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    BEI e CaixaBank insieme per sostenere capacità produttiva di Navantia Seanergies

    (Teleborsa) – La Banca europea per gli investimenti (BEI) e CaixaBank hanno firmato un accordo di controgaranzia di 50 milioni di euro, che CaixaBank utilizzerà per creare un portafoglio di garanzie bancarie nell’ambito di un green trade finance facility di almeno 100 milioni a sostegno delle capacità produttive della divisione energie rinnovabili di Navantia, Navantia Seanergies. Navantia vanta una vasta esperienza nel settore dell’energia eolica offshore, grazie alla costruzione di sottostazioni e fondazioni fisse e galleggianti, come jacket e monopali. L’accordo consentirà a Navantia Seanergies di ricevere pagamenti anticipati e di fornire garanzie di performance per l’avvio di nuovi progetti eolici offshore. Consentirà inoltre all’azienda di pagare anticipatamente i propri fornitori per la fornitura dei relativi sottocomponenti, supportando l’intera filiera eolica. La produzione dei componenti per l’energia eolica offshore avverrà presso gli stabilimenti di Navantia Seanergies di Fene (Galizia) e Puerto Real (Andalusia), tutte regioni con un reddito pro capite inferiore alla media UE. L’accordo sostiene l’azione per il clima e contribuisce alla coesione economica, sociale e territoriale nell’Unione Europea, due delle otto priorità strategiche del Gruppo BEI stabilite nella Roadmap strategica del Gruppo per il periodo 2024-2027. Per CaixaBank, si tratta del primo strumento di finanziamento commerciale verde con copertura BEI, che contribuisce agli sforzi della banca per promuovere il finanziamento del commercio internazionale di tecnologie e materiali verdi nell’ambito del Piano d’azione europeo per l’energia eolica, ed è in linea con il Piano di sostenibilità 2025-2027 della banca, uno dei pilastri del Piano strategico del Gruppo.L’operazione fa parte del pacchetto eolico da 5 miliardi di euro della BEI lanciato nel 2023, un pacchetto dedicato di controgaranzie per migliorare l’accesso al credito per il settore eolico e sostenere l’aumento di 32 GW della capacità di generazione di energia eolica di nuova installazione.L’operazione è garantita da InvestEU, il programma di punta dell’UE che mobilita oltre 372 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi del settore pubblico e privato a sostegno degli obiettivi politici dell’UE dal 2021 al 2027. LEGGI TUTTO

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    Portobello: ancora in attesa della pronuncia del Tribunale su piano di concordato

    (Teleborsa) – Portobello, società quotata sul mercato Euronext Growth Milan che opera attraverso l’attività di barter nel settore editoriale e pubblicitario e proprietaria della omonima catena retail e del portale ePRICE, è ancora in attesa della pronuncia del Tribunale di Roma in merito all’ammissibilità e all’omologazione del piano di concordato presentato il 7 aprile 2025. Nessuna comunicazione ufficiale di accettazione o respingimento è ad oggi pervenuta. Lo si legge in una nota che fornisce una serie di precisazioni alla semestrale.Il Valore della Produzione Adjusted al 30 giugno 2025 (pari a 44,23 milioni di euro) include una stima di circa 30 milioni di fatturato mancante, calcolato sulla base dell’andamento storico dei primi semestri degli esercizi precedenti. Tale stima riflette i contratti barter non eseguiti a causa della procedura di concordato preventivo in corso. L’avvio della procedura ha infatti comportato: la sospensione di nuove operazioni di cambio merci da parte delle controparti, in attesa della definizione del quadro concorsuale; l’impossibilità di eseguire contratti già sottoscritti e inseriti nel portafoglio commerciale; un deterioramento delle condizioni di fiducia e continuità nei rapporti commerciali tipico delle situazioni concorsuali. Questi effetti hanno determinato una contrazione straordinaria delle attività di barter, storicamente un’importante fonte di ricavi, e giustificano pertanto l’indicazione dell’adjusted come proxy del potenziale di business al netto delle limitazioni straordinarie legate alla procedura, sostiene la società.La voce “Altri ricavi e proventi”, pari a 11,48 milioni al 30 giugno 2025, comprende prevalentemente la contabilizzazione del fondo svalutazione risconti pubblicitari iscritto a novembre 2024 per 15 milioni, a copertura del rischio connesso ai contratti in scadenza tra dicembre 2024 e gennaio 2025. Nel primo semestre 2025 tale fondo è stato parzialmente rettificato per 11,2 milioni a seguito della proroga di tre contratti di rilievo che hanno mantenuto la loro validità.Portobello conferma che il piano di rilancio è focalizzato sulla valorizzazione delle aree a maggiore marginalità, in particolare: Retail (nel corso del 2025 è stata effettuata la razionalizzazione della rete e l’ottimizzazione dell’efficienza gestionale. L’obiettivo, una volta ottenuta l’omologa del piano di concordato, è quello di riprendere un percorso di espansione dei punti vendita, integrando progressivamente le attività retail con il barter, in modo da sfruttare le sinergie tra canali e rafforzare la capacità di generare margini) e Asset Media & Advertising (l’obiettivo è rilanciare rapidamente le operazioni barter una volta definita la procedura concorsuale, privilegiando contratti ad alta marginalità e prodotti vendibili all’interno dei punti vendita). LEGGI TUTTO

