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    Manovra, governo pone fiducia in aula al Senato: domani entro le 12 voto finale

    (Teleborsa) – Il governo, su richiesta del ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, ha posto la fiducia in Aula al Senato sulla legge di bilancio. Nel pomeriggio di oggi si sono chiusi a Palazzo Madama i lavori sulla manovra. L’esame riprenderà domani alle 9 con le dichiarazioni di voto, il voto di fiducia e il voto finale sul provvedimento. “Domattina in Senato entro le 12 ci sarà il voto finale con la fiducia della manovra e lo faremo in tempi record, perché questo governo – ha detto Ciriani, ospite di ‘Oggi è un altro giorno’ su Rai Uno – si è insediato da due mesi e la manovra è iniziata trenta giorni fa e quindi in trenta giorni abbiamo fatto quello che di solito si fa in due o tre mesi. È stata una guerra contro il tempo. Approveremo la manovra il 29 dicembre, un giorno prima il cosiddetto governo dei migliori”. Ciriani ha riconosciuto che la maggioranza ha fatto “qualche errore di natura soprattutto tecnica” e del comportamento delll’opposizione ha detto: “Speravo meglio, i primi approcci positivi, poi il clima si è un po arroventato. Credo che ci sia competizione fra Pd e Cinque stelle a chi fa la voce più grossa e questo non ha giovato”. “Essere riusciti a fare la manovra in un contesto nazionale e internazionale così difficile – ha concluso Ciriani – è un successo della presidente Meloni. I mercati sono tranquilli, lo spread è tranquillo, la Commissione europea ha dato il suo via libera. Quindi credo che onestamente è andata molto bene e che vada dato merito della presidente Meloni”. LEGGI TUTTO

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    Trenitalia, al via la campagna sui piccoli gesti che fanno bene al Pianeta

    (Teleborsa) – Spegnere la luce quando non serve, staccare le spine dei dispositivi elettronici eliminando gli stand-by, usare programmi eco per gli elettrodomestici prediligendo le fasce notturne, diminuendo così i consumi ed evitando sovraccarichi di richieste nella rete. Con l’obiettivo di coinvolgere i passeggeri sulle buone pratiche che possono essere d’aiuto per il Pianeta – incentivando i tanti, e spesso molto semplici, accorgimenti con cui possiamo risparmiare energia, limitare l’emissione di anidride carbonica e vivere in maniera più sostenibile – Trenitalia, capofila del Polo Passeggeri del Gruppo FS, ha lanciato l’iniziativa “I nostri gesti insieme fanno la differenza”, campagna di sensibilizzazione sugli accorgimenti quotidiani che se applicati con costanza possono far bene all’ambiente che ci circonda.I suggerimenti sono condivisi a bordo treno e nelle stazioni, ma la campagna di sensibilizzazione si estende anche sui monitor delle self-service, nelle sale dell’alta velocità per i clienti CartaFRECCIA (Freccia Lounge e Freccia Club) e sul magazine La Freccia. La campagna – si legge su FS News – costituisce anche l’occasione, per Trenitalia, di raccontare ai passeggeri il proprio impegno e le buone pratiche che da tempo mette in atto per un trasporto sempre più sostenibile: i sistemi di trazione sempre più efficienti, l’illuminazione a led, l’ottimizzazione della climatizzazione, la modalità “smart parking” che sui nuovi treni regionali abbatte fino al 30% i consumi energetici e fa risparmiare energia anche a treno fermo, ai quali si aggiungono gli impianti fotovoltaici delle officine del Gruppo, che solo nell’ultimo anno hanno evitato l’emissione in atmosfera di circa 1.700 tonnellate di CO2, e la certificazione ambientale di prodotto (EPD) conferita al Frecciarossa 1000, primo treno ad averla ottenuta. LEGGI TUTTO

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    Sondaggio FT, economisti più pessimisti di Commissione e BCE: Eurozona già in recessione

