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    “Risparmio e scelte finanziarie degli italiani 2022”, presentata la ricerca di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi

    (Teleborsa) – Crisi geopolitica, crisi energetica, inflazione, modifica delle catene di fornitura, isolamento internazionale della Russia, raffreddamento dei rapporti politici tra occidente e Cina: sono gli elementi dello scenario cui le famiglie si trovano di fronte quando effettuano le proprie scelte finanziarie. Le difficoltà non sembrano tuttavia legate al reddito: ben il 93,3% degli intervistati 2022 rispondono infatti di essere finanziariamente indipendenti, in leggero aumento rispetto al 92,1% del campionamento precedente. È quanto emerge l’Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2022 presentata da Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi.La ricerca analizza il rapporto degli italiani con il risparmio in un momento particolarmente complesso, in cui le conseguenze della pandemia si intrecciano con gli effetti del conflitto russo-ucraino e della crisi energetica. Al questionario generale, somministrato tra marzo e aprile 2002 (oltre 1.000 interviste) sono affiancati due focus: il primo sugli imprenditori e il secondo sui giovani (in entrambi i casi circa 200 interviste). Alla presentazione hanno preso parte Gian Maria Gros Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice, chief Economist della Banca, Beppe Facchetti e Giuseppe Russo, presidente e direttore del Centro Einaudi.Il reddito e il risparmio – Migliorano anche i giudizi circa la sufficienza del reddito a consentire un tenore di vita accettabile, sia al presente che al momento di accedere alla pensione: la valutazione passa nel primo caso dal 64,6% del 2021 al 68,1% del 2022, nel secondo dal 45,9% al 52,8%. Il 69% dei giovani rispondenti appare tranquillo sulla sufficienza del reddito tra dieci anni. La differenza di genere è però in questo caso piuttosto significativa (72% nel caso degli uomini, contro il 64% delle donne): un dato su cui probabilmente pesa la maggior precarietà del lavoro che le giovani donne subiscono rispetto ai coetanei maschi. Gran parte degli intervistati vorrebbe risparmiare, ma non tutti ci riescono. L’Indagine 2022 registra comunque un buon risultato: la percentuale dei risparmiatori si riporta verso i livelli pre-pandemia, attestandosi al 53,5% (55,1% nel 2019), in netto aumento rispetto al dato 2021, che vedeva i risparmiatori ridotti al 48,6% del totale. La quota varia però sensibilmente tra i diversi gruppi del campione. Riesce ad accantonare risorse il 68% dei laureati, contro meno del 50% di chi ha un’istruzione media inferiore. Risparmia il 69% di chi ha un reddito netto mensile maggiore di 2.500 euro, ma solo il 36% di chi non arriva ai 1.600 euro. Differenze analoghe emergono tra chi ha una casa di proprietà (risparmia il 60%) o in affitto (34%) e tra le famiglie con più redditi (69%) e quelle monoreddito (47%). Altro dato positivo che emerge dal campionamento 2022 è l’aumento dell’intensità di risparmio, ossia della percentuale di reddito che gli intervistati riescono ad accantonare. In media, il dato si attesta nel 2022 all’11,5%, in crescita rispetto al 10,9% del 2021 e non lontano dai livelli pre-pandemia (12,6%). Solo una quota minoritaria degli intervistati (17% del campione) dichiara di accantonare risorse avendo in mente uno scopo preciso (sono i cosiddetti risparmiatori “intenzionali”); il 30% circa lo fa invece per ragioni puramente precauzionali. Alla domanda su come affronterebbe una spesa imprevista nell’ordine dei 5.000 euro, circa il 38% del campione risponde che ricorrerebbe appunto ai risparmi accumulati. Al contrario, circa il 62% delle famiglie dovrebbe attivarsi con una nuova iniziativa, che va dal prestito bancario (nel 26% dei casi) al ricorso alla famiglia o agli amici (25%).La casa, la previdenza e le assicurazioni – Sul fronte della casa, l’Indagine rileva una domanda dinamica trainata dal credito (+60% rispetto al 2007), con i prezzi che hanno recuperato il terreno perso (abitazioni nuove) o lo stanno recuperando (abitazioni esistenti) e le transazioni sui livelli pre-crisi immobiliare. Un aumento dei tassi potrà penalizzare il settore, ma questo avverrebbe in un quadro di domanda vivace e offerta ancora compressa. Intervistati la cui abitazione (casa o appartamento) è di proprietà, per fasce d’età (dati storici del Centro Einaudi; valori percentuali; anni 2008 e 2010 non disponibili). Per quanto concerne la previdenza, gli intervistati appaiono relativamente sereni sul proprio tenore di vita quando raggiungeranno l’età anziana; il merito di tale serenità è in gran parte ascrivibile al sistema previdenziale pubblico. Tuttavia, solo il 26,6% ritiene che si debba alzare l’età di pensionamento se aumenta la vita attesa: molti accetterebbero una pensione inferiore in cambio della libertà di uscita. Cresce nel campione la quota di chi ha sottoscritto una forma pensionistica integrativa, pur mantenendosi su valori piuttosto bassi (17,6%, da 12,6% nel 2021); percentuali maggiori di adesione caratterizzano le fasce centrali di età (22,4% tra i 35-44enni e 23,1% tra i 45-54enni). Ancora limitata risulta la diffusione delle polizze long-term care (LTC), soprattutto tra i più giovani (10,4%). Bassa anche la presenza di assicurazioni per altre tipologie di rischio: ha una polizza sanitaria