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    MPS, Morningstar DBRS alza rating a BBB dopo successo dell’offerta su Mediobanca

    (Teleborsa) – Morningstar DBRS ha alzato il rating a lungo termine di Banca Monte dei Paschi di Siena (MPS) a “BBB” da “BBB (basso)”, con trend positivo.L’upgrade riflette l’ulteriore rafforzamento della generazione di capitale interno e degli indicatori di qualità del credito di MPS nel primo semestre del 2025, nonché il completamento con successo della sua offerta pubblica per l’acquisto di Mediobanca. MPS ha acquisito il controllo di Mediobanca, assicurandosi l’86,3% del capitale, con l’acquisizione positiva per l’affidabilità creditizia di MPS, dati i punti di forza del franchise di Mediobanca e la sua solida situazione patrimoniale.L’unione di MPS e Mediobanca si traduce in un gruppo bancario più grande e diversificato, sostenuto da marchi forti, dice l’agenzia di rating. Tuttavia, la differenza nei loro modelli di business potrebbe comportare sfide di integrazione ed esecuzione. Una gestione efficace delle fasi di transizione sarà fondamentale per garantire un’integrazione fluida. Aree chiave come l’investment banking e il private banking richiederanno particolare attenzione per garantire la fidelizzazione di clienti e talenti. Sebbene questo processo sia probabilmente complesso, secondo Morningstar DBRS, il management di MPS possiede l’esperienza e i punti di forza per raggiungere gli obiettivi strategici di questa transazione. Morningstar DBRS ritiene che le sinergie di ricavo derivanti da questa transazione siano potenzialmente più significative delle sinergie di costo, data la limitata sovrapposizione operativa tra le istituzioni. LEGGI TUTTO

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    MidCap italiane sempre più prede di private equity esteri con benefici per la crescita

