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    Autostrade, Oliveri: “Sfida competenze per sviluppo infrastrutture”

    (Teleborsa) – “Siamo impegnati in un profondo processo di trasformazione, soprattutto in un programma di aumento della capacità infrastrutturale della rete. Quello che ci serve sono le competenze, di giovani talentuosi e che sappiano guardare allo sviluppo della rete infrastrutturale inun’ottica di sostenibilità”. È quanto ha affermato la presidente di Autostrade per l’Italia, Elisabetta Oliveri, a margine della presentazione della seconda edizione della Smart Infrastructures Academy, in collaborazione tra l’università Federico II di Napoli e Tecne, società del gruppo Aspi.”Sono venuta a San Giovanni a Teduccio per la mia prima uscita dopo la nomina a presidente di Autostrade a maggio – ha sottolineato Oliveri – e in quell’occasione chiudemmo la prima edizione della Academy. Sono voluta tornare oggi per il lancio della seconda edizione proprio perché diamo un’importanza rilevante a questa iniziativa”. Oliveri ha rimarcato l’impegno di Autostrade in un processo di trasformazione e in un programma di aumento della capacità infrastrutturale della rete. “Parliamo di nuove opere, rilevanti – ha proseguito Oliveri – si parla per esempio della Gronda di Genova, che è un’opera moltoimportante ed estremamente sfidante dal punto di vista dei contenuti ingegneristici. Quello che ci serve sono le competenze e, per questo, vengono creati questi percorsi multidisciplinari che portano ragazzi già laureati, con un bagaglio di conoscenze molto ampio e specifico nell’ambito dell’ingegneria civile ed edile, a contatto con una serie di elementi multidisciplinari, che consentono loro di entrare in azienda e di essere subito un valore per noi”. A tal proposito, Oliveri ha evidenziato che gli iscritti alla prima edizione dell’Academy “sono stati tuttiinquadrati all’interno delle realtà del gruppo Autostrade. In particolare – ha aggiunto – una delle società in cui questi ragazzi si troveranno maggiormente a operare è quella che si occupa di ingegneria, che si chiama Tecne. Ricordando la foto in cui i ragazzi firmano il loro primo contratto di lavoro al termine del percorso della scorsa edizione, vogliamo fare la stessa cosa con i partecipanti alla seconda edizione,inquadrandoli subito nelle realtà del gruppo”. LEGGI TUTTO

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    Moda, Mediobanca: “Ricavi a doppia cifra nel 2022: Europa in accelerazione”

