Febbraio 2023

Monthly Archives

More stories

  • in

    Wall Street migliora nel corso della seduta dopo shock dati macro

    (Teleborsa) – Wall Street cancella gran parte dei cali registrati all’inizio della seduta, dopo che i dati macroeconomici hanno mostrato un mercato del lavoro teso, che quindi potrebbe dare motivo alla Federal Reserve di continuare con la sua aggressiva politica monetaria. L’US Bureau of Labor Statistics ha comunicato che a gennaio si è registrato un aumento di 517 mila nuovi posti di lavoro (nei settori non agricoli), dato molto superiore al consensus (+185 mila nuovi impieghi), mentre il tasso di disoccupazione è sceso al 3,4% (aspettative al 3,6%). Andamento contrastato tra i colossi tecnologici, dopo la diffusione delle rispettive trimestrali. Apple ha sofferto vendite di iPhone più deboli e problemi di produzione in Cina, i risultati di Alphabet sono stati colpiti dal rallentamento della spesa pubblicitaria online, mentre Amazon ha segnalato che le prestazioni del suo business cloud chiave sono state leggermente inferiori alle attese.Tra chi ha diffuso i dati questa mattina, Cigna (compagnia assicurativa e sanitaria statunitense) ha comunicato un utile trimestrale sopra le attese e aumentato il dividendo, Regeneron (azienda statunitense di biotecnologia e biofarmaceutica) ha registrato una trimestrale oltre le attese nonostante il calo dei medicinali Covid-19, mentre Aon (big dell’intermediazione assicurativa e riassicurativa) ha segnalato un free cash flow 2022 al massimo storico.Sosta intorno alla parità la Borsa di New York, con il Dow Jones che si attesta a 34.119 punti, mentre, al contrario, l’S&P-500 ha un andamento depresso e scambia sotto i livelli della vigilia a 4.171 punti. Sotto la parità il Nasdaq 100, che mostra un calo dello 0,35%; sui livelli della vigilia l’S&P 100 (-0,01%).In cima alla classifica dei colossi americani componenti il Dow Jones, American Express (+3,74%), Apple (+3,57%), JP Morgan (+2,33%) e Caterpillar (+2,17%).I più forti ribassi, invece, si verificano su Home Depot, che continua la seduta con -1,98%. Scivola 3M, con un netto svantaggio dell’1,65%. In rosso Honeywell International, che evidenzia un deciso ribasso dell’1,63%. Si muove sotto la parità Walgreens Boots Alliance,, evidenziando un decremento dell’1,15%.Sul podio dei titoli del Nasdaq, Tesla Motors (+4,50%), Gilead Sciences, (+4,26%), Regeneron Pharmaceuticals (+3,86%) e Apple (+3,57%).Le più forti vendite, invece, si manifestano su Atlassian, che prosegue le contrattazioni a -6,50%. In apnea Datadog, che arretra del 5,24%. Tonfo di Amazon, che mostra una caduta del 4,44%. Lettera su Intuit, che registra un importante calo del 4,09%. LEGGI TUTTO

  • in

    Doxee, Simest entra nel capitale della controllata austriaca

    (Teleborsa) – Simest, società del gruppo CDP che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, è entrata con una quota del 42% nel capitale di Doxee CEE, controllata austriaca di Doxee, società quotata su Euronext Growth Milan e attiva nell’offerta di prodotti in ambito Customer Communications Management (CCM), Digital Customer Experience e Paperless.L’operazione segue l’accordo di investimento siglato lo scorso gennaio.L’ingresso di Simest in Doxee CEE è avvenuto tramite la sottoscrizione da parte di Simest, sia in proprio che tramite il Fondo di Venture Capital (FVC) – gestito per conto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – di un aumento di capitale di complessivi 2 milioni di euro per acquisire il 42% del capitale di Doxee CEE. LEGGI TUTTO