solo il 16,9% del campione, mentre la Responsabilità Civile (RC) personale o della famiglia copre rispettivamente poco più di un soggetto su 12 e su 10. Se è senza dubbio utile pensare a soluzioni che riducano la difficoltà economica di accesso, forse è ancora più importante la promozione di una cultura dell’assicurazione, che passi attraverso una chiara comprensione dell’entità dei possibili rischi e delle soluzioni che il mercato può offrire.Gli investimenti: obiettivi e strumenti – La sicurezza si conferma al primo posto per gli intervistati tra le caratteristiche degli investimenti: è l’aspetto da privilegiare per il 57% del campione. L’80,4% la colloca al primo o secondo posto tra gli elementi cui prestare attenzione nel decidere un investimento, seguita dalla liquidità (49,7%).Le preferenze sulle caratteristiche dell’investimento – A ridosso dell’anno 2000, le due maggiori preoccupazioni nel processo di investimento erano scegliere quando investire (il cd. timing, ora al secondo posto, indicato dal 42,5% del campione) e come suddividere il risparmio (l’asset allocation, oggi al terzo posto, 31% del campione). Nel 2022, timing e asset allocation lasciano il primo posto alla valutazione del rischio delle soluzioni di investimento (52,9%). In un periodo di forte volatilità, la paura di perdere il denaro può aver favorito questo passaggio; l’emergere della percezione che ogni investimento comporta l’assunzione di un rischio, da conoscere prima di investire, è comunque un segno di maturità da parte degli investitori. Nell’anno dell’aumento dei tassi, l’Indagine segnala la riduzione della quota investita in obbligazioni, dal 29% al 23% dei portafogli. Dichiara di aver operato in obbligazioni in 26% del campione, mentre il grado di soddisfazione per questi strumenti (misurato dal rapporto tra il numero di obbligazionisti soddisfatti vs. insoddisfatti) scende a 3,1 (era 3,8 nell’Indagine 2021), con punte però a 8,7 tra i residenti nel Nord-Est, a 4,3 per gli ultra-65enni e tra 5 e 6 per i risparmiatori con propensione al rischio media o medio/alta. È il risparmio gestito a fare la parte del leone tra gli investimenti: la quota dei possessori di fondi e sicav aumenta infatti al 17,3%, dal 12,4% del 2021. Almeno una forma di risparmio gestito entra nel 21% dei portafogli del campione, con una marcata differenziazione territoriale, che va dal 41% del Nord-Est al 4,9% del Sud-Isole. Si sottoscrive il risparmio gestito per fruire dell’esperienza dei gestori (50%) e per diversificare (31%); assai meno per speculare (22%). Il rapporto tra soddisfatti e insoddisfatti (9,3 a 1) è il migliore tra le diverse classi di investimento. Risulta contenuta la quota di chi ha operato in azioni nei 12 mesi precedenti il campionamento, anche se sale un poco, dal 3,9% al 4,8%. L’indice di soddisfazione per le azioni si porta al massimo storico di 6,5 soddisfatti per un insoddisfatto; sale a 2,4 da 2,1 il rapporto tra scelte consigliate e autonome. Crescono dunque la domanda e anche il consumo effettivo di consulenza finanziaria: si investe sempre meno con il fai da te. Con le classi di investimento tradizionali in difficoltà a mantenere i rendimenti in linea con quelli storici, aumenta l’interesse degli intervistati per gli investimenti alternativi. Li guarda con attenzione il 39% del campione, in netta salita rispetto al 2021 (27,7%). In prima posizione si conferma l’oro (24,8%), tradizionale bene rifugio, ma è da notare anche l’interesse raccolto dai fondi etici e dagli impieghi ESG (12,9% del campione, che sale oltre il 22% tra i laureati); al terzo posto si collocano le rischiose criptovalute (9,5%). Nel 2021 è continuata la pioggia di liquidità sul sistema economico: rispetto a prima della pandemia, i depositi delle famiglie consumatrici sono cresciuti del 13%, pari a 135 miliardi. L’Indagine segnala il persistere della tendenza a detenere saldi liquidi in eccesso per motivi precauzionali: il rapporto tra il denaro mantenuto liquido per precauzione e quello destinato ai normali pagamenti è di 0,8 a 1 (prima della pandemia era di 0,4 a 1). L’inflazione dodici mesi fa però non c’era: pagare la tassa da inflazion per tutelare il valore del denaro dal rischio di investirlo con rendimenti negativi è diventato oggi estremamente oneroso. Il dubbio comincia probabilmente a farsi strada anche tra gli intervistati: si riduce infatti la ratio di soddisfazione relativo alla detenzione di liquidità (da 18 a 14,8). Il focus sugli imprenditori – Il campione degli imprenditori si colloca per il 71,8% nella fascia di età 45-64 anni. Il 35,6% sono laureati, contro il 17% del campione generale; il 78,2% guida imprese con fatturato fino a 10 milioni di euro (di cui il 43% fino a 2 milioni). La quota di risparmiatori appare solo leggermente superiore a quella del campione generale (55,4% contro 53,5%). Ciò che differenzia gli imprenditori sono però le motivazioni del risparmio intenzionale: appaiono infatti molto più preoccupati della situazione pandemica (28,6% contro 16,1%); risparmiano in misura maggiore per avviare una nuova attività (7,1% contro 1,7%); impiegano i risparmi per aiutare i figli a diventare indipendenti (7,1% contro 4,9%) molto più che per lasciar loro un’eredita` (0% contro 3,7%). La casa rimane un elemento di solidità anche per le famiglie di imprenditori: da questi ultimi potrebbe provenire circa l’1,5% delle transazioni immobiliari stimate