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    Welfare in crisi: italiani sfiduciati, imprese sempre più protagoniste

    (Teleborsa) – Per oltre 6 italiani su 10, la futura pensione sarà insufficiente, al punto di dover fare affidamento su altre fonti di reddito (per il 63%), o da non poter smettere di lavorare (17%); mentre i più giovani (il 15% degli under 35) pensano che per loro il loro momento di andare in pensione non arriverà mai. Una sfiducia che trova eco in uno Stato sempre meno di prossimità, in cui se da una parte la sanità pubblica è al primo posto tra i servizi che gli italiani si aspettano, dall’altra questa è la più disattesa (solo 1 italiano su 4 la sente garantita).È questa la fotografia scattata dall’Osservatorio “Change Lab, Italia 2030″, realizzato per il quinto anno consecutivo da Groupama Assicurazioni – prima filiale del Gruppo francese Groupama e tra i più importanti player del settore assicurativo in Italia – in collaborazione con l’istituto di ricerca BVA Doxa per indagare i principali trend che entro il 2030 cambieranno le abitudini di vita delle persone. Quest’anno l’Osservatorio ha analizzato lo stato dell’arte del Welfare attraverso il percepito degli italiani, con un focus specifico sulle piccole e medie imprese (PMI), i cui dipendenti sono stati coinvolti nella survey.Guardando al quadro generale, – continua il report – quasi la metà (44%) degli italiani boccia i servizi statali: a fronte di un’aspettativa di un sistema sanitario accessibile, efficiente e rapido (69%), pensioni adeguate (47%) e servizi di welfare di prossimità (36%), emergono forti attriti tra desideri e realtà. Pagelle nere, dunque, per il settore pubblico, a cui fanno da contraltare ottime prospettive per il welfare privato: circa 4 italiani su 10 godono di una copertura sanitaria (41%) e di pensioni integrative (38%), come parte dell’offerta fornita dal proprio datore di lavoro. Il risultato? Grande soddisfazione nei lavoratori dipendenti che hanno un pacchetto welfare aziendale (46%) tanto che 8 su 10 (82%) lo ritengono un fattore importante nella scelta di un nuovo lavoro.Anche guardando ai prossimi 10 anni, lo scenario non si discosta dalla fotografia attuale: solo il 9% degli italiani si dice fiducioso che lo Stato riuscirà a garantire tutti i servizi essenziali. La maggior parte dei nostri connazionali, invece, ritiene che solo una parte dei servizi sarà garantita (55%) e che sarà necessaria una collaborazione con il settore privato (27%), o che lo Stato non avrà le risorse necessarie e pertanto saranno le aziende a colmare le lacune tramite welfare aziendale (30%), o ancora che si dovrà fare affidamento su risorse individuali (25%).”L’indagine realizzata conferma come, in un contesto socioeconomico come quello attuale, in cui si abbassa il valore delle pensioni, aumenta l’invecchiamento della popolazione e cala la copertura del sistema sanitario nazionale, le imprese sono chiamate a svolgere un ruolo sociale, a ‘sostituirsi’ allo Stato, colmando alcune lacune del sistema di welfare pubblico e offrendo ai propri dipendenti un supporto concreto in ambiti cruciali come la salute e la previdenza. In questo scenario, il welfare aziendale si configura, per i dipendenti, come la risposta ai bisogni a cui lo Stato non riesce a far fronte e, per le aziende, come una leva strategica per attrarre e fidelizzare i talenti, attraverso uno strumento in grado di rispondere alle necessità emergenti dei lavoratori. In qualità di assicuratori, il nostro impegno è quello di accompagnare questa evoluzione sociale, facilitando la transizione verso un sistema integrato che sappia rispondere con efficacia alle nuove esigenze di tutela e benessere dei cittadini italiani”, commenta Pierre Cordier, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Groupama Assicurazioni.”Il ‘welfare del futuro’ delineato da questa ricerca invita, in un’ottica di lungo periodo, alla fiducia e all’ottimismo. Le preoccupazioni emerse sono reali, ma rappresentano anche la mappa di ciò che possiamo migliorare. Immaginiamo Stato, imprese e cittadini non come corridori isolati su tapis roulant separati, ma come compagni di squadra che si passano il testimone lungo un percorso comune. Ognuno ha un ruolo: il settore pubblico crea il quadro di base, le aziende innovano e supportano, le persone partecipano attivamente alle scelte di benessere. Insieme possiamo trasformare la paura di “non farcela” in energia per costruire nuove soluzioni. È un’economia dell’ottimismo in azione, in cui investire nel capitale sociale – nelle relazioni di fiducia, nella solidarietà, nella salute condivisa – produce dividendi preziosi: lavoratori più sereni, comunità più felici, crescita più sostenibile”, dichiara Luciano Canova, economista e divulgatore scientifico.I dati dell’Osservatorio Groupama-Doxa mostrano un quadro preoccupante circa la fiducia degli italiani nei confronti del welfare statale. Secondo