  • in

    Automotive, Aneris (T&E): risposta Ue a IRA sia chiara, mirata e veloce

    (Teleborsa) – La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato questa settimana il piano industriale per il Green Deal, la risposta europea all’Inflaction Reduction Act che con quasi 370 miliardi di euro ha deciso di puntare sull’industria green tech del Nord America per contrastare il dominio cinese. Una decisione che rischia di spiazzare però quella europea, lasciandola indietro nella corsa alla transizione. Uno dei settori maggiormente interessati dalla partita è quello dell’automotive e in particolare quello dell’auto elettrica che si troverebbe costretto a delocalizzare i propri impianti oltreoceano per accedere al grande programma di incentivi disegnato a Washington.Se tutti a Bruxelles sono convinti della necessità di una risposta, le modalità di finanziamento del piano industriale europeo restano il principale argomento di discussione. La Commissione europea ha proposto di allentare le restrizioni sugli aiuti di Stato ma tale soluzione rischia di favorire solo chi può permettersi di fare altro debito – sicuramente la Germania, sicuramente no l’Italia – mentre ha rimandato alla prossima estate ogni decisione sulla creazione di un Fondo Sovrano Europeo finanziato con debito comune europeo, sul modello del Recovery Plan.A tal riguardo la ong ambientalista Transport & Environment ha pubblicato un rapporto che traccia la rotta da seguire per raggiungere un’indipendenza europea nell’industria green tech auspicando che il fondo possa contare su almeno 350 miliardi di euro e che trovi “una cabina di regia” proprio a Bruxelles per assicurare che le risorse siano spese in maniera mirata e soprattutto celere. “L’idea – spiega Veronica Aneris, direttrice della divisione di Transport & Environment in Italia – non è quella di bypassare gli Stati membri, quanto di assicurarsi che quei soldi vengano usati in settori strategici, in tempi e modi utili e rispettando un criterio di equità tra gli stati membri. Se lo scopo è quello di creare una fiorente industria europea della mobilità elettrica, è necessario prima di tutto che il perimetro entro cui utilizzare i fondi sia chiaro e circoscritto alle soluzioni di decarbonizzazione più mature ed efficaci”.Quale dovrebbe essere quindi secondo voi il sistema di governance alla base del nuovo piano industriale europeo?A nostro avviso la risposta europea deve rispettare quattro criteri chiave. In primis deve “specchiare” l’IRA statunitense, ovvero rispondere in maniera simmetrica agli incentivi dell’amministrazione Biden. In parole semplici: investire su sistemi di accumulo, veicoli elettrici, rinnovabili. Non un centesimo altrove: per evitare inutili distorsioni e garantire che vi sia una risposta davvero mirata. Per fare questo, il secondo criterio deve essere quello della semplicità. Non possiamo permetterci nuovamente barriere e ostacoli burocratici; i fondi disponibili dovranno andare a sostenere la produzione in maniera quanto più possibile diretta. Premiare la produzione effettiva, come fa l’IRA, è quindi il terzo criterio: non possiamo incentivare la realizzazione di stabilimenti, o peggio di progetti pilota e di incubatori. Va premiato il prodotto finale – ad esempio le batterie – come fanno gli USA. Così si sostiene attivamente anche la dinamica di un’economia di scala, per abbattere i prezzi delle nuove tecnologie, con un beneficio concreto per i cittadini. Infine, serve una cabina di regia a livello europeo che garantisca efficienza, ma anche equità. Una politica di finanza pubblica dell’Unione deve avere come effetto quello di minimizzare le disuguaglianze economiche e industriali tra gli stati, non di ampliarle o aggravarle.Il Fondo Sovrano Europeo potrebbe essere costruito utilizzando un modello di finanziamento già sperimentato con il Recovery Plan per rispondere alla crisi economica post pandemia. Il vostro giudizio sul PNRR italiano è stato molto critico, in cosa dovrebbe differenziarsi questo nuovo fondo?C’è una differenza fondamentale tra quello strumento e ciò di cui parliamo oggi: non stiamo più ragionando di contrastare una crisi generalizzata dell’economia europea, ma di rispondere alla “parte greentech” dell’IRA statunitense, che rischia di attrarre gran parte della produzione che vorremmo invece in Europa. L’Italia è stata il maggiore beneficiario del Recovery Plan. Sebbene fossimo gravemente in ritardo, rispetto agli altri player europei, nel processo di riconversione dell’industria automotive, alla mobilità elettrica sono andate poche briciole. Si è mancato di comprendere fino in fondo l’importanza strategica di questo settore. Se ora dovessero arrivare nuovi fondi, sarà fondamentale scongiurare il rischio di ripetere lo stesso errore.Il mercato italiano dell’auto elettrica stenta a decollare. In Italia lo scorso anno le vendite di auto BEV, le elettriche pure, sono state meno di 50mila, in calo del 27,1% rispetto al 2021. La quota di mercato è scivolata sotto al livello della Spagna (3,7%) mentre