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    Clima e Ambiente, Pichetto Fratin: “Servono obiettivi e misure credibili, allineare decarbonizzazione a competitività”

    (Teleborsa) – “Oggi discuteremo di possibili soluzioni che consentano all’UE di trasmettere il proprio Contributo determinato a livello nazionale (NDC) entro la COP 30. Ma il contesto geopolitico e le condizioni eccezionali che attraversiamo ci obbligano ad alzare lo sguardo più in avanti e discutere in maniera franca di ciò che serve per essere credibili quando assumeremo impegni comuni. Non possiamo permetterci di farlo in assenza di un progetto che tenga conto di tutte le condizioni abilitanti, delle specifiche circostanze nazionali e dei necessari meccanismi di flessibilità. Restiamo convinti che l’UE debba proseguire su un percorso ambizioso verso il 2050. Credo però che possiamo essere tutti d’accordo che non siamo più nel 2020. Qualsiasi approccio ambizioso deve essere quindi anche realistico e pragmatico, basato sulla neutralità tecnologica, coniugando sostenibilità, semplificazione, competitività delle imprese e tutela dei nostri cittadini. È con queste premesse che, in vista di Belem, ci sediamo al tavolo pronti a dare il nostro convinto contributo, con spirito di coesione, per definire un NDC in linea con il Global Stocktake e con il ruolo di leadership dell’UE nel processo multilaterale”. È quanto ha affermato il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin nel suo intervento al Consiglio Ambiente in corso a Lussemburgo.”Quanto all’obiettivo 2040, – ha proseguito Pichetto Fratin – ribadisco che non è accettabile separare il negoziato sul livello di ambizione del target da quello sulla flessibilità e sulle condizioni abilitanti. Ed è essenziale conoscere con chiarezza gli strumenti di cui potremo disporre per dare attuazione a tale impegno. In questo il Clean Industrial Deal e il pacchetto Omnibus vanno nella direzione giusta: quella di allineare la decarbonizzazione alla competitività industriale. È ora però necessario tradurre questi principi in atti concreti, definire come saranno integrati nel quadro legislativo europeo e progettare l’architettura normativa e politica del post-2030″.”In particolare, – ha aggiunto il ministro – vorrei indicare alcune misure che per l’Italia rappresenterebbero quelle garanzie di efficacia e credibilità del target che richiamavo prima: accompagnare il target con adeguate flessibilità sia rispetto al suo valore che all’anno di raggiungimento; consentire di realizzare e contabilizzare le riduzioni riconducibili a progetti di decarbonizzazione realizzati in paesi terzi con costi più efficienti; identificare l’obiettivo di decarbonizzazione quale unico target dell’Unione e degli Stati membri, eliminando ogni sotto target e lasciando il massimo di flessibilità agli Stati per il suo raggiungimento. È evidente al tempo stesso – ha concluso – che non solo servono misure concrete per rendere credibile ed efficace il target. Servono anche strumenti finanziari specifici che rendano realizzabili queste misure senza escludere forme di impegno finanziario comune, considerata la natura eccezionale della sfida”. LEGGI TUTTO

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    Clima, nei prossimi cinque anni 80% di probabilità che si registri l’anno più caldo di sempre