i nostri connazionali, lo Stato dovrebbe garantire: una sanità accessibile, efficiente e rapida (69%), pensioni adeguate a uno stile di vita dignitoso (47%), servizi di welfare di prossimità (36%), istruzione di qualità (34%), burocrazia snella (28%).Servizi essenziali che però nel percepito degli italiani sono assenti: 2/3 (67%) considerano l’attuale sistema sanitario pubblico inadeguato, mentre meno di 1 lavoratore su 10 (8%) ritiene l’importo della pensione sufficiente a mantenere l’attuale tenore di vita. Ancora più allarmante è che il 44% degli italiani ritiene che nessuno dei servizi essenziali sia oggi garantito dallo Stato. Tra le principali ragioni di sfiducia nel sistema pensionistico statale ci sono: l’incapacità del sistema di garantire una copertura sufficiente (55%), la crisi demografica con il progressivo invecchiamento della popolazione e la bassa natalità (45%), e l’erosione del potere d’acquisto causata dall’inflazione e dalle tensioni internazionali in atto (34%).Numeri che portano il 18% dei lavoratori a pensare, una volta in pensione, di trasferirsi all’estero per avere agevolazioni che garantiscano un miglior tenore di vita. Tra i desideri da soddisfare durante il “buen retiro”: occuparsi dei bisogni della propria famiglia e dei propri cari (28%), viaggiare e vedere il mondo (23%), vivere in campagna (15%) e dedicarsi ai propri hobby (14%).In questo scenario, a ridisegnare i confini del welfare del futuro sono proprio i lavoratori, che restituiscono un’immagine chiara di cosa si aspettano. Secondo i lavoratori dipendenti delle Piccole e Medie Imprese intervistati, nei prossimi anni assisteremo a una progressiva integrazione tra welfare statale e aziendale (38%), con quest’ultimo destinato ad acquisire maggiore rilevanza (30%). Per il 20% degli intervistati si profila addirittura un futuro “azienda-centrico”, dove lo Stato avrà un ruolo marginale e le imprese diventeranno i principali fornitori di servizi e benefit per i propri dipendenti.Oltre 8 lavoratori dipendenti su 10 (82%) considerano importante l’offerta di un valido pacchetto welfare ai fini della scelta di un cambio di lavoro e sono proprio loro a delineare cosa debba offrire il “pacchetto welfare” ideale: assicurazione sanitaria integrativa per sé e per la famiglia (57%) e piano pensionistico complementare (56%) guidano la classifica dei benefit più desiderati, seguiti dai servizi di supporto familiare (33%) e dalle convenzioni per assicurare il benessere psicofisico (25%). Per oltre 3 su 10 (31%), inoltre, il pacchetto welfare aziendale del futuro sarà “à la carte”, con le aziende che offriranno un paniere di benefit tra cui scegliere, personalizzando l’offerta in base ai loro specifici bisogni.L’indagine, infine, offre un focus sul mondo assicurativo, sempre sotto la lente dei lavoratori di Piccole e Medie Imprese: una polizza integrativa per salute e/o previdenza incluso tra i benefit dall’azienda è “molto apprezzata” da 1 italiano su 2 (48%), a cui si aggiunge un ulteriore 41% che la ritiene “abbastanza utile” per avere una maggiore serenità. Il 21% degli intervistati l’ha attivata tramite l’azienda, il 10% ne ha una privata, mentre un altro 10% le ha entrambe. Per quanto riguarda la previdenza complementare, il 18% ha una forma di integrazione privata, il 10% tramite l’azienda e un altro 10% le ha entrambe. Numeri che mettono a fuoco anche un’Italia a due velocità: il 46% dei lavoratori che hanno un pacchetto welfare ne è soddisfatto, di contro, il 24% non possiede ancora forme di welfare.”I dati del nostro Osservatorio mostrano con chiarezza quanto sia determinante l’impegno delle aziende italiane per il supporto ai bisogni delle persone. Oggi l’Istat ci dice che in Italia le PMI sono circa 4,9 milioni e costituiscono oltre il 96% delle imprese italiane. È soprattutto a questo bacino che ci rivolgiamo: circa 21 milioni di lavoratori impiegati in micro, piccole e medie imprese che, ad oggi, non beneficiano ancora di misure di welfare adeguate. Crediamo fermamente che sia qui che si gioca una partita cruciale per il futuro del benessere dei lavoratori e delle loro famiglie. Per questo l’approccio di Groupama Assicurazioni è di lavorare insieme al cliente azienda per identificare le soluzioni assicurative e di welfare più idonee per i propri dipendenti. Lo facciamo, tra l’altro, attraverso il prodotto Groupama Benessere Impresa per la gestione dei piani sanitari e con la soluzione Programma Open per la previdenza complementare. Si tratta di una situazione win-win: il nostro Osservatorio sulle PMI rivela che le aziende con un welfare competitivo non solo fidelizzano e tutelano dipendenti e famiglie, ma attraggono anche nuovi talenti. Non a caso, l’82% dei lavoratori indica un welfare più vantaggioso come fattore decisivo per un cambio di lavoro, talvolta anche rispetto a un guadagno maggiore”, conclude l’AD di Groupama Assicurazioni, Pierre Cordier. LEGGI TUTTO

