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    Sostenibilità, nasce il ReSMART Index: la nuova certificazione per quartieri intelligenti e inclusivi

    (Teleborsa) – Si è tenuto il 26 giugno, presso Factory NoLo di Milano, l’evento di lancio del ReSMART Index, la nuova certificazione ideata da Planet Smart City, in collaborazione con ARUP Italia e certificata da ASACERT, per misurare il livello di “intelligenza” e sostenibilità dei progetti immobiliari su scala di distretto urbano. Il ReSMART Index si distingue per l’approccio integrato e qualitativo, basato su un algoritmo proprietario che analizza oltre 200 parametri, tra cui: efficienza energetica, gestione idrica, innovazione tecnologica, inclusione sociale e qualità progettuale. Il sistema attribuisce tre livelli di certificazione: Certified, Merit e Mastery.”Il ReSMART Index rappresenta un punto di svolta nella valutazione degli sviluppi immobiliari: introduce un modello innovativo che supera i tradizionali indicatori prestazionali, per concentrarsi sulla dotazione tecnologica, infrastrutturale e sociale dei progetti – ha dichiarato Fabrizio Capaccioli, ad di ASACERT –. L’entusiasmo raccolto in occasione del lancio conferma quanto il mercato abbia oggi bisogno di strumenti seri, strutturati e trasparenti. Per ASACERT, contribuire a questa trasformazione è un impegno che ci assumiamo con orgoglio e responsabilità, nella consapevolezza che ogni parametro valutato è un passo concreto verso comunità migliori”.”Con il lancio del ReSMART Index nasce una nuova generazione di sistemi di certificazione immobiliare – ha spiegato Pietro Putetto, ceo di Planet Smart City – Advisory –. Non più soltanto energia, ambiente e connettività, ma anche e soprattutto una visione completa di innovazione applicata alla scala di quartiere, che misura con parametri oggettivi il miglioramento della qualità dell’abitare delle comunità di residenti. Dopo aver ideato questo nuovo strumento, siamo ora pronti per avviare la formazione dei futuri ReSMART Experts, professionisti qualificati per la valutazione degli sviluppi residenziali e mixed-use. Partiremo in autunno con i corsi di base e avanzati in tutta Italia, che dall’anno prossimo verranno estesi al resto del mondo”.”ReSMART è un indice digitale e interattivo, co-creato da Planet Smart City e Arup, per valutare le performance degli sviluppi immobiliari puntando sull’innovazione tecnologica combinata con le componenti sociali – ha sottolineato Stefano Recalcati, project director di ARUP –. Rappresenta una nuova frontiera negli strumenti di valutazione nell’ambito del real estate”.Durante l’evento è stato inoltre consegnato il primo certificato ReSMART al mondo al progetto Smart City Aquiraz, in fase di realizzazione a Fortaleza (Brasile): un distretto residenziale con 2.800 abitazioni e ben 55 soluzioni innovative, tra cui una app di comunità, attività di community management, spazi condivisi, orti urbani, microhabitat per la fauna, monitoraggio della qualità dell’aria e illuminazione intelligente. LEGGI TUTTO

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    Sostenibilità, UN Global Compact Network Italia: cresce l’impegno delle imprese italiane nella dimensione sociale