    (Teleborsa) – Negli ultimi vent’anni è costantemente cresciuto il numero di investimenti di operatori di private equity nelle medie imprese italiane, con una crescente operatività di investitori finanziari stranieri attratti dal Food & Beverage e da imprese più grandi. Il Private Equity ha dimostrato di essere un partner strategico, in grado di apportare alle aziende non solo risorse finanziarie, ma anche competenze manageriali e un ampio network relazionale, con una performance economica rafforzata dopo l’ingresso nelle società (in media +25% fatturato, +17,6% occupazione, +81,9% attivo). È quanto emerge da una corposa ricerca sui primi due decenni del XXI secolo realizzata da Area Studi Mediobanca, LIUC Business School e Ufficio Studi e Ricerche di AIFI.La mappa degli investimentiL’analisi ha riguardato 319 medie imprese manifatturiere a controllo italiano nelle quali hanno fatto ingresso fondi di PE ed altri investitori finanziari durante il ventennio che va dal 2001 al 2021. L’82,1% delle operazioni ha visto l’intervento di fondi chiusi di PE, mentre nel 9,4% dei casi si è trattato di una holding di investimento. La parte restante ha coinvolto operatori di diversa natura, tra i quali club deal e family office. “Il mondo imprenditoriale ha compreso l’importanza di avere un fondo al proprio fianco nei momenti di cambio di passo e lo vediamo dal numero delle operazioni che sono cresciute costantemente in questi ultimi vent’anni”, ha detto Anna Gervasoni, Rettore Università LIUC e Direttore Generale AIFI.Quanto alla tipologia di operazione, nel 62% dei casi si è trattato di buy-out (acquisizioni di maggioranza, con uso della leva finanziaria), nel 31% di interventi di expansion (apporto di capitale proprio per la crescita di imprese già avviate), mentre la restante casistica è divisa tra il 4% dei replacement (sostituzione di azionisti di minoranza) e il 3% dei turnaround (risanamento di imprese in difficoltà). Con riferimento invece alla causale dell’investimento (origination), nell’89% delle occorrenze si è osservato l’ingresso diretto nel capitale di imprese private per lo più familiari, nel 7% si è perfezionata la cessione di rami d’azienda, mentre si è fermata al 4% la rilevanza dei Secondary buy out. Degna di nota l’incidenza del 12% dei casi in cui si è dato corso a operazioni di add-on nelle quali l’impresa già partecipata da un investitore finanziario si è resa protagonista di una o più acquisizioni.La dinamica temporale delle operazioni offre ulteriori spunti di interesse. Nel ventennio osservato è infatti costantemente cresciuto il numero di investimenti. Si è passati da una media di 6 operazioni all’anno nel quinquennio 2001-2005, a 11 operazioni nel periodo 2006-2015, per arrivare a 19 nel 2016-2018 e finire con 41 operazioni nel triennio 2019-2021. La conseguenza è che nell’ultimo quinquennio è avvenuto il 51% delle operazioni di tutto il ventennio. Ma sono stati il Covid e le successive turbolenze legate all’inflazione e al contesto geopolitico ad avere ulteriormente accelerato l’urgenza di crescita e managerializzazione delle medie imprese italiane. Non a caso, l’ultimo anno osservato, il 2021, ha segnato il massimo storico dell’intero ventennio con un picco 51 operazioni, ovvero il +42% sia sul 2020 che sul 2019 e il +143% sul 2018.”Le grandi discontinuità dell’ultimo lustro hanno portato a definitiva maturazione la consapevolezza da parte del nostro family business della necessità di imprimere un salto dimensionale e manageriale alle proprie imprese – commenta Gabriele Barbaresco, Direttore dell’Area Studi Mediobanca – I numeri della ricerca raccontano che i fondi di PE hanno saputo intercettare questa esigenza, offrendo leve efficaci ma al contempo calibrate sulle singole storie imprenditoriali”.Un dato che supporta il vivace interesse verso le MidCap italiane è rappresentato dalla crescente operatività di investitori finanziari stranieri. Se nel 2018 le operazioni concluse da soggetti esteri hanno rappresentato circa un quarto del totale, nel triennio 2019-2021 tale incidenza è pressoché raddoppiata al 46%.La concentrazione regionale delle imprese target appare evidente. Il 60% delle operazioni si è localizzato nelle tre regioni italiane a maggiore vocazione manifatturiera: Lombardia, dove ha sede il 29% delle imprese investite, Emilia-Romagna (16%) e Veneto (15%). Seguono il Piemonte, con il 12% delle operazioni e la Toscana (9%). A livello settoriale, il 45% delle aziende target opera nella produzione di beni industriali (B2B), il 55% in quella di beni di consumo (B2C).Il 43% degli investimenti ha avuto ad oggetto imprese con un fatturato medio inferiore a 30 milioni di euro; un ulteriore 33% ha riguardato imprese tra i 31 e i 60 milioni. Solo il 10% delle operazioni ha riguardato aziende con più di 100 milioni di euro di fatturato.Gli investimenti esteri hanno coinvolto imprese di maggiori dimensioni: 66 milioni di euro di fatturato medio vs i 48 milioni