due non è mai stata interrogata sulle proprie pratiche responsabili, segno di una dinamica ancora in fase di sviluppo più che di una tendenza ormai consolidata. Tra le start-up autofinanziate, il 38% ha ricevuto domande in merito, principalmente da clienti (17%), incubatori (14%) e partner commerciali (11%). Durante i round di finanziamento Series A, la pressione diventa la norma: l’83% delle start-up riceve domande sul tema, soprattutto da investitori a impatto (41%), investitori tradizionali (31%) e clienti (28%), che restano una forza trainante costante. Incubatori e investitori svolgono quindi un ruolo centrale nell’integrare sistematicamente il monitoraggio dell’impatto delle pratiche responsabili nei propri criteri di selezione, supporto e valutazione. Se questo approccio diventasse strutturale, avrebbe un effetto moltiplicatore sull’intero ecosistema, favorendo la trasparenza e l’allineamento dei team aziendali intorno a obiettivi condivisi e responsabili.”Questo studio evidenzia sia il potenziale che le attuali lacune nell’approccio delle start-up europee alla responsabilità. Molte mostrano un impegno autentico, ma tradurre le intenzioni in impatti misurabili resta una sfida importante. Come business school, ricopriamo un ruolo fondamentale nel fornire ai futuri imprenditori mentalità, competenze e strumenti per rendere la responsabilità un motore di innovazione e competitività a lungo termine” ha dichiarato Tommaso Agasisti, co-founder di INNOVA e associate dean for Institution and Public Administration di POLIMI Graduate School of Management.È proprio questo l’obiettivo della coalizione INNOVA Europe, che lavora per accelerare la trasformazione mobilitando l’intero ecosistema accademico dei partner. Le sue principali leve d’azione includono: il concorso INNOVA Europe, trampolino di lancio europeo che valorizza e sostiene i fondatori impegnati; il barometer, che ogni anno misura la dinamica dell’imprenditoria responsabile e mette in luce le tendenze su scala europea; la creazione di programmi di scambio e networking tra hub dell’innovazione per diffondere le migliori pratiche e incoraggiare la collaborazione europea. LEGGI TUTTO

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    In rosso Wall Street, il raffreddamento del mercato del lavoro frena gli investitori

    (Teleborsa) – Giornata “no” per la Borsa USA, in flessione dell’1,10% sul Dow Jones; sulla stessa linea, si muove in retromarcia l’S&P-500, che scivola a 6.712 punti.In forte calo il Nasdaq 100 (-2,02%); con analoga direzione, in discesa l’S&P 100 (-1,39%).In luce sul listino nordamericano S&P 500 il comparto energia. Nel listino, le peggiori performance sono quelle dei settori beni di consumo secondari (-2,94%), informatica (-1,97%) e telecomunicazioni (-0,86%).In assenza di dati pubblici a causa dello shutdown – giunto al 37esimo giorno – il focus degli investitori si è spostato sui risultati degli studi privati che segnalano un netto raffreddamento del mercato del lavoro Usa. Secondo un rapporto pubblicato dalla società globale di outplacement e coaching dirigenziale Challenger, Gray & Christmas, i datori di lavoro statunitensi hanno annunciato 153.074 tagli di posti di lavoro a ottobre, con un aumento del 175% rispetto ai 55.597 tagli annunciati nell’ottobre 2024. Si tratta di un aumento del 183% rispetto ai 54.064 tagli di posti di lavoro annunciati un mese prima.Si tratta del maggior numero di tagli di posti di lavoro in qualsiasi mese di ottobre degli ultimi 20 anni, un fattore che sembra aver raffreddamento l’entusiasmo per i titoli tech – influenzati anche dalle prese di profitto – e aumentato quindi le probabilità di una nuova riduzione dei tassi di interesse a dicembre. LEGGI TUTTO

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    Borse UE in rosso. A Milano vola Azimut, crolla Diasorin