    (Teleborsa) – Il settore privato italiano mostra segnali positivi in tema di sostenibilità sociale, ma resta ancora molta strada da percorrere per generare un cambiamento sistemico e duraturo. È questo il messaggio che UN Global Compact Network Italia (UNGCN Italia) rilancia oggi a due anni dalla pubblicazione del Manifesto Imprese per le Persone e la Società, un appello rivolto alle imprese italiane per rafforzare il proprio impegno nella dimensione sociale della sostenibilità in azienda, lungo le catene di fornitura e nelle comunità di appartenenza.Secondo i dati 2024 della Communication on Progress, la rendicontazione annuale richiesta alle aziende aderenti a UNGCN, l’87% delle imprese italiane che fanno parte dell’iniziativa onusiana ha adottato policy sull’aspetto dei diritti umani, una percentuale leggermente più alta della media europea, che si attesta all’86%. Sono in particolare le grandi imprese a mostrare un forte impegno su questo fronte (il 98% delle associate a UNGCN), ma anche le PMI evidenziano una significativa attenzione al tema, con il 79% del totale.Anche a livello di due diligence le aziende italiane si dimostrano virtuose, con un 65% ad avere già intrapreso i processi in linea con standard normativi in media con il resto d’Europa. Anche in questo caso, sono le grandi aziende a essere maggiormente coinvolte (73% del totale delle aderenti), con le PMI che si attestano al 60%.Permangono tuttavia molteplici sfide per estendere queste politiche alla catena del valore. Infatti, solo il 43% delle aziende italiane ha una forma di impegno pubblico che include operations, catena di fornitura e catena del valore, mentre, parlando di due diligence, solo il 18% delle aziende italiane aderenti a UNGC ha adottato un processo che copra l’intera catena del valore.Con la sottoscrizione al Manifesto Imprese per le Persone e la Società, le aziende si impegnano a garantire standard lavorativi adeguati ai dipendenti e a richiederli ai fornitori, a ridurre le disuguaglianze sociali e di genere nella comunità, a supportare azioni per il benessere della collettività e a investire nella formazione e nella sensibilizzazione dentro e fuori dal luogo di lavoro. Il documento è stato fino a oggi firmato da oltre 200 amministratori delegati italiani, anche di realtà non aderenti a UN Global Compact. Le imprese firmatarie sono equamente suddivise tra PMI e grandi aziende e appartenenti a tutti i settori.”In un contesto europeo in forte evoluzione normativa – con l’adozione della Direttiva sulla due diligence (CSDDD) e degli standard ESRS per la rendicontazione di sostenibilità – le imprese sono chiamate a un ruolo prioritario nel generare valore condiviso e a lungo termine”ha dichiarato Daniela Bernacchi, executive director di UN Global Compact Network Italia –. L’azione che il settore privato può mettere in campo, in qualità di attore chiave per l’attuazione dell’Agenda 2030, è oggi più che mai fondamentale. Alla luce di una crescente domanda di trasparenza sull’impatto sociale delle attività economiche, occorre rafforzare l’ambizione, non solo nel rispetto delle regole, ma nel promuovere cultura, consapevolezza e cambiamento”. LEGGI TUTTO

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    MEF, effetti su PIL per 17 miliardi di euro da misure finanziate con BTP Green nel 2024

    (Teleborsa) – La principale voce di finanziamento coperta dai 11,6 miliardi di euro finanziati attraverso le emissioni del BTP Green tenutesi nel 2024 è costituita dagli interventi effettuati nella categoria “trasporti”, che rappresenta il 40,5% del totale (pari a circa 4,7 miliardi di euro). È quanto emerge dal “Rapporto 2025 su Allocazione e Impatto – BTP Green” pubblicato dal ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).Le risorse sono state destinate principalmente al potenziamento delle infrastrutture ferroviarie, attraverso interventi di manutenzione, l’elettrificazione di tratte ferroviarie esistenti e la costruzione di nuove tratte di AV/AC. A questi si aggiungono investimenti per la promozione di altri mezzi di trasporto pubblico sostenibili e la realizzazione di metropolitane.Una quota pari al 34,9% (circa 4,1 miliardi di euro) è riservata alle misure di incentivazione fiscale per l’efficientamento energetico degli edifici, mentre alla tutela dell’ambiente e della diversità biologica (difesa del suolo e contrasto al dissesto idrogeologico, parchi e riserve naturali, infrastrutture idriche) è indirizzata una quota pari al 9,1% (circa 1,1 miliardi di euro). L’8,7% delle risorse (1 miliardo di euro circa) è dedicato a misure di prevenzione e controllo dell’inquinamento atmosferico, del suolo e delle acque interne e marine, nonché ad interventi di recupero ambientale e gestione integrata dei rifiuti. Infine, circa 650 milioni di euro, pari al 5,6%, sono destinati alla ricerca in materia di sostenibilità ambientale.Da un punto di vista socio-economico, gli interventi finanziati producono effetti in termini di prodotto interno lordo quantificabili in circa 17 miliardi di euro, corrispondenti a circa lo 0,8% del PIL italiano del 2024. Tale incremento della produzione dà luogo, inoltre, ad importanti effetti sulla domanda di lavoro, con una ricaduta occupazionale quantificabile in circa 262 mila posizioni di lavoro (ULA).L’analisi contenuta in questa edizione del Rapporto evidenzia che il 79% delle risorse è destinato ad attività conformi ai criteri di contributo sostanziale a uno o più dei 6 obiettivi ambientali della Tassonomia UE e circa il 60% delle risorse risulta anche conforme al principio del DNSH (Do No Significant Harm), ovvero che gli interventi a cui sono destinate non arrechino involontariamente nessun danno significativo agli altri rilevanti obbiettivi ambientali. LEGGI TUTTO

