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    UniCredit, accordo con Consorzio Fonteverde per credito ad aziende agricole

    (Teleborsa) – UniCredit e Consorzio Fonteverde hanno sottoscritto un nuovo accordo per facilitare l’accesso al credito e rafforzare le potenzialità di sviluppo delle aziende associate.Il Consorzio Fonteverde aggrega diverse aziende agricole che operano nel territorio delle province di Ragusa e Siracusa. I soci produttori del Consorzio gestiscono circa 900,00 ha di terreni ubicati in due province della Sicilia sud-orientale: 55% delle superfici nel ragusano, 45% nel siracusano, zone dell’isola fortemente vocate alle coltivazioni ortofrutticole. I prodotti coltivati dai soci produttori (carote, zucchine, peperoni, melone, patate, pomodori, uva, arance, etc.), vengono conferiti al Consorzio che si occupa delle fasi di selezione, confezionamento e commercializzazione con l’obiettivo di assicurare agli associati la migliore redditività.UniCredit con la terza edizione di “UniCredit per l’Italia”, per un valore complessivo di 10 miliardi di euro, di cui un plafond di 1 miliardo di euro è dedicato al settore Agribusiness, si è impegnata a rinnovare la gamma di strumenti di sostegno per il settore.”L’accordo con il Consorzio Fonteverde conferma la nostra attenzione al comparto agroalimentare – ha commentato Salvatore Malandrino, Regional Manager Sicilia di UniCredit – Abbiamo rafforzato la nostra rete commerciale con la presenza di gestori e specialisti Agribusiness dislocati in tutta la regione e ci impegniamo ad offrire soluzioni su misura per le specifiche esigenze delle imprese, contribuendo così allo sviluppo del settore”. LEGGI TUTTO

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    B.F. valorizza fino al 49% della controllata BF International

    (Teleborsa) – Il CdA di B.F., holding quotata su Euronext Milan e attiva nel settore agroindustriale, ha deliberato di approvare la complessiva operazione di valorizzazione della controllata BF International mediante l’ingresso nel capitale sociale della medesima di nuovi investitori, fino ad un massimo del 49% del capitale sociale.In particolare, si prevede che l’ingresso dei nuovi investitori possa avvenire mediante l’acquisto di azioni ordinarie detenute da BF ovvero la sottoscrizione di aumenti di capitale riservati di BF International sulla base di una valorizzazione delle partecipazioni in BF International costante per i vari potenziali investitori, ovvero di un prezzo di acquisto/sottoscrizione minimo di 7,1248 euro.Rientrano nella complessiva operazione di valorizzazione di BF International le seguenti iniziative: l’ingresso nel capitale sociale di BF International di SIMEST e del Fondo Unico di Venture Capital gestito da SIMEST; l’ingresso di Inarcassa – Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti; l’ingresso di Quinto Giro Investimenti Srl.A seguito della delibera assunta in data odierna dal CdA, è stata anche eseguita l’operazione di ingresso nel capitale sociale di BF International di Dompé Holdings, già azionista di B.F. con una quota pari al 24,98% del capitale sociale, avvenuta mediante l’acquisto da BF di 2.807.096 azioni ordinarie di BF International al corrispettivo unitario di 7,1248 euro e complessivo di 19.999.997,58 euro.Per l’operazione di valorizzazione di BF International, il Gruppo BF è stato assistito da Intesa Sanpaolo in qualità di Sole Financial Advisor. LEGGI TUTTO

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    Newlat Food, non si ferma la corsa in Borsa. Ora vale 480 milioni

    (Teleborsa) – Ennesimo rialzo a Piazza Affari per il titolo Newlat Food, gruppo italiano multi-brand del settore agro-alimentare e quotato su Euronext STAR Milan, che chiude su nuovi massimi storici e capitalizza ora oltre 483 milioni di euro. Le azioni hanno terminato le contrattazioni con un aumento del 12,13% a quota 11 euro.In assenza di nuove notizie, l’ultimo catalyst è stata la significativa revisione al rialzo del target price da parte di Intesa Sanpaolo, che venerdì lo ha incrementato a 14,8 euro per azione da 7,7 euro per azione, confermando la raccomandazione “Buy”.Gli analisti considerano l’acquisizione di Princes come un punto di svolta per Newlat, che sta diventando un player da 2,8 miliardi di euro di ricavi, raddoppiando l’offerta delle sue categorie di prodotto nei segmenti complementari e rafforzando il proprio know-how produttivo grazie a un totale di 31 stabilimenti. Inoltre, vedono spazio per sinergie dal punto di vista degli acquisti, della produzione e commerciale, oltre ad alcuni risparmi sui costi e sulla struttura che sono pienamente visibili.(Foto: Newlat) LEGGI TUTTO