dall’Indagine per i prossimi 12-24 mesi, pur costituendo solo lo 0,63% della popolazione. Sul fronte degli investimenti finanziari gli imprenditori mantengono uno scarso appetito per il rischio. Un quinto di loro dedica più di un’ora alla settimana all’informazione finanziaria (contro il 5% della popolazione generale); anche l’interesse per questi temi e` elevato (39% contro 15,5%). Non sono però professionisti della finanza. Nel processo di investimento incontrano difficoltà non dissimili rispetto alla popolazione generale, anche se hanno una maggiore consapevolezza dei propri limiti. Meno del 6% compie da solo le proprie scelte di allocazione del risparmio, contro il 27% della popolazione generale; il 63,4% ritiene importante il professionista di riferimento (commercialista, avvocato, ecc.), a fronte del 24,6% del campione complessivo. La situazione pandemica ha raffreddato le attività delle imprese: emergono tuttavia alcuni segnali positivi. Negli ultimi 2-3 anni il 42,1% ha destinato risorse alla ristrutturazione dei propri locali e strutture; il 44,6% ha ridotto i costi ricorrenti; più del 35,7% ha innovato il prodotto e il 39,6% ha accelerato la digitalizzazione, nonché la promozione (34,7%) e la vendita online (23%). Sul fronte delle azioni programmate, le imprese si rendono conto che occorre agire su leve specifiche in un mondo che e` cambiato. Dunque, le azioni difensive si riducono di oltre 10 punti, mentre gli assi portanti del rilancio saranno: digitalizzazione (39,6%); innovazione di prodotto (35,7%); promozione online (34,7%); nuove relazioni di partenariato (33,2%); investimento in formazione (31,2%). Il focus sui giovani – Nel 2022 la percentuale di giovani che possono contare su un reddito da più che sufficiente ad appena sufficiente è oltre l’80% in ogni macroarea italiana; solo il 6% dichiara però di disporre di un reddito più che sufficiente. Sono particolarmente preoccupanti per i giovani le spese legali improvvise; quelle legate alla salute e alla cura di altre persone; quelle connesse a danni economici derivanti da problemi lavorativi. Non preoccupano invece le spese legate ai figli. L’abitazione e l’alimentazione rappresentano le principali voci di uscita, seguite da quelle per connessione e tecnologia. Importanti anche le spese per il divertimento e il tempo libero, mentre quelle culturali e per la salute costituiscono voci marginali. In crescita, infine, le uscite per il benessere e la cura della persona, un settore in forte espansione. Più del 70% del campione-giovani ritiene probabile un deterioramento della situazione economica e internazionale nei prossimi 12-18 mesi, e circa la metà prevede un aumento nella spesa dei consumi della famiglia e un peggioramento nella possibilità di risparmiare. Sui temi pensionistici e previdenziali, più della metà dei giovani pensa che percepirà in futuro una pensione netta tra i 600 e i 1.500 euro: troppo poco, considerando il crescente costo della vita. Tuttavia, circa nove su dieci non hanno sottoscritto un fondo pensione: le motivazioni principali sono la mancanza di risparmi da destinare alla pensione integrativa (57,4%) e l’essere troppo giovani per pensarci o avere altre priorità (37%). Con riferimento alla casa (che con il diritto allo studio costituisce una delle due priorità degli intervistati del focus), il 91,4% dei giovani che hanno in essere un mutuo lo ha contratto per la prima casa. Circa il 43% ha sottoscritto un mutuo per un importo approssimativamente tra il 60% e l’80% del valore dell’immobile. I giovani finora hanno preferito il mutuo a tasso fisso (45,5%) rispetto a quello a tasso variabile (36%). Appare debole il livello di alfabetizzazione finanziaria e assicurativa. Solo il 2,3% degli intervistati si è detto molto interessato agli argomenti di informazione ed analisi finanziaria, mentre circa il 38% non è per niente interessato. I Millennial sono più attratti da questi temi rispetto alla Generazione Z, mentre geograficamente il disinteresse è massimo al Sud e l’interesse è massimo al Centro. Di media, però, i giovani dedicano solo 17 minuti a settimana ad informarsi su temi finanziari. Gli intervistati mostrano bassa propensione all’investimento e scarso interesse verso l’online trading, principalmente a motivo dell’esiguità dei risparmi. Tra gli investimenti “tradizionali” preferiti emergono il mattone, i titoli di Stato e le obbligazioni, l’oro. Tra gli investimenti alternativi (in pochi sono interessati), le criptovalute, le start-up tecnologiche e gli investimenti tramite Intelligenza Artificiale sono più graditi agli uomini, mentre le donne sembrano preferire fondi etici e metalli preziosi. I giovani si servono di una sola banca (67,4%) e in parte delle Poste (24,4%); solo una quota residuale ha rapporti con più banche (8,2%). Più del 65% si serve di servizi digitali quali l’internet banking e il mobile banking, con una percentuale di soddisfazione (corrispondente a chi si dichiara abbastanza o molto soddisfatto) oltre il 95%. Tuttavia, solo il 5,5% ha una banca esclusivamente online. Per spese di piccolo importo, nei negozi i giovani si servono principalmente del bancomat o del contante; risulta invece un utilizzo quasi nullo dei servizi di mobile o online payment. Fa riflettere che la banca del futuro sembri avere nei giovani molte delle caratteristiche della banca del passato, con parole d’ordine: fiducia e rapporto umano. LEGGI TUTTO