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    Standard Ethics assegna rating “E+” a Ibl Banca e Banca Popolare Pugliese

    (Teleborsa) – Standard Ethics ha assegnato un Corporate Standard Ethics Rating (SER) al livello “E+” ad altri due istituti bancari italiani non quotati – Ibl Banca e Banca Popolare Pugliese – costituenti del nuovo SE Unlisted Italian Banks Benchmark, annunciato lo scorso 5 giugno. Si tratta del quarto notch su nove (nella fascia “Low”) della scala usata dall’agenzia di rating indipendente con sede a Londra e focalizzata sulla sostenibilità.I primi sei rating ESG erano stati: Cassa di Bolzano EE-, Banca Agricola Popolare di Sicilia E+, Banca Popolare Alto Adige (Volksbank) E+, Banca Popolare Valsabbina E+, Banca Popolare Puglia e Basilicata E+, Banca Passadore E.Il Benchmark è composto dai maggiori 25 istituti bancari non quotati per mezzi amministrati incluse le due banche pubbliche (Istituto per il Credito Sportivo e Culturale e il Mediocredito Centrale). È prevista l’emissione dei rimanenti rating entro la fine dell’anno. LEGGI TUTTO

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    Green Claims, relatori Parlamento UE: Italia ritira appoggio, non c’è più maggioranza

    (Teleborsa) – La Commissione europea è pronta a un passo indietro sulla direttiva Green Claims, ovvero nuovi criteri per impedire alle aziende di fare affermazioni fuorvianti sui meriti ambientali dei loro prodotti e servizi. I due co-relatori del Parlamentpo europeo, Tiemo Wolken (S&D) e Sandro Gozi (Renew Europe), hanno rivelato che i negoziatori del Consiglio UE e del Parlamento europeo erano “molto vicini” a trovare un compromesso definitivo ed equilibrato sulla direttiva, ma tutto si sarebbe bloccato per le pressioni di alcuni paesi. In particolare, “l’Italia ha cambiato posizione” e “non c’era più maggioranza” sul mandato del Consiglio UE, hanno detto in conferenza stampa, dopo che la Commissione ha annunciato l’intenzione di ritirare la proposta di direttiva in quanto “preoccupata” degli effetti sulle microimprese delle misure contro il greenwashing.”La Commissione europea rimane pienamente impegnata a contrastare il greenwashing e a garantire che i consumatori siano correttamente informati. Questo è anche lo scopo della Direttiva sulle Green Claims, e pertanto continueremo a lavorare per raggiungere questo obiettivo, in particolare nel contesto dell’attuazione del quadro per la responsabilizzazione dei consumatori nella transizione verde”, ha detto la portavoce della Commissione Paula Pinho nel corso dell’incontro con la stampa.”Vorrei ricordare che una delle priorità di questa Commissione è ridurre gli oneri amministrativi per le piccole imprese, e in particolare per le microimprese – ha aggiunto – Per quanto riguarda le discussioni con i colegislatori sulla direttiva sulle Green Claims ci sono stati degli sviluppi, tra cui uno chiaramente contrario allo stesso obiettivo della Commissione. È contrario all’agenda di semplificazione, in particolare per quanto riguarda le microimprese, perché stiamo parlando di un emendamento che significherebbe che circa 30 milioni di microimprese, che per darvi un riferimento significa il 96% di tutte le aziende, sarebbero coperte dalla proposta se le microimprese fossero incluse. Pertanto, questo emendamento distorce la proposta della Commissione impedendo in primo luogo il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalla proposta, vale a dire il sostegno allo sviluppo dei mercati verdi evitando al contempo oneri eccessivi per le imprese più piccole”. “È in questo contesto che se l’emendamento” verrà mantenuto “allora ritireremo la proposta legislativa sulle Green Claims”. LEGGI TUTTO

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    Bioeconomia, Intesa Sanpaolo: in Italia nel 2024 generato output pari a 426,8 miliardi di euro