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    Fondi pensione: 10 milioni di iscritti e 243,4 miliardi di risorse

    (Teleborsa) – Le risorse di fondi pensione e casse di previdenza alla fine del 2024, sono rispettivamente pari a circa 243,4 miliardi di euro e 124,7 miliardi di euro. È quanto emerge dalla Relazione Annuale sull’attività svolta dalla COVIP nel 2024, presentata oggi dal presidente COVIP Mario Pepe a Roma, alla Sala della Regina della Camera dei Deputati. FONDI PENSIONEAlla fine del 2024, le forme pensionistiche operanti in Italia sono 291: 33 fondi negoziali, 38 fondi aperti, 69 piani individuali pensionistici (PIP) e 151 fondi pensione preesistenti. Il numero continua a diminuire, rispetto al 1999 si è più che dimezzato, soprattutto per la riduzione dei fondi preesistenti, scesi da 618 a 151 unità. Il sistema della previdenza complementare continua a consolidarsi: la dimensione media dei fondi aumenta oltre la crescita generata dall’afflusso di iscritti e contributi.Gli iscritti e loro caratteristiche sociodemograficheA fine 2024, gli iscritti alla previdenza complementare sfiorano i 10 milioni (+4% rispetto al 2023); in percentuale delle forze di lavoro, gli iscritti sono pari al 38,3%. I fondi negoziali e i fondi aperti registrano tassi di crescita superiori alla media. I fondi negoziali contano 4,1 milioni di iscritti (+5,5% rispetto al 2023); gli iscritti ai fondi aperti superano i 2 milioni (+7%). I PIP “nuovi” sono 3,7 milioni di iscritti (+2,5%) mentre i fondi pensione preesistenti registrano 661mila aderenti. Si conferma la presenza di un gender gap. Gli uomini rappresentano il 61,6% degli iscritti alla previdenza complementare, mentre le donne formano il restante 38,4%. In base all’età, gli iscritti risultano concentrati nelle classi intermedie e più prossime al pensionamento. Il peso dellacomponente più giovane (fino a 34 anni) è tuttavia salita dal 17,6% del 2019 al 19,9% del 2024. Rispetto alle forze di lavoro, la partecipazione alla previdenza complementare cresce all’aumentare dell’età; tra i 15 e i 34 anni è più bassa della media generale, 29,9%, ma comunque in crescita di 8,4 punti percentuali rispetto a cinque anni prima. Quanto all’area geografica, il tasso di partecipazione supera la media nazionale nelle regioni settentrionali, dove si concentrano il 57,2 per cento degli iscritti; valori più bassi e decisamente inferiori alla media si registrano in gran parte delle regioni meridionali.Risorse, contributi e prestazioniAlla fine del 2024, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestano a 243,4 miliardi di euro (+8,5% rispetto al 2023) soprattutto per la dinamica positiva dei mercati finanziari. Le risorse accumulate sono pari all’11,1 % del PIL e al 4% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. I contributi incassati nell’anno sono pari a 20,5 miliardi di euro (+7% rispetto al 2023), in crescita in tutte le forme pensionistiche complementari: nei fondi negoziali sono stati raccolti 7,1 miliardi di euro (+9%); nei fondi aperti 3,3 miliardi di euro (+6,8%), nei PIP nuovi 5,3 miliardi di euro (+4,7%); nei fondi preesistenti sono confluiti 4,6 miliardi di euro (+7,4%). Sulle posizioni dei lavoratori dipendenti sono stati versati 17 miliardi di euro di contributi, in crescita di 1,3 miliardirispetto al 2023. Di questi, 8,6 miliardi di euro riguardano quote di TFR; 5,3 miliardi di euro sono contributi a carico dei lavoratori e 3,1 miliardi di euro contributi dei datori di lavoro. Per i lavoratori autonomi sono confluiti versamenti per 1,7 miliardi di euro, stabili rispetto al 2023. Gli iscritti versanti nel 2024, escludendo dal computo i PIP “vecchi”, sono 7 milioni, il 72,3% del totale. La contribuzione media di tali iscritti è di 2.890 euro; è più alta per i lavoratori dipendenti (2.990 euro), che possono beneficiare anche dei flussi di TFR, rispetto ai lavoratori autonomi (2.720 euro). Il gender gap si conferma anche guardando all’importo della contribuzione versata. I contributi medi degli uominisuperano di circa un quinto quelli delle donne (3.080 contro 2.590 euro); il divario tende ad allargarsi al crescere dell’età. Nelle regioni del Nord e in alcune del Centro le contribuzioni medie sono più elevate, con punte che sfiorano i 3.600 euro, il doppio rispetto a molte regioni del Mezzogiorno. Gli iscritti non versanti, pari a circa 2,7 milioni, sono più frequentemente presenti nelle forme di mercato e tra i lavoratori autonomi. Nel 2024 le uscite per la gestione previdenziale ammontano complessivamente a 13,2 miliardi di euro. Le prestazioni pensionistiche sono state erogate in capitale per 5,2 miliardi di euro e in rendita per 361 milioni di euro. I riscatti sono stati pari a 2,1 miliardi di euro e le anticipazioni a 2,7 miliardi di euro. Nell’anno sono stati pagati circa 2,4 miliardi di euro di rendite integrative temporanee anticipate (RITA), per lo più dai fondi pensione preesistenti.L’allocazione degli investimentiGli investimenti dei fondi pensione (escluse le riserve matematiche presso imprese di assicurazione e i fondi pensione interni a enti e società) sono prevalentemente allocati, per il 55,5% del totale, in obbligazioni governative (il 14,2% sono titoli del debito pubblico italiano) e altri titoli di debito. I titoli di capitale sono pari al 22,7% del totale mentre le quote di OICR sono il 16,2%. I depositi si attestano al 3,7%. Gli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana (titoli di Stato, titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) sono 40,1 miliardi di euro, pari al 19,3% del totale. Gli impieghi in titoli di debito e di capitale di impresedomestiche, pari rispettivamente a 3 e 2 miliardi di euro, rimangono stabili rispetto al 2023 (2,4% delle attività), gli investimenti domestici detenuti attraverso quote di OICVM si attestano a 2 miliardi di euro. Nonostante la marcata diversificazione