dei target degli operatori nazionali. Le imprese target del Nord Italia, con 57,4 milioni di euro di fatturato medio, superano quelle del Centro con 39,6 milioni e del Sud e isole con 40,9 milioni. A livello settoriale, le imprese del comparto alimentare sono le più grandi (69 milioni di euro il fatturato medio), quelle del settore pharma e biopharma le più piccole (39,2 milioni).La dimensione delle imprese target varia anche con la natura dell’investitore. I fondi di PE hanno privilegiato target con giro d’affari medio di 55 milioni, più limitata la taglia d’interesse di club deal e family office, tra i 30 e i 40 milioni di fatturato, mentre l’intervento dei fondi sovrani si orienta verso aziende con vendite superiori ai 100 milioni di euro.I profili delle imprese targetI criteri centrali di selezione delle imprese target da parte dei fondi di PE e degli altri investitori finanziari sono tre: elevata marginalità, ridotto indebitamento ed elevata propensione all’export. Infatti, nell’anno precedente l’ingresso dell’investitore, le imprese target hanno conseguito un EBITDA margin medio del 12,7%, ampiamente superiore all’8,5% delle imprese che non vedranno l’anno successivo l’ingresso di un investitore (il cosiddetto campione di controllo). Non solo: sempre un anno prima dell’ingresso, le imprese target riportano un rapporto tra posizione finanziaria netta (la PFN) e l’EBITDA mediamente inferiore a 1,5 volte, anche in questo caso configurando un quadro molto più favorevole rispetto al rapporto pari a 3 volte caratteristico del campione di controllo. Ultimo, ma non meno importante: le imprese target ante ingresso hanno una spiccata propensione all’export che si traduce in rapporto tra esportazioni e fatturato totale pari al 48,5%, con evidente scarto positivo nei confronti del 43% proprio del campione di controllo.Dopo l’ingresso dell’investitoreUn primo e rilevante effetto riguarda il fatto che le imprese investite imboccano una decisa traiettoria di crescita che risulta sensibilmente superiore a quella del campione di controllo. Infatti, nel biennio successivo all’ingresso, l’investitore finanziario imprime al fatturato una crescita media cumulata del 25%, che quasi triplica il +9,2% del fatturato delle imprese con caratteristiche similari ma che non sono state oggetto di investimento. La crescita non è solo commerciale, ma coinvolge anche la base occupazionale con potenziali ricadute positive sulle comunità circostanti le imprese investite. Il numero di dipendenti aumenta del 17,6%, in questo caso segnando un distacco abissale rispetto al +1,3% del campione di controllo. Infine, anche il totale attivo va soggetto ad un’espansione assai marcata, con un +81,9% nel biennio che è quasi sei volte superiore alla pure importante crescita del +13,8% consuntivata dalle imprese non target.Ma ci sono anche variabili che non manifestano un abbrivio diverso da quello del campione di controllo. È il caso della propensione all’esportazione, della produttività e dell’EBITDA. Secondo la ricerca, si tratta di evidenze coerenti con il fatto che le imprese target esprimevano profili di eccellenza già prima dell’ingresso del nuovo investitore. La strategia di crescita rappresenta la priorità operativa e l’opzione che la precedente proprietà, per lo più familiare, non è stata in grado di esercitare per le note resistenze che caratterizzano il family business. È peraltro plausibile che l’accelerazione impressa alla crescita si riverberi su queste ultime variabili su un orizzonte di tempo più lungo rispetto al biennio osservato. Secondo la ricerca c’è anche un aspetto molto rilevante e che sgombra il campo dalla possibile obiezione che gli investitori finanziari promuovano processi di crescita eccessivamente aggressivi e con smisurato ricorso alla leva finanziaria. Se infatti è vero che nel biennio post ingresso si rileva un incremento della PFN del +63%, rispetto a un calo di pari grandezza del campione di controllo, peraltro, la sua dinamica riflette la struttura tipica dei leveraged buyout. La sostenibilità del maggiore ricorso alla leva è ben documentata dal fatto che il rapporto PFN/EBITDA si fissa nel secondo anno post-investimento su un valore medio pari 2,4 volte (2,2 volte quello mediano), al di sotto della soglia (3 volte) oltre la quale si pongono problemi di sostenibilità. “Ciò, quindi, evidenzia come gli investitori finanziari, e in particolare quelli del PE così rilevanti nel caso delle MidCap italiane, abbiano storicamente fatto ricorso alla leva finanziaria in misura prudente e sostenibile”, viene sottolineato. Il ricorso alla leva è calibrato in relazione alle condizioni della società target. Ne è prova il fatto che quanto più la struttura finanziaria preesistente all’ingresso è già a leva, tanto minore risulta la crescita di fatturato e totale attivo che, dopo due anni dal proprio ingresso, il fondo di PE è in grado di imprimere.(Foto: Towfiqu barbhuiya on Unsplash) LEGGI TUTTO