    (Teleborsa) – Nel 2024 il valore dell’output della Bioeconomia, intesa come insieme di attività che utilizzano materie prime di origine biologica e rinnovabile, si è attestato a 3.042 miliardi di euro nell’UE27. Si tratta dell’8,7% del totale economia, occupando oltre 17 milioni diaddetti. In Italia, la Bioeconomia ha generato nel 2024 un output pari a 426,8 miliardi di euro, in sostanziale stabilità rispetto al 2023 a prezzi correnti (-0,4%): sintesi del buon andamento della filiera agro-alimentare e del calo registrato in alcuni comparti di forte specializzazione italiana come la moda, i prodotti in legno ed i mobili. Queste le stime contenute nel Rapporto “La Bioeconomia in Europa”, redatto dal Research Department di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster Spring con il contributo di SRM (Studi e Ricerche per il Mezzogiorno), presentato oggi a Roma presso l’Università Luiss – Guido Carli.La Bioeconomia in Italia – rileva il rapporto – rappresenta circa il 10% del valore della produzione complessiva ed il 7,7% considerandol’occupazione. L’Italia risulta specializzata in questo meta-settore, rappresentando il 14% dell’UE27, una percentuale superiore rispetto a quella che si osserva per il totale delle attività economiche (12,4%).L’analisi del panorama europeo evidenzia una maggiore rilevanza della Bioeconomia per i paesi del Mediterraneo (10,3%) e nei paesi Nordici (9,7%). Il dettaglio settoriale evidenzia come in tutte le aree considerate la filiera agroalimentare rappresenti oltre la metà del valore della Bioeconomia. Nel Sistema Moda bio-based spiccano i paesi dell’area Mediterranea, influenzati dall’Italia, mentre nei comparti del legno e mobili bio-based, e nella carta emergono i paesi Nordici. Il segmento dei prodotti in plastica bio-based, pur con un peso ancora limitato nella maggior parte dei paesi europei, presenta un elevato potenziale di crescita, in particolare per quanto riguarda il packaging, tassello chiave per uno sviluppo sostenibile in ottica circolare. Un’indagine condotta presso 171 imprese clienti di Intesa Sanpaolo attive nel settore della produzione diimballaggi in plastica, conferma il ruolo che i prodotti bio-based già ora giocano nel contesto italiano: quasi la metà delle imprese intervistate utilizza già input di origine naturale e di queste circa il 40% presenta un peso superiore al 30% di tali materie prime. Si tratta di imprese fortemente vocate all’innovazione, che hanno scelto di utilizzare materie prime bio-based spinte soprattutto da motivi di competitività e di richieste del mercato. In prospettiva, il 23% delle aziende che non utilizzano materie prime bio-based intende introdurre tali input nei propri processi produttivi, mentre ben il 68% delle imprese che utilizzano input bio-based in maniera marginale dichiarano di voler ampliare l’utilizzo di tali risorse.La Bioeconomia, sintesi di produzioni tradizionali, fortemente radicate a livello locale, e di innovazioni di frontiera, – sottolinea il rapporto – rappresenta una opportunità straordinaria di sviluppo inclusivo delle Aree Interne, ovvero quei territori con minore accesso ai servizi essenziali, in particolare nel Mezzogiorno. Tali aree, secondo l’analisi condotta da SRM e pubblicata nel Rapporto, posseggono un capitale ecologico e produttivo che le rende naturalmente vocate a sostenere la transizione verso la bioeconomia. La ricchezza in biodiversità, la prevalenza di colture stabili, la diffusione di pratiche biologiche, la presenza di sistemi agro-silvo-pastoraliintegrati e la relativa assenza di agricoltura intensiva configurano questi territori come aree strategiche per l’Italia, non solo in termini produttivi, ma soprattutto come custodi di servizi ecosistemici e innovazione sostenibile. “Per innescare un cambiamento duraturo – conclude il report – è necessario un salto di qualità nelle politiche pubbliche, sia in Italia che a livello europeo, dove la Commissione, nel Clean Industrial Deal, ha riconosciuto il carattere strategico della Bioeconomia come pilastro fondamentale lungo la strada della costruzione di un sistema economico e produttivo competitivo e sostenibile. La revisione della Bioeconomy Strategy, attesa per la fine del 2025, potrà rappresentare un passo importante per promuovere le potenzialità dei materiali bio-based e ridurre le dipendenze dall’estero”.”L’ampliamento dell’analisi della Bioeconomia all’UE 27, presentata nell’undicesimo Rapporto, – ha commentato Stefania Trenti, responsabile Industry and Local Economies Research di Intesa Sanpaolo – è sicuramente un importante passo avanti nel comprendere la rilevanza di questo meta-settore in Europa. In considerazione anche della nuova revisione della Strategia europea, avere stime aggiornate per i diversi paesi europei costituisce un utile strumento per fare scelte di policy mirate. La Bioeconomia si conferma un settore rilevante per l’economia italiana, rappresentando un’occasione per la crescita e lo sviluppo sostenibile anche delle aree Interne, territori marginali a rischio di spopolamento. Ma la Bioeconomia può rappresentare un’occasione per innovare anche per settori altamente competitivi come quello del packaging in plastica. L’originale indagine su imprese attive in questo settore, presentata nel report, conferma il ruolo che i prodotti bio-based già ora giocano nel contesto italiano grazie all’impegno di imprese fortemente innovative e proattive di fronte alle sfide del mercato”.”In un contesto globale profondamente trasformato, la Bioeconomia – afferma Catia Bastioli, presidente Cluster SPRING – si conferma una leva strategica per coniugare sostenibilità ambientale, competitività industriale e coesione territoriale. È ora necessario che l’Europa riconosca pienamente il contributo dei prodotti bio-based alla transizione ecologica, integrandoli nel quadro legislativo e regolatorio europeo. Occorrono azioni concrete: introdurre sottocodici NACE per le bioraffinerie, valorizzare il contenuto bio-based nei prodotti, e promuovere una nuova Lead Market Initiative dedicata al settore. SPRING, attraverso il proprio impegno nella EU Bioeconomy Clusters’ Alliance – che oggi riunisce 14 cluster di 11 Paesi – lavora attivamente per costruire sinergie europee e rafforzare un ecosistema capace di scalare l’innovazione sul territorio. Insieme a partner provenienti da tutta Europa collaboriamo in numerosi progetti europei, tra cui Terrific e BioinSouth, e alla partnership pubblico- privata del Bio-based Industries Consortium, promuovendo una visione industriale della bioeconomia, fondata sull’integrazione delle filiere, sull’efficienza delle risorse e sullo sviluppo di modelli produttivi più resilienti. Trasformare la Bioeconomia in una vera e propria strategia industriale europea è fondamentale per garantire prosperità duratura, autonomia strategica e benessere condiviso”. 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    Olidata agli Stati Generali della Sostenibilità Digitale. Quadrino: sostenibilità è scelta e non etichetta

