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    Auto elettrica, Mimit: pronto il decreto sulla ricarica domestica

    (Teleborsa) – Dopo l’appello dell’imprenditore padovano Alberto Stecca, Ceo di Silla industries, che ha chiesto chiarimenti in merito ai ritardi del processo delle norme attuative per le colonnine di ricarica domestiche, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha precisato che “tutti gli atti necessari sono già stati predisposti dagli uffici e che saranno emanati non appena ci sarà la conversione del decreto legge 198/2022 (Milleproroghe)”. Il provvedimento, infatti, ha modificato alcune norme, estendendo alle annualità 2023 e 2024 il contributo per l’acquisto di colonnine di potenza standard per la ricarica dei veicoli elettrici da parte di utenti domestici. Ecco perché, ha precisato il Ministero, “per poter finalizzare e poi emanare il decreto direttoriale che prevede le disposizioni procedurali per l’erogazione dei benefici, occorre attendere l’approvazione del decreto Millepropoghe”. LEGGI TUTTO

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    Meloni incontra Scholz a Berlino: cautela su modifiche a regole su Aiuti di Stato

    (Teleborsa) – La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha dichiarato di sostenere, a proposito di competitività e del piano industriale europeo, “anche l’ipotesi di un fondo sovrano, un fondo alimentato da un debito comune. C’è anche il tema della tempistica, alcune risposte vanno date immediatamente. La risposta che si può dare subito è quella della flessibilità dei fondi esistenti”. In occasione della conferenza stampa successiva all’incontro con il cancelliere Olaf Scholz a Berlino, Meloni ha ricordato che il Consiglio europeo della prossima settimana tratterà questioni come “la competitività del sistema economico europeo”, e a questo riguardo è fondamentale che ci sia una risposta comune per rafforzare la competitività dell’Unione europea”.“La nostra posizione – ha spiegato – è di cautela sulle modifiche del regime di aiuti di Stato. Abbiamo bisogno di mantenere un livello di competitività che sia uguale per tutti”. Per noi la risposta è” innanzitutto “la flessibilità dei fondi già esistenti”, ha ribadito Meloni. Sul tema la Germania sostiene un allentamento delle regole europee sugli aiuti di Stato, che potrebbe favorire proprio i paesi Ue, come la stessa Germania, che hanno meno debito e dispongono di un maggiore spazio di manovra fiscale, penalizzando invece gli Stati alle prese con un enorme debito pubblico, come l’Italia.Sull’energia Meloni ha dichiarato che l’Italia sta lavorando “per rafforzare le sua capacità per avere sempre di più un futuro un ruolo di hub dell’energia per sé e per l’Europa. L’obiettivo è quello di fornire il gas naturale ma anche l’idrogeno verde. Data l’interconnessione energetica è un lavoro che facciamo in un’ottica europea”. Italia e Germania sono “due nazioni legate da un rapporto bilaterale di fatto esteso a quasi tutti i settori della vita pubblica e privata, molto importante e fortemente interconnesso”, ha sottolineato Meloni. Legame confermato anche per quel che riguarda aiuti all’Ucraina: “c’è una forte sintonia tra Italia e Germania” che hanno lavorato per sostenere “l’autodifesa di Kiev” e “continueremo a farlo finche quando sarà necessario”.Rispondendo a una domanda sull’anarchico Alfredo Cospito in carcere al 41 bis, la presidente del Consiglio ha parlato delle minacce che sono state ricevute da politici e funzionari da parte degli “anarchici” e ha lanciato un appello a una maggiore unità a tutte le forze politiche: “Noi abbiamo in questo momento un problema che mi pare che molti stiano sottovalutando. C’è lo Stato italiano oggetto di attacchi da parte degli anarchici, in Italia e nelle sue sedi all’estero, con l’obiettivo di abolire uno strumento che noi reputiamo efficace. È lo stesso obiettivo della mafia. Di fronte a una minaccia crescente penso che tutti dovremmo ragionare su un livello più alto, senza dividerci. Oggi c’è una minaccia reale e vorrei richiamare tutti alla responsabilità”. LEGGI TUTTO