    (Teleborsa) – Secondo un nuovo rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) nei prossimi cinque anni le temperature dovrebbero mantenersi a livelli record o vicini a tali livelli, aumentando i rischi climatici e l’impatto sulle società, sulle economie e sullo sviluppo sostenibile. Nello specifico, il rapporto dell’OMM prevede che la temperaturamedia annua globale in prossimità della superficie terrestre per ogni anno tra il 2025 e il 2029 sarà compresa tra 1,2 °C e 1,9 °C superiore alla media degli anni 1850-1900.C’è inoltre una probabilità dell’80% che almeno un anno tra il 2025 e il 2029 sia più caldo dell’anno più caldo mai registrato (attualmente il 2024). E c’è una probabilità dell’86% che almeno un anno superi di oltre 1,5 °C il livello preindustriale. Il rapporto non fornisce previsioni globali per i singoli anni. Secondo il rapporto, si prevede il 70% di probabilità che il riscaldamento medio quinquennale per il periodo 2025-2029 superi 1,5 °C. Questa percentuale è in aumento rispetto al 47% del rapporto dello scorso anno (per il periodo 2024-2028) e al 32% del rapporto del 2023 per il periodo 2023-2027.”Ogni ulteriore frazione di grado di riscaldamento provoca ondate di calore più dannose, precipitazioni estreme, siccità intense, scioglimento delle calotte glaciali, delle banchise e dei ghiacciai, riscaldamento degli oceani e innalzamento dei livelli del mare”, fa notare l’OMM in una nota.”Abbiamo appena vissuto i dieci anni più caldi mai registrati. Purtroppo, questo rapporto dell’OMM non offre alcun segno di tregua nei prossimi anni, e questo significa che ci sarà un impatto negativo crescente sulle nostre economie, sulla nostra vita quotidiana, sui nostri ecosistemi e sul nostro pianeta”, ha dichiarato il Vice Segretario Generale dell’OMM, Ko Barrett. “Il monitoraggio e la previsione continui del clima sono essenziali per fornire ai decisori strumenti e informazioni basati sulla scienza che ci aiutino ad adattarci”, ha aggiunto.L’OMM prevede che il riscaldamento dell’Artico nei prossimi cinque inverni prolungati (da novembre a marzo) sarà più di tre volte e mezzo superiore alla media globale, attestandosi a 2,4 °C in più rispetto alla temperatura media del più recente periodo di riferimento trentennale (1991-2020). Inoltre, le previsioni relative al ghiaccio marino per marzo 2025-2029 suggeriscono ulteriori riduzioni nella concentrazione del ghiaccio marino nel Mare di Barents, nel Mare di Bering e nel Mare di Okhotsk.(Foto: © Aleksandr Papichev/123RF) LEGGI TUTTO

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    Salone del Libro di Torino, ASviS presenta “Mille schegge di Intelligenza Artificiale”

    (Teleborsa) – Nel momento in cui cresce il bisogno di una governance condivisa dell’innovazione, come sottolineato anche dal “Patto sul Futuro” siglato alle Nazioni Unite nel settembre 2024, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) ha presentato oggi, al Salone del Libro di Torino, il volume “Mille schegge di Intelligenza Artificiale” nel corso dell’incontro intitolato “Oltre l’algoritmo: intelligenza artificiale e futuro della società” organizzato nel quadro del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2025.Realizzato a cura della redazione del sito FUTURAnetwork, il volume raccoglie un anno di articoli sull’intelligenza artificiale e analizza il dibattito internazionale sull’intelligenza artificiale, caratterizzato da un accelerato confronto geopolitico tra Stati Uniti e Cina, potenze mondiali che stanno plasmando il futuro della tecnologia con approcci differenti. Interessanti, anche da questo punto di vista, sono i dialoghi tra diversi algoritmi di intelligenza artificiale contenuti nel libro, tra cui quelli americani e cinesi, che esplorano temi cruciali per il futuro, come la crisi climatica e le evoluzioni demografiche. Il confronto tra un’intelligenza artificiale cinese e una americana, in particolare, solleva interrogativi sulla competizione tra visioni tecnologiche contrastanti e sull’impatto che queste divergenze potrebbero avere sul futuro della cooperazione internazionale.I dialoghi tra ChatGPT, Claude, DeepSeek, Gemini, Grok mostrano le potenzialità, ma anche i limiti, delle IA nel fornire risposte concrete alle grandi questioni globali, invitando a una riflessione più ampia sulle implicazioni che l’intelligenza artificiale avrà sulle politiche globali, sull’equità sociale e sulla sostenibilità del pianeta. Temi sui quali le recenti dichiarazioni di leader globali e le iniziative politiche internazionali, come il Comitato per l’IA istituito dalla Commissione europea lo scorso anno, rivelano la crescente necessità di stabilire un quadro normativo globale condiviso, che possa garantire l’uso sicuro e vantaggioso delle intelligenze artificiali. In questo contesto, il libro offre un’opportunità di riflessione su come le diverse tecnologie emergenti possano influenzare non solo i singoli Paesi, ma anche la governance globale, proponendo soluzioni per affrontare le sfide che si pongono a livello politico, economico e sociale.La pubblicazione segue quella del 2024 “Mille schegge di futuro”, proseguendo l’esperienza editoriale di FUTURAnetwork, la piattaforma creata dall’ASviS nel 2020 con l’obiettivo di stimolare la riflessione pubblica sui futuri possibili attraverso articoli, studi, interviste e approfondimenti multidisciplinari. Un progetto editoriale che si inserisce nell’ambito di “Ecosistema Futuro”, iniziativa appena lanciata dall’ASviS per promuovere in Italia una cultura del pensiero di lungo periodo e potenziare le capacità istituzionali di analisi e previsione strategica. LEGGI TUTTO