in Germania e Francia le auto elettriche sono ormai una realtà consolidata (con quote di mercato rispettivamente del 18% e del 13,3%). Perché qui non riescono a prendere piede?Siamo l’unico Paese che sta registrando trend negativi, il gap con gli altri partner europei sta diventando preoccupante. Siamo un caso unico, così come unico è il nostro programma di incentivi: l’Italia è la sola in Europa a finanziare l’acquisto di auto con motori endotermici ed emissioni fino a 135 g/km di CO2. Insomma, sosteniamo la tecnologia che dovremmo sostituire, ovviamente con i soldi dei contribuenti. La mancanza di una direzione strategica appare evidente. Inoltre, i nostri incentivi sono disegnati male. Per fare un esempio: abbiamo un tetto di incentivo per le PHEV (le auto ibride plug-in) più alto che per le elettriche. Tra l’altro questo cap è uguale a quello per un’auto tradizionale, a diesel o benzina. Abbiamo definito regole del gioco, meccanismi di concorrenza tra le diverse tecnologie, affatto eque. Peraltro abbiamo sbagliato anche a individuare la platea beneficiaria di questi incentivi: con le misure introdotte lo scorso agosto, ovvero un aumento di sussidio per le famiglie a basso reddito, ci siamo rivolti a un settore della società che oggi molto difficilmente investirebbe decine di migliaia di euro per un’auto nuova.Da dove partire quindi per recuperare il gap?Innanzi tutto da una revisione della fiscalità dell’auto, e dell’auto aziendale in particolare. L’auto aziendale è un volano strategico per accelerare la transizione verso la mobilità elettrica. Dato rapido il turn over dei veicoli nelle corporate fleet, in 2-3 anni è possibile creare un ampio mercato dell’usato dell’auto elettrica. Sarebbe una risorsa concretamente efficace, consentirebbe a molti più cittadini di acquistare un veicolo elettrico. Naturalmente va rivisto anche il sistema di incentivi: non si possono continuare a sussidiare le auto diesel e benzina fino al 2024. È davvero un uso poco responsabile dei soldi dei contribuenti: si aggrava la crisi climatica, si peggiora la qualità dell’aria, si tiene il Paese inchiodato ai blocchi di partenza nella gara alla mobilità sostenibile. Una gara cui stanno partecipando tutte le grandi economie. Per capirci: negli ultimi due anni il governo italiano ha stanziato per l’acquisto di auto quasi le stesse risorse di quello tedesco, circa 2 miliardi. In Germania però circolano 5-6 volte le auto elettriche che circolano in Italia oggi. A Berlino sono stati molto chiari da subito: incentivi solo alle auto con la spina. Un’analisi delle migliori politiche nazionali europee ci dice che agendo su poche leve fiscali come la tassa d’acquisto, il fringe benefit per i dipendenti e la deducibilità, la risposta da parte dei mercati c’è. La nostra analisi sull’Italia mostra che questo genere di revisioni, se disegnate in maniera intelligente, può essere a costo zero per le casse pubbliche; ancor più, potrebbe persino far risparmiare soldi allo Stato.Possono essere solo gli incentivi a determinare la domanda di auto elettriche?Quelli sono determinanti. Se al contempo venisse meno la guerra di religione che, in Italia, alcuni combattono contro l’auto elettrica, sicuramente avremmo un’opinione pubblica più consapevole e informata, meno spaventata dalla transizione. Più propensa a cambiare i modi, le forme e le tecnologie della mobilità privata.Questo dal lato della domanda. Per quel che riguarda invece il lato dell’offerta, quella che dovrebbe direttamente beneficiare del piano industriale europeo per il Green Deal, dove sono i limiti del sistema Italia?C’è in prima battuta un limite di “chiarezza”, lo definirei così. Quel che appare evidente a tutti i grandi gruppi dell’automotive, penso ad esempio a Volkswagen, in Italia è ancora oggetto di dibattito. Ebbene: la mobilità elettrica è la mobilità del futuro. Questo non dovrebbe più essere in discussione, è semplicemente un fatto acclarato. Quando ragioniamo di salvaguardia dei posti di lavoro, quindi, dovremmo farlo a partire da qui e chiedendoci quale ruolo vogliamo giocare nel futuro prossimo, anzi immediato, dell’automotive. L’Italia si sta muovendo con ritardo, ma c’è anche ancora tanto potenziale da catturare nella catena di valore dell’automotive europeo. Si pensi alla raffinazione del litio,, al mining urbano, al remining, alla circolarità delle batterie. Siamo stati pionieri nello sviluppare filiere industriali del riciclo, è un terreno sul quale potremmo competere. Ma per farlo efficacemente, dobbiamo capire quali sono le competenze che ci servono per costruire asset distintivi, per posizionarci strategicamente sul mercato. E individuare i lavoratori cui destinare programmi di formazione, o ri-formazione, per creare quelle competenze Infine, serve accelerare i processi e creare un quadro regolatorio solido e coerente per la mobilità elettrica, per attrarre investitori stranieri. Indugiando nella situazione attuale, resteremo davvero poco attrattivi, ai margini di una grande rivoluzione industriale. LEGGI TUTTO