    (Teleborsa) – Seduta negativa per il listino milanese, in sintonia con il resto delle Borse europee e con l’attenzione degli investitori rivolta alle banche centrali, nel giorno in cui la Bank of England ha deciso di lasciare i tassi invariati. A Wall Street, l’S&P-500 prosegue le contrattazioni in calo, trascinata giù dai titoli tech. Sul fronte societario, va giù Diasorin che ha annunciato ricavi in crescita, mentre l’utile netto ha accusato un lieve calo. Rivista al ribasso la guidance 2025. Tra i pochi titoli positivi di Milano, svetta Azimut forte dei risultati societari. L’Euro / dollaro USA mostra un timido guadagno, con un progresso dello 0,43%. Nessuna variazione significativa per l’oro, che scambia sui valori della vigilia a 3.976,8 dollari l’oncia. Perde terreno il petrolio (Light Sweet Crude Oil), che scambia a 59,03 dollari per barile, con un calo dello 0,95%.Retrocede di poco lo spread, che raggiunge quota +81 punti base, mostrando un piccolo calo di 1 punti base, mentre il rendimento del BTP a 10 anni si attesta al 3,40%.Tra gli indici di Eurolandia in rosso Francoforte, che evidenzia un deciso ribasso dell’1,31%, tentenna Londra, con un modesto ribasso dello 0,42%, e spicca la prestazione negativa di Parigi, che scende dell’1,36%. Giornata “no” per la Borsa italiana, in flessione dello 0,85% sul FTSE MIB, interrompendo la serie di tre rialzi consecutivi, iniziata lunedì scorso, mentre, al contrario, lieve aumento per il FTSE Italia All-Share, che si porta a 46.021 punti.Tra le migliori Blue Chip di Piazza Affari, in evidenza Azimut, che mostra un forte incremento del 4,99%.Tonica Banca Mediolanum che evidenzia un bel vantaggio del 2,29%.Resistente Inwit, che segna un piccolo aumento dell’1,17%.A2A avanza dello 0,55%.Le peggiori performance, invece, si sono registrate su DiaSorin, che ha chiuso a -18,77%.Sensibili perdite per Lottomatica, in calo del 6,08%.In apnea Campari, che arretra del 5,36%.Buzzi scende del 3,61%.In cima alla classifica dei titoli a media capitalizzazione di Milano, Brembo (+9,22%), D’Amico (+7,51%), Ariston Holding (+6,58%) e Zignago Vetro (+1,47%).Le più forti vendite, invece, si sono abbattute su Cementir, che ha terminato le contrattazioni a -5,94%.Tonfo di Webuild, che mostra una caduta del 3,85%.Calo deciso per Moltiply Group, che segna un -3,39%. LEGGI TUTTO

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    Trasporti: biodiesel centrale per la transizione energetica

    (Teleborsa) – La filiera italiana del biodiesel è pronta a dare un contributo forte alla decarbonizzazione dei trasporti, ma chiede scelte chiare alla politica, a Roma come a Bruxelles. A Ecomondo, il Gruppo biodiesel di ASSITOL ha coinvolto i principali protagonisti dell’automotive in un dibattito, che ha evidenziato i benefici e le criticità dell’impiego dei biocarburanti nella transizione energetica.Per i produttori di biodiesel aderenti all’Associazione, è finito il tempo delle contrapposizioni ideologiche e della narrazione che vede una fonte rinnovabile contro l’altra. “La soluzione – ha spiegato Carlotta Trucillo, segretaria del gruppo e vicedirettore di ASSITOL – è il mix energetico, Diciamo basta alla demonizzazione e puntiamo sulla neutralità tecnologica. Il biodiesel può fare la differenza, soprattutto in Italia, che è all’avanguardia da decenni in questo campo, e può contare sul vantaggio di essere ben noto ai consumatori, perché è utilizzato tutti i giorni nei nostri motori diesel, i più diffusi sul mercato”.La lotta al cambiamento climatico – sottolinea il Gruppo biodiesel di ASSITOL in una nota – si deve basare su un approccio pragmatico, capace di fornire risposte efficienti, immediatamente disponibili ed economicamente sostenibili, alle necessità dell’industria e dei trasporti. Risposte che il biodiesel