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    Newlat, analisti positivi dopo il piano: fiducia su sinergie e deleverage per nuovo M&A

    (Teleborsa) – Gli analisti sono positivi sulle prospettive di Newlat Food, gruppo italiano multi-brand del settore agro-alimentare e quotato su Euronext STAR Milan, che ieri ha presentato il piano industriale 2024-30, includendo anche il contributo atteso dall’acquisizione dell’inglese Princes.Intesa Sanpaolo(che ha Buy e TP a 7,7 euro) fa notare che Princes e Newlat presentano portafogli di prodotti non sovrapposti e la loro combinazione consentirebbe all’azienda di ottenere sinergie commerciali, industriali e distributive, quali: i) internalizzazione della produzione di pasta Napolina facendo leva sulla capacità inutilizzata di Newlat; ii) opportunità commerciali grazie ai siti produttivi nel Regno Unito; iii) sinergie nel Regno Unito guidate da economie di scala; e iv) Princes Industrie Alimentari (filiale italiana di Princes) beneficerebbe dell’accesso alla struttura commerciale di Newlat in Germania e Italia. Ciò si aggiungerebbe alle sinergie di soli costi, che sono invece pienamente visibili e stimate a circa 36 milioni di euro nel 2026 (in aumento rispetto a circa 14 milioni di euro già nel 2024, completamente indipendenti dai ricavi).”La combinazione delle due società (denominate New Princes) diventerebbe un’importante azienda alimentare con circa 2,8 miliardi di euro di ricavi, rappresentando una piattaforma e un produttore paneuropeo diversificato (31 stabilimenti), con distribuzione sia di marca che di private label di un’offerta complementare (10 categorie)”, viene sottolineato in una ricerca.In attesa di maggiori dettagli, Equita (che ha Buy e TP a 8 euro) ipotizza in via preliminare per il 2026 un EBITDA di 260 milioni di euro (10% sotto il target della società) e un FCF di 90-95 milioni di euro (coerente con il target di FCF medio annuo 2024-28 di 100 milioni di euro); Newlat tratterebbe a 23-25% di FCF yield 2026. Per il broker è ragionevole in questa prima fase puntare a un target in area 11 euro per azione, che implicherebbe un FCF yield 2026 in area 18-19%, con eventuale ulteriore upside dalle sinergie commerciali.”Confermiamo inoltre la forte valenza strategica dell’acquisizione Princes, che consente a Newlat di compiere un importante salto dimensionale con riflessi positivi strutturali in termini commerciali, di efficienza, di potere negoziale, e di ulteriori opportunità di M&A”, viene evidenziato.(Foto: Newlat) LEGGI TUTTO

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    Agroalimentare, ISMEA: “Rete mercati all’ingrosso asset strategico”