  • in

    IWB, TP ICAP Midcap taglia target price e conferma Buy

    (Teleborsa) – TP ICAP Midcap ha confermato il Buy su Italian Wine Brands (IWB), gruppo vinicolo quotato su Euronext Growth Milan, e abbassato il target price a 43,3 euro per azione (da 49,6 euro). La revisione della raccomandazione arriva dopo che la società ha comunicato di aver chiuso il 2022 con ricavi consolidati pro-forma pari a 430,4 milioni di euro (+5,2% sul 2021).Gli analisti sottolineano che il 2022 è stato caratterizzato da forti pressioni inflazionistiche su tutti i fattori produttivi (come vino sfuso, vetro, energia) e da difficoltà legate alla carenza di materie prime (in particolare vetro). Questi fattori hanno influito sui volumi e sui margini del gruppo.Date queste tendenze, TP ICAP Midcap preferisce rimanere cauta, aggiustando la stima dei ricavi per il 2022 a 387 milioni di euro (rispetto a 411 milioni stimati in precedenza) e l’EBITDA a 32 milioni di euro (rispetto a 36 milioni), con un margine dell’8,2% (vs. 8,7%).”Riteniamo tuttavia che il contributo delle due acquisizioni diverrà ancora più evidente nel 2023, consentendo al gruppo di aumentare i volumi, e soprattutto i margini, sfruttando tutte le potenzialità di Enovation nel mercato statunitense e di Barbanera con i suoi pregiati vini toscani”, si legge in una nota.Confermano il Buy, aggiungono che “le acquisizioni e le scelte strategiche del gruppo fanno prevedere un anno di transizione, ma comunque solido, con forti prospettive per il futuro”.(Foto: Per gentile concessione del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano) LEGGI TUTTO