internazionale che caratterizza le politiche di investimento delle forme pensionistiche, il settore mostra una crescente attenzione alle opportunità di impiego offerte dal sistema Paese. Un numero sempre maggiore di fondi pensione, in particolare quelli negoziali, sta ampliando i propri portafogli attraverso l’inclusione di strumenti finanziari non quotati e fondi cosiddetti alternativi – come quelli di private equity, private debt e infrastrutturali – spesso partecipando a iniziative di investimento congiunte. Si tratta di strumenti che possono contribuire alla diversificazione degli investimenti e rappresentano un canale concreto di sostegno all’attività produttiva delle imprese italiane.I rendimenti e i costiNel 2024 i mercati finanziari hanno mostrato una dinamica positiva, sostenuti dal progressivo calo dell’inflazione e dal graduale allentamento delle politiche monetarie da parte delle principali banche centrali. Questo andamento si è confermato pur in un contesto caratterizzato da persistenti tensioni geopolitiche e da un clima di crescente incertezza sul fronte del commercio internazionale. I rendimenti, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, sono stati positivi per tutte le tipologie di comparto delle forme pensionistiche complementari, con risultati particolarmente favorevoli per le linee di investimento a maggiore contenuto azionario I comparti azionari hanno realizzato le performance più elevate, con rendimenti medi pari al 10,4% nei fondi negoziali e nei fondi aperti e al 12,9% nei PIP. Anche le linee bilanciate hanno ottenuto risultati positivi, con rendimenti medi del 6,4% nei fondi negoziali, del 6,6% nei fondi aperti e del 7% nei PIP. Performance più contenute, ma comunque positive, sono state rilevate per le linee obbligazionarie. Su un periodo di osservazione decennale (dal 2015 a fine 2024), i rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario si collocano, per tutte le tipologie di forme pensionistiche, tra il 4,4 e il 4,7%, superiori al rendimento medio delle altre linee di investimento e anche al tasso di rivalutazione del TFR (pari al 2,4% medio annuo nel decennio). Le linee azionarie, tuttavia, continuano a essere scelte da una quota ancora minoritaria di iscritti, pari all’11,7% del totale. Alle differenze di rendimento tra le forme pensionistiche contribuiscono, oltre all’asset allocation adottata, anche i divari nei livelli di costo. Per i fondi pensione negoziali, su un orizzonte temporale di dieci anni, l’Indicatore Sintetico dei Costi (ISC) è pari allo 0,49%; per i fondi pensione aperti, esso è dell’1,35% e per i PIP del 2,17%. Per le forme negoziali, il livello piùcontenuto dei costi dipende anche dalla dimensione dei fondi per effetto delle economie di scala generate dallaripartizione degli oneri amministrativi. Per le forme di mercato, invece, incide presumibilmente la remunerazione delle reti di vendita.L’attività di vigilanzaNel 2024 gli interventi di vigilanza complessivamente realizzati sono stati circa 260, poco più di un terzo ha riguardato gli assetti ordinamentali e un altro terzo i profili di trasparenza. Si sono inoltre tenuti circa 90 incontri con i soggetti vigilati; altre attività hanno riguardato le risposte a quesiti presentate dai fondi e riscontri forniti agli iscritti, a seguito della trattazione di esposti. Nell’anno sono state condotte verifiche ispettive nei confronti di 21 forme pensionistiche complementari. Le verifiche in materia di trasparenza, rivolte a tutte le tipologie di fondi, hanno riguardato la correttezza delle informazioni contenute nei documenti informativi e nell’area pubblica dei siti web, specie con riferimento alle modalità di rappresentazione dei rendimenti e dei costi. È stata avviata l’analisi sulle aree riservate dei siti web. È stato dato impulso alle verifiche riguardanti l’informativa, in materia di sostenibilità. La rilevazione campionaria sulle opzioni di investimento offerte dai fondi pensione e orientate ai fattori di sostenibilità ESG (Environmental, Social,Governance) rileva che circa un quarto delle forme pensionistiche adotta politiche di investimento che promuovono fattori di sostenibilità nei processi di investimento. I controlli sotto il profilo finanziario hanno riguardato in particolare i processi e i presìdi di controllo messi in atto dai fondi pensione al fine di garantire l’adeguata gestione dei rischi finanziari, nel più articolato quadro di riferimento delineato dalla Direttiva IORP II. È continuata l’attività di monitoraggio dei fondi pensione preesistenti esposti a rischi biometrici e quella svolta in riferimento alle operazioni di razionalizzazione, concentrazione e liquidazione delle forme pensionistiche complementari; operazioni che continuano a interessare soprattutto i fondi pensione preesistenti operanti in gruppi bancari e assicurativi.CASSE DI PREVIDENZAAlla fine del 2024, le attività complessivamente detenute dalle casse di previdenza ammontano, a valori di mercato, a 124,7 miliardi di euro, contro i 114 miliardi dell’anno precedente; a determinare la variazione ha contribuito soprattutto l’andamento positivo dei mercati finanziari e in particolare di quelli azionari. Tenendo conto anche delle componenti obbligazionaria e azionaria sottostanti gli OICVM detenuti, la quota più rilevante delle attività è costituita da titoli di debito, pari a 47,5 miliardi di euro, corrispondenti al 38,1% del totale. Gli investimenti in titoli di capitale sono pari a 24,3 miliardi di euro, il 19,5% del totale. Gli investimenti immobiliari (cespiti di proprietà, fondi immobiliari e partecipazioni in società immobiliari controllate) si attestano nel complesso a 19,7 miliardi di euro, pari al 15,8% del totale. Gli investimenti nell’economia italiana (titoli di Stato, titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) ammontano a 46,5 miliardi di euro, pari al 37,3% delle