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    BCE, non valutato impatto su criminalità da stop a banconote da 500 euro

    (Teleborsa) – La Banca centrale europea (BCE) “non ha svolto un’apposita valutazione” dell’impatto sulla criminalità finanziaria della decisione di fermare la produzione e l’emissione delle banconote da 500 euro. Comunque, “l’interruzione dell’emissione della banconota da 500 euro ha comportato una sostanziale e diffusa riduzione del suo utilizzo, a tutti gli effetti”. Lo si legge in una lettera che la presidente Christine Lagarde ha mandato agli europarlamentari Gunnar Beck e Nicolaus Fest, in risposta a un loro quesito.Lagarde ha ricordato che il consiglio direttivo ha deciso, nel maggio 2016, di interrompere definitivamente la produzione della banconota da 500 euro, tenendo conto delle preoccupazioni che questa denominazione potesse facilitare attività illecite. Da aprile 2019 le banche centrali nazionali dell’Eurosistema non emettono più banconote da 500 euro. Per mantenere la fiducia nelle banconote in euro, il consiglio direttivo ha deciso che la banconota da 500 euro rimarrà a corso legale e potrà continuare ad essere utilizzata.”Sebbene le banconote da 500 euro possano essere utilizzate come riserva di valore all’interno e all’esterno dell’area euro, sia in tempi normali che in tempi di maggiore incertezza e turbolenze finanziarie o politiche, la BCE riconosce pienamente la necessità di adottare misure per contrastare la criminalità finanziaria, pertanto la decisione”, ha sottolineato. LEGGI TUTTO

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    Automotive, Aneris (T&E): risposta Ue a IRA sia chiara, mirata e veloce

