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Mediobanca: industria regge a inflazione ma lavoratori penalizzati

(Teleborsa) – Nel 2022 l’industria italiana ha retto all’inflazione, coi margini che migliorano rispetto al periodo pre-Covid, ma questo non si può dire per i lavoratori, che è stata la componente maggiormente penalizzata in termini di potere d’acquisto, con una perdita stimata intorno al 22%. Lo rileva il rapporto dell‘Area Studi Mediobanca sui “Dati Cumulativi”, indagine annuale sulle società industriali e terziarie italiane di grande e media dimensione.

L’inflazione ha gonfiato i ricavi delle imprese: il fatturato delle 2150 imprese esaminate ha segnato nel 2022 un incremento annuo nominale del 30,9%, superando in valore assoluto i 1.000 miliardi di euro. L’industria ha chiuso l’anno con vendite in aumento del 36,2% (ma senza le attività petrolifere ed energetiche l’incremento si attesta al +15,3%). Gran parte delle variazioni sono tuttavia alimentate dall’inflazione: tenuto conto della variazione dei prezzi alla produzione, la crescita reale delle vendite si è attestata al +0,6%. L’industria in senso stretto segna il +1,4% mentre la manifattura il +1,3%, sostenuta da moda, elettronica e farmacosmesi. Le 2.150 società hanno registrato un incremento della propria forza lavoro (+1,7%), con alcuni segmenti più performanti di altri come la filiera del made in Italy (+2,6%). Il costo medio unitario del personale (aggregato) ha riportato un aumento del 2% su base annua, ma la forza lavoro è la componente maggiormente penalizzata in termini di potere d’acquisto, con una perdita stimata intorno al 22% per il 2022. Sul fronte dei margini, è la manifattura a mostrare la maggiore capacità di gestire i costi dell’inflazione, assorbendone l’impatto e riuscendo a segnare una significativa progressione della redditività rispetto ai cinque anni ante-Covid: l’Ebit margin è salito dal 5,3% al 6% (+13,2%) e il Roe dall’8,2% all’11,2% (+36,6%). Secondo Mediobanca, le imprese della manifattura affrontano le incertezze della congiuntura con cautela, con proiezioni positive sulle vendite totali e oltreconfine del 2023 (+6%). Questi aumenti potrebbero tuttavia attestarsi su valori reali decisamente più contenuti a causa dell’inflazione, difficilmente quantificabili per l’attuale dinamica dei prezzi.

Nel 2022 gli investimenti materiali, espressi a prezzi costanti in moneta del 2013, hanno segnato un lieve incremento sul 2021 (+0,3%) portandosi in termini assoluti su valori che rappresentano il massimo del decennio. Questo valore si spiega con la progressione degli investimenti manifatturieri (+4,3%) al cui interno sono notevoli gli avanzamenti delle imprese medio-grandi (+11,2%) e delle produzioni riferibili alla filiera del made in Italy (+10,4%). Il terziario, in coerenza con i propri risultati economici, ha ridotto invece gli investimenti del 4,6% rispetto al 2021. La struttura finanziaria complessiva delle imprese analizzate è rimasta solida nel 2022, esprimendo un rapporto tra debiti finanziari e mezzi propri pari all’81,6%, in linea con i livelli medi su cui il sistema si era stabilizzato nel quinquennio 2015- 19 (pari all’82,8%). Il comparto manifatturiero registra un Debt equity ratio ancora più equilibrato al 46,2% nel 2022 (contro il 52,9% medio del periodo 2015-19) Al rafforzamento della solidità patrimoniale concorre inoltre l’incremento delle disponibilità, il cui rapporto sui debiti finanziari è passato dal 21,9% del 2015-2019 al 23,1% del 2022, dato ancora più marcato per la manifattura (in crescita dal 30,1% al 33,2%). Il miglioramento patrimoniale ha consentito, peraltro, di fronteggiare in maniera adeguata i primi effetti della crescita dei tassi di interesse.

Il report Mediobanca rileva, appunto, l’ inflazione record come nel 1980, ma le imprese italiane mostrano oggi profili finanziari maggiormente adatti a far fronte all’aumento dei prezzi, anche se il costo del lavoro si è praticamente dimezzato nel corso del tempo. In dettaglio, per ritrovare un impatto dell’inflazione di portata comparabile al 2022 bisogna risalire al 1980. La variazione di fatturato registrata nel 1979-80 è pari al +31,6%, analoga ai livelli del 2021-22, che si sono attestati al +30,9%.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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