    (Teleborsa) – Olidata, società quotata su Euronext Milan e system integrator nel settore dei servizi digitali, ha partecipato agli Stati Generali della Sostenibilità Digitale, insieme alle principali realtà leader del settore per perseguire obiettivi strategici per il futuro e fornire proposte concrete in ambito tech.Il Gruppo “lavora quotidianamente per far sì che la digitalizzazione giochi un ruolo primario nella transizione in atto, proponendo modelli sostenibili – si legge in una nota – A partire dalle certificazioni ottenute, come quelle per la parità di genere o per la gestione ambientale, e dall’incentivo all’utilizzo dello smart working per un corretto work-life balance”. La visione ESG è integrata nel piano strategico del Gruppo, che investe in ricerca e sviluppo per realizzare progetti in ambito healthcare, per facilitare l’accesso alle cure, semplificare il lavoro dei professionisti sanitari e offrire strumenti di prevenzione in grado di migliorare la qualità della vita della comunità.”Credo nei principi della sostenibilità – ha commentato l’AD Claudia Quadrino – Li considero fondamentali, non solo come valori guida, ma come criteri concreti per valutare il nostro operato quotidiano, come individui e come organizzazioni. Sostenibilità, quindi, non come etichetta, ma come scelta continua, coerente e condivisa”. LEGGI TUTTO

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    Costituzione e sostenibilità: nuovi strumenti per valutare l’impatto delle nuove leggi