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    Wall Street oscilla in un intervallo ristretto

    (Teleborsa) – Prosegue poco mossa la Borsa di New York. Digerito lo shutdown del governo a stelle e strisce, gli investitori mantengono le loro aspettative su una Federal Reserve accomodante, con aspettative per un ulteriore taglio dei tassi di 25 punti base nella prossima riunione di politica monetaria.In tema Fed, La presidente della Federal Reserve Bank di Dallas, Lorie Logan, ha dichiarato che affronterà ulteriori tagli dei tassi con molta cautela, poiché i rischi per l’inflazione rimangono più evidenti della minaccia di un aumento della disoccupazione. Logan ha fatto sapere che potrebbe non sostenere un altro taglio quando i funzionari si riuniranno di nuovo il 28 e 29 ottobre.Tra gli indici statunitensi, il Dow Jones si attesta sui valori della vigilia a 46.397 punti; sulla stessa linea, rimane ai nastri di partenza l’S&P-500 (New York), che si posiziona a 6.706 punti, in prossimità dei livelli precedenti.Senza direzione il Nasdaq 100 (+0,19%); come pure, pressoché invariato l’S&P 100 (-0,06%).Risultato positivo nel paniere S&P 500 per i settori materiali (+0,62%) e informatica (+0,46%). Nel listino, i settori energia (-0,67%), beni di consumo per l’ufficio (-0,62%) e utilities (-0,52%) sono tra i più venduti. LEGGI TUTTO

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    NewPrinces, azioni proprie all’1,2% del capitale sociale

    (Teleborsa) – NewPrinces, nell’ambito dell’autorizzazione all’acquisto e alla disposizione di azioni proprie, ha comunicato che dall’1 al 30 settembre 2025, ha acquistato 100.515 azioni ordinarie al prezzo medio di 23,51 euro per un controvalore complessivo di 2.352.746,70 euro e ha venduto 18.000 azioni ordinarie al prezzo medio di 25,84 euro, per un controvalore complessivo di 464.444,05 euro.A seguito degli acquisti e disposizioni finora effettuati, l’azienda agroalimentare italiana detiene 527.912 azioni proprie pari all’1,2% del capitale sociale.A Milano, oggi, sottotono NewPrinces, che chiude la seduta con un calo dell’1,71%. LEGGI TUTTO

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    Movinter (RedFish) acquisisce in club deal una quota di Alpi Aviation