attività totali. La componente immobiliare rimane predominante (17,1 miliardi di euro, pari al 13,7% del totale dell’attivo); seguono i titoli di Stato (15,5 miliardi, pari al 12,4% dell’attivo). Gli investimenti in titoli emessi da imprese italiane, pari a 9,6 miliardi di euro, restano sostanzialmente stabili rispetto al 2023 (7,7% delle attività); di questi, circa 852 milioni sono titoli di debito e 8,7 miliardi titoli di capitale (che comprendono 1,9 miliardi di quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia).LE PROSPETTIVE EVOLUTIVENel 2024 il settore della previdenza complementare ha realizzato un risultato complessivo positivo, con un incremento del numero degli iscritti e una crescita sostenuta del valore delle risorse in gestione. Nel lungo periodo, il settore conferma solidità e affidabilità. La partecipazione alla previdenza complementare risulta ancora caratterizzata da un netto dualismo, con una prevalenza di adesioni dei lavoratori occupati nelle regioni settentrionali o centrali, di genere maschile e di età matura, mentre risulta più ridotta l’adesione delle fasce più deboli di lavoratori più giovani, di genere femminile e residenti nelle aree meridionali. Per il rilancio della previdenza complementare, è in primo luogo importante un’ampia ed efficace campagna diinformazione, che accresca l’interesse al tema e con ciò la curiosità e la conoscenza.Vanno visti positivamente – si legge nella relazione – anche meccanismi che rendano più automatica la partecipazione, come il silenzio-assenso o l’iscrizione automatica con possibilità di ripensamento. Va però ripensata la linea di default, cioè quella verso la quale sono indirizzati i soggetti silenti, e che attualmente è una linea garantita, a favore di soluzioni più adeguate alle diverse esigenze e caratteristiche di ciascuno. La linea garantita, infatti, è caratterizzata da una componente azionaria quasi nulla, che la rende meno adatta a obiettivi di medio-lungo periodo, mentre i dati degli ultimi dieci anni mostrano come le linee con maggiore contenuto azionario offrano rendimenti medi annui più elevati. Un approccio più efficace potrebbe essere l’adozione di un modello “life-cycle”, che assegna dinamicamente l’iscritto, tempo per tempo, a comparti con diversi profili di rischio con l’obiettivo di ottimizzare il rapporto rischio-rendimento tenendo conto delle diverse fasi del ciclo di vita.Nella fase di erogazione delle prestazioni, è netta la preferenza degli iscritti per le prestazioni in capitale rispetto alla rendita vitalizia. Le opzioni possibili al momento del pensionamento andrebbero ampliate e rese più flessibili, prevedendo anche la possibilità di una rendita temporanea, erogata direttamente dal fondo per una durata almeno pari alla vita media attesa, o prelievi parziali, anche liberamente determinabili entro una soglia annua. Queste soluzioni consentirebbero anche di continuare a beneficiare dei rendimenti della gestione presso il fondo.Anche interventi di natura fiscale potrebbero rappresentare una leva importante per incentivare le adesioni,soprattutto per le fasce di lavoratori meno abbienti, più bisognose di tutela in vecchiaia. Un primo intervento potrebbe riguardare la possibilità di trasformare la deducibilità dei contributi iniziali in un bonus di ingresso nei primi anni di adesione.Un bonus di ingresso alla nascita di un figlio costituirebbe un incentivo all’iscrizione dei minori a forme di previdenza complementare, ancor più utile se si consentisse l’utilizzo delle somme accumulate anche per sostenere il percorso di studi. Sarebbe altresì una importante forma di educazione finanziaria e previdenziale nella famiglia.Un importante passo per accrescere ulteriormente la fiducia nel sistema previdenziale sarebbe l’istituzione di un arbitro previdenziale. La COVIP non ha il potere di dirimere eventuali liti tra le forme pensionistiche complementari e le casse previdenziali e i singoli iscritti, pensionati e beneficiari, né tra gli iscritti e i datori di lavoro tenuti al versamento dei contributi previdenziali. L’istituzione di un arbitro consentirebbe a iscritti, pensionati e beneficiari di ottenere una decisione sulla controversia in tempi rapidi, senza i costi derivanti dall’assistenza legale.Per le casse di previdenza si dovrebbe semplificare e razionalizzare il sistema dei controlli, oggi molto complesso e frammentato, anche valutando di rafforzare i poteri della COVIP.Un diverso ordine di osservazioni attiene all’utilità di considerare il sistema della previdenza complementare come una componente di un più ampio e moderno modello di welfare integrato. In tale più avanzato modello, alla previdenza potrebbe validamente affiancarsi la sanità integrativa, verso la quale le persone mostrano crescente attenzione. Per i fondi pensione e per i fondi sanitari che nascono dalla contrattazione collettiva, l’integrazione delle forme di welfare consentirebbe una migliore distribuzione delle risorse messe a disposizione dal mondo produttivo e una razionalizzazione nelle prestazioni erogate.A ciò è essenziale una riorganizzazione del sistema dei controlli, in grado di assicurare una gestione sana e prudente e adeguati standard di correttezza e trasparenza, in analogia a quanto oggi avviene per la previdenza complementare.A fronte di un ampliamento nel tempo, e in un contesto sempre più complesso, delle funzioni della COVIP, le risorse economiche e umane disponibili – conclude la relazione – non hanno subito significativi adeguamenti. La presenza di un vincolo normativo che limita il trattamento economico del personale della COVIP rende peraltro difficile il reperimento di nuove professionalità. È necessario un rafforzamento dell’Autorità, assicurando una struttura sempre più qualificata, organizzata e motivata, che possa continuare a garantire un’azione di vigilanza all’altezza delle aspettative. LEGGI TUTTO

