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Eurozona, spirale salari-prezzi sarà smorzata da disoccupazione e BCE

(Teleborsa) – L’impennata dell’inflazione ha sollevato la prospettiva di effetti di secondo impatto, in cui l’aumento delle aspettative di inflazione a lungo termine e la crescita salariale portano a un’inflazione persistentemente più elevata nei prossimi anni, poiché i lavoratori si abituano all’inflazione elevata e chiedono salari più elevati per mantenere la propria quota di reddito. I timori sono, in sostanza, per quella gli economisti chiamano “spirale salari-prezzi“, che potrebbe allungare per molto tempo la crescita dell’inflazione. Secondo , questa prospettiva non è così concreta, anche se i prezzi al consumo dovrebbero salire fino al 9% a settembre 2022.

La banca d’affari ha analizzato l’andamento di questi fattori dagli anni ’70 ad oggi, capendo che: gli effetti di secondo impatto attraverso la contrattazione salariale tendono ad essere considerevoli, ma di per sé storicamente non hanno determinato un aumento persistente dell’inflazione; gli effetti di secondo impatto dovuti alle aspettative di inflazione sono di entità minore, ma hanno maggiori probabilità di portare a un’inflazione persistentemente più elevata; gli effetti di terzo impatto, attraverso una maggiore disoccupazione, hanno storicamente smorzato gli effetti di secondo impatto; una politica monetaria più restrittiva può svolgere un ruolo importante nel contrastare gli effetti di secondo impatto.

L’analisi suggerisce che nei prossimi trimestri “sono probabili effetti di secondo impatto significativi dovuti a una maggiore crescita dei salari”, ma Goldman Sachs crede che sia “improbabile che questi siano il principale motivo di preoccupazione, poiché tendono ad essere di breve durata e gli effetti del terzo round aiutano a limitare gli effetti del secondo round tramite i salari”.

Inoltre, la ricerca firmata da Sven Jari Stehn e Alexandre Stott suggerisce che gli effetti di secondo impatto attraverso aspettative di inflazione più elevate “sono la chiave da tenere d’occhio”. Sebbene tendano ad essere di entità minore, “storicamente sono stati più persistenti e richiedono quindi una politica monetaria persistentemente più restrittiva”. In definitiva, data la recente tendenza al rialzo delle aspettative di inflazione a lungo termine, gli economisti vedono “rischi che la BCE dovrà aumentare i tassi più rapidamente della nostra previsione di base e portare la politica in territorio restrittivo“. Ciò però avrebbe effetti negativi sulla crescita dell’economia e sul mercato del lavoro, con un aumento della disoccupazione.

(Foto: Pexels / Pixabay)


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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