    (Teleborsa) – La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato questa settimana il piano industriale per il Green Deal, la risposta europea all’Inflaction Reduction Act che con quasi 370 miliardi di euro ha deciso di puntare sull’industria green tech del Nord America per contrastare il dominio cinese. Una decisione che rischia di spiazzare però quella europea, lasciandola indietro nella corsa alla transizione. Uno dei settori maggiormente interessati dalla partita è quello dell’automotive e in particolare quello dell’auto elettrica che si troverebbe costretto a delocalizzare i propri impianti oltreoceano per accedere al grande programma di incentivi disegnato a Washington.Se tutti a Bruxelles sono convinti della necessità di una risposta, le modalità di finanziamento del piano industriale europeo restano il principale argomento di discussione. La Commissione europea ha proposto di allentare le restrizioni sugli aiuti di Stato ma tale soluzione rischia di favorire solo chi può permettersi di fare altro debito – sicuramente la Germania, sicuramente no l’Italia – mentre ha rimandato alla prossima estate ogni decisione sulla creazione di un Fondo Sovrano Europeo finanziato con debito comune europeo, sul modello del Recovery Plan.A tal riguardo la ong ambientalista Transport & Environment ha pubblicato un rapporto che traccia la rotta da seguire per raggiungere un’indipendenza europea nell’industria green tech auspicando che il fondo possa contare su almeno 350 miliardi di euro e che trovi “una cabina di regia” proprio a Bruxelles per assicurare che le risorse siano spese in maniera mirata e soprattutto celere. “L’idea – spiega Veronica Aneris, direttrice della divisione di Transport & Environment in Italia – non è quella di bypassare gli Stati membri, quanto di assicurarsi che quei soldi vengano usati in settori strategici, in tempi e modi utili e rispettando un criterio di equità tra gli stati membri. Se lo scopo è quello di creare una fiorente industria europea della mobilità elettrica, è necessario prima di tutto che il perimetro entro cui utilizzare i fondi sia chiaro e circoscritto alle soluzioni di decarbonizzazione più mature ed efficaci”.Quale dovrebbe essere quindi secondo voi il sistema di governance alla base del nuovo piano industriale europeo?A nostro avviso la risposta europea deve rispettare quattro criteri chiave. In primis deve “specchiare” l’IRA statunitense, ovvero rispondere in maniera simmetrica agli incentivi dell’amministrazione Biden. In parole semplici: investire su sistemi di accumulo, veicoli elettrici, rinnovabili. Non un centesimo altrove: per evitare inutili distorsioni e garantire che vi sia una risposta davvero mirata. Per fare questo, il secondo criterio deve essere quello della semplicità. Non possiamo permetterci nuovamente barriere e ostacoli burocratici; i fondi disponibili dovranno andare a sostenere la produzione in maniera quanto più possibile diretta. Premiare la produzione effettiva, come fa l’IRA, è quindi il terzo criterio: non possiamo incentivare la realizzazione di stabilimenti, o peggio di progetti pilota e di incubatori. Va premiato il prodotto finale – ad esempio le batterie – come fanno gli USA. Così si sostiene attivamente anche la dinamica di un’economia di scala, per abbattere i prezzi delle nuove tecnologie, con un beneficio concreto per i cittadini. Infine, serve una cabina di regia a livello europeo che garantisca efficienza, ma anche equità. Una politica di finanza pubblica dell’Unione deve avere come effetto quello di minimizzare le disuguaglianze economiche e industriali tra gli stati, non di ampliarle o aggravarle.Il Fondo Sovrano Europeo potrebbe essere costruito utilizzando un modello di finanziamento già sperimentato con il Recovery Plan per rispondere alla crisi economica post pandemia. Il vostro giudizio sul PNRR italiano è stato molto critico, in cosa dovrebbe differenziarsi questo nuovo fondo?C’è una differenza fondamentale tra quello strumento e ciò di cui parliamo oggi: non stiamo più ragionando di contrastare una crisi generalizzata dell’economia europea, ma di rispondere alla “parte greentech” dell’IRA statunitense, che rischia di attrarre gran parte della produzione che vorremmo invece in Europa. L’Italia è stata il maggiore beneficiario del Recovery Plan. Sebbene fossimo gravemente in ritardo, rispetto agli altri player europei, nel processo di riconversione dell’industria automotive, alla mobilità elettrica sono andate poche briciole. Si è mancato di comprendere fino in fondo l’importanza strategica di questo settore. Se ora dovessero arrivare nuovi fondi, sarà fondamentale scongiurare il rischio di ripetere lo stesso errore.Il mercato italiano dell’auto elettrica stenta a decollare. In Italia lo scorso anno le vendite di auto BEV, le elettriche pure, sono state meno di 50mila, in calo del 27,1% rispetto al 2021. La quota di mercato è scivolata sotto al livello della Spagna (3,7%) mentre in Germania e Francia le auto elettriche