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Lavoro, Istat: “Nel 2020 reti informali sono canale di ricerca piu` proficuo”

(Teleborsa) – Nel 2020, al forte calo dell’occupazione, si e` associata la diminuzione dei disoccupati e un robusto incremento degli inattivi. Il calo della disoccupazione e` legato alle misure di contenimento dell’emergenza sanitaria che hanno ridotto sia la ricerca attiva di un lavoro sia l’immediata disponibilita` a iniziarne uno (le due condizioni necessarie per essere classificati come disoccupati). Ad essere diminuito e` anche il numero di azioni (intensita` della ricerca), ma le modalita` con cui si e` cercato lavoro non sono cambiate in maniera sostanziale. È quanto rileva Cristina Freguja, direttore della Direzione centrale per le statistiche sociali e il welfare dell’Istituto Nazionale di Statistica, nel corso dell’audizione dell’Istat alla XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) della Camera.

Nel 2020, le persone in cerca di lavoro nel corso del mese precedente l’intervista – fa sapere l’Istat – hanno svolto in media 2,9 azioni per cercare un’occupazione (il valore era pari a 3,1 nel 2019); la media e` piu` alta nelle regioni del Nord (3,3 azioni), rispetto a quelle del Centro (3,1) e del Mezzogiorno (2,5). E` inoltre lievemente piu` elevata tra i giovani (3,1 azioni) e fra chi ha un titolo di studio piu` elevato (3,2 azioni per i laureati rispetto a 2,6 azioni per chi ha conseguito fino alla licenza media), senza evidenti differenze di genere.

CANALI DI RICERCA DI LAVORO – La ricerca di lavoro e` stata prevalentemente affidata a canali di natura informale: il 77,5% delle persone in cerca di lavoro si e` rivolto a parenti, amici e conoscenti, un valore in diminuzione rispetto a quello dell’anno precedente (81,9% nel 2019). Tale percentuale e` superiore nel Mezzogiorno (80,7%) e fra gli uomini (79,1% rispetto al 75,7% delle donne); aumenta al crescere dell’eta` (80,7% per gli ultracinquantenni) e diminuisce al crescere del titolo di studio (dall’85% per chi ha conseguito la licenza media al 58,5% per chi e` laureato). Circa il 60% delle persone in cerca di un lavoro hanno inviato il curriculum vitae (61,7%) o hanno cercato lavoro attraverso Internet (58,4%); quest’ultima modalita`, insieme all’invio di domande per un concorso pubblico, e` l’unica in aumento rispetto al 2019 (era 56,6%).

L’azione di intermediazione richiesta ai Centri pubblici per l’impiego (Cpi) risulta invece contenuta. Nel 2020, solo il 16,2% delle persone in cerca di lavoro si e` rivolto a un Cpi nell’ultimo mese (il 22% nel 2019). Il ricorso ai Cpi era cresciuto negli anni della crisi economica raggiungendo il valore massimo (pari al 30,5%) nel 2012, per poi tornare a scendere negli anni successivi. I contatti sono piu` frequenti nelle regioni del Nord (22,7% delle persone in cerca di lavoro rispetto all’11,7% del Mezzogiorno), fra gli uomini (17% rispetto al 15,4% delle donne), tra gli ultra50enni (18,1% rispetto al 15,4% dei giovani fra i 15 e i 34 anni) e tra le persone con titolo di studio intermedio: la quota e` pari al 17,5% fra i diplomati rispetto al 12,9% delle persone con almeno la laurea.Nel 2020, si sono rivolti al Cpi soprattutto gli ex-occupati (18,6%) e gli inattivi con esperienza lavorativa (14,8%); la percentuale risulta invece piu` bassa (13,1%) per le persone alla ricerca del primo lavoro. I contatti hanno riguardato in misura maggiore le persone alla ricerca di un lavoro da meno di 12 mesi (18,5%) rispetto ai disoccupati di lunga durata (14,6%).

Nel nostro Paese le reti informali (familiari, amici e altri conoscenti, ma anche contatti instaurati grazie alla propria esperienza di lavoro) – – ha proseguito Freguja – rivestono un ruolo importante nell’intermediazione della ricerca di un lavoro: tra le diverse azioni che i disoccupati dichiarano di avere svolto nelle quattro settimane precedenti l’intervista, quella di coinvolgere parenti, amici o conoscenti e`, come si e` visto, la prevalente. Tuttavia, questa e` spesso solamente una delle tante azioni, anche formali, che compongono strategie piu` o meno complesse di ricerca attiva di un lavoro. Negli altri paesi europei, i centri per l’impiego hanno un peso rilevante, significativamente piu` elevato di quanto accade nel nostro Paese. Nella media europea nel 2020, il 42,5% dei disoccupati ha contattato i centri pubblici per l’impiego, quota piu` che doppia rispetto a quella italiana12 (18,7%). In Germania il valore (63,6%) e` oltre tre volte quello italiano, cosi` come in Svezia (60,3%); decisamente piu` elevate anche le quote in Francia (52,9%) e Spagna (25,3%).

