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Sanità, Fondazione GIMBE: “Sistema in codice rosso”

(Teleborsa) – Quattordici punti per rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale(SSN) ormai in “codice rosso” per la coesistenza di varie “patologie”: imponente sotto-finanziamento, drammatica carenza di personale sanitario, crescenti diseguaglianze, modelli organizzativi obsoleti e inesorabile avanzata del privato. Una crisi di sostenibilità senza precedenti di un SSN vicino al punto di non ritorno: tanto che il diritto costituzionale alla tutela della salute nell’indifferenza di tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi 15 anni si sta trasformando in un privilegio per pochi, lasciando indietro le persone più fragili e svantaggiate, in particolare nel Sud del Paese. È questo il quadro della sanità pubblica tracciato dalla Fondazione GIMBE nel corso della 15esima Conferenza Nazionale in corso oggi a Bologna.

“Per la nostra democrazia – ha affermato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – non è più tollerabile che universalità, uguaglianza ed equità, i princìpi fondamentali del SSN, siano stati traditi e ora troneggino parole chiave come: infinite liste di attesa, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni sanitarie, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, aumento della spesa privata, rinuncia alle cure, riduzione dell’aspettativa di vita. Da oltre dieci anni – ha continuato Cartabellotta – assistiamo all’assenza di visione e strategia politica a supporto della sanità pubblica, in un immobilismo che si limita ad affrontare solo problemi contingenti: per questo abbiamo elaborato il ‘Piano di rilancio del Servizio Sanitario Nazionale’, a seguito di una consultazione pubblica che ha coinvolto oltre 1.500 persone, che sarà utilizzato dalla Fondazione GIMBE come standard di riferimento per monitorare scelte e azioni di chi decide sul diritto alla tutela della salute”.

Un rilancio progressivo e consistente del finanziamento pubblico per la sanità – rileva la Fondazione – è cruciale e inderogabile. Al momento, la Nota di Aggiornamento del DEF nel triennio 2023-2025 prevede una riduzione della spesa sanitaria media dell’1,13% per anno e un rapporto spesa sanitaria/PIL che nel 2025 precipita al 6%, ben al di sotto dei livelli pre-pandemia. Nel 2021 la spesa pubblica pro-capite nel nostro Paese è inferiore alla media OCSE (3.052 dollari vs 3.488) e in Europa ci collochiamo al 16esimo posto: ben 15 Paesi investono di più in sanità, con un gap che va dai 285 dollari della Repubblica Ceca ai 3.299 dollari della Germania. Impietoso il confronto con i paesi del G7 sulla spesa pubblica: dal 2008 siamo fanalino di coda con distanze sempre più ampie e oggi ormai incolmabili. “Senza più pretendere di guardare a paesi come Germania e Francia ponendosi obiettivi irrealistici – commenta Cartabellotta – entro il 2030 occorre allineare il finanziamento pubblico almeno alla media dei paesi europei rispetto ai quali nel 2020 il gap era già di quasi 12 miliardi di euro nel 2021. E vincolando la destinazione d’uso delle risorse: rilanciare le politiche del personale sanitario, garantire l’erogazione uniforme dei LEA e consentire un equo accesso alle innovazioni”.

L’entità delle diseguaglianze regionali, e in particolare la “frattura” Nord-Sud, è ormai di tale entità che è indispensabile potenziare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, nel rispetto dei loro poteri, per ridurre diseguaglianze, iniquità e sprechi e garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute su tutto il territorio nazionale. “Al netto di riforme costituzionali – spiega Cartabellotta – è fondamentale che il monitoraggio dei LEA venga integrato nei meccanismi di programmazione e riparto delle risorse alle Regioni, rivedendo interamente il sistema dei Piani di rientro che, puntando esclusivamente al riequilibrio finanziario,hanno impedito alle Regioni del Centro-Sud di recuperare il gap. E attenzione alle autonomie differenziate che rischiano di dare il colpo di grazia al SSN”.

Al fine di ridurre le diseguaglianze e garantire l’uniforme esigibilità dei LEA in tutto il territorio nazionale è necessario garantirne l’aggiornamento continuo per rendere rapidamente accessibili le innovazioni e potenziare gli strumenti per monitorare le Regioni. “Le intenzioni politiche – prosegue Cartabellotta – devono essere riallineate con l’esigibilità dei diritti delle persone. Oggi da un lato la mancata approvazione del cd. ‘Decreto Tariffe’ impedisce ai pazienti di accedere a prestazioni innovative di specialistica ambulatoriale e protesica, dall’altro i LEA non vengono aggiornati da oltre 6 anni, rendendo inaccessibili ai pazienti numerose innovazioni diagnostico-terapeutiche che nel frattempo la ricerca ha reso disponibili”. Quanto ai sanitari, “il tetto di spesa sul personale imposto dal progressivo definanziamento – spiega Cartabellotta – i blocchi contrattuali, la mancata programmazione dei nuovi specialisti hanno determinato prima una carenza quantitativa e adesso, soprattutto dopo la pandemia, una crisi motivazionale che porta sia a disertare alcune professioni (es. scienze infermieristiche) e specialità mediche (es. emergenza-urgenza), sia a lasciare le strutture pubbliche per quelle private, o addirittura per l’estero”.