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    Autonomia energetica italiana, A2A: “Ruolo chiave del Centro-Sud del Paese”

    (Teleborsa) – Il Centro-Sud del Paese riveste un ruolo chiave nello sviluppo delle fonti rinnovabili e quindi nel raggiungimento di quell’autonomia energetica di cui il Paese necessita. È quanto emerge dal report “Verso l’autonomia energetica italiana: il ruolo del Centro Sud” presentato questo pomeriggio dal presidente di A2A Marco Patuano insieme al partner e responsabile Area Sustainability di The European House Ambrosetti Carlo Cici.Alla discussione hanno partecipato Amedeo Feniello, storico del medioevo e DSU presso l’Università dell’Aquila, Fulvio Bonavitacola, vicepresidente e assessore all’Ambiente della Regione Campania, Rosario Varì, assessore allo Sviluppo economico e Attrattori Culturali della Regione Calabria, Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia.”I risultati dello studio evidenziano come nel nostro Paese siano possibili ampi margini di miglioramento nella produzione di energia green a partire dalle peculiarità di ciascun territorio, sulla base delle risorse esistenti e degli impianti già presenti – ha dichiarato Patuano –. Nello scenario attuale, attraverso la valorizzazione delle proprie fonti rinnovabili disponibili, come vento, sole, acqua e rifiuti, il Centro Sud può fornire un contributo concreto all’autonomia energetica del Paese. Un obiettivo importante che richiede anche un cambio di paradigma in cui diventa fondamentale la collaborazione e il dialogo aperto e trasparente tra istituzioni, cittadini e imprese”.L’Italia è oggi quintultima in Europa per autonomia energetica (22,5% vs. 39,5% di media UE al 2019) ma è seconda per disponibilità di risorse rinnovabili sul proprio territorio. Sfruttando le sue materie prime – acqua, vento, sole e rifiuti – e agendo su elettrificazione dei consumi ed efficientamento, il nostro Paese – rileva il rapporto – può raggiungere il 58,4% di autonomia, quasi triplicando gli attuali livelli. La possibilità di ottimizzare ulteriormente la produzione a seconda delle peculiarità delle singole regioni italiane, delle relative risorse disponibili e degli impianti già presenti, consentirebbe di attivare il suo pieno potenziale e di renderlo meno soggetto a dinamiche esogene.Secondo quanto rilevato dall’analisi presentata oggi, le Regioni del Centro Sud potrebbero generare, sul totale della nazione, il 60% della potenza solare addizionale (105,1 GW totali a livello nazionale) attraverso installazioni su tetti e impianti a terra e il 95% dell’opportunità di sviluppo per l’eolico (21,1 GW totali a livello nazionale) per 1/3 proveniente da attività di revamping e repowering degli impianti già esistenti. Per quanto concerne invece il settore idroelettrico, il Centro Sud rappresenta il 23% della potenza idroelettrica addizionale (3,3 GW totali a livello nazionale).Questi territori sono strategici anche per le possibilità legate al recupero energetico: azzerando il conferimento in discarica e abilitando una produzione elettrica maggiore di 7 TWh, in Italia si potrebbero valorizzare circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti. Il 63% di questa possibilità è concentrato al Centro Sud. Inoltre, il biometano potrebbe attivare circa 6,3 miliardi di m3 (pari all’8% del consumo nazionale di gas) di cui il 37% nel Centro Sud, soprattutto grazie alla vocazione agricola di tali regioni. Al fine di concretizzare tali potenzialità, risultano necessari investimenti mirati per realizzare impianti e strutture che possano realisticamente permettere alle regioni in questione di sfruttare a pieno tutte le risorse a disposizione. LEGGI TUTTO

