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Recovery Plan, Scope Ratings: “Italia in ritardo sugli investimenti. Onere ricade sugli Enti locali”

(Teleborsa) – L’Italia ha ricevuto i fondi per la ripresa dell’UE secondo i piani, ma la spesa è inferiore alle aspettative iniziali, un problema che è destinato a peggiorare poiché i limiti di capacità delle autorità locali del paese frenano i progetti di investimento. I lenti progressi nell’impiego dei fondi UE approvati potrebbero anche mettere a repentaglio i futuri esborsi dell’UE, poiché questi dipenderanno sempre più dalla capacità del governo di realizzare progetti di investimento (“target”) piuttosto che dall’attuazione delle riforme (“milestone”). Gli investimenti sono anche cruciali per rilanciare il potenziale di crescita dell’Italia, vitale per la sostenibilità del debito sovrano. Queste le principali evidenze che emergono dal commento di Scope Ratings intitolato “Italia: il piano di rilancio subisce ritardi nella fase di investimento, mentre l’onere ricade sugli enti locali”, a cura di Alvise Lennkh-Yunus, Giulia Branz e Alessandra Poli.

I ritardi nell’attuazione dei progetti che utilizzano i fondi del Recovery and Resilience Facility (RRF) dell’Italia da 191,5 miliardi di euro, pari al 10,8% del PIL del 2021, rappresentano – si legge nel report – un rischio crescente per le prospettive di crescita economica, che è fondamentale per sostenere l’elevato debito pubblico del paese e mantenere il suo rating creditizio BBB+/Stable.

Finora, l’Italia ha raggiunto tutti i traguardi e gli obiettivi necessari per ricevere i fondi previsti dalla Commissione europea per 67 miliardi di euro. Tali erogazioni erano subordinate all’attuazione di riforme giudiziarie, della pubblica amministrazione e della concorrenza. Quest’anno verranno sbloccati ulteriori 37 miliardi di euro se verranno raggiunti i 43 traguardi e i 53 obiettivi previsti. Tuttavia, il governo italiano ha speso solo 5,5 miliardi di euro nel 2020-21, una cifra – sottolinea Scope Ratings – ben al di sotto del piano originale di 18,5 miliardi di euro, mentre la spesa del 2022 è stata di 15 miliardi di euro rispetto ai 28,7 miliardi di euro inizialmente previsti. È probabile che l’attuazione più lenta del previsto dei progetti di investimento metta in discussione l’aspettativa del governo di aumentare il tasso di investimenti pubblici dell’Italia al 3,7% del PIL entro il 2025 dal 2,5% del PIL nel periodo 2010-20 rispetto a una media UE del 3,1%. I lenti progressi nell’impiego dei fondi UE approvati potrebbero anche mettere a repentaglio i futuri esborsi dell’UE, poiché questi dipenderanno sempre più dalla capacità del governo di realizzare progetti di investimento piuttosto che dall’attuazione delle riforme.

A dire il vero, il basso esborso dei fondi UE ricevuti fino ad oggi è comune tra alcuni dei maggiori beneficiari dei fondi RRF, tra cui Grecia, Portogallo, Spagna e Croazia. Questo a causa della crisi energetica, dei maggiori costi delle materie prime e delle interruzioni della catena di approvvigionamento. In tale scenario l’UE – ipotizza Scope Ratings – potrebbe concedere ulteriore flessibilità per quanto riguarda i tempi e la selezione dei progetti per i piani di ripresa in tutti gli Stati membri dell’UE.

Con un tasso di assorbimento dei fondi strutturali e di investimento europei pari al 60% nel 2022 per i fondi stanziati nel periodo 2014-20,
l‘Italia è terzultima in Europa davanti a Slovacchia (59%) e Spagna (54%) e si piazza ben al di sotto della media UE del 75%. Ciò riflette – secondo l’analisi di Scope Ratings – la mancanza di competenze tecniche nelle pubbliche amministrazioni, insieme al lento adattamento alle procedure rapide per pianificare e appaltare i progetti. Il governo italiano ha chiesto un rinvio della scadenza del 2026 per la spesa dei fondi RRF. I progetti infrastrutturali per un valore di circa 40 miliardi di euro rischiano di non essere attuati entro il 2026 e i fondi non spesi nel periodo 2020-22 sono stati riassegnati nel periodo 2023-26, aumentando ulteriormente la probabilità di ritardi.

Le Regioni, le Province, i Comuni, le Città metropolitane e gli altri enti locali italiani – che gestiscono complessivamente circa 66 miliardi di euro – hanno un ruolo cruciale da svolgere nella realizzazione degli ampi investimenti previsti dai fondi per la ripresa. Più della metà di queste risorse (40 mld di euro) saranno assegnate e gestite direttamente dai Comuni, rendendoli i principali soggetti attuatori dei progetti del Piano. Non è ancora disponibile una panoramica completa sullo stato di attuazione dei singoli progetti di investimento in Italia o nell’UE nel suo insieme, anche se i dati preliminari mostrano che i comuni italiani hanno presentato circa 70mila progetti alla fine del 2022, per un valore di 29,5 miliardi di euro, su totale di 40 miliardi di euro loro assegnati.

Gli enti locali, in particolare nelle regioni meridionali che dovrebbero ricevere almeno il 40% dei fondi, stanno affrontando notevoli difficoltà nell’espletamento delle gare e nell’ottenimento delle autorizzazioni di terzi. I risparmi sui costi nell’ultimo decennio hanno portato a tagli del personale di quasi il 30% nel settore municipale e hanno contribuito all’invecchiamento della forza lavoro dei dipendenti pubblici – con un’età media superiore ai 50 anni – limitando la capacità delle amministrazioni locali di adattarsi alle nuove tecnologie e procedure.
Il governo sta quindi cercando di rafforzare la capacità amministrativa locale semplificando le procedure burocratiche e di assunzione e incoraggiando, tra le altre iniziative, l’assunzione di ditte esterne e consulenti per l’assistenza tecnica.

Sostenere questi sforzi – viene evidenziato nel commento – è indispensabile per il successo della realizzazione e del futuro mantenimento dei progetti di investimento nei prossimi anni per garantire un contributo duraturo alla crescita economica e alla sostenibilità del debito italiano. Inoltre, il successo della realizzazione del consistente piano di ripresa dell’Italia – conclude Scope Ratings – è importante per promuovere la fiducia tra gli Stati membri dell’UE per eventuali future discussioni sulle politiche e sui quadri fiscali a livello dell’UE.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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