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    Previdenza, sul sito Inps uno spazio con tutti i servizi per i giovani

    (Teleborsa) – L’Inps scende in campo al fianco dei giovani tra i 16 e i 34 anni con un progetto che per la prima volta raccoglie in un unico spazio digitale e sull’APP tutti i servizi e le prestazioni dell’Istituto a loro dedicate. Il progetto è stato presentato questa mattina a Roma, a Palazzo Wedekind, dal presidente, Gabriele Fava. Il progetto “Inps per i Giovani” – spiega l’Inps in una nota – nasce con l’obiettivo di rafforzare il legame tra l’Istituto e le nuove generazioni promuovendo un approccio innovativo alla comunicazione previdenziale e orientando i cittadini più giovani verso un’interazione consapevole e proattiva con i servizi pubblici. Nella logica del welfare generativo si punta ad aumentare la consapevolezza sul sistema previdenziale, favorire l’adesione ai servizi proattivi dell’Inps, trasmettere il messaggio che l’Inps è al fianco dei giovani per sostenere il loro futuro.Sul sito Inps i giovani saranno indirizzati su una landing page in cui potranno scegliere il profilo in cui si riconoscono e potranno accedere a 3 servizi in evidenza per ciascuna categoria senza registrazione (pre login). Gli stessi servizi sono poi disponibili dentro il sistema MyInps, sempre “in evidenza”. Accedendo all’area riservata ogni giovane troverà altri 10 servizi per profilo relativi alla propria categoria. Tutti i servizi saranno disponibili anche sull’App. Nella presentazione del progetto il presidente è stato affiancato dal direttore Centrale Comunicazione Inps, Diego De Felice, a cui è affidato il coordinamento del progetto, il direttore Centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione Inps, Massimiliano D’Angelo, e il dirigente Area Digital Processes e UX Design della Direzione Centrale Comunicazione Inps, Giacomo Grassi. Presente anche il consigliere di Amministrazione Inps, Antonio Di Matteo.”Insieme per il tuo futuro” è il messaggio chiave del progetto: Inps non solo come erogatore di prestazioni, ma come partner attivo nello sviluppo sociale dei giovani cittadini. Con questo progetto, l’Istituto cambia tono e linguaggio, sperimenta canali e formati finora inediti nel panorama pubblico, e afferma un nuovo modello di welfare generativo e comunicazione inclusiva. Per la prima volta, l’Istituto non propone i servizi come punto di partenza, ma come soluzioni che emergono a partire dai bisogni delle nuove generazioni, offrendo un percorso guidato per aiutare a riconoscere le proprie esigenze, valorizzare il proprio potenziale e scoprire gli strumenti già a disposizione per costruire il proprio futuro. Non è una campagna informativa: è un invito all’attivazione.Per lo sviluppo del progetto l’Inps ha già attivato partnership istituzionali con il ministero del Lavoro e le Politiche sociali, il ministero dell’Istruzione e del merito con il MAECI con cui nei giorni scorsi ha firmato un protocollo d’intesa per la diffusione della cultura ed educazione previdenziale dei giovani italiani all’estero.Nella prima fase (giugno–luglio 2025), oltre al lancio della landing page “Inps per i Giovani”, con asset digitali e fisici sperimentali, tra cui una busta interattiva “stacca & scopri”, è prevista un’attività di influencer marketing, affissioni nelle 158 sedi Inps, contenuti su Studenti.it e podcast in collaborazione con VoiceBookRadio. Nella seconda fase, che si svilupperà tra settembre e dicembre 2025, si punta al rafforzamento ed estensione della campagna di comunicazione attraverso spot TV e radio, eventi nazionali e locali, presidio di concerti e festival, media partnership, incontri nellescuole e università, associazioni giovanili e sportive.”L’Inps – ha dichiarato Fava – non è soltanto l’Istituto delle pensioni: è, e deve sempre più essere, l’Istituto delle generazioni che verranno. I giovani rappresentano la nostra priorità: come adulti, come Istituzione, come Paese. A loro dobbiamo rivolgere le nostre energie migliori, mettendo in campo tutte le risorse e gli strumenti disponibili per rafforzare il loro legame con le istituzioni, e in particolare con l’Inps, che incarna per loro una garanzia di protezione e sicurezza nel tempo. Questo progetto rappresenta un primo passo concreto verso un nuovo patto generazionale, fondato sull’ascolto, sulla fiducia e sull’investimento nelle potenzialità dei più giovani. Vogliamo accompagnarli nel loro percorso di crescita e autonomia, sostenendoli con misure capaci di guardare al futuro, non solo di proteggerlo. È attraverso iniziative come questa che prende forma il mio impegno per un welfare generativo: un modello capace non solo di rispondere ai bisogni, ma di promuovere opportunità, fiducia e corresponsabilità. Perché il vero welfare è quello che crea legami, sostiene i percorsi di vita e rafforza il senso di appartenenza alla comunità”. LEGGI TUTTO