può dare, perché è un biocarburante rinnovabile da materie prime certificate sostenibili, come l’olio da cucina usato, i residui e i sottoprodotti da grassi animali. “La crisi ucraina e i problemi di approvvigionamento che ne sono derivati – ha sottolineato Trucillo – hanno dimostrato che non è possibile privilegiare un’unica fonte, rischiando di danneggiare interi settori produttivi, come nel caso dell’automotive”. Salvaguardare le filiere è un obiettivo fattibile: l’Europa è leader di mercato nella produzione di biocarburanti e, nei trasporti, il 77% dell’energia rinnovabile proviene proprio dai biofuel. Innegabili, poi, i benefici sull’ambiente, come la riduzione fino al 90% di CO2, l’alta biodegradabilità del biodiesel, l’assenza di polveri sottili (pm), e la sua sostenibilità certificata secondo i criteri previsti dalla Direttiva “RED”, a garanzia di tracciabilità e riduzione delle emissioni per tutto il suo ciclo di vita.Dal 2015, il settore – spiega la nota – ha visto diminuire gli investimenti, proprio per via dell’incertezza normativa e della graduale canalizzazione delle scelte politiche verso altre fonti rinnovabili. Eppure, sulle strade d’Europa, ogni anno, si consumano 14 milioni di tonnellate di biodiesel. A trainare il settore sono Germania, Olanda, Francia, Spagna e Italia, che nel complesso hanno una capacità produttiva di oltre 10 milioni di tonnellate. Per la segretaria del Gruppo biodiesel di ASSITOL, “le recenti aperture della Commissione Ue sui biocarburanti fanno ben sperare. Ci auguriamo che, a queste parole, segua la revisione delle regole. La filiera è pronta a dialogare e a fare massa critica”.Oggi il biodiesel è presente per la distribuzione in miscela (B7), ma non ancora in purezza (B100). Con alcuni adeguamenti tecnici, la rete sarebbe disponibile a breve, ma, a frenare in tal senso, sono l’incertezza normativa, i dubbi sulla sua immediata disponibilità tecnica. Lo ha chiarito Mauro Concezzi, responsabile nazionale di Cna-Fita, che rappresenta le piccole e medie imprese dell’autotrasporto. “Il biodiesel – ha spiegato Concezzi – può essere la via di fuga da un quadro reso complesso dai costi della transizione energetica. La strategia europea per la decarbonizzazione rischia di colpire un settore molto frammentato, che già oggi deve fronteggiare gli alti costi del carburante, e che non può aggiungere a questi oneri anche quelli legati al passaggio al veicolo elettrico”. Concezzi ha smentito alcuni luoghi comuni sull’autotrasporto: il 58% del parco mezzi complessivo (conto terzi e conto proprio) è rappresentato da Euro 4 e inferiori, il 42,16 sono Euro 5 e 6. Tuttavia, i veicoli euro 4 ed inferiori, riconducibili al solo contoterzi, sono molti di meno, il 25,50%. “Non è quindi vero, come molti sostengono, che utilizziamo veicoli vecchi. È vero, semmai, che ogni mezzo viaggia molto, per una media annua di 100mila km” ha detto Concezzi. L’intero fabbisogno complessivo del trasporto commerciale italiano è di 8 miliardi di tonnellate di gasolio. “L’obiettivo – ha aggiunto – è la sostituzione dei veicoli, ma i mezzi per finanziarla sono sempre più ridotti, creando una trappola soprattutto per le aziende con minori risorse. Vogliamo anche noi la sostenibilità, ma, come afferma il principio base dell’economia circolare, soddisfacendo le esigenze attuali senza compromettere le generazioni future”.Utilizzare in purezza il biodiesel è già possibile, grazie alla capacità di innovazione del nostro Made in Italy. Adriano Cordisco, ceo di Refuel Solutions, ha chiarito il ruolo strategico del biodiesel B100 nella decarbonizzazione dei trasporti e dell’industria. L’Italia, ha ricordato, produce 800mila tonnellate di biodiesel all’anno da materie prime sostenibili e dispone delle competenze necessarie per puntare su questo biocarburante. “Con milioni