    (Teleborsa) – Inflazione elevata e crisi energetica si tradurranno nella zona euro in una contrazione dell’economia nel 2023. È l’opinione diffusa tra i 37 economisti intervistati dal Financial Times per fare un quadro delle prospettive per l’economia dell’eurozona il prossimo anno. Per quasi il 90% degli intervistati l’area euro è già in recessione mentre per la maggioranza di loro il PIL è destinato a contrarsi per tutto il 2023.In particolare la previsione emersa dal sondaggio è che l’economia dell’Eurozona si ridurrà di poco meno dello 0,01% l’anno prossimo: una visione più pessimista più pessimista sia della Commissione europea che della BCE, che hanno previsto che l’economia del blocco crescerà rispettivamente dello 0,3% e dello 0,5% l’anno prossimo.Secondo la maggior parte degli economisti comunque l’Europa ha già superato la fase più critica della crisi energetica causata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, grazie anche ad un inverno mite che ha consentito agli impianti di stoccaggio del gas naturale di mantenersi a livelli molto alti. Non sembra però del tutto scongiurato il rischio di un razionamento energetico, a maggior ragione in caso di temperature insolitamente rigide in grado di portare a rapido esaurimento le scorte di gas naturale. Non sembra scongiurato secondo l’opinione degli economisti intervistati nemmeno il rischio che i flussi di gas dalla Russia possano ridursi ulteriormente nel corso del 2023.Per tutti gli economisti intervistati dal quotidiano britannico l’inflazione nella zona euro rimarrà al di sopra dell’obiettivo del 2% della BCE per almeno altri due anni: in media gli intervistati hanno indicato che i prezzi aumenteranno di poco più del 6% l’anno prossimo e di quasi il 2,7% nel 2024. Per quel che riguarda i salari la crescita in media è stata indicata intorno al 4,4% il prossimo anno, mentre in media gli economisti prevedono che la disoccupazione salirà da un minimo storico del 6,5% nell’eurozona in ottobre al 7,1% alla fine del prossimo anno.(Foto: © iloveotto/123RF) LEGGI TUTTO

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    Rete unica, domani nuovo tavolo tecnico: i nodi da sciogliere

    (Teleborsa) – Il governo cerca di trovare la quadra sul fronte rete unica. Si avvicina per il dossier Telecom Italia la scadenza fissata dal governo al 31 dicembre per la definizione delle migliori soluzioni di mercato. Domani, nel quarto e ultimo degli incontri del tavolo aperto a Palazzo Chigi a cui partecipano anche Vivendi e Cdp Equity, si dovrebbero tirare le somme.L’obiettivo del sottosegretario alla presidenza Alessio Butti e dei ministri Adolfo Urso e Giancarlo Giorgetti è arrivare entro quella data a una soluzione per definire i contorni di una rete nazionale a controllo pubblico e non verticalmente integrata, nel cui perimetro far rientrare anche Sparkle, vista la sensibilità e la rilevanza per la sicurezza nazionale della dorsale delle tlc. Le strade sembrano ancora tutte aperte, a partire dalla vendita della rete a uno o più soggetti sotto il controllo dello Stato, con la scissione di Tim: le infrastrutture da una parte (Cdp) e i servizi dall’altra (Vivendi). Sono circolati poi i nomi di Invitalia, ma anche di Poste e di Fs e sul fronte investitori istituzionali, oltre a Kkr, Macquarie (già azionista di Open Fiber) e Gip.Nei giorni scorsi Arnaud de Puyfontaine, ceo di Vivendi, ha fatto sapere di essere “grato a questo Governo e in particolar modo al Mimit e al ministro Urso, e agli altri dicasteri competenti, per aver creato le condizioni e un clima sereno e costruttivo che accompagna il lavoro dei tavoli tra Governo e azionisti di maggioranza di Tim” per “trovare una soluzione condivisa che risponda ai target del Governo e soddisfi tutti gli stakeholders nell’interesse del Paese per una rete nazionale delle telecomunicazioni. Questo clima – afferma de Puyfontaine dopo i tre incontri tecnici che si sono svolti al Ministero guidato da Urso – è propedeutico per considerare altri investimenti in Italia che possano suggellare la partnership tra Italia e Francia”.Sul tavolo rimangono, tuttavia, due nodi principali. Il primo riguarda il titolo che – come rileva il Sole 24 Ore – è ancora distante dai 65 centesimi che rappresentano il prezzo di carico di Vivendi che per la sua quota aveva sborsato 3,9 miliardi avendole comprate a 1,07 euro. E anche gli 86 centesimi di Cdp, poi rettificati a 65, sono lontani. La seconda questione riguarda il debito. Stando alle simulazioni che – a quanto ricostruito nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore sarebbero state fatte nel corso dell’ultimo tavolo – la sostenibilità si raggiungerebbe con “un debito fino a 10 miliardi sulla NetCo e attorno ai 4 miliardi per la parte servizi” ma “il debito lordo di Tim pesa per 25 miliardi sui conti del gruppo, cifra che scende a 20,1 miliardi se si guarda il valore netto”. (Foto: © gonewiththewind/123RF) LEGGI TUTTO

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    USA, FED Richmond: migliora settore manifatturiero a dicembre