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    Bonus assunzioni giovani e donne: al via le domande

    (Teleborsa) – Sono disponibili da oggi sul sito dell’Inps i moduli per i datori di lavoro che volessero chiedere il bonus per l’assunzione di donne e giovani in condizioni di svantaggio. Il bonus donne – spiega l’Inps in due circolari – prevede l’esonero del 100% dei contributi previdenziali (non di quelli Inail) fino a 24 mesi per assunzioni a tempo indeterminato. Per il bonus giovani il limite è di 500 euro al mese (650 al mese nella Zes, zona economica speciale per il Mezzogiorno) mentre per le donne e di 650 euro.Il bonus donne riguarda donne di qualsiasi età che, alla data dell’assunzione, rispettano uno dei seguenti requisiti: siano prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi, ovunque residenti; risultino prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi e residenti nelle regioni della Zona Economica Speciale per il Mezzogiorno (ZES unica); siano svantaggiate in quanto svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere. Il bonus giovani, previsto dal decreto Coesione per favorire l’occupazione stabile dei giovani, è rivolto a tutti i datori di lavoro privati e prevede l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali per le nuove assunzioni a tempo indeterminato e per le trasformazioni di contratti da tempo determinato a tempo indeterminato. Il Bonus si applica alle assunzioni e alle trasformazioni effettuate dal primo settembre 2024 al 31 dicembre 2025 che riguardano giovani: con meno di 35 anni di età alla data dell’assunzione; mai stati occupati a tempo indeterminato nel corso della loro vita lavorativa. La misura è valida per l’assunzione di lavoratori con qualifica di operai, impiegati o quadri, mentre sono esclusi i dirigenti, i lavoratori domestici e i contratti di apprendistato. Per accedere ai Bonus, il datore di lavoro deve presentare la domanda con il modulo online disponibile da oggi tramite la pagina “Portale delle Agevolazioni” (ex DiResCo). LEGGI TUTTO

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    Assegno unico universale: nei primi due mesi del 2025 erogati 3,3 miliardi euro

    (Teleborsa) – Nei primi due mesi del 2025 sono stati erogati alle famiglie assegni per 3,3 miliardi di euro, che si aggiungono ai 19,8 miliardi del 2024, ai 18,2 miliardi del 2023 e ai 13,2 miliardi di erogazioni di competenza del 2022. Sono i dati contenuti nell’aggiornamento dell’Osservatorio Statistico sull’Assegno Unico Universale (AUU) pubblicato oggi con riferimento al periodo marzo 2022 – febbraio 2025, che contiene al suo interno anche i dati relativi all’AUU destinato ai nuclei percettori di Reddito di Cittadinanza (RdC) fino a dicembre 2023. Sono 5.986.678 i nuclei famigliari che hanno ricevuto l’assegno nel 2025, per un totale di 9.468.053 figli. L’importo medio per figlio a febbraio 2025, comprensivo delle maggiorazioni applicabili si attesta su 175 euro, e va da circa 58 euro per chi non presenta ISEE o supera la soglia massima (che per il 2025 è pari a 45.939,56 euro), a 224 euro per la classe di ISEE minima (17.227,33 euro per il 2025).Le famiglie con un figlio che hanno ricevuto l’assegno sono state a febbraio 3.144.845 per 153 euro medi a nucleo mentre quelle che hanno avuto il beneficio per due figli sono state 2.245.219 per 335 euro medi per nucleo richiedente. Le famiglie con tre figli con l’assegno sono state nel mese 447.926 per 660 euro medi. I nuclei con sei figli che hanno avuto il beneficio (ottenibile per tutte le famiglie solo per i figli minorenni o studenti fino a 21 anni o per quelli disabili senza limiti di età) sono state 4.355 per 1.941 euro a nucleo. In media a febbraio le famiglie richiedenti hanno ricevuto 277 euro. Oltre la metà dei figli per i quali viene erogato l’assegno (4.913.034) sono concentrati nella fascia di Isee più bassa, ovvero entro i 17.227 euro e per loro le famiglie ricevono in media 224 euro a testa. Oltre 45.939,56 euro di Isee ci sono 246.822 figli per 55 euro a febbraio a figlio. Le famiglie che non hanno presentato l’Isee interessano 1.650.970 figli per 58 euro a febbraio a figlio.I figli disabili per i quali è stato pagato un assegno unico a febbraio sono stati 425.904 per un assegno medio a figlio di 258 euro. LEGGI TUTTO

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    INPS, campagna di comunicazione esonero Giovani under 36

    (Teleborsa) – L’esonero Giovani Under 36 per le assunzioni/trasformazioni a tempo indeterminato effettuate nel biennio 2021-2022, disciplinato dall’articolo 1, commi 10-15 della legge n. 178/2020 (legge di bilancio 2021), è stato cofinanziato dal Programma operativo nazionale “Sistemi di politiche Attive per l’occupazione” (PON SPAO)?con risorse Fse?React EU. La legge di bilancio 2021 aveva previsto, infatti, il concorso al finanziamento di tali misure per mezzo delle risorse del Programma “Next Generation EU”. È quanto fa sapere l’INPS in una nota. “A seguito di una specifica attività di audit, la Commissione europea – prosegue la nota – ha rilevato la necessità, in ipotesi di co-finanziamento, di un’adeguata informazione rivolta ai destinatari finali del beneficio in merito all’utilizzo dei finanziamenti dell’UE. Conseguentemente l’INPS – in accordo con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – ha avviato in questi giorni un’attività di comunicazione alle aziende e, per il loro tramite, ai lavoratori (indicati quali destinatari finali del beneficio da parte della Commissione) che sono stati assunti/trasformati a tempo indeterminato negli anni 2021 e 2022”. Con le comunicazioni inviate dall’Istituto alle aziende già beneficiarie della misura in trattazione, le stesse sono state invitate a fornire una specifica informazione (ad es. con e-mail o altra modalità ritenuta più opportuna) ai dipendenti, per i quali si è fruito della misura in trattazione, dell’avvenuto finanziamento con i Fondi europei (FSE – REACT EU).L’INPS ricorda che la misura di agevolazione è stata avviata per sostenere l’occupazione e superare gli effetti della crisi causata dalla pandemia Covid-19 e le sue conseguenze sociali, nonché per promuovere una ripresa verde, digitale e resiliente dell’economia LEGGI TUTTO