di mezzi diesel destinati a rimanere operativi nei prossimi decenni e un tasso di rinnovo annuo del 4%, attendere la sostituzione naturale dei veicoli significherebbe aspettare 25 anni – ha stigmatizzato Cordisco –. In Refuel Solutions, dal 2021 abbiamo scelto di fare ricerca sul biodiesel, unica soluzione per la decarbonizzazione del segmento più impattante del settore industriale. Soprattutto se paragonato ad altre fonti rinnovabili in termini di polveri sottili e di CO2, il biodiesel non ha rivali”. Basti pensare alla riduzione del 60% nell’emissione di particolato, da sempre indicato come l’agente inquinante più pericoloso delle nostre città, e alle proprietà lubrificanti del biodiesel, che di fatto allungano la vita al motore. “Anche per queste ragioni, in Europa il B100 è in crescita”, ha ribadito Cordisco.Proprio agendo da scienziati, i fondatori di ReFuel Solutions si sono chiesti che cosa, tecnicamente, bloccasse l’utilizzo di biodiesel puro. In risposta ai limiti tecnologici di compatibilità con i motori diesel, è nato BiodieselKit, un sistema brevettato internazionalmente che permette di impiegare il biodiesel in purezza su qualsiasi veicolo alimentato a diesel. La tecnologia, certificata secondo la Direttiva Macchine europea e che presto inizierà l’iter omologativo per lo stradale, è applicabile in qualsiasi ambito, dalle macchine agricole ai treni, dai cantieri alle navi. “Non parlerei di rivoluzione – ha rimarcato Cordisco – ma di saper cogliere le opportunità della filiera italiana e degli investimenti in tecnologia come il nostro. Quello che serve, ora, è la volontà di tutti nel valorizzare il biodiesel”.Anche sul fronte della distribuzione, sono urgenti scelte e strategie chiare. Per Letizia Pasqualini, responsabile transizione energetica, politiche Ue e rapporti interassociativi di Assopetroli-Assoenergia, “l’infrastruttura distributiva c’è, è capillare e diffusa, Tuttavia, accanto a tanti fattori positivi, esistono fattori che bloccano l’immissione in consumo degli LCF, i Low Carbon Fuel. Se si vuole accelerare sulla transizione energetica, occorre rimuovere questi fattori”. Il primo ostacolo alla decarbonizzazione è la contraddizione tra norme. L’Europa sembra remare in due direzioni: da un lato, con la Red III favorisce i biocarburanti e con la ETS2 ne raccomanda l’impiego nei trasporti, Dall’altro, con Regolamento sulle emissioni di CO2 LDV, ha deciso di basarsi esclusivamente sulle emissioni allo scarico, decretando lo stop al motore endotermico dal 2035. “Questo paradosso determina incertezza e rallentamento negli investimenti – ha osservato Pasqualini – esattamente il contrario di quello di cui abbiamo bisogno, vale a dire regole chiare e giuste”. Per la riconversione della rete distributiva italiana agli LCF, che, secondo uno studio condotto da RIE-Assopetroli-Assoenergia, dovrebbe avere un costo di circa 2 miliardi di euro, occorre istituire un fondo di transizione. Un investimento importante, ma che corrisponde a meno del 5% di quando sarebbe necessario stanziare per il passaggio della rete all’elettrico.Un altro dato interessante riguarda la fiscalità. “Nonostante riducano fino al 90% le emissioni di gas serra – ha spiegato Pasqualini –, gli LCF pagano le stesse tasse dei carburanti fossili. Servirebbe una fiscalità ambientale coerente, parametrata sulla performance ambientale dei carburanti. In sintesi, chi inquina meno, deve pagare meno”.Puntare sul biodiesel rappresenta una delle soluzioni più facili, immediate e convenienti dal punto di vista economico, anche in virtù della compatibilità tra questo biocarburante con la rete distributiva e i veicoli esistenti. “In Assopetroli-Assoenergia – ha aggiunto Pasqualini – siamo convinti che questa sia la strada giusta. Ma occorrono volontà politica, strategia e comunicazione chiara con