    (Teleborsa) – Snodi centrali nel commercio di prodotti freschi e freschissimi, con un importante ruolo nella valorizzazione delle produzioni locali e stagionali, nella tracciabilità di filiera e nella sicurezza igienico-sanitaria, i mercati all’ingrosso stanno evolvendo verso un modello di hub multifunzionale capace di offrire una molteplicità di servizi in aggiunta alla tradizionale funzione di intermediazione commerciale, logistica e stoccaggio delle merci. Secondo l’indagine “I Mercati all’Ingrosso nella Filiera Agroalimentare” condotta da ISMEA presso il network di riferimento di Italmercati, partner dell’iniziativa, in Italia operano 137 strutture (numero sei volte superiore a quello di Spagna e Francia) da cui transita circa il 50% dell’offerta ortofrutticola complessiva, il 33% di quella ittica e il 10% delle carni, quote che, ad eccezione dell’ortofrutta, risultano significativamente inferiori a quelle di analoghe realtà di altri paesi Ue. Il sistema italiano dei mercati all’ingrosso – come emerge dal Rapporto presentato oggi al Cnel – è una realtà molto composita e frammentata, dove alla maggiore densità di strutture rispetto ai partner europei corrisponde un giro d’affari più contenuto, ma con un potenziale ruolo cruciale nel favorire un riequilibrio nella distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare.”In una congiuntura difficile per le imprese, con ricadute soprattutto sulla tenuta dei redditi, schiacciati dagli alti costi di produzione, – ha commentato il direttore generale di ISMEA Maria Chiara Zaganelli – i mercati all’ingrosso possono assumere un importante ruolo di stimolo per favorire un processo virtuoso, indirizzato a una più equa ripartizione del valore lungo la filiera e meno penalizzante per le imprese agricole, l’anello strutturalmente più debole. Su questo fronte la nostra indagine ha messo in evidenza i fattori di criticità che non consentono di garantire la presenza diretta degli agricoltori nei mercati all’ingrosso. Rispetto a questa esigenza i mercati potrebbero fornire servizi di supporto e di facilitazione ai piccoli produttori, anche con una diversa programmazione degli orari di apertura, un aspetto, quest’ultimo, segnalato anche da altri operatori”.Lo studio di ISMEA presso il network di Italmercati, costituito da una rete di 22 strutture, distribuite in 14 regioni italiane, quantifica un giro d’affari di 115 milioni di euro, un valore che raggiunge la ragguardevole cifra di 11 miliardi se si considerano anche le attività delle 4.000 realtà economiche operative nei mercati, tra distributori, aziende agricole, bar, ristoranti, facility provider e servizi accessori, con il coinvolgimento quotidiano di 26 mila addetti.Come si evince dall’indagine, un asset strategico delle strutture aderenti a Italmercati è la loro ubicazione rispetto agli snodi logistici: tutte operano nelle immediate vicinanze di uno svincolo autostradale, oltre la metà nei pressi di un aeroporto, il 50% vicino a uno scalo merci ferroviario, quasi un quinto in prossimità di un porto commerciale. Una collocazione favorevole anche rispetto alle produzioni commercializzate, con molte strutture che operano all’interno di distretti agroalimentari o di areali di produzione di qualità riconosciuta (a marchio Dop-Igp), a riprova dello stretto legame con le imprese del settore primario.L’origine del prodotto che transita da questi hub commerciali è prevalentemente nazionale, con una quota rilevante di produzioni locali, provenienti cioè da una distanza massima di 100 km, ad eccezione delle carni, costituite per lo più da prodotti d’importazione. Più in dettaglio, le merci locali sono oltre la metà dei prodotti florovivaistici, un terzo degli orticoli e degli ittici, un quinto della frutta. Queste realtà, accanto alle attività strettamente connesse al core business, contribuiscono anche alla produzione di energia rinnovabile, con il 60% delle strutture che ha investito in questo settore con l’installazione di impianti in parte finanziati dal PNRR. La previsione è di arrivare, entro il 2026, a una quota di energia autoprodotta pari a quasi la metà del fabbisogno. La sostenibilità è ulteriormente rafforzata dal comune impegno nella lotta agli sprechi, attraverso il recupero di prodotti invenduti, donazioni a enti caritatevoli e vendita diretta ai cittadiniTra i clienti dei mercati, la quota più consistente è rappresentata dai dettaglianti del circuito tradizionale (37%), seguiti dai retailer della distribuzione moderna (18%) e dei mercati rionali (17%). Rilevante anche la partecipazione di intermediari ed esportatori nazionali (11%) ed esteri (7%) e operatori del canale Horeca (6%), in particolare ristoratori, questi ultimi in crescita insieme a quelli della distribuzione moderna.”La frammentazione del settore dei mercati all’ingrosso in Italia ha portato molte di queste strutture a perdere rilevanza e strategicità per il Paese e ha fatto perdere la visione d’insieme del settore. La rete di Italmercati nasce proprio dalla sentita esigenza di porre rimedio a tale frammentazione, per fare sistema e lavorare in sinergia con medesime caratteristiche e visione futura – dichiara il presidente di Italmercati Fabio Massimo Pallottini –. Per uno sviluppo del settore, è fondamentale infatti che le azioni politiche investano nei mercati all’ingrosso strategici del Paese: la nostra proposta cerca di individuare un numero – magari ridotto – di Mercati strategici che garantiscano un sistema più efficace ed efficiente, non tralasciando i principali requisiti alla base di queste strutture: garantire ai consumatori servizi di tracciabilità e sicurezza alimentare”.Lo sviluppo futuro dei mercati, infatti, deve essere accompagnato da un percorso di aggregazione delle realtà esistenti in strutture moderne, più grandi ed efficienti, con evidenti ricadute positive, quali un efficientamento della catena logistica e una minor dispersione degli investimenti, come indicato anche dal ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare e delle foreste. Inoltre, in un contesto in cui gli strumenti della attuale PAC non bastano più ad assicurare un adeguato sostegno agli agricoltori, diventa cruciale il ruolo equilibratore dei Mercati all’Ingrosso nell’ambito della filiera agroalimentare per renderla più efficiente più equa e meno penalizzante per i produttori agricoli.Da queste premesse – spiega l’ISMEA – nasce la proposta illustrata nel corso della giornata da Pallottini, già pronta ad essere implementata e condivisa con le Istituzioni ed in particolar modo con il MASAF: creare un network con cui condividere le Politiche di settore sia a livello regionale che nazionale che possa accedere a linee di finanziamento che ne garantiscano l’evoluzione, sia delle strutture stesse che di chi ne opera all’interno; rafforzare il ruolo dei Mercati come operatori della filiera, aumentando coinvolgimento e integrazione nel Sistema della Grande Distribuzione Organizzata e la loro collaborazione con le Organizzazioni di Produttori; aprire un tavolo di lavoro sulla logistica; potenziare il settore ittico in sofferenza dal momento che, a differenza di altri Paesi europei, il legame tra Mercati all’Ingrosso ed il mondo della pesca in Italia risulta inefficiente. 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    Newlat Food punta a 5 miliardi di euro di ricavi nel 2030 grazie all’M&A