sono ormai una realtà consolidata (con quote di mercato rispettivamente del 18% e del 13,3%). Perché qui non riescono a prendere piede?Siamo l’unico Paese che sta registrando trend negativi, il gap con gli altri partner europei sta diventando preoccupante. Siamo un caso unico, così come unico è il nostro programma di incentivi: l’Italia è la sola in Europa a finanziare l’acquisto di auto con motori endotermici ed emissioni fino a 135 g/km di CO2. Insomma, sosteniamo la tecnologia che dovremmo sostituire, ovviamente con i soldi dei contribuenti. La mancanza di una direzione strategica appare evidente. Inoltre, i nostri incentivi sono disegnati male. Per fare un esempio: abbiamo un tetto di incentivo per le PHEV (le auto ibride plug-in) più alto che per le elettriche. Tra l’altro questo cap è uguale a quello per un’auto tradizionale, a diesel o benzina. Abbiamo definito regole del gioco, meccanismi di concorrenza tra le diverse tecnologie, affatto eque. Peraltro abbiamo sbagliato anche a individuare la platea beneficiaria di questi incentivi: con le misure introdotte lo scorso agosto, ovvero un aumento di sussidio per le famiglie a basso reddito, ci siamo rivolti a un settore della società che oggi molto difficilmente investirebbe decine di migliaia di euro per un’auto nuova.Da dove partire quindi per recuperare il gap?Innanzi tutto da una revisione della fiscalità dell’auto, e dell’auto aziendale in particolare. L’auto aziendale è un volano strategico per accelerare la transizione verso la mobilità elettrica. Dato rapido il turn over dei veicoli nelle corporate fleet, in 2-3 anni è possibile creare un ampio mercato dell’usato dell’auto elettrica. Sarebbe una risorsa concretamente efficace, consentirebbe a molti più cittadini di acquistare un veicolo elettrico. Naturalmente va rivisto anche il sistema di incentivi: non si possono continuare a sussidiare le auto diesel e benzina fino al 2024. È davvero un uso poco responsabile dei soldi dei contribuenti: si aggrava la crisi climatica, si peggiora la qualità dell’aria, si tiene il Paese inchiodato ai blocchi di partenza nella gara alla mobilità sostenibile. Una gara cui stanno partecipando tutte le grandi economie. Per capirci: negli ultimi due anni il governo italiano ha stanziato per l’acquisto di auto quasi le stesse risorse di quello tedesco, circa 2 miliardi. In Germania però circolano 5-6 volte le auto elettriche che circolano in Italia oggi. A Berlino sono stati molto chiari da subito: incentivi solo alle auto con la spina. Un’analisi delle migliori politiche nazionali europee ci dice che agendo su poche leve fiscali come la tassa d’acquisto, il fringe benefit per i dipendenti e la deducibilità, la risposta da parte dei mercati c’è. La nostra analisi sull’Italia mostra che questo genere di revisioni, se disegnate in maniera intelligente, può essere a costo zero per le casse pubbliche; ancor più, potrebbe persino far risparmiare soldi allo Stato.Possono essere solo gli incentivi a determinare la domanda di auto elettriche?Quelli sono determinanti. Se al contempo venisse meno la guerra di religione che, in Italia, alcuni combattono contro l’auto elettrica, sicuramente avremmo un’opinione pubblica più consapevole e informata, meno spaventata dalla transizione. Più propensa a cambiare i modi, le forme e le tecnologie della mobilità privata.Questo dal lato della domanda. Per quel che riguarda invece il lato dell’offerta, quella che dovrebbe direttamente beneficiare del piano industriale europeo per il Green Deal, dove sono i limiti del sistema Italia?C’è in prima battuta un limite di “chiarezza”, lo definirei così. Quel che appare evidente a tutti i grandi gruppi dell’automotive, penso ad esempio a Volkswagen, in Italia è ancora oggetto di dibattito. Ebbene: la mobilità elettrica è la mobilità del futuro. Questo non dovrebbe più essere in discussione, è semplicemente un fatto acclarato. Quando ragioniamo di salvaguardia dei posti di lavoro, quindi, dovremmo farlo a partire da qui e chiedendoci quale ruolo vogliamo giocare nel futuro prossimo, anzi immediato, dell’automotive. L’Italia si sta muovendo con ritardo, ma c’è anche ancora tanto potenziale da catturare nella catena di valore dell’automotive europeo. Si pensi alla raffinazione del litio,, al mining urbano, al remining, alla circolarità delle batterie. Siamo stati pionieri nello sviluppare filiere industriali del riciclo, è un terreno sul quale potremmo competere. Ma per farlo efficacemente, dobbiamo capire quali sono le competenze che ci servono per costruire asset distintivi, per posizionarci strategicamente sul mercato. E individuare i lavoratori cui destinare programmi di formazione, o ri-formazione, per creare quelle competenze Infine, serve accelerare i processi e creare un quadro regolatorio solido e coerente per la mobilità elettrica, per attrarre investitori stranieri. Indugiando nella situazione attuale, resteremo davvero poco attrattivi, ai margini di una grande rivoluzione industriale. LEGGI TUTTO