    (Teleborsa) – Migliora nettamente a dicembre 2022 l’indice FED di Richmond sullo stato del settore manifatturiero. L’indicatore che sintetizza lo stato dell’attività del distretto si riporta in territorio positivo a 1 punto dai -9 punti di novembre, risultando migliore rispetto alle aspettative di consensus (-10 punti).Il dato, pubblicato dal Distretto FED della capitale della Virginia, evidenzia un netto miglioramento della componente delle consegne che si porta a 5 punti dai -8 del mese precedente, mentre quella dei servizi si porta a -12 da -2 punti precedenti. LEGGI TUTTO

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    USA, vendite case in corso in ribasso a novembre

    (Teleborsa) – In ribasso le compravendite di abitazioni per le quali è stato siglato solo il compromesso. Nel mese di novembre 2022, negli USA l’indice pending home sales (vendite case in corso) pubblicato dall’Associazione degli operatori immobiliari (NAR) è sceso del 4% a 73,9 punti dai 77 punti di ottobre (dato rivisto da un preliminare di 77,1), dopo il -4,6% del mese precedente.Il dato si mostra nettamente peggiore delle attese degli analisti che erano per un calo dello 0,8%. LEGGI TUTTO

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    PA, Istat: in 10 anni +2,5% dipendenti, boom dei contratti a termine