Le differenze si attenuano se si considera il ricorso alle Agenzie di intermediazione diverse dai Cpi. In Italia nel 2020 si e` rivolto a tali agenzie il 10% delle persone alla ricerca di un lavoro – 19,5% nel Nord, 9,5% nel Centro e 4% nel Mezzogiorno – una quota pari alla meta` di quella europea (21,3%), piu` elevata di quella svedese (6,8%), sebbene inferiore a quella tedesca (17,2%), francese (31,9%) e spagnola (29,1%).

Estendendo l’analisi ai disoccupati che hanno fatto azioni di ricerca nel corso dei 12 mesi precedenti l’intervista e alla platea alle forze di lavoro potenziali, in Italia nel 2020 il 27,9% delle persone interessate a lavorare dichiara di aver avuto almeno un contatto con un Cpi (era il 31,7% nel 2019); si tratta, in particolare, del 37% dei disoccupati e del 21,2% delle forze potenziali. Fra i disoccupati, i contatti piu` frequenti sono avvenuti nelle regioni del Nord (45,1%), per gli ultracinquantenni (40,4%) e tra i possessori di un titolo di studio intermedio (39,2% per chi ha conseguito un diploma di scuola secondaria superiore). Anche fra le forze di lavoro potenziali i contatti avvengono soprattutto nelle regioni del Nord (24,3%) e del Centro (23%) rispetto al Mezzogiorno (19,5%), tra gli uomini (24,1% rispetto al 19% delle donne) e tra chi e` in possesso di un titolo di studio secondario superiore (22,6%); a differenza dei disoccupati, la fascia di eta` piu` interessata e` quella di 35-49 anni (22,8%).

Nel 2020, il motivo piu` frequente per cui le persone si sono rivolte al Cpi e` stato: per “rinnovare la dichiarazione di disponibilita` al lavoro o confermare lo stato di disoccupazione” (50,5%), per “verificare l’esistenza di opportunita` di lavoro”” (35,3%) e per “dichiarare per la prima volta la disponibilita` al lavoro” (10,3%). Inoltre, l’8,1% (il 9,7% tra le forze di lavoro potenziali) lo ha contattato per “consulenza o orientamento”, lo 0,7% perche´ ha “ricevuto un’offerta di lavoro/tirocinio” e lo 0,5% perche´ ha “ricevuto un’offerta di un corso di formazione professionale”.

ESITI OCCUPAZIONALI – Nel 2020, il canale di ricerca piu` proficuo per trovare lavoro e` ancora il contatto con amici e parenti: lo dichiara il 36,5% degli occupati che hanno trovato lavoro negli ultimi 12 mesi (era il 38,2% nel 2019); tale quota sale a circa il 39% nelle regioni centro-meridionali, al 47,3% fra le persone che hanno conseguito al massimo la licenza media e al 43,0% fra gli stranieri. In aumento rispetto al 2019 la quota di chi sostiene efficace l’essersi rivolto direttamente al datore di lavoro (20,4%, rispetto a 19,1%), azione diffusa soprattutto tra i giovani (23,4% nel 2020). Il ricorso al Cpi e` ritenuto il canale principale per trovare l’attuale lavoro soltanto dall’1,4% degli intervistati; tale quota scende all’1,2% nelle regioni del Centro-Nord e sale all’1,9% nel Mezzogiorno. Il ricorso ai servizi offerti dalle Agenzie di intermediazione diverse dai Cpi sembra invece associato a risultati migliori: la quota di nuovi occupati che lo ritiene il canale piu` utile per trovare lavoro risulta del 5,0% e diventa l’8,3% nelle regioni settentrionali. L’utilita` di tali Agenzie viene percepita soprattutto dagli stranieri (6,3%) e da chi ha conseguito un diploma di scuola secondaria superiore (6,4%). In aumento nel 2020 la rilevanza dei concorsi pubblici (dichiarati utili per trovare lavoro dall’8,0% degli occupati rispetto al 6,2% del 2019), canale diffuso tra le donne e i laureati (10,1% e 15,2% rispettivamente), soprattutto per i settori della sanita` e dell’istruzione.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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