(Teleborsa) – L’andamento del credito ha finora risentito in misura limitata dell’innalzamento dei dazi statunitensi: dalla fine dello scorso anno la richiesta di finanziamenti da parte dei settori più esposti alle tensioni commerciali con gli Stati Uniti è stata solo leggermente inferiore rispetto al resto dell’economia. È quanto emerge dal Rapporto di Stabilità Finanziaria semestrale pubblicato oggi dalla Banca d’Italia.
Viene sottolineato che le imprese appartenenti a questi settori hanno domandato più credito a breve termine e meno finanziamenti con orizzonti temporali più lunghi, presumibilmente per il posticipo dei piani di investimento a fronte della forte incertezza
Secondo le stime di Bankitalia, coerenti con i dazi previsti dall’accordo commerciale di luglio concluso tra Stati Uniti e Unione europea, la quota del debito bancario attribuibile alle aziende più esposte rimarrebbe nel complesso contenuta: circa il 9% di quelle che esportano negli Stati Uniti subirebbe un calo del fatturato superiore al 5% e a queste sarebbe riconducibile meno del 2% dei prestiti bancari alle imprese.
Le imprese più vulnerabili all’aumento dei dazi sono in genere di piccola dimensione e hanno un basso grado di diversificazione dei mercati di sbocco. Anche l’impatto delle tariffe sull’indotto delle aziende che esportano verso gli Stati Uniti si manterrebbe limitato, secondo il rapporto.
Al di là dei dazi, Bankitalia spiega che le condizioni finanziarie delle imprese continuano a essere “mediamente buone, sostenute dalla redditività e da un indebitamento contenuto”.
I debiti finanziari sono cresciuti dell’1,4% nel primo semestre, pur restando pressoché costanti in rapporto al PIL (al 59,1%, un valore molto inferiore a quello dei principali paesi europei). La leva finanziaria ha continuato a ridursi, scendendo al 30,7%; il calo è ascrivibile quasi interamente al rialzo dei corsi azionari.
Il credito ha mostrato segnali di ripresa, con un incremento dello 0,7% a settembre su base annua, dopo una fase di contrazione iniziata nel 2023. L’espansione è stata trainata dalle grandi imprese, in particolare da quelle con bilanci più solidi; per le piccole aziende il calo si è attenuato (a -4,6%, da -6,8 di dicembre 2024), con una crescita degli impieghi tra quelle più sane.