    (Teleborsa) – Nelle 12.780 istituzioni pubbliche che risultano attive al 31 dicembre 2020 prestano servizio 3.601.709 unità di personale, di cui 3.396.289 dipendenti (pari al 94,3% del personale) e più di 205mila (il restante 5,7%) occupati con altre forme contrattuali (collaboratori coordinati e continuativi o a progetto, altri atipici e temporanei). Le politiche di contenimento della spesa pubblica e di limitazione del turnover dei dipendenti, che hanno caratterizzato quasi per intero l’ultimo decennio, hanno determinato modifiche al livello e alla composizione dell’occupazione. Tra il 2011 e il 2020 i dipendenti aumentano complessivamente del 2,5% in conseguenza del notevole incremento del numero di contratti a tempo determinato (+58,9%, +145 mila unità circa), a fronte di un calo del 2,8% dei dipendenti a tempo indeterminato (-73 mila unità circa). È quanto emerge dal censimento Istat sulle istituzioni pubbliche 2020.Considerando la distribuzione del personale in servizio nel settore pubblico, il 56,1% dei dipendenti si concentra nell’Amministrazione centrale, che comprende, tra gli altri, il personale delle scuole statali e delle forze armate e di polizia. Il 20,1 % dei dipendenti pubblici è occupato nelle Aziende o Enti del Servizio sanitario nazionale, il 10,2% nei Comuni (6 istituzioni pubbliche su 10). Il restante 13,6% è occupato nelle altre tipologie di forme giuridiche. In relazione al tipo di contratto, il personale in servizio si articola in 2.974.360 dipendenti a tempo indeterminato (l’82,6% del personale occupato nelle istituzioni pubbliche), 421.929 dipendenti a tempo determinato (l’11,7%) e 205.420 non dipendenti (il 5,7%).I dipendenti a tempo determinato rappresentano il 15,7% del personale in servizio presso le Amministrazioni dello Stato e presso le Province e città metropolitane. Le restanti tipologie istituzionali presentano valori sotto la media (11,7%). Nelle università i dipendenti a tempo determinato pesano relativamente poco (6,4%), anche perché è elevata l’incidenza di personale con contratto non dipendente (44,2%).Con riferimento al genere, le donne occupate nella pubblica amministrazione superano i 2 milioni e rappresentano la componente maggioritaria, con una quota pari al 58,5% del personale in servizio. La più elevata presenza di donne si conferma negli enti del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) con il 67,6%, il valore più basso nelle Università pubbliche (49,6%) e nelle Regioni (51%). Analizzando il tipo di contratto, la quota maggiore di tempi determinati si riscontra tra le donne (13,6% contro 9,1%).Ai vertici delle istituzioni pubbliche la presenza femminile è, tuttavia, limitata anche nel 2020: le donne sono infatti solo il 15,7% sebbene in aumento rispetto agli anni 2015 e 2017 (14,4%). La quota femminile arriva al 17,9% negli Enti pubblici non economici, tra cui spiccano gli Istituti pubblici di assistenza e beneficienza, istituzioni tipicamente a forte vocazione femminile, e gli Ordini e i collegi professionali, con poco più di 2 donne su 10. Seguono le Altre Forme Giuridiche (17,7%), con le Aziende pubbliche di servizi alle persone in cui le donne occupano posizioni di vertice in 2,6 casi su 10. A pochissima distanza si collocano le Amministrazioni centrali dello Stato (17,6%), con i Ministeri che vedono le donne occupare quasi 3 posizioni di vertice su 10. La quota femminile più bassa si registra nelle Regioni (7,5%) e nelle Province e Città metropolitane (5,8%), in entrambi i casi in calo rispetto alle annualità delle due rilevazioni precedenti. A livello territoriale le differenze sono significative. Nel Mezzogiorno si rilevano i livelli più bassi di presenze femminili ai vertici delle istituzioni (11,4%) e al Nord-est quelli più alti (19,4%). Tra le regioni, l’incidenza più bassa si osserva in Campania (7,2%) e la più elevata in Friuli Venezia Giulia (21,8%, in crescita di quasi 7 punti rispetto al 2015). Un progresso molto significativo (+6,2 punti) si registra anche in Basilicata, unica regione del Sud che nel 2020 si colloca sopra la media nazionaleA livello territoriale, il 46,1% delle unità locali si trova nelle regioni del Nord, anche in conseguenza dell’elevato numero di comuni presenti in Lombardia e Piemonte. Nelle stesse regioni è rilevante sia la presenza femminile tra gli occupati della PA (63,9% nel Nord-ovest e 63,5% nel Nord-est contro 58,5% della media nazionale), sia quella di personale non dipendente, superiore alla media nazionale. Anche per i tempi determinati si riscontrano valori più elevati nelle regioni del Nord, in particolare nelle Province autonome di Bolzano (17,9%) e Trento (16,4%), mentre le regioni del Sud si attestano su valori di poco inferiori al 10%.Fanno parte del settore delle Amministrazioni pubbliche (Settore S13) 9.780 unità istituzionali, pari al 77,2% del totale delle unità censite, in cui si concentra oltre il 98% dei dipendenti. Le Istituzioni pubbliche extra S13 sono 2.910, tutte appartenenti ai raggruppamenti di forma giuridica Ente pubblico non economico e ad Altra forma giuridica. Si tratta di Ordini e Collegi Professionali, ACI, aziende speciali di servizi alle persone, di edilizia abitativa, consorzi di diritto pubblico e altre unità aventi natura giuridica pubblicistica non comprese nella lista S13.I Comuni sottoposti a commissariamenti – In Italia, alla data del 31 dicembre 2020, erano sottoposti alla procedura di commissariamento 119 comuni. Si tratta di amministrazioni locali in cui il mandato del sindaco e del consiglio comunale finisce prima del termine di 5 anni e che quindi vengono gestite da un commissario straordinario fino a nuove elezioni. Tra i comuni commissariati, il 47,9% si trova nel Sud e il 26,9% nelle Isole. La Calabria e la Sicilia sono le regioni più coinvolte, entrambe con 23 commissariamenti che rappresentano circa il 40% del totale dei casi. Seguono la Campania con 17 (il 14,3% del totale) e la Puglia e la Sardegna, entrambe con 9 commissariamenti. Nel 2020 il fenomeno dei commissariamenti nelle amministrazioni locali assume una dimensione più contenuta sia rispetto al 2015 (125 comuni), sia soprattutto rispetto al 2017 (154), evidenziando una variazione percentuale del -22,7% nel periodo 2017-2020 e del -4,8% nel periodo 2015-2020. La dinamica decrescente si spiega per effetto della riduzione dei comuni sottoposti a procedura straordinaria principalmente nel Centro e nel Nord-ovest. Sicurezza informatica – Sul fronte della sicurezza informatica, nel 2020 le istituzioni pubbliche più colpite da attacchi informatici sono le Università (64,3%), gli Organi centrali dello stato (61,8%) e le Giunte e consigli regionali (50%), a fronte di una media del 7,9%. A seguito degli attacchi, il 5,4% delle IP ha subito danni, circa 4 su 10 nel caso di Amministrazioni dello stato e Università pubbliche. Le tipologie istituzionali più digitalizzate e più esposte al rischio di attacchi informatici sono anche quelle che hanno messo in atto e combinato il maggior numero di misure di sicurezza adottabili per fronteggiare i rischi e i danni subiti.Gestione ecosostenibile – Nel biennio 2019-2020 il 15,6% delle istituzioni pubbliche hanno adottato forme di rendicontazione sociale e/o ambientale (16,1% nel 2016-2017). Questi documenti sono prodotti dalle Amministrazioni pubbliche su base volontaria, con cadenza variabile, per rendere trasparente l’orientamento delle spese in un’ottica di sostenibilità. A livello di forma giuridica, spiccano gli Enti pubblici non economici (35,3%), che seppur con una lieve diminuzione (-1,6 punti percentuali), mantengono valori oltre il doppio della media delle istituzioni pubbliche, seguiti dalle Università pubbliche (24,3%), che registrano un incremento di 6 punti percentuali rispetto al periodo precedente. La rendicontazione è meno diffusa e in diminuzione presso Comunità montane e unioni di comuni (6,9%), Province e città metropolitane (7,7%) e Comuni (8,3%). Sul territorio, la rendicontazione sociale e/o ambientale è più frequente in Emilia-Romagna, Umbria e Sicilia (sopra il 20%) e meno in Piemonte, Lombardia e Veneto (sotto il 13%). Rispetto al 2016-2017 la riduzione è di entità maggiore nel Nord-est e nelle Isole (-2 p.p.) mentre è in lieve aumento al Centro e al Sud (+0,3 e +0,7 p.p.), soprattutto in Abruzzo (+2,2 p.p.), Molise (+2,1 p.p.), Lazio e Campania (entrambi +1,6 p.p.) e Calabria (+1 p.p.). LEGGI TUTTO