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    Sostenibilità, Bassato (AdR): “Puntiamo su intermodalità e mobilità verticale”

    (Teleborsa) – La sostenibilità dei trasporti passa anche per l’intermodalità, innanzitutto quella fra treno ed aereo, cui la società Aeroporti di Roma si sta orientando con un ampliamento dei collegamenti ferroviari da e per l’aeroporto di Fiumicino e con l’estensione dei binari da 3 a 5, cui si affiancano i cosiddetti taxi volanti, come i velivoli elettrici di ultima generazione di Volocopter, inaugurati lo scorso mese di ottobre, che collegheranno il principale scalo della capitale con il vertiporto presente in centro città. Sono queste alcune delle innovazioni orientate alla sostenibilità presentate oggi da Ivan Bassato, Chief Aviation Officer di AdR, alla tavola rotonda “Innovation Days” de Il Sole 24 Ore. “Tra gli obiettivi, grazie all’accordo sulla mobilità sostenibile tra FS Italiane e AdR, spiccano quelli di sviluppare prodotti integrati treno+aereo, mediante l’implementazione di accordi commerciali con vettori aerei su Fiumicino per integrare i reciproci sistemi di vendita e distribuzione con la possibilità di effettuare le operazioni di check-in passeggeri e bagagli direttamente nelle principali stazioni ferroviarie collegate con il Leonardo da Vinci”, ha spiegato il manager di Aeroporti di Roma. “In altre parole – ha chiarito il manager – si potrà salire sul treno in stazioni come quelle di Firenze, Bologna o Napoli e scendere direttamente nella destinazione di arrivo, anche oltre oceano, in maniera semplice, sicura, veloce e confortevole”.Per arrivare a questo risultato – ha spiegato Bassato – “oltre all’ampliamento dei collegamenti e al potenziamento del flussoinformativo, il progetto comprende lo sviluppo infrastrutturale della stazione Fiumicino Aeroporto incluso uno sviluppo del trasporto su gomma con investimenti e progetti per la viabilità”. Per abbattere le emissioni e per avere un minor impatto sull’ambiente, AdR sta puntando sul carburante sostenibile Saf (Sustainable Aviation Fuel) ed anche sull’Urban Air Mobility. “Lo scorso mese di ottobre, Aeroporti di Roma, Atlantia, UrbanV e Volocopter, pioniere della mobilità aerea urbana, hanno effettuato con successo il primo volo di prova di un eVTOL equipaggiato”, ha spiegato Bassato, ricordando che “è la prima volta che questo tipo di test viene effettuato nello spazio aereo italiano”. LEGGI TUTTO

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    USA, inflazione sotto le attese a novembre: +7,1% a/a

    (Teleborsa) – Risulta inferiore alle attese l’inflazione USA a novembre 2022. Secondo il Bureau of Labour Statistics (BLS) americano, i prezzi al consumo hanno registrato un +0,1% su base mensile, contro il +0,3% del consensus e dopo il +0,4% del mese precedente.Su base annua, la crescita dell’inflazione è stata del 7,1%, inferiore al +7,7% del mese precedente e al +7,3% atteso dal mercato. Si tratta dell’aumento minore da dicembre 2021. L’indice energetico è aumentato del 13,1% e l’indice alimentare è aumentato del 10,6% nell’ultimo anno.Il “core” rate, ossia l’indice dei prezzi al consumo depurato delle componenti più volatili quali cibo ed energia, più osservato dalla FED, ha registrato un aumento dello 0,2% su base mensile come il mese precedente e contro il +0,3% atteso. Il dato tendenziale attesta un aumento del 6%, inferiore al +6,3% del mese precedente e al di sotto delle aspettative (+6,1%). LEGGI TUTTO

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    Luiss, siglato accordo con Università di Dubai per rafforzare i rapporti internazionali