    (Teleborsa) – Newlat Food, gruppo italiano multi-brand del settore agro-alimentare e quotato su Euronext STAR Milan, presenta oggi il piano industriale di gruppo al 2030, dopo l’annuncio dello scorso 27 maggio riguardante l’intenzione di acquisire il 100% del capitale sociale di Princes, storico gruppo alimentare con sede nel Regno Unito. New Princes Group, il nuovo gruppo che nascerà dalla prevista acquisizione di Princes da parte di Newlat Food, avrà un fatturato di 2,8 miliardi di euro, una rete operativa globale di 31 stabilimenti e circa 8.800 dipendenti e 30 brand. Il closing dell’operazione è previsto entro la fine di luglio 2024.Il piano industriale al 2030 del nuovo gruppo prevede una crescita organica del fatturato con un CAGR del 3% tra il 2024 e 2030, raggiungendo 3,34 miliardi nel 2030. Ulteriori contributi alla crescita potranno venire dalle sinergie commerciali tra Princes e Newlat Food, mentre il target di 5 miliardi sarà legato al contributo dato dalla crescita per linee esterne.In questo scenario conservativo, la redditività è prevista in aumento di 270 bps, raggiungendo nel 2030 un EBITDA di 317 milioni ed un margine del 9,5% guidato da sinergie commerciali, dal miglioramento del mix di prodotti offerti, da un maggiore contributo dei marchi di proprietà e dalla leva operativa. Le sinergie di costo ed integrazione sono stimate a 36 milioni, mentre ulteriori sinergie commerciali potranno guidare ad una crescita del margine oltre il 10% entro il 2030.L’utile netto è atteso superare 100 milioni entro il 2030, mentre già per l’esercizio corrente, ci si attende un utile pro-forma 2024 (Princes consolidata per 12 mesi) superiore ai 300 milioni per effetto del badwill di 288 milioni.Il gruppo si aspetta un livello di Free Cash Flow pari a 172 milioni nel 2030, risultato di una più efficiente gestione del Working Capital, un’ottimizzazione della struttura operativa e conseguente riduzione dei CAPEX, oltre che dalla progressiva riduzione dei costi per interessi legati al triangolo virtuoso di: i) EBITDA in miglioramento; ii) riduzione dello spread medio; iii) progressiva riduzione dell’ammontare medio del debito.Il management prevede di completare rapidamente il processo di riduzione della leva finanziaria, puntando a un rapporto debito netto/EBITDA inferiore a 1x entro la fine del 2026. Tale flessibilità finanziaria permetterà a New Princes Group di guardare a ulteriori attività strategiche di M&A per arrivare a 5 miliardi di ricavi nel 2030. LEGGI TUTTO

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    UE impone tariffe proibitive sui cereali russi. Obiettivo stop a importazioni