il consumatore”.La transizione energetica è complessa e richiede soluzioni concrete e articolate. Lo ha detto chiaramente Fabrizia Vigo, direttrice affari istituzionali e legali di ANFIA – Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica. “Decarbonizzare è un obiettivo giusto e condiviso da tutti, ma ha costi che non possono essere scaricati solo sull’industria automobilistica – ha esordito Vigo – che nel nostro Paese, vale quasi il 6% del Pil, un fatturato di oltre 100 miliardi di fatturato, 280.000 addetti diretti e 1,28 milioni nella filiera allargata”. Ricordando che i target settoriali non riguardano quello che i costruttori producono, ma quello che vendono e guardando l’andamento dei dati di mercato dei veicoli elettrici, il traguardo delle emissioni zero stabilito per il 2035 appare irraggiungibile. “L’elettrico deve essere sviluppato, ma da solo non basta – ha ribadito Vigo –. Bisogna puntare alla neutralità tecnologica, riconoscendo il giusto valore ai carburanti rinnovabili come il biodiesel. La transizione ecologica ci impone di essere pragmatici”. Dati oggettivi alla mano, se n’è accorta anche la Commissione UE, che sembra sia più propensa a parlare di neutralità e di biocarburanti. Purtroppo il comparto perde competitività: CLEPA, la confederazione europea di settore, stima che, nel 2024, si siano già persi 100mila posti di lavoro.”Non si tratta di tornare indietro – ha concluso la direttrice affari istituzionali di ANFIA –. Ma è chiaro che dal 2019, anno del Green Deal, il mondo è cambiato. I target per il 2030 e il 2035, in queste condizioni, sono irraggiungibili. Oggi, più che mai, è indispensabile il riconoscimento normativo dei carburanti rinnovabili e dei veicoli alimentati esclusivamente con essi, le nostre filiere sono pronte. Non sempre costruttori e componentisti sono stati coesi di fronte alle scelte politiche europee, oggi sono tutti dalla stessa parte, l’augurio è che la politica tutta finalmente capisca che per un’Europa competitiva, la filiera automobilistica è imprescindibile”. LEGGI TUTTO

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    Manovra, Giorgetti: “Priorità conti in ordine. Spazi più contenuti che i passato”

    (Teleborsa) – “Il mantenimento di una politica di bilancio responsabile è un requisito fondamentale per il nostro Paese”. E’ quanto ribadito dal Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, nel corso dell’audizione alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla Manovra. Giorgetti ha richiamato la “crescente credibilità conquistata dall’Italia” sui mercati internazionali, che va a beneficio delle istituzioni finanziarie e delle aziende del nostro Paese.Parlando della dimensione della manovra, Giorgetti ha ricordato che “nel nuovo quadro di governance europea, gli spazi di manovra sono più contenuti rispetto al passato” ed “ogni confronto della manovra 2026-28, pari ad un valore medio annuo di 18 miliardi, con le precedenti, per le sue dimensioni, non terrebbe in considerazione alcuni aspetti rilevanti”. Il Ministro ha ricordato che la Manovra “si inserisce in un quadro congiunturale incerto”, dove “l’attenzione sulle politiche bilancio perseguita dagli Stati è molto elevata” ed in cui risulta prioritario “garantire la sostenibilità del debito in linea con le regole di governance Ue”. Questo non vuol dire che il governo non abbia puntato a dare “risposte a esigenze profonde del Paese”. Lo ha fatto – ha ricordato – con il taglio delle aliquote Irpef per il ceto medio ed estendendo la platea di chi aveva beneficiato del cuneo fiscale, coinvolgendo il 32% del totale dei contribuenti, per un valore del beneficio medio atteso di 218 euro all’anno.A proposito della rottamazione delle cartelle, Giorgetti ha spiegato che il “costo teorico in termini di minori entrate” viene “compensato