    (Teleborsa) – RedFish LongTerm Capital (RFLTC), holding di partecipazioni industriali quotata su Euronext Growth Milan, e la sua controllata Movinter, player di riferimento nel mercato ferroviario che produce e commercializza carpenteria leggera e pesante, hanno perfezionato l’operazione di acquisizione di Alpi Aviation, storico operatore friulano attivo nella realizzazione di velivoli leggeri e ultraleggeri, elicotteri e droni non armati, ad uso civile e militare (dual-use), di esplorazione e sorveglianza.Le quote oggetto di vendita, pari complessivamente al 100% del capitale sociale di Alpi Aviation, sono state cedute dal socio Moreno Stinat per il 91,5% e dal socio Corrado Rusalen per l’8,5% che ha re-investito in AAI per un corrispettivo complessivo di 4 milioni di euro, incluso del re-investimento del socio Rusalen.AAI è oggi partecipata da Movinter per il 24,9%, da Kayak Family Office 2 per il 24,9% (veicolo parte correlata con la società e partecipato anche dai soci promotori della stessa), da Sky Investments per il 10,3%, da Friulia Finanziaria FVG per il 24,9% e da Corrado Rusalen per il 15%, a seguito del suo reinvestimento. A seguito del closing, AAI detiene il 100% del capitale sociale di Alpi Aviation. AAI ha pagato al closing un corrispettivo fisso pari ad 3,66 milioni di euro, oltre ad essere prevista una componente variabile, oltre ad un Earn-out. La componente variabile del prezzo sarà legata alla performance degli ordinativi della BU droni vincolanti acquisiti da Alpi Aviation nel periodo 2025-2031, e determinerà un aggiustamento del prezzo fino a un importo massimo di 4,533 milioni, e alla performance del fatturato della BU droni di Alpi Aviation che sarà determinato ogni anno, a partire dall’esercizio 2025 e sino all’esercizio 2031, e determinerà un aggiustamento del prezzo fino ad un importo massimo di 4,533 milioni. Sarà inoltre riconosciuto un Earn-out pari a 1,83 milioni al verificarsi di specifici obiettivi di fatturato della Business Unit Velivoli in almeno un esercizio fiscale compreso tra il 2024 e il 2030 incluso.”L’operazione si colloca perfettamente nella strategia di crescita che abbiamo messo in campo per Movinter con l’idea di espandere il business garantendo alla società una crescita orizzontale sui mercati Aerospace, Rail & Navy – ha detto Paolo Pescetto, presidente di RFLTC e di Movinter – L’acquisizione di Tesi nel 2021 ha rappresentato il primo passo in questo senso, mentre il percorso è proseguito con l’acquisizione strategica di Six Italia prima e SAIEP poi. Alpi Aviation rappresenta un passo fondamentale nella strategia, a riprova del buon posizionamento e delle solide basi del core business di Movinter. Siamo fieri di avviare questa nuova collaborazione, che siamo certi contribuirà a creare valore nel medio e lungo termine, e siamo lieti di aver trovato in Corrado Rusalen, socio storico di Alpi Aviation, un partner di fiducia sin dal primo momento, lungimirante e ambizioso, ma soprattutto ben disposto a un dialogo proficuo”.Alpi Aviation è stata fondata nel 1999 a Pordenone, da Corrado Rusalen e Moreno Stinat, nei pressi dello storico aeroporto La Comina. Ha chiuso il 2024 con un valore della produzione di circa 5 milioni di euro, un EBITDA di 0,3 milioni di euro e una PFN (debito) di 1,9 milioni di euro; il totale dell’attivo al 31 dicembre 2024 è pari a circa 8,7 milioni. LEGGI TUTTO

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    Fed, Logan: affrontare ulteriori tagli dei tassi con molta cautela

    (Teleborsa) – La presidente della Federal Reserve Bank di Dallas, Lorie Logan, ha dichiarato che affronterà ulteriori tagli dei tassi con molta cautela, poiché i rischi per l’inflazione rimangono più evidenti della minaccia di un aumento della disoccupazione.”Vedo che l’inflazione sta superando il nostro attuale obiettivo del 2%”, ha dichiarato Logan giovedì durante un evento presso l’Università del Texas ad Austin, aggiungendo che si aspetta che i dazi facciano aumentare l’inflazione nei prossimi mesi.Di conseguenza, ha affermato che le sue stime “prevedono una normalizzazione un po’ più lenta del percorso di politica monetaria per garantire che si arrivi al 2%. Quindi ci vorrà del tempo”.Dopo aver tagliato i tassi di interesse a settembre per la prima volta quest’anno, i policymaker della Fed hanno opinioni molto divergenti sulla rapidità con cui procedere, se del caso, con ulteriori tagli.Logan ha fatto sapere che potrebbe non sostenere un altro taglio quando i funzionari si riuniranno di nuovo il 28 e 29 ottobre.”Non sembra che la politica sia più che moderatamente restrittiva”, ha affermato, aggiungendo che ciò era appropriato, dato che i funzionari dovrebbero comunque esercitare una pressione al ribasso sull’inflazione.Ha riconosciuto i rischi per l’occupazione, ma ha sostenuto che nel complesso il mercato del lavoro appare “abbastanza equilibrato”.Logan ha fatto notizia a Wall Street la scorsa settimana quando ha affermato che la banca centrale dovrebbe prendere in considerazione la sostituzione del suo tasso di interesse di riferimento, il tasso sui fondi federali, con un indicatore di mercato più ampiamente utilizzato.(Foto: @ Shutterstock) LEGGI TUTTO