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    Pensioni, spesa raggiunge il 15,3% del PIL. INPS: sistema sostenibile

    (Teleborsa) – La spesa per le pensioni in Italia dovrebbe raggiungere 289,35 miliardi quest’anno ed ha ormai toccato il 15,3% del PIL. Il numero di pensioni è al 76,4% degli occupati. Un trend che non si arresterà e che porterà le pensioni al 17,1% del PIL al 2040. Lo hanno spiegato i funzionari dell’INPS in audizione sulla transizione demografica. Il rapporto tra spesa pensionistica e PIL dovrebbe poi tornare a scendere dopo quella data, per assestarsi al 16% nel 2050 ed al 14,1% nel 2060, rimanendo piuttosto stabile per il decennio successivo. La speranza di vita a 65 anni rilevata dall’Istat fa segnare un recupero a 21,2 anni – si sottolinea – ed è coerente con le previsioni di un incremento di tre mesi dei requisiti per la pensione di vecchiaia e per quelli dell’anticipata a partire dal 2027.”Il sistema pensionistico va comunque monitorato nei prossimi trent’anni. Tuttavia, non vi sono ragioni per ritenere che lo stesso non sia in grado di garantire le prestazioni cui è preposto – si legge nella memoria presentata – Occorre in ogni caso essere vigili e mettere in atto politiche pubbliche adeguate ad alleviare l’impatto della transizione demografica in atto sul futuro delle pensioni”.L’INPS ricorda che l’equilibrio del sistema pensionistico, basato su un sistema di finanziamento a ripartizione pura, è assicurato, da un lato, dal contenimento della spesa pensionistica, dall’altro, dalla adeguata consistenza delle entrate contributive dei lavoratori, per cui occorre lavorare per accrescere la base contributiva, incrementando il numero dei contribuenti e assicurando retribuzioni/redditi adeguati.Per garantire il perdurare dell’equilibrio – avverte l’INPS – occorre alimentare il flusso contributivo, rivolgendo quindi l’attenzione alle imprese ed incrementare il numero dei lavoratori, incentivando la partecipazione di donne e giovani, due categorie che storicamente registrano tassi di partecipazione piuttosto bassi. L’INPS mette in evidenza che le donne subiscono “un forte impatto” dalla nascita di un figlio: -16% sulle retribuzioni e +18% sulla probabilità di uscita dal mercato del lavoro nell’anno di nascita (+18%) (cosiddetta child penalty). Ne consegue che occorre rafforzare le misure volte a migliorare la conciliazione tra vita familiare e lavoro. Nello stesso tempo, è possibile intervenire sul lato delle uscite senza intervenire ulteriormente sull’innalzamento dei requisiti per il pensionamento. L’Istituto ritiene che “un lieve incremento dell’età effettiva di pensionamento, sotto forma di mera facoltà, risponda al duplice obiettivo di venire incontro alle esigenze personali dei lavoratori che hanno una rilevante anzianità contributiva e favorire il passaggio intergenerazionale delle competenze”. LEGGI TUTTO

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    Inps: nel 2024 presentate 10,4 milioni di DSU, +77% dal 2016

    (Teleborsa) – Lo scorso anno sono state presentate all’Inps circa 10,4 milioni di dichiarazioni sostitutive uniche (Dsu), con un “significativo incremento” pari al 77% da quasi 5,9 milioni del 2016. Rispetto al 2023 c’è tuttavia stato un calo da 10.813.495 a 10.371.347 dichiarazioni. È quanto segnala l’osservatorio dell’Inps sulle Dsu e sull’Isee. Questo aumento, sottolinea l’Inps, è indicativo del crescente numero di prestazioni parametrizzate rispetto al valore Isee del nucleo familiare. Le principali tendenze emerse – La Dsu può essere compilata online dagli utenti o tramite assistenza gratuita dei Caf. La percentuale di cittadini che presentano la Dsu in autonomia è aumentata, dal 2016, dal 2% al 15%. Nel 2024, il 14% delle dichiarazioni è stato presentato utilizzando la Dsu precompilata. Nel 2024 il 43% delle Dsu è stato presentato nelle regioni del Sud e delle Isole, il 38% nel Nord e il 19% nel Centro. Il valore Isee si riduce da Nord a Sud, con valori medi di 18.840 euro al Nord, 18.164 euro al Centro e 13.486 euro nelle regioni meridionali. Le domande vengono prevalentemente presentate nei primi tre mesi dell’anno, con il 76% delle Dsu nel 2024. Il 3% delle Dsu presenta un Isee nullo, mentre il 42% è al di sotto dei 10mila euro. La classe con il maggior numero di Dsu, oltre 2 milioni, si colloca tra 5mila e 10mila euro, il 21% del totale annuo. Il 26% dei nuclei familiari, nell’anno di riferimento, ha quattro componenti; il 49% include almeno un minore e il 18% ha almeno un disabile. Questi dati sottolineano, aggiunge l’Inps, l’importanza delle politiche di supporto alle famiglie e la necessità di un continuo monitoraggio per garantire l’accesso ai servizi e alle prestazioni socio-economiche necessarie. LEGGI TUTTO