In tale scenario per la Fondazione è inderogabile rilanciare le politiche sul capitale umano in sanità al fine di valorizzare e (ri)motivare la colonna portante del SSN: investire sul personale sanitario con risorse vincolate, programmare adeguatamente il fabbisogno di tutti i professionisti sanitari, riformare i processi di formazione, valutazione e valorizzazione delle competenze secondo un approccio multi-professionale. “L’erogazione dell’assistenza sanitaria – ha spiegato il presidente della Fondazione GIMBE – oggi risulta molto frammentata, dicotomizzata tra ospedale e territorio e scarsamente integrata con quella socio-sanitaria, generando sprechi e inefficienze, ridotta qualità dei servizi e disagi per i pazienti”. Ecco perché bisogna programmare l’offerta di servizi sanitari in relazione ai bisogni di salute e renderla disponibile tramite reti integrate, che condividono percorsi assistenziali, tecnologie e risorse umane. “Le opportunità offerte dal PNRR, in particolare la riorganizzazione dell’assistenza territoriale – ha precisato Cartabellotta – sono necessarie ma non sufficienti perché richiedono coraggiose riforme per essere utilizzate al meglio”. In tal senso le risorse disponibili per la telemedicina, ha continuato il Presidente, “devono far parte di una trasformazione digitalemirata a promuovere cultura e competenze digitali nella popolazione e tra professionisti della sanità e a rimuovere ostacoli infrastrutturali, tecnologici e organizzativi”.

L’annuario statistico del SSN pubblicato il 23 marzo documenta l’espansione delle strutture sanitarie private accreditate, ovvero rimborsate con il denaro pubblico. Nel 2021 le strutture private accreditate ospedaliere sono 995, un numero quasi raddoppiato in 10 anni (n. 525 nel 2011, 46,9% del totale) e pari al 48,6% del totale. Tra il 2011 e il 2021 aumentano anche quelle di specialistica ambulatoriale da 5.587 a 8.778 (da 58,9% a 60,4% del totale), quelle deputate all’assistenza residenziale che da 4.884 strutture passano a 7.984 (da 76,5% all`84% del totale) e semiresidenziale che da 1.712 salgono a 3.005 (da 63,5% a 71,3% del totale). Infine le strutture riabilitative passano da 746 a 1.154 (da 75,1% al 78,2% del totale).

“Il nostro Piano di Rilancio – ha precisato Cartabellotta – mira ad arginare l’espansione incontrollata del privato accreditato, sia normando l’integrazione pubblico-privato, sia riordinando la normativa sui fondi sanitari oggi un vero e proprio ‘cavallo di troia’ che dirotta su assicurazioni e sanità privata accreditata risorse pubbliche provenienti dalla defiscalizzazione dei fondi sanitari”. Il Piano di Rilancio del SSN include altri punti: dall’attuazione del principio health in all alla prevenzione e promozione della salute; dalla necessità di potenziare l’informazione istituzionale basata sulle evidenze scientifiche e migliorare l’alfabetizzazione sanitaria delle persone all’aumento delle risorse da destinare alla ricerca clinica indipendente e alla ricerca sui servizi sanitari che devono arrivare almeno al 2% del finanziamento pubblico per la sanità; sino alla rimodulazione di ticket e detrazioni fiscali per le spese sanitarie, secondo princìpi di equità sociale ed evidenze scientifiche.

“Per la sanità pubblica – conclude Cartabellotta – è ormai scaduto il tempo della ‘manutenzione ordinaria’ che ha portato allo sgretolamento dei princìpi di equità e universalismo. Ecco perché serve innanzitutto la visione sul modello di sanità che vogliamo lasciare in eredità alle future generazioni; quindi, occorre definire quante risorse pubbliche investire per la salute e il benessere delle persone; infine, bisogna attuare coraggiose riforme per condurre il SSN nella direzione voluta. Naturalmente tutto questo richiede ancor prima un patto politico che, prescindendo da ideologie partitiche e avvicendamenti di Governi, riconosca nel SSN un pilastro della nostra democrazia e una conquista sociale irrinunciabile. In alternativa, se mantenere un SSN pubblico, equo e universalistico non è più una priorità del nostro Paese, la politica dovrebbe avere l’onestà di scegliere apertamente un altro modello di sanità, governando in maniera rigorosa i processi di privatizzazione che si stanno già concretizzando in maniera subdola, creando di fatto una sanità a doppio binario”.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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