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    Emissioni di gas serra, ISPRA: in Italia nel 2023 in calo del 26% rispetto al 1990

    (Teleborsa) – Nel 2023, le emissioni nazionali dei gas serra diminuiscono del 26% rispetto ai livelli del 1990. Questo andamento è dovuto all’aumento dell’efficienza energetica da fonti rinnovabili, nei settori industriali e al passaggio all’uso di combustibili a minor contenuto di carbonio. Le emissioni di gas serra diminuiscono anche rispetto all’anno precedente (2022) del 6.8% raggiungono un totale pari a 385 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Sono i dati dell’Ispra emersi dall’ultima edizione dell'”Inventario nazionale delle emissioni dei gas serra” comunicati, in concomitanza con gli scenari emissivi al 2055, all’Unione Europea.Non tutti i settori presentano però una riduzione delle emissioni. Le emissioni prodotte dal settore dei trasporti, che derivano per oltre il 90% dal trasporto stradale, continuano ad aumentare anche nel 2023 e sono oltre il 7% rispetto al 1990. Nonostante le direttive europee, i livelli emissivi dei trasporti stradali sono rimasti costantemente elevati, attestandosi sui valori del 2014 e determinando così il superamento del tetto massimo consentito. Oltre ai trasporti (28% del totale nazionale), i settori della produzione di energia (21%), residenziale (18%) e dell’industria manufatturiera (13%) sono, nel periodo di riferimento, quelli che contribuiscono ad oltre la metà delle emissioni nazionali di gas climalteranti.Per quanto riguarda gli obiettivi nazionali stabiliti dal regolamento europeo Effort Sharing, che prevede una riduzione del 43.7% rispetto al 2005 delle emissioni prodotte da trasporti, residenziale – riscaldamento degli edifici – agricoltura, rifiuti e industria non-ETS, la mancata diminuzione delle emissioni dei trasporti ha portato a un progressivo avvicinamento dei livelli emissivi italiani ai tetti massimi consentiti, fino al loro superamento registrato nel 2021 (5.5 milioni di tonnellate di CO2 equivalente) e nel 2022 (5.4 MtCO2 eq) e nel 2023 (8.2MtCO2 eq).La riduzione del settore energetico è quindi da attribuire prevalentemente alla riduzione delle emissioni dalle industrie manifatturiere e delle costruzioni che, nel 2023 si riducono del 45,2%, così come quelle provenienti dal settore delle industrie energetiche (-47,3% nel 2023), a fronte di un aumento della produzione di energia totale (da 216,9 Terawattora – TWh – a 264,7,6 TWh) e dei consumi di energia elettrica (da 218,7 TWh a 287,4 TWh). (Foto: © designua/123RF) LEGGI TUTTO

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    Ue svela il Clean Industrial Deal: “Mobiliterà 100 miliardi. Tagli del 30% a emissioni industria”

