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Verbali BCE, falchi spingono per “agire senza indebito ritardo”

(Teleborsa) – Alcuni membri del Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ritengono sia “importante agire senza indebito ritardo per dimostrare la determinazione del Consiglio a raggiungere la stabilità dei prezzi a medio termine”. Lo si legge nei verbali della riunione della BCE del 13-14 aprile, dai quali emerge un certo dissenso tra i banchieri centrali in merito alla velocità con cui ritirare lo stimolo monetario messo in campo durante la pandemia.

“Questi membri – si legge nelle minute – hanno ritenuto che l’orientamento altamente accomodante della politica monetaria, che era stato appropriato quando le aspettative di inflazione rischiavano di disancorarsi al ribasso, non fosse più coerente con le prospettive inflazionistiche, caratterizzate da livelli elevati di inflazione e crescenti aspettative di inflazione”. Questi banchieri hanno evidenziato che “attualmente la politica monetaria contribuisce ancora a stimolare l’economia poiché i tassi di interesse reali sono rimasti in territorio profondamente negativo”.

Un altro punto delle discussione ha toccato la bontà delle scelte e delle comunicazioni degli scorsi mesi. “Gli errori di proiezione passati, sia per l’inflazione principale che per quella sottostante, stavano contribuendo a queste preoccupazioni – afferma il documento – Molti dei rischi al rialzo per le prospettive inflazionistiche di cui il Consiglio direttivo aveva già discusso la scorsa estate si erano concretizzati anche prima dell’inizio della guerra”.

Altri membri hanno sostenuto, tuttavia, che un aggiustamento troppo aggressivo dell’orientamento della politica monetaria “potrebbe rivelarsi controproducente, poiché abbasserebbe la crescita mentre l’inflazione rimarrebbe elevata, poiché la politica monetaria non è stata in grado di affrontare le cause immediate dell’elevata inflazione”.

Crescono incertezza e rischi al ribasso

Le relazioni degli economisti della BCE hanno evidenziato che l’accresciuta incertezza del contesto geopolitico influisce sulle prospettive dell’area euro, insieme allo shock negativo dell’offerta determinato dall’impennata dei prezzi dell’energia e di altre materie prime. “L’incertezza ha raggiunto livelli tali da assoggettare qualsiasi valutazione sull’andamento futuro dell’economia a fasce di fiducia molto ampie“. Allo stesso tempo, è stato sottolineato che, nel complesso, i dati suggerivano che la guerra avrebbe rallentato la ripresa ma non l’avrebbe fatta deragliare, a meno di scenari estremi.

In questo contesto, i membri del Comitato direttivo hanno valutato i rischi per le prospettive economiche “come inclinati al ribasso”. Sebbene i rischi relativi alla pandemia siano diminuiti, la guerra in Ucraina potrebbe avere un effetto più forte sul sentiment economico e potrebbe peggiorare nuovamente i vincoli dal lato dell’offerta. “I costi energetici costantemente elevati, insieme a una perdita di fiducia, potrebbero trascinare al ribasso la domanda più del previsto e limitare i consumi e gli investimenti”, si legge nelle minute.

I fattori che spingono l’inflazione

Anche se le conseguenze economiche della guerra sono state maggiori di quelle previste, secondo Francoforte ci sono stati una serie di fattori che rendono l’inflazione più persistente di quanto previsto in precedenza. Il primo riguarda i prezzi alla produzione nell’area euro, che sono aumentati di oltre il 30% a gennaio, un massimo storico. La guerra in Ucraina e le misure pandemiche in Cina suggeriscono che è probabile che le pressioni e le strozzature della pipeline di trasmissione dei prezzi “si intensificheranno ulteriormente, incidendo sui prezzi al consumo per un periodo di tempo relativamente lungo”. Inoltre, data l’entità dello shock energetico, è “probabile che il trasferimento sui prezzi al consumo sia maggiore che in passato e, in un contesto di inflazione generale più elevata, i consumatori potrebbero essere più disposti ad accettare un trasferimento più forte dai costi ai prezzi”.

Un secondo fattore è legato ai salari. Finora, solo un piccolo numero di contratti salariali è stato rinegoziato da quando l’inflazione ha iniziato a salire. “Ma non c’è dubbio che i lavoratori alla fine chiederanno un risarcimento per la perdita di reddito reale – afferma il verbale – E un terzo fattore è legato alle pressioni strutturali al rialzo sull’inflazione. La guerra ha accresciuto le prospettive di un’ulteriore accelerazione della transizione verde. Ciò potrebbe esacerbare gli squilibri della domanda e dell’offerta in molti mercati delle materie prime in cui i prezzi di molti metalli erano già ai massimi storici”.

Inoltre, i governi europei stavano cercando di limitare attivamente la loro dipendenza dalle catene del valore globali in aree di importanza strategica. Ci si potrebbe aspettare che ciò acceleri gli sforzi di “reshoring“, allentando il freno della globalizzazione su salari e inflazione.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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