nel lungo termine”.Sul tema del contributo di banche e assicurazioni – circa 10 miliardi nel triennio – il Ministro ha affermato che “l’impatto è assorbibile alla luce della solidità e profittabilità del sistema bancario”.Per quanto concerne le spese per la Difesa, Giorgetti ha confermaot che “il governo agli inizi del prossimo anno finanziario informerà il Parlamento relativamente alle spese militari nel prossimo triennio e, qualora se ne ravvisasse la necessità”, l’Italia “potrebbe valutare l’attivazione della clausola nazionale di salvaguardia prevista per tali tipologie di spese”. Ricordando che il testo della Manovra “rappresenta la proposta condivisa e predisposta nell’ambito del Consiglio dei ministri”, Giorgetti ha spiegato che il Parlamento potrà avanzare degli emendamenti, volti a migliorarla, e su questo avrà “come di consueto, la massima collaborazione delle strutture tecniche” del MEF, ma occorre “ricordare che i nuovi parametri europei impongono un’attenta valutazione degli effetti finanziari delle proposte emendative alla luce del rispetto non solo dei saldi di finanza pubblica ma anche della traiettoria della spesa”. LEGGI TUTTO

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    Pacchetto vino Ue, Confagricoltura: “Soddisfazione per alcune misure. Molte ancora le criticità da superare”

    (Teleborsa) – Confagricoltura accoglie positivamente le misure a favore del comparto vitivinicolo approvate nel “Pacchetto vino” in commissione Agricoltura del Parlamento europeo. “Molte delle misure ipotizzate – commenta Confagricoltura in una nota– rappresentano un passo nella giusta direzione, anche se permangono aree di criticità. Un elemento di forte innovazione nel campo della gestione del potenziale, richiesto dall’Organizzazione agricola, è l’estensione da 3 a 8 anni della validità delle autorizzazioni per i reimpianti. Tale modifica offre ai viticoltori un margine temporale più ampio per pianificare gli investimenti, scegliendo il momento più opportuno in base all’andamento dei mercati, alle risorse disponibili e alle condizioni agronomiche”.Su proposta della Confederazione – prosegue la nota – è poi stata inserita la possibilità di innalzare fino all’80% la quota di contributo UE per gli investimenti destinati alla mitigazione e all’adattamento ai mutamenti climatici: “una misura che potrà favorire la sostenibilità e la modernizzazione del comparto”.”Ottima notizia – sottolinea Confagricoltura – il trasferimento del budget non speso per gli interventi settoriali negli anni successivi e il sostegno all’estensione dei programmi di promozione da 3 a 5 anni e alla possibilità di rinnovo. Mentre si segnalano forti criticità nelle nuove misure finanziabili con i fondi al settore vitivinicolo, come l’estirpazione e la distillazione di crisi, che non migliorano la qualità della produzione né incentivano la domanda. La Confederazione ritiene che i fondi OCM dovrebbero concentrarsi su interventi strategici e costruttivi come la ristrutturazione, la riconversione dei vigneti e la promozione del comparto vitivinicolo, evitando le misure emergenziali come appunto l’estirpazione e la distillazione di crisi”.Altro punto cruciale che Confagricoltura propone di modificare è la misura relativa ai fondi destinati all’enoturismo – che prevede beneficiari come associazioni e cooperative, ma esclude le aziende individuali – poiché – spiega la Confederazione – “rappresenta oggi un asset strategico per le aree rurali, in grado di generare valore economico, culturale e ambientale”.”Nel ringraziare la commissione Agricoltura del Parlamento europeo per il contributo, la Confederazione – conclude la nota – auspica che, nei prossimi passaggi istituzionali, ci sia spazio per un ulteriore margine di miglioramento del Pacchetto”.(Foto: pixid – Fotolia/Adobe Stock) LEGGI TUTTO