    (Teleborsa) – Il Clean Industrial Deal mobiliterà nel breve termine oltre 100 miliardi di euro per sostenere la produzione industriale pulita nell’Ue, di cui un’ulteriore garanzia di 1 miliardo di euro nell’ambito dell’attuale bilancio comune. È quanto ha annunciato la Commissione europea presentando il piano. Bruxelles, come anticipato, prevede di semplificare le norme sugli aiuti di Stato entro giugno per accelerare la transizione verso le energie pulite, promuovere la decarbonizzazione dell’industria e garantire una capacità manifatturiera adeguata per le tecnologie verdi in Europa. “L’obiettivo del Clean Industrial Deal è semplificare senza cambiare gli obiettivi climatici – ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen parlando all’Industry Summit di Anversa –. La domanda di prodotti puliti è rallentata e alcuni investimenti si sono spostati in altre regioni. Dobbiamo invertire la tendenza. Questo è l’obiettivo centrale del Clean Industrial Deal. Vogliamo tagliare i legami burocratici che vi trattengono. Affinché l’Europa possa essere non solo un continente di innovazione industriale, ma anche un continente di produzione industriale”.Nel suo piano Bruxelles presenta una serie di proposte che saranno dettagliate nei prossimi mesi e – in attesa del fondo Ue per la Competitività di cui non si conosce ancora l’entità e che arriverà soltanto nel prossimo bilancio pluriennale comune – propone una Banca per la decarbonizzazione industriale, con l’obiettivo di raggiungere quota 100 miliardi di euro di finanziamenti. A contribuire alla realizzazione del nuovo meccanismo saranno i fondi già disponibili nel Fondo per l’Innovazione e le entrate aggiuntive derivanti da parte dell’Ets e dalla revisione di InvestEU, che prevede di mobilitare fino a 50 miliardi in investimenti pubblici e privati aggiuntivi destinati, tra l’altro, alle tecnologie pulite, alla mobilità sostenibile e alla riduzione dei rifiuti.Il Clean Industrial Deal si presenta come pilastro fondamentale della seconda legislatura di Ursula von der Leyen per permettere all’Europa di “cambiare passo” e colmare il gap di competitività con Stati Uniti e Cina e Stati Uniti. La strategia complessiva prevede anche un ampio piano di semplificazione, che prende il via con il primo di una serie di pacchetti Omnibus pensati per ridurre la burocrazia. La prima ondata di semplificazioni riguarderà quattro atti legislativi non ancora recepiti da tutti gli Stati membri, il cui rischio di applicazione disomogenea tra le diverse capitali europee ha sollevato preoccupazioni. Tra questi, la tassonomia degli investimenti sostenibili, che diventerà volontaria per le imprese al di sotto di una certa soglia di dipendenti. Anche la direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale (Csrd) e la direttiva sulla due diligence per la responsabilità aziendale saranno semplificate, così come il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam), dai cui vincoli saranno esentati i piccoli importatori.”Con il Clean Industrial Deal puntiamo a ridurre le emissioni industriali fino al 30%. È un chiaro segnale che facciamo sul serio – ha detto il commissario per il clima, Wopke Hoekstra,in conferenza stampa presentando il Clean Industrial Deal –. Stiamo mobilitando ogni risorsa disponibile e facendo leva su molteplici canali di finanziamento per stimolare un aumento senza precedenti degli investimenti nelle reti e nell’energia pulita a breve, medio e lungo termine”, ha assicurato il commissario, confermando l’intenzione di lanciare una Banca per la decarbonizzazione industriale, “basata in parte sul sistema di scambio delle quote di emissione” che secondo le stime di Bruxelles potrebbe raccogliere fino a 100 miliardi di euro nei prossimi dieci anni. “Sulla base della nostra esperienza, – ha assicurato Hoekstra – questo potrebbe mobilitare fino a 400 miliardi di euro”.(Foto: © Iaroslav Danylchenko /123RF) LEGGI TUTTO

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    Sostenibilità, Istat: “Sei italiani su dieci preoccupati dai cambiamenti climatici”