    (Teleborsa) – La Luiss Guido Carli guarda verso il Medio Oriente, firmando il Memorandum Of Understanding And Student Exchange Agreement For The Business Schools con l’Università di Dubai. La cerimonia di firma si è tenuta oggi presso l’ambasciata degli Emirati Arabi alla presenza di Lorenzo Fanara Ambasciatore d’Italia negli Emirati Arabi, Giuseppe Finocchiaro, Console Generale d’Italia a Dubai, Nasser Al Khaja, Capo della sezione Media diplomazia pubblica, Andrea Prencipe, Rettore dell’Università Luiss, Eesa Mohammed Bastaki, Presidente dell’Università di Dubai, Matteo Caroli, Dean per la internazionalizzazione della Luiss Business School S.p.A., Raffaele Marchetti, Prorettore all’internazionalizzazione dell’Università Luiss, Hussain Al-Ahmad, Rettore e Capo Ufficio Accademico dell’Università di Dubai.L’accordo tra L’Università di Dubai, la Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli e la Luiss Business School, che avrà la durata di tre anni, ha lo scopo di migliorare gli obiettivi di insegnamento, apprendimento e internazionalizzazione tra i partner firmatari che, attraverso un programma di cooperazione, si impegnano ad approfondire ed intensificare i loro legami sulla base dei principi di uguaglianza, reciprocità e mutuo vantaggio. L’interscambio tra gli Atenei vedrà protagonisti studenti, docenti e ricercatori. Ogni istituzione accetterà allievi dei rispettivi MBA e verranno incoraggiati gli scambi fra i professori dei campus, così come la condivisione del materiale accademico.Per la Luiss si tratta di un ulteriore passo nel processo di sviluppo e di consolidamento della sua presenza negli Emirati Arabi che rappresentano un centro globale di rilievo strategico. L’Università intitolata a Guido Carli intende, così, ampliare la sua partecipazione nell’area del Golfo, dopo la sua presenza nel Padiglione Italia di Expo2020 e la nascita del Chapter ALL di Dubai dell’Associazione Alumni, la “casa comune” dei laureati e degli specializzati dell’Ateneo che conta sedi in tutto il mondo.”Siamo lieti di consolidare il nostro rapporto con gli Emirati Arabi e con una realtà accademica di prestigio come l’Università di Dubai – ha commentato il Rettore della Luiss, Andrea Prencipe – Il Memorandum Of Understanding And Student Exchange Agreement For The Business Schools non è soltanto in linea con la spiccata vocazione internazionale della nostra Università, che, ad oggi, conta più di 315 Università partner in 64 Paesi, ma è anche un acceleratore di futuro per i giovani e i prossimi leader globali, attraverso esperienze didattiche e professionali che amplieranno le loro abilità interculturali”. LEGGI TUTTO

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    RECAI, EY: Italia più attrattiva per investimenti in energie rinnovabili

