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PwC Italia, Toselli: “Italia registra livelli di competenze digitali molto basse rispetto alla media UE”

(Teleborsa) – In questa nuova epoca di rivoluzione digitale, la tecnologia va progettata in base ai nostri bisogni e deve supportare le persone, le imprese e le Istituzioni nella loro quotidianità. Obiettivo dell’Umanesimo Digitale, è mettere le persone al centro del progresso tecnologico. È quanto è emerso questa mattina dall’incontro “Tecnologia e nuovo umanesimo” promosso da PwC Italia nell’ambito del ciclo “Italia 2022: Persone, Lavoro, Impresa”, piattaforma di dialogo con i massimi esponenti del mondo delle istituzioni, della finanza e dell’impresa lanciata in collaborazione con il gruppo editoriale Gedi. Al centro del dibattito con il ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, è stato il processo di digitalizzazione, accelerato dalla pandemia ma in atto da decenni, che ha impattato tanto sul tessuto imprenditoriale quanto sulle dinamiche umane.

Nel 2021, l’Italia si colloca al 20esimo posto fra i 27 Stati membri dell’UE per indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI). Tuttavia, il Paese ha compiuto alcuni progressi in termini sia di copertura che di diffusione delle reti di connettività specialmente dalle imprese: l’Italia sale in decima posizione considerando unicamente la digitalizzazione delle imprese, registrando un punteggio superiore a quello della media UE-27.

Il 69% delle PMI italiane ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale (60% la media UE27). Inoltre, quasi la totalità delle imprese italiane (95%) utilizza la fatturazione elettronica (quasi tre volte più che in UE) e oltre un terzo (38%) utilizza servizi cloud (a confronto con il 26% a livello UE).

L’Italia rimane tuttavia debole nell’ambito dei big data (utilizzati dal 9% delle imprese italiane rispetto ad una media Ue del 14%) e dell’impiego dell’intelligenza artificiale (18% contro 25%). Sotto la media UE c’è anche la diffusione dell’e-commerce (9% imprese in Italia vs 12% in Ue) e l’uso dell’ICT per la sostenibilità ambientale (60% vs 66%).

Il PNRR interviene con misure chiave per garantire la transizione digitale dell’Italia, destinando 6,7 miliardi di euro saranno diretti allo sviluppo delle reti a banda ultra larga e 5G, 6 miliardi per la riforma della PA mentre ben 13,4 miliardi per la Digitalizzazione delle imprese che prevede il sostegno all’adozione delle tecnologie. Inoltre, solo l’attuazione del piano creerà una domanda di lavoratori con competenze digitali di circa 200mila unità.

“L’umanesimo digitale – spiega Andrea Toselli, presidente e ad di PwC Italia – non guarda alla tecnologia come un sistema invasivo pronto a sostituire le persone, il loro lavoro e le loro dinamiche sociali, ma come un’occasione di miglioramento del nostro intero sistema. La sensazione, dal nostro punto di vista che si basa sul contatto con gli imprenditori, è che c’è sempre una certa sofferenza verso il tema delle regole, ma non solo in ambito energetico. È importante capire come vengono messe a disposizione queste risorse e come usufruirne, perché è vero che con il PNRR abbiamo accesso a fondi significativi, ma anche prima del PNRR l’Italia aveva accesso a risorse ingenti. Il tema critico è sempre stato il rallentamento nel loro utilizzo, o un utilizzo non sufficiente. La preoccupazione è che le risorse del PNRR seguano la stessa sorte. Le imprese al momento sono preoccupate degli aspetti contingenti: inflazione, il fenomeno della great resignation sul mondo del lavoro, la complessità delle regole, l’incertezza di ciò che sarà, il prezzo dell’energia. Noi siamo cresciuti in un mondo senza inflazione, con una certa stabilità e senza grossi shock. Non avendo mai affrontato fenomeni sconvolgenti, la nostra generazione di imprenditori riusciva a pensare a cosa fare in modo programmatico. Ora gli imprenditori devono pensare non solo a cosa fare, ma anche a come reagire a ciò che sta succedendo. L’aspetto più preoccupante ad oggi – prosegue Toselli – è il significativo ritardo in termini di capitale umano: l’Italia registra livelli di competenze digitali di base e avanzate molto basse rispetto alla media UE”. Tale dato è spiegabile anche dalla bassa percentuale di forza lavoro impiegata nei settori cosiddetti “high-tech”, che impiegano tecnologie avanzate (cloud, IA, robotica e software). In Italia, solo il 7,4% della forza lavoro è impiegata in questi settori (contro il 10,9% della Germania e il 6,6% della Francia).

“L’Italia – afferma Fabio Vaccarono, presidente e ad del Gruppo Multiversity – vive un fortissimo ritardo rispetto ai paesi industrializzati. Un ritardo digitale e culturale. Ci sono 12 milioni di diplomati che non hanno mai pensato di iscriversi all’università e il giorno di Codogno un italiano su 4 non era mai andato su internet. Innovazione e formazione sono le parole chiave per colmare questo divario. Siamo nel pieno di una rivoluzione tecnologica che richiede una riconversione del capitale umano per restare competitivi ed essere pronti alle sfide del futuro. Le università devono essere il cuore di questa trasformazione, perché il digitale va imparato immersivamente e non solo da un punto di vista teorico. Per questo, proprio chi ricerca e trasferisce competenze a coloro che saranno i professionisti e i cittadini di domani, non può che essere digital first”.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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