  • in

    OPA Prima Industrie, adesioni oltre il 4%

    (Teleborsa) – Nell’ambito dell’offerta pubblica di acquisto (OPA) obbligatoria totalitaria promossa da Femto Technologies sulle azioni ordinarie di Prima Industrie, risulta che oggi, 3 febbraio 2023, sono state presentate 29.505 richieste di adesione. Pertanto, complessivamente le richieste di adesioni sono a quota 172.408, pari al 4,186% dell’offerta.L’offerta è iniziata il 30 gennaio 2023 e terminerà il 22 febbraio 2023. Borsa Italiana ricorda che le azioni ordinarie Prima Industrie acquistate sul mercato nei giorni 21 e 22 febbraio 2023 non potranno essere apportate in adesione all’offerta. LEGGI TUTTO

  • in

    Adani: S&P, Moody's e Fitch lasciato rating invariati

    (Teleborsa) – S&P ha abbassato a “negativo” l’outlook dei rating di alcune società di Adani Group, il conglomerato multinazionale indiano che ha visto il crollo della sua capitalizzazione dopo che lo short seller statunitense Hindenburg Research ha pubblicato un report il 24 gennaio 2023. Nel documento vengono citate una serie di presunte pratiche scorrette per quanto riguarda società off-shore e rapporti con familiari che hanno un effetto sul network di società quotate appartenenti al gruppo. Nonostante il gruppo fondato da Gautam Adani abbia pubblicato una risposta il 30 gennaio 2023, la pressione su azioni e bond non si è placata.”Esiste il rischio che le preoccupazioni degli investitori in merito alla governance e alle informazioni del gruppo siano maggiori di quelle che abbiamo attualmente preso in considerazione nei nostri rating – ha scritto S&P – O che nuove indagini e un sentiment di mercato negativo potrebbero portare a un aumento del costo del capitale e ridurre l’accesso ai finanziamenti per le entità valutate”.Fitch Ratings ha invece affermato che non vi è alcun impatto immediato sui rating delle entità Adani valutate da Fitch e dei loro titoli a seguito del rapporto di Hindenburg Research e non prevede modifiche sostanziali al suo flusso di cassa previsto.S&P, Moody’s e Fitch hanno comunque lasciato invariati i loro rating sulle società di Adani. LEGGI TUTTO

  • in

    OPA DeA Capital, adesioni oltre il 17%

    (Teleborsa) – Nell’ambito dell’offerta pubblica di acquisto (OPA) volontaria totalitaria promossa da Nova (veicolo di De Agostini) sulle azioni ordinarie di DeA Capital, risulta che oggi, 3 febbraio 2023, sono state presentate 2.456.576 richieste di adesione. Pertanto, complessivamente le richieste di adesioni sono a quota 15.140.707, pari al 17,661% dell’offerta.L’offerta è iniziata il 23 gennaio 2023 e terminerà il 17 febbraio 2023. Borsa Italiana ricorda che le azioni ordinarie DeA Capital acquistate sul mercato nei giorni 16 e 17 febbraio 2023 non potranno essere apportate in adesione all’offerta.(Foto: Free-Photos / Pixabay) LEGGI TUTTO

  • in

    Racing Force diventa emittente azioni diffuse tra pubblico in misura rilevante

    (Teleborsa) – Racing Force, gruppo italiano attivo nel settore delle attrezzature di sicurezza per il motorsport e quotato su Euronext Growth Milan, è diventata “emittente strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante”. Infatti, il numero complessivo degli azionisti, diversi dai soci di controllo della società (SAYE S.p.A.), che detengono complessivamente almeno il 5% del capitale sociale è superiore a 500.Racing Force, preso atto del superamento dei requisiti prescritti, ha quindi proceduto a effettuare le comunicazioni richieste dal Regolamento Emittenti alla CONSOB. LEGGI TUTTO