    (Teleborsa) – L’Italia sale in sei mesi dal 15esimo al 12esimo posto nella classifica mondiale di EY sull’attrattività di investimenti e opportunità di sviluppo nel settore delle rinnovabili grazie alla spinta della nuova bozza del Decreto FER 2 e agli sforzi di semplificazione autorizzativa. Sul podio si posizionano nell’ordine gli Stati Uniti, la Cina e la Germania seguita nella top 10 da Regno Unito, Francia, Australia, India, Spagna, Giappone e Paesi Bassi. Secondo i principali risultati emersi dalla 60esima edizione del report EY Renewable Energy Country Attractiveness Index (RECAI), che classifica i primi 40 Paesi al mondo per attrattività di investimenti e opportunità di sviluppo nel settore delle energie rinnovabili, proprio in virtù delle condizioni volatili del mercato dell’energia, si assiste ad una forte accelerazione da parte dei governi di tutto il mondo sul tema delle energie rinnovabili per ampliare le strategie e i piani in ambito energetico con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia.Tra le sfide più significative per i Paesi si evidenzia dal report EY la necessità di rafforzare la cosiddetta resilienza energetica: consolidare la produzione di energie rinnovabili, accelerare la diversificazione delle fonti di produzione di energia e aumentare lo stoccaggio. “La transizione energetica – commenta Giacomo Chiavari, EY Europe West Strategy and Transaction Energy Leader – rappresenta un tema centrale e prioritario soprattutto alla luce delle sfide significative che tutto il mondo, e in particolare l’Italia, deve affrontare. Questo si riflette negli impegni assunti per accelerare l’adozione di fonti di energia rinnovabile e ridurre la dipendenza dalle importazioni di gas. Nella presente edizione del RECAI, il nostro Paese si afferma come un attore protagonista nel palcoscenico europeo, grazie alla ricchezza di energie rinnovabili (fonte idrica, solare ed eolica), agli ambiziosi target di crescita (necessari per raggiungere rapidamente la decarbonizzazione e una maggiore indipendenza energetica) e, nel contesto attuale, ai generosi prezzi del mercato all’ingrosso”. I risultati mondiali emersi nel RECAI: Stati Uniti, Cina e Germani sul podio – Focalizzando l’attenzione sui risultati principali di questa edizione, gli Stati Uniti mantengono la loro posizione di vertice grazie all’Inflation Reduction Act approvato in agosto e inteso come un punto di svolta green in particolare nell’ambito dell’idrogeno verde. Al secondo posto, la Cina continua ad accelerare la transizione verso le energie rinnovabili tentando di raggiungere la carbon neutrality entro il 2060. Rispetto alla scorsa edizione del RECAI, la Germania sale in terza posizione mentre scende il Regno Unito alla quarta. I Paesi Bassi entrano nella top 10 dell’indice grazie all’ambizioso programma che include un obiettivo di 70 GW di energia eolica offshore entro il 2050. Anche la Spagna sale di una posizione, dal 9° all’8° posto. Da segnalare la forte performance della Grecia, guidata da nuovi obiettivi di 15 GW di nuova energia green entro il 2030 e 2 GW di eolico offshore nello stesso lasso di tempo. Focus sull’Italia: si accelera nel rafforzare il mercato delle rinnovabili – In questa edizione del RECAI l’Italia passa dal 15esimo al 12esimo posto nella classifica generale ma non solo: il Paese ha registrato una delle migliori performance rispetto all’indice non solo in termini relativi agli altri Paesi, ma in termini assoluti. I fattori che hanno contribuito a questo risultato sono vari. Innanzitutto, gli incentivi contenuti nella nuova bozza del Decreto FER 2, che stabilisce nuovi meccanismi di sostegno dei prezzi. Altro aspetto significativo è stato l’annuncio di 5 GW di eolico offshore che saranno messi all’asta tra il 2023 e il 2026, e la realizzazione del primo impianto eolico offshore nel Paese. Altri elementi determinanti sono la crescita delle installazioni e il rafforzamento della pipeline di progetti (sia nell’eolico onshore sia nel fotovoltaico). Con riferimento all’eolico onshore, i dati indicano nel Q3 dell’anno in corso 11.3 GW di capacità istallata (in aumento rispetto al Q1 che registrava 11.0 GW), con una crescita del 3% di e 3.2 GW di progetti in pipeline nel 2022-2027. Anche nel solare aumenta la capacità istallata nel Q3 che corrisponde a 23.9 GW (rispetto ai 22.6 GW del Q1). La crescita è stata quindi del 6% mentre si registrano 17,0 GW di progetti in pipeline negli anni a venire 2022-2027. Un segnale positivo e incoraggiante proviene dal fronte autorizzativo: nel Paese, infatti, si assiste ad un’accelerazione delle procedure autorizzative per agevolare la diffusione di progetti di energia rinnovabile. Si costata in questo ambito una semplificazione per quanto riguarda l’eolico offshore, grazie ad un’unica Autorizzazione Unica (AU) e non più concessioni demaniali, su impianti tuttavia fino a 10 MW. È attesa inoltre l’emanazione della regolazione che dettaglia ulteriori forme di supporti per le rinnovabili e per le tecnologie ad esse associate (come le batterie) che potrebbero dare un’ulteriore spinta al mercato rendendo bancabili e scalabili alcune soluzioni ancillari alle rinnovabili. Infine, prendono sempre più piede soluzioni che vertono sulla generazione di energia distribuita da fonti di energia rinnovabili: sono un’opportunità sia per i clienti industriali sia per i clienti retail (modello Energy Performance Contract e servizio PPU, ovvero Pay Per Use): rappresentano un mercato importante, che nel medio periodo potrebbe supportare una maggior resilienza della rete e tenuta della rete elettrica con una generazione distribuita da fonte di energia rinnovabile. Un quadro non semplice da analizzare si osserva nei PPA, ovvero contratti di compravendita di energia elettrica tra privati. Infatti, i prezzi particolarmente elevanti dell’energia elettrica all’ingrosso e la volatilità del mercato hanno comportato quest’anno la prima riduzione del contrattualizzato su base annua dal 2013 dei PPA. Nel mercato dei PPA, l’Italia conferma un ruolo di spicco, posizionandosi al 12esimo posto (dall’11esimo posto del 2021). È importante segnalare che il Paese sta vivendo un periodo turbolento in quanto si stanno sviluppando vari trend. Innanzitutto, si osserva una crescente attenzione da parte dell’industria e del commercio, in quanto al crescente interesse per la decarbonizzazione ora si aggiunge la volontà di securizzare, stabilizzare e abbassare il costo di approvvigionamento dell’energia. Ci si aspetta che questo trend continuerà nel tempo, facendo ampliare la domanda e conseguentemente l’offerta di progetti RTB (Ready-to-build). In secondo luogo, si osservano rendimenti potenzialmente in aumento per i produttori di energia da fonti rinnovabili, grazie a un’ampia forchetta che si è creata tra il costo di produzione (LCOE) e il valore dell’energia elettrica nel mercato di scambio (PUN). Il valore a cui puntano i venditori dell’energia è raddoppiato in poco più di un anno, nonostante un costo di produzione stabile. Infine, si registra una certa contrazione dei volumi contrattualizzati in riduzione. Fattore, questo, – conclude il report – legato anche alla prospettiva di poter stipulare degli accordi di medio periodo in un contesto più stabile e caratterizzato da minori incertezze. LEGGI TUTTO