    (Teleborsa) – A che punto siamo con l’attuazione della riforma costituzionale del 2022 che ha inserito la tutela dell’ambiente e degli interessi delle future generazioni tra i principi fondamentali della Repubblica? A questa domanda risponderà il convegno “Costituzione: nuovi orizzonti per il nostro Paese”, promosso dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), da ECCO – il think tank italiano per il clima – e da Globe Italia Associazione Nazionale per il Clima, svoltosi oggi a Roma presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati.L’evento si inserisce in un momento importante per il possibile cambiamento del processo di formazione delle politiche pubbliche. Infatti, lo scorso 8 maggio, il Senato ha approvato il disegno di legge n.1192 d’iniziativa governativa sulla semplificazione normativa, ora all’esame della Camera, il quale, all’articolo 4, introduce un principio estremamente importante per la trasformazione del nuovo testo costituzionale in pratica corrente: le leggi della Repubblica promuovono l’equità intergenerazionale. Inoltre, per rendere tale principio effettivo, viene introdotta una valutazione d’impatto generazionale delle nuove normative che espliciti gli effetti sociali e ambientali non solo sul presente, ma anche sulle generazioni future. “Quando nel 2016 l’ASviS propose di inserire il principio dello sviluppo sostenibile nella Costituzione italiana, molti considerarono quell’idea un traguardo irraggiungibile. All’epoca, la tutela dell’ambiente e l’equità tra generazioni sembravano concetti lontani dalle priorità del dibattito politico quotidiano. Eppure, quella visione ha trovato spazio nella nostra Carta fondamentale e può ora influenzare in profondità il modo di legiferare da ora in poi – ha dichiarato il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini –. L’ASviS, insieme a Save the Children, ha creato un comitato scientifico in cui siedono i migliori esperti italiani su queste tematiche per offrire al Governo e al Parlamento strumenti concreti per realizzare al meglio quella Valutazione d’impatto generazionale delle nuove leggi proposta dall’Alleanza da alcuni anni. Inoltre, con il progetto Ecosistema Futuro l’ASviS intende portare il futuro al centro del dibattito culturale e politico, coerentemente con quanto previsto dal ‘Patto sul futuro’ dell’ONU firmato dall’Italia nel settembre scorso”.”La trasformazione richiesta dalla lotta al cambiamento climatico è profonda. I principi della Costituzione riportano l’attenzione sul “perché” e sul “come” tutelare l’ambiente in quanto bene comune. Le sfide collettive devono quindi conciliarsi con la dimensione individuale. Altrimenti, c’è il rischio che le norme sul clima siano percepite come mere regole calate dall’alto, disancorate dalla realtà, e quindi dal consenso e dalla volontà popolare – ha affermato Matteo Leonardi, cofondatore e direttore esecutivo ECCO –. Inoltre, considerando che i costi del cambiamento climatico sono maggiori di quelli per la riduzione delle emissioni, occorrerà definire un sistema di governance e una strategia di spesa pubblica coerente con il processo di decarbonizzazione e l’uscita dai combustibili fossili, anche a supporto della competitività del nostro Paese sui mercati globali”.”Con l’introduzione della tutela dell’ambiente in Costituzione, il Parlamento ha compiuto un passo storico, intervenendo proprio sulla prima parte della Carta, quella dedicata ai principi fondamentali, e superando un’impostazione che limitava la tutela al solo paesaggio e al patrimonio storico e artistico. Anche le modifiche all’articolo 41 sono state molto rilevanti, in quanto consentono di indirizzare l’attività delle imprese anche ai fini ambientali, oltre che sociali, necessari per la transizione ecologica – ha dichiarato Carmen Miracolo, funzionaria Gruppo Parlamentare e docente Globe Italia –. Per questo auspichiamo oggi un intervento convinto e di ampio respiro del Parlamento sulle politiche green, a partire da un lavoro congiunto per il raggiungimento dei target europei relativi all’abbattimento delle emissioni. La transizione ecologica è una sfida che coinvolge tutti, dalle grandi imprese ai singoli cittadini, ma il suo successo non può prescindere dall’iniziativa della politica e dalla sensibilità del legislatore verso una tematica così importante per le future generazioni”.La modifica costituzionale è stata anche oggetto della campagna di comunicazione “Diritto al Futuro” lanciata nel mese di febbraio dall’ASviS in collaborazione con Fondazione Pubblicità Progresso, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla portata della riforma. Su questo tema l’ASviS ed ECCO hanno realizzato lo studio “Il clima in Costituzione”, che analizza le implicazioni della modifica costituzionale sulle politiche pubbliche in tema di contrasto al cambiamento climatico. Infine, va segnalato il “Rapporto di primavera 2025”, pubblicato dall’ASviS il 7 maggio scorso, nel quale, tra l’altro, si valutano le modalità per la predisposizione del Piano di Accelerazione Trasformativa che l’Italia si è impegnata, nel corso dell’Assemblea Generale dell’ONU di settembre 2023, a definire per accelerare il cammino verso il raggiungimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. LEGGI TUTTO