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    CNA Veneto: ancora nuvole sul 2023, imprenditori in emergenza

    (Teleborsa) – Le ottimistiche previsioni per il 2022 di una netta ripresa dell’economia veneta che finalmente usciva dalla pandemia, nel giro di nemmeno sessanta giorni si sono capovolte a causa del conflitto tra Russia e Ucraina scoppiato lo scorso 24 febbraio. Una guerra alle porte dell’Europa che ha messo in crisi qualsiasi previsione di ripresa, anche considerando il fatto che il nostro Paese per gli approvvigionamenti energetici dipendeva pressoché interamente dalla Russia e che le esportazioni manifatturiere del Veneto verso Russia ed Ucraina ammontavano nel 2021 a quasi 1,7 miliardi di euro, pari al 2,5% del valore complessivo dell’export regionale, circa il 60% attribuibili alla meccanica e al sistema moda.Secondo i dati elaborati dall’osservatorio Economia e territorio di Cna Veneto, tre sono stati i nodi più pressanti in questo 2022: l’aumento dell’inflazione trainata dal rincaro dei costi energetici; il Superbonus; l’attuazione del Pnrr in base alle risorse allocate al Veneto. L’aumento dei costi dell’energia letteralmente arrivati alle stelle – rincari di +215% per l’energia elettrica e di +237% rispetto allo stesso periodo del 2021 e, per il gas, addirittura del +1.180% nei confronti del livello registrato nel periodo gennaio-ottobre 2020 – hanno determinato la faticosa risalita dell’economia delle imprese con una pesantissima ricaduta sulle imprese artigiane del comparto agroalimentare, del manifatturiero e sulle le imprese energivore. Se l’economia del comparto casa aveva in qualche modo innestato la marcia grazie al Superbonus, le innumerevoli modifiche – ben 16 in poco più di due anni ?- hanno messo in serie difficoltà sia imprese che committenti. Ciò nonostante il Veneto è stata tra le regioni che meglio hanno gestito l’utilizzo di questo strumento fiscale, con 40mila asseverazioni (un picco nel mese di settembre 2022 con 7.122 interventi avviati), il 75,4% di lavori completati per oltre 4 miliardi di euro ed un importo medio degli investimenti in detrazione di circa 134.000,00 euro.”Viviamo una situazione economica densa di nuvole a cui dobbiamo prestare molta attenzione – sottolinea il presidente di Cna Veneto, Moreno De Col – ma ci auguriamo per questo 2023 che le nuvole si dipanino un po’ alla volta. Attendiamo ed auspichiamo con fiducia la conclusione del conflitto Russia-Ucraina, prima di tutto dal punto di vita umano, ma anche per quanto riguarda l’impatto che questa guerra ha avuto sulla nostra economia. E speriamo che la bolla speculativa innescata sulle dinamiche energetiche finalmente si sgonfi per poter ricominciare a dare movimento alla nostra economia, far ripartire i consumi e garantire maggiore stabilità. Cna può aiutare gli imprenditori artigiani nelle loro imprese in questa perdurante economia dell’incertezza”. A fare eco anche il Segretario Cna Veneto, Matteo Ribon: “Da alcuni anni purtroppo a causa di ben note congiunture i nostri artigiani fronteggiano una situazione di particolare difficoltà. Gli imprenditori della nostra regione sono costretti a muoversi in una sorta di circolo vizioso che rischia di fermare l’economia. Mancano una visione per rianimare le nostre imprese da ora e per i prossimi anni, e una strategia condivisa di rilancio del territorio e del Paese”, ha concluso. LEGGI TUTTO