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Pensioni: cosa cambia con Quota 102, la nuova ipotesi dopo Quota 100

I tecnici del governo sono al lavoro per gestire la scadenza di Quota 100, il pensionamento con 62 anni di età e 38 anni di contributi introdotto dal primo governo Conte. Quota 100 è confermata per il 2020 ma è nata come misura sperimentale: la possibilità di anticipare il pensionamento vale soltanto fino al 31 dicembre 2021, quando scade la sperimentazione triennale appunto.

Cosa succederà quindi a inizio 2022? Il rischio maggiore sarebbe quello di uno scalone che innalzerebbe in maniera troppo repentina l’età per il pensionamento. Per questo motivo, come riporta Il Sole 24 Ore, tra le ipotesi al vaglio del governo c’è quella di alzare i requisiti a Quota 102 e mandare a riposo i lavoratori con un minimo di 64 anni con 38 di contributi. Un piano che costerebbe alle casse dello Stato 2,5 miliardi l’anno fino al 2028 e sarebbe meno gravoso della precedente riforma.

Quota 102, la proposta

L’ipotesi per superare il rischio scalone che si presenterà tra due anni proponendo Quota 102 arriva da una parte dei tecnici del Partito Democratico e dall’esperto di previdenza di Centrodestra Alberto Brambilla (già sottosegretario al Lavoro nel Governo Berlusconi e attuale presidente di Itinerari previdenziali).
L’idea sarebbe quella di sostituire Quota 100 con Quota 102. Significa che dal 2022 e fino al 2028, si potrebbe lasciare il lavoro con 64 anni di età e 38 di contributi. Questo in pratica ridurrebbe lo “scalone”.

Quota 102, cosa cambia

Chi volesse utilizzare questo nuovo scivolo di pensionamento agevolato a 64 anni di età, adeguata alla speranza di vita con 37/38 anni di contributi, dovrebbe accettare un ricalcolo contributivo della propria pensione. Quello che accade già oggi, per esempio, alle lavoratrici che scelgono di andare in pensione a 58 anni utilizzando Opzione donna. Il ricalcolo contributivo comporta una riduzione della pensione che può arrivare al 20-30 per cento dell’assegno.

Quota 102 costerebbe meno della precedente riforma

Secondo Brambilla, “il costo per questa proposta sarebbe pari fino al 2028 (8 anni) a circa 20 miliardi poi, fino al 2036 di circa 1,9 miliardi l’anno, già previsto dal decreto”. In altre parole dal 2021, “si avrebbe un incremento di spesa di circa 2,5 miliardi l’anno fino al 2028 e 1,9 dal 2028 al 2038, dopo di che l’incremento si azzera. Rispetto a quanto stanziato si risparmierebbero oltre 11 miliardi al 2028 e circa 1 miliardo al 2036″.


Fonte: https://quifinanza.it/pensioni/feed/

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