    (Teleborsa) – Il Consiglio dell’Unione europea ha adottato oggi un regolamento che mira a imporre tariffe proibitive sui prodotti cerealicoli importati dalla Russia e dalla Bielorussia. Il regolamento aumenta i dazi su cereali, semi oleosi e prodotti derivati ??dalla Russia e dalla Bielorussia a un punto tale da bloccare in pratica le importazioni di questi prodotti.”Le nuove tariffe fissate oggi mirano a fermare in pratica le importazioni di grano dalla Russia e dalla Bielorussia nell’UE – ha commentato Vincent Van Peteghem, ministro belga delle finanze (il Belgio ha presidenza di turno) – Queste misure impediranno quindi la destabilizzazione del mercato dei cereali dell’UE, fermeranno le esportazioni russe di grano prodotto nei territori dell’Ucraina illegalmente appropriati e impediranno alla Russia di utilizzare i proventi delle esportazioni verso l’UE per finanziare la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina. Questo è ancora un altro modo in cui l’UE mostra un sostegno costante all’Ucraina”.Scendendo nei dettagli, il regolamento aumenta le tariffe per l’importazione di cereali, semi oleosi e prodotti derivati, nonché di pellet di barbabietola e piselli secchi dalla Federazione Russa e dalla Repubblica di Bielorussia, per i quali attualmente gli importatori pagano tariffe basse o nulle. Inoltre, a tali beni sarà vietato l’accesso ai contingenti tariffari dell’Unione.Il dazio doganale sarà fissato a un livello più elevato di 95 euro a tonnellata per i cereali e del 50% ad valorem per i semi oleosi e per i prodotti derivati derivanti da una concentrazione del prodotto di base.Queste misure riguardano prodotti originari o esportati direttamente o indirettamente dalla Federazione Russa o dalla Repubblica di Bielorussia nell’UE. Non influenzeranno il transito attraverso l’UE da entrambi i paesi verso altri paesi terzi. Il regolamento sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue. Le misure entreranno in vigore il 1 luglio 2024.”La decisione dei ministri dell’UE di aumentare i dazi a livello europeo sulle importazioni di prodotti agricoli dalla Russia e dalla Bielorussia, a partire dal primo luglio, va nella direzione auspicata e sostenuta dal nostro Governo”, ha commentato il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida. “Questo provvedimento, come ha confermato il commissario UE per il Commercio Valdis Dombrovskis, contribuirà a limitare le entrate della Russia e a contrastare le esportazioni illegali di grano sottratto all’Ucraina – ha aggiunto – L’Italia è in prima linea per proteggere la nostra agricoltura e per difendere compattamente con le altre Nazioni la legalità internazionale”.Secondo Coldiretti, “il via libera ai dazi maggiorati sul grano russo e bielorusso è importante per salvare le aziende agricole italiane in una situazione che lo scorso anno ha visto gli arrivi di cereale dalla Russia aumentare del 1000%, con un effetto dirompente sui prezzi pagati agli agricoltori, crollati sotto il livello dei costi di produzione”.Nel 2023 si è registrata un’invasione di grano duro russo per la pasta mai registrata prima della storia, con quasi mezzo milione di tonnellate che sono entrate nel nostro Paese, abbattendo fino al -60% il prezzo del grano italiano – sostiene l’associazione di rappresentanza dell’agricoltura italiana – Si tratta di valori che portano la coltivazione ampiamente sotto i costi di produzione, rendendola di fatto antieconomica ed esponendo le aziende agricole al rischio crack, soprattutto nelle aree interne senza alternative produttive. LEGGI TUTTO

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    Revisione Pac, Confagricoltura: “Semplificazione significativa a vantaggio delle imprese anche grazie a retroattività”

    (Teleborsa) – “L’approvazione da parte del Consiglio UE della parziale revisione della PAC è un grande risultato per le imprese agricole che imprime un’accelerazione importante verso un’incisiva semplificazione, riducendo i vincoli all’attività produttiva. Sebbene ci sia ancora molto da fare, questo è un primo traguardo, ottenuto grazie al documento presentato a febbraio dal Governo italiano alla Commissione, che includeva le proposte di Confagricoltura annunciate durante l’Assemblea straordinaria a Bruxelles. Ottima la retroattività a partire dall’inizio dell’anno in corso”. È quanto ha affermato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, commentando l’approvazione della parziale revisione della PAC. Giansanti – fa sapere Confagricoltura in una nota – “ringrazia il Governo, e in particolare il ministro Lollobrigida, per il lavoro essenziale e positivo svolto in ambito europeo. Occorre ora procedere a livello nazionale alla modifica del Piano strategico per l’applicazione della PAC. A livello comunitario, intanto, proseguono le iniziative per la revisione della direttiva sulle pratiche sleali e per rafforzare il ruolo dell’agricoltura all’interno della filiera”.”Resta comunque indispensabile una profonda riforma della PAC, più attenta alla produzione, alla competitività e alla tutela dei redditi”, ha concluso Giansanti. LEGGI TUTTO