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    Clima, Parlamento e Consiglio Ue trovano accordo preliminare sulla carbon tax

    (Teleborsa) – Il Parlamento europeo e gli Stati membri dell’Ue hanno annunciato di aver adottato un meccanismo inedito volto a rendere più ecologiche le importazioni industriali dell’Europa facendo pagare le emissioni di carbonio legate alla loro produzione. Il Carbon border adjustment mechanism (Cbam) sottoporrà le importazioni in diversi settori (acciaio, alluminio, cemento, fertilizzanti, elettricità, ma anche idrogeno) agli standard ambientali dell’Ue.Secondo l’intesa preliminare raggiunta al fine di evitare distorsioni della concorrenza e scoraggiare le delocalizzazioni, alle importazioni dei principali prodotti industriali si applicherà lo stesso prezzo pagato dalle grandi imprese europee per le emissioni di CO2.Ma inizialmente, cioè dall’ottobre 2023 e per un periodo transitorio ancora da definire, gli obblighi dell’importatore saranno limitati alla comunicazione delle importazioni. La durata del periodo di transizione e la data della completa entrata a regime del sistema sono collegate alla graduale eliminazione dei permessi di emissione gratuiti nell’ambito del sistema europeo Ets. Proprio questo sarà uno dei punti più delicati della nuova maratona negoziale prevista per il 16 e 17 dicembre, date per le quali è previsto un altro negoziato tra Consiglio, Parlamento e Commissione Ue per trovare un accordo anche sulla riforma generale del sistema, sul nuovo Ets 2 per trasporti e riscaldamento e sul Fondo sociale per il clima. Solo successivamente scatterà, quando necessario, l’obbligo di pagamento.Inizialmente è comunque previsto un CBAM semplificato che si applicherebbe essenzialmente solo con obblighi di comunicazione. Lo scopo è quello di raccogliere dati. Da quel momento in poi, entrerà in gioco il CBAM completo. Verrebbe introdotto gradualmente, parallelamente alla graduale eliminazione delle quote gratuite, una volta avviato nell’ambito del sistema riveduto di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS) per i settori interessati. Ciò garantirà la compatibilità del CBAM con le norme internazionali sul commercio.La graduale eliminazione delle quote gratuite per i settori CBAM deve ancora essere concordata nel contesto dei negoziati ETS dell’UE in corso. Occorre inoltre lavorare ulteriormente sulle misure per prevenire la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio sulle esportazioni. LEGGI TUTTO

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    Energia, Meloni: al Consiglio Ue per porre un argine alle speculazioni

    (Teleborsa) – “Il Consiglio Europeo torna ad occuparsi dell’impatto dei prezzi dell’energia. L’obiettivo è un percorso di sicurezza energetica”. Così la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante le comunicazioni alla Camera in vista del prossimo Consiglio Ue. “Da mesi l’Italia è in prima fila per un tetto dinamico dei prezzi. Per ora la risposta della Commissione europea è insoddisfacente e inattuabile. È fondamentale porre un argine alla speculazione: la posta in gioco sull’energia è molto alta perché definisce la capacità dell’Europa di difendere le sue famiglie e le sue imprese” evitando di avere “un’Ue a due velocità”. “È evidente a tutti come un meccanismo di tutele diverse di imprese in paesi diversi provocherebbe una distorsione del mercato unico che comprometterebbe l’intera Europa: ormai è la maggioranza degli stati a chiedere con noi un tetto dinamico al prezzo del gas. Andare in ordine sparso, pensando di salvarsi a scapito degli altri, non solo è un illusione ma tradirebbe un’idea di un Europa diversa da quella decantata di questi anni”.”L’autonomia strategica dell’Ue deve essere interpretata come un’opportunità di rafforzare le proprie capacità di difesa, quale pilastro europeo in ambito Nato”.”Noi siamo pronti a fare tutto quello che c’è da fare per fermare la speculazioni sui prezzi dell’energia. Da questo punto di vista siamo d’accordo sul fatto che gli unici interventi davvero efficaci e risolutivi debbano arrivare dall’Unione europea”, ha aggiunto. “La trattativa è in corso oggi e domani avremo ulteriori elementi. Ma siamo pronti a intervenire al livello nazionale se le misure europee dovessero tardare o essere inefficaci. Sono fiera del lavoro che abbiamo fatto, penso alla produzione di gas nazionale a prezzi calmierati per le nostre imprese”. Meloni ha dichiarato che “non è stato un caso che il primo viaggio all’estero da presidente del consiglio fosse presso le istituzioni dell’Ue”. “È stata una scelta che muoveva dalla convinzione e dalla consapevolezza che alla prova dei fatti non sarebbe stato difficile dimostrare quanto la realtà del governo fosse distante da un certo racconto disfattista e ineteressato fatto all’estero e la convinzione che l’Italia possa e debba giocare un ruolo da protagonista in Europa avendo come stella polare la difesa dell’interesse nazionale”. LEGGI TUTTO