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    Ucraina, concluso il vertice con l'Ue. Nessuna tempistica sull'adesione di Kiev.

    (Teleborsa) – È terminato a Kiev l’incontro tra i vertici dell’Unione europea e quelli dell’Ucraina al quale hanno partecipato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio d’Europa, Charles Michel, ed il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Von der Leyen si è congratulata con il presidente ucraino per la “determinazione di andare avanti nel processo di adesione nell’Ue”. “Continueremo a sostenervi in ogni passo – ha assicurato –: oltre alle riforme serve avere un buono storico nell’attuazione e ogni passo avanti sarà registrato nel nostro rapporto di autunno”.”So che manterrete il ritmo, queste riforme ancoreranno il vostro Paese nel nostro mondo libero – ha aggiunto – Dopo la visita all’ufficio postale c’è stato un allarme aereo e siamo dovuti andare nel rifugio: è simbolico, è la realtà di tutti i giorni in Ucraina”. Poco prima dell’inizio dell’incontro, infatti, hanno suonato le sirene d’allarme antiaereo della capitale. “Chi ha causato questo deve pagare, stiamo esplorando le diverse opzioni con i nostri partner, stiamo valutando quali basi giuridiche percorrere ma per noi è importante che ci sia la volontà politica che la Russia paghi”, ha sottolineato la presidente della Commissione.”L’Ucraina è l’Europa e l’Europa è l’Ucraina. Non siamo intimiditi dal Cremlino e non lo saremo. Il futuro dell’Ucraina è nell’Unione europea. Il vostro destino è il nostro destino ed è per questo che siamo qui, per stare al vostro fianco”, ha affermato il presidente del Consiglio Ue in conferenza stampa. “Voglio essere chiaro – ha aggiunto –, da una parte ci sono enormi sforzi fatti dall’Ucraina per fare progressi, dall’altra la Commissione dovrà presentare un rapporto dopo l’estate. Il Consiglio europeo, entro l’anno, dovrà valutarlo e decidere all’unanimità”. Sull’eventuale difficoltà di raggiungere una posizione unanime in Ue, Michel ha ricordato: “è un fatto che da un anno noi siamo stati capaci di prendere decisioni all’unanimità sia contro la Russia sia per sostenere l’Ucraina”.”Nel corso dei nostri negoziati oggi abbiamo discusso l’attuazione del nostro piano di pace, che l’Ue sosterrà, perché è l’unico progetto comprensivo per recuperare l’architettura di sicurezza in Europa distrutta dalla Russia”, ha spiegato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. “Noi pensiamo che la Russia voglia prendersi l’Est. E penso che abbiamo tutte le possibilità” per vincere”, ha aggiunto. “La nostra resistenza dipende dalle armi e dalla motivazione. Io penso che sin dall’inizio lo spirito ci ha aiutato. In alcune città ci potrebbe esser stato un rilassamento e penso che rilassarsi sia un segno di debolezza. Dobbiamo rafforzare lo spirito e ricordare come tutto è iniziato. Il nostro compito è non permettere una vendetta dei russi, un’invasione”, ha sottolineato Zelensky che ha espresso la volontà di andare a Bruxelles. “Ma ci sono rischi seri per me a lasciare il Paese, temiamo un nuovo assalto russo”, ha spiegato. LEGGI TUTTO

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    TIM, Giorgetti: “Controllo strategico rete resta obiettivo”

    (Teleborsa) – Il controllo strategico della rete resta un obiettivo del governo. È quanto ha affermato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a margine del forum Aspen Italia Francia. Giorgetti, al quale era stato chiesto se per il governo resti comunque l’obiettivo di una rete nazionale a controllo pubblico, ha detto che “il controllo strategico della rete resta non solo un obiettivo dichiarato ma che cercheremo di praticare”. Il governo – ha sottolineato Giorgetti – attende di vedere i dettagli dell’offerta di Kkr per la rete Tim e poi valuterà. “C’è da vedere – ha detto il ministro dell’Economia – la proposta di Kkr, cosa stanno dicendo a Tim. Poi il governo, che è in parte azionista in parte ha altri poteri, valuterà quando avrà piena intelligenza della proposta”. LEGGI TUTTO