    (Teleborsa) – Comportamenti, stili di vita, opinioni e atteggiamenti hanno un grande impatto sulla sostenibilità ambientale, con una decisa rilevanza in termini di benessere sociale e qualità della vita. Nel 2024 i cambiamenti climatici si confermano il problema, in tema ambientale, che maggiormente preoccupa i cittadini con più di 14 anni, confermando un primato ormai decennale. Manifestano questa attenzione quasi sei persone su 10 di 14 anni e più (58,1%), dato stabile rispetto al 2023. Seguono i problemi legati all’inquinamento dell’aria, avvertiti dal 51,9% della popolazione, dato in aumento di 2 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Meno frequenti sono la preoccupazione per lo smaltimento e la produzione dei rifiuti (38,1%), quella per l’inquinamento delle acque (37,9%) e quella per l’effetto serra e il buco nell’ozono (32,6%), preoccupazioni stabili rispetto agli anni precedenti. È quanto emerge dall’ultimo aggiornamento dell’Indagine multiscopo “Aspetti della vita quotidiana” attraverso la quale l’Istat rileva la percezione dei cittadini rispetto alle tematiche ambientali. Altri aspetti preoccupano meno di tre persone su 10: in fondo alla graduatoria ci sono le preoccupazioni per l’inquinamento elettromagnetico, per la rovina del paesaggio e per le conseguenze del rumore sulla salute.Le preoccupazioni legate al clima sono da tempo al centro dell’interesse delle persone di 14 anni e più. Tra queste, tuttavia, la preoccupazione per l’effetto serra, che nel 1998 coinvolgeva quasi sei persone su 10, cala rispetto al primo anno di rilevazione di circa 25 punti percentuali. Al contrario, il timore per i cambiamenti climatici, indicato nel 1998 dal 36,0% delle persone, sale come detto al 58,1% nell’ultimo anno (+22,1 punti percentuali). Valutando nell’insieme i problemi dell’effetto serra e dei cambiamenti climatici – rileva l’Istat – emerge che l’attenzione della popolazione per la crisi ambientale aumenta in misura decisa a partire dal 2019 (69,2% di cittadini preoccupati), l’anno caratterizzato dal diffondersi in tutto il mondo dei movimenti di protesta studenteschi ispirati ai “FridaysFor Future”. L’indicatore si mantiene quindi stabile negli anni successivi, salvo nel 2021, anno in cui la discesa a un livello del 66,5% è determinata da fattori legati alla pandemia e alla polarizzazione dei cittadini su un altro genere di preoccupazioni connesse alla pandemia (70,8% nel 2020, 66,5% nel 2021, 71% nel 2022 e 70,8% nel 2023).L’inquinamento dell’aria rappresenta, invece, una preoccupazione costante per un cittadino su due da oltre 20anni. Nel 2024 tale preoccupazione segna un aumento di 2 punti percentuali rispetto all’anno precedente. L’attenzione al dissesto idrogeologico, sebbene scesa di interesse nell’arco temporale in esame (dal 34,3% nel 1998 al 28,5% della popolazione di 14 anni e più nel 2024), registra un aumento di 2 punti percentuali nel 2024, dopo una crescita di oltre 4 punti percentuali tra il 2023 e il 2022.Le conseguenze degli eventi estremi, che hanno colpito l’Italia anche nel 2024, in primis l’Emilia Romagna e altre regioni del Nord, sono alla base dell’aumento dei livelli di preoccupazione per questo indicatore, così come avvenne nel 2023 a seguito delle frane e delle alluvioni nelle Marche e in Toscana. Nel 2024 si riscontra un aumento sul 2023 pari a 8,7 punti percentuali in Emilia Romagna e di 4 punti nelle regioni del Nord nel complesso.Tra le altre preoccupazioni emerge quella legata alla produzione e allo smaltimento dei rifiuti che nell’arco di20 anni ha sempre espresso valori importanti, oscillando tra il 39% e il 47%. Tuttavia, negli ultimi due anni tale indicatore (38,1% nel 2024 e 38,9% nel 2023) scende ai minimi storici tra quelli sin qui rilevati.Rispetto all’inquinamento del suolo, dell’acqua e alla distruzione delle foreste il problema più sentito negli anni in esame è l’inquinamento delle acque, che interessa in maniera costante circa il 40% delle persone. La distruzione delle foreste, che preoccupava nel 1998 il 25,2% della popolazione, scende al 20,6% nel 2024. Infine, tra le cinque preoccupazioni prioritarie in tema di ambiente, continua a preoccupare stabilmente oltre due cittadini su 10 la questione dell’inquinamento del suolo (dal 20,3% nel 1998 al 22,2% nel 2024). Circa il 60% delle persone di 14 e più manifesta preoccupazione per cinque (il massimo selezionabile) fra i 15 problemi ambientali citati, valore che si attesta al 73% tra le persone con titolo di studio alto (diploma o laurea), al 60,7% tra coloro che hanno meno di 24 anni (rispetto al 57,1% degli over 55enni) e al 61% tra le donne (58,1% tra gli uomini). Solo una persona su 10 include l’inquinamento acustico, quello elettromagnetico e il deterioramento del paesaggio tra le prime cinque preoccupazioni per l’ambiente.I cittadini si dimostrano attenti alla conservazione delle risorse naturali. Nel 2024 la quota di quanti fanno abitualmente attenzione a non sprecare energia è del 71,4%, in lieve calo rispetto al 2023. Si riduce leggermente anche la quota di coloro che sono attenti a non sprecare acqua: il 68,8% contro il 69,8% dell’anno precedente.Dall’indagine emergono differenze fra le varie Regioni. Nel Mezzogiorno si è più propensi ad acquistare prodotti a chilometro zero (29,9%). Al Nord si evita soprattutto la guida rumorosa per mitigare l’inquinamento acustico (51,3%) e si usano di più i mezzi di trasporto alternativi (20,2%). LEGGI TUTTO