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    Piano “Italia a 1 Giga”, Open Fiber: partiti i webinar in Lombardia

    (Teleborsa) – Il 1 febbraio si è tenuto il primo webinar di presentazione del progetto di digitalizzazione “Italia a 1 Giga”, un piano finanziato con i fondi del PNRR per cablare le zone non coperte da una rete in grado di fornire velocità di connessione in download pari o superiori ad almeno 300 Mbit/s. Sono stati 21 i primi comuni coinvolti dall’iniziativa che rientrano nei 1.132 comuni lombardi interessati dalprogetto: Open Fiber si è aggiudicata complessivamente 8 lotti su 15 lotti, messi in gara da Infratel Italia, per un totale di 3.881 Comuni in 9 Regioni per la copertura complessiva di 3,9 milioni di numeri civici entro il 2026.Scopo dell’iniziativa – spiega Open Fiber in una nota – è creare un momento informativo e di confronto con i Comuni interessati dal piano durante il quale vengono illustrate le finalità del Piano “Italia a 1 Giga” e le principali semplificazioni normative in materia di posa di infrastrutture a banda ultra larga. Un focus specifico, durante l’evento, è stato dedicato alle modalità operative con cui verranno eseguiti gli interventi sul territorio e l’ambito normativo in cui tali lavorazioni verranno realizzate.I 21 comuni lombardi chiamati a partecipare al webinar sono stati: Bollate, Buccinasco, Cassina de Pecchi, Cernusco sul Naviglio, Cinisello Balsamo, Cormano, Cornaredo, Milano, Opera, Peschiera Borromeo, Rho, San Donato Milanese, Segrate, Sesto San Giovanni, Settimo Milanese e Trezzano sul Naviglio in provincia di Milano, Monza in provincia Monza e della Brianza, Seriate in provincia di Bergamo, Sondrio in provincia di Sondrio, Busto Arsizio e Induno Olona in provincia di Varese. Saranno circa 10.800 numeri civici totali connessi alla rete a banda ultra-larga in questi comuni. Il piano “Italia a 1 Giga” costituisce un ulteriore tassello del piano industriale di Open Fiber volto a dotare il Paese di una infrastruttura in fibra ottica di ultima generazione con una velocità di connessione a partire da 1 Gigabit al secondo e mette a disposizione di tutti i cittadini e delle imprese i servizi digitali innovativi già disponibili sulla rete ultraveloce.Regione Lombardia si è resa disponibile, fin da subito, a collaborare attivamente alla realizzazione di questo progetto facilitando l’iter autorizzativo e a sostegno dello stesso investirà ulteriori 209 milioni a valere sulle risorse PNRR cui si aggiungono i 303 milioni della Programmazione Comunitaria 2014-2020, con riferimento alle sole aree a fallimento di mercato, in corso di ultimazione entro il 2024. LEGGI TUTTO

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    USA, ISM non manifatturiero gennaio sale a 55,2 punti

    (Teleborsa) – Il settore terziario americano cresce più delle attese e torna il territorio espansivo. Secondo il sondaggio condotto dall’Institute for Supply Management fra i direttori acquisti delle aziende dei servizi, l’ISM non manifatturiero si è portato a 55,2 punti a gennaio 2023 dai 49,2 punti del mese precedente (dato rivisto da un preliminare di 49,6), facendo meglio delle attese del mercato che erano per un aumento fino a 50,4 punti. Va ricordato che un indice inferiore a 50 denota una fase di contrazione degli affari ed una prevalenza di pessimismo fra i direttori acquisti delle aziende.Guardando alle singole componenti, quella sull’attività aziendale è aumentata a 60,4 punti dai 53,5 del mese precedente e quella sugli ordini si è attestata a 60,4 punti da 45,2 punti. Quella dell’occupazione è passata a 50 punti da 49,4, mentre la componente sui prezzi si è attestata a 67,8 punti da 68,1. LEGGI TUTTO