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    Federal Reserve esce da gruppo globale di impegno su rischi climatici e ambientali

    (Teleborsa) – La Federal Reserve, la banca centrale statunitense, ha annunciato di essersi ritirata dal Network of Central Banks and Supervisors for Greening the Financial System (NGFS).”Sebbene il board abbia apprezzato l’impegno con l’NGFS e i suoi membri, il lavoro dell’NGFS si è ampliato sempre di più, coprendo una gamma più ampia di questioni che esulano dal mandato statutario”, si legge in una nota.L’NGFS, lanciato al One Planet Summit di Parigi il 12 dicembre 2017, è un gruppo di banche centrali e autorità di vigilanza che desiderano, su base volontaria, condividere le migliori pratiche e contribuire allo sviluppo della gestione del rischio ambientale e climatico nel settore finanziario e a mobilitare la finanza tradizionale per sostenere la transizione verso un’economia sostenibile.Al 10 dicembre 2024, l’NGFS è composto da 144 membri provenienti da oltre 90 paesi e 21 osservatori, si legge sul suo sito web. LEGGI TUTTO

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    Banche europee, Scope: probabili perdite di credito significative legate al clima

    (Teleborsa) – Le grandi banche europee potrebbero vedere il rendimento del loro portafoglio creditizio ante imposte completamente azzerato nel lungo periodo a causa degli impatti del cambiamento climatico sui loro portafogli di prestiti. Lo afferma Scope Ratings, dopo aver analizzato le potenziali perdite di credito per 73 banche che operano nello Spazio economico europeo.Il rischio fisico deriva dall’aumento delle temperature, dall’innalzamento del livello del mare, dalle inondazioni, dagli incendi boschivi, mentre i rischi di transizione derivano dai cambiamenti politici verso un’economia a basse emissioni di carbonio.”Le banche più vulnerabili si trovano nell’Europa meridionale e orientale – ha ammonito Arne Platteau, analista quantitativo ESG e autore dello studio sul clima di Scope – Prevediamo che le banche più colpite potrebbero affrontare ulteriori perdite annuali superiori a 250 punti base, principalmente a causa di una maggiore esposizione al rischio fisico previsto”.Secondo Scope, mentre le banche possono gestire il rischio dei loro bilanci e margini, l’entità delle potenziali perdite significa che dovranno sviluppare solidi piani di transizione per adattarsi alle circostanze in evoluzione e mitigare i rischi associati al cambiamento climatico.Per valutare il potenziale impatto del rischio climatico sulle grandi banche europee, l’agenzia di rating ha elaborato un profilo sintetico basato sulla distribuzione geografica e segmentale delle esposizioni creditizie delle banche con asset totali superiori a 500 miliardi di euro che partecipano all’esercizio di trasparenza dell’Autorità bancaria europea. La maggior parte delle esposizioni è focalizzata sull’Europa, sebbene il Nord America comprenda una quota non trascurabile di esposizioni. In termini di segmenti di prestito, il portafoglio è equamente suddiviso tra aziende, governo/settore pubblico e retail. LEGGI TUTTO