    (Teleborsa) – I grandi gruppi mondiali della moda hanno superato i livelli pre-pandemici già nel 2021 e proseguono la loro crescita anche quest’anno, con ricavi a doppia cifra e il mercato europeo in accelerazione. È quanto emerge dal nuovo report dell’Area Studi Mediobanca sul Sistema Moda Mondo che analizza i dati finanziari delle 78 maggiori multinazionali del settore con ricavi superiori a 1 miliardo di euro. Nel dettaglio, i dati dei primi sei mesi del 2022 hanno segnato per i maggiori player un incremento del giro d’affari del 15%. Il mercato europeo ha spinto di più (+24%) insieme con quello americano (+19%, trainato dagli Usa), mentre l’Asia è stata penalizzata dalle restrizioni legate al Covid-19 (+3%). Nonostante l’attuale scenario macroeconomico, per l’intero 2022 le aspettative restano positive: i primi dati, rilasciati in questi giorni, indicano una crescita media del fatturato del 18% (+15% a cambi costanti) nei primi nove mesi. Le multinazionali della moda sono supportate da fondamentali solidi e stanno incrementando i propri listini (+6% in media nel 2022) in risposta ai rialzi dei costi produttivi nonché alle pressioni valutarie. Già nel 2021 le multinazionali della moda avevano registrato un fatturato complessivo di 497 miliardi di euro (+26% sul 2020, superando dell’8,5% i livelli pre-pandemici), di cui il 57% generato dai player europei e il 33% dai nordamericani. Anche la redditività supera i livelli pre-crisi: l’ebit margin aggregato è al 15,8% dal 9,1% del 2020 e 13,1% del 2019. In rialzo, ma ancora al di sotto dei livelli del 2019, gli investimenti: +20,6% sul 2020 e -5,9% sul 2019. Solo i gruppi asiatici hanno investito con intensità superiore (+22,7% sul 2019), mentre i player europei si fermano al -6% e quelli nordamericani arretrano tre volte tanto (-22,6%). Al contrario, gli acquisti di azioni proprie si sono intensificati superando i livelli pre-pandemici (+31,6% sul 2019), con un’accelerazione per i gruppi europei quasi doppia rispetto a quelli nordamericani (51,7% vs 26,8%) cui, però, è attribuibile il 71% degli acquisti complessivi. La distribuzione di dividendi resta allineata ai livelli pre-crisi, con l’eccezione dei player europei che hanno remunerato gli azionisti in misura lievemente maggiore (+3,3%). Sul fronte patrimoniale, le multinazionali della moda si distinguono per una struttura finanziaria più solida rispetto alla media della grande manifattura (debiti finanziari sul capitale netto al 68,3% vs 88%), con i gruppi europei più capitalizzati di quelli Usa (59,7% vs 106,9%). Anche nel 2021 il colosso francese Lvmh, che annovera tra i suoi marchi Dior, Bulgari, Fendi e Loro Piana, si conferma al primo posto per ricavi tra i colossi mondiali della moda, con 64,2 miliardi. Seguono Nike (41,2 mld), Inditex (27,7 mld) che controlla Zara, Adidas (21,2 mld), EssilorLuxottica (19,8 mld), H&M (19,4 mld) e Richemont (19,1 mld). Prima tra gli italiani Prada (3,4 mld), al 33esimo posto in classifica, seguita da Calzedonia Holding (46esima posizione), Moncler (52esima) e Giorgio Armani (54esima). Fra i 35 gruppi europei della moda, l’Italia con le sue nove big è il paese più rappresentato a livello numerico, ma è la Francia, con una quota del 40% del fatturato aggregato, ad aggiudicarsi il primato per giro d’affari davanti a Germania (12%) e Regno Unito (11%), con l’Italia al 6%. L’incremento dei ricavi nel 2021, rispetto ai livelli pre-pandemici, vede primeggiare la britannica Farfetch (+90,5%) davanti alla statunitense Crocs (+87,9%). Farftech, fondata nel 2007, è anche la società più giovane, seguita dalle connazionali Boohoo (2006) e Asos (2000) e dalla stessa Crocs (1999). Hermès si conferma al primo posto sul fronte della redditività, con un ebit margin al 40,1%, davanti a Chanel (35,3%) e Lvmh (31,7% al netto della divisione selective retailing). Seguono Crocs (29,6%), Kering (28,4%) e Moncler (28,3%), prima italiana in classifica. L’impegno green della moda è guidato dai gruppi europei, più “sostenibili” di quelli a stelle e strisce. In generale, le multinazionali della moda si impegnano sempre più con incisività per un futuro più sostenibile e per la salvaguardia dell’ambiente. Mediamente diminuiscono le emissioni di CO2 (da 1.654 tonnellate di CO2 per un milione di fatturato nel 2020 a 1.194 nel 2021; -28%) e i rifiuti prodotti (da 2,9 tonnellate per un milione di fatturato nel 2020 a 2,4 nel 2021; -17%), mentre aumenta il ricorso alle fonti rinnovabili (dal 51,3% nel 2020 al 59,3% nel 2021) e la quota di rifiuti riciclati (dal 67,1% nel 2020 al 70,4% nel 2021). In controtendenza, e unico aspetto critico, l’incremento dei consumi idrici (da 328 m3 di acqua consumata per un milione di fatturato nel 2020 a 346 nel 2021; +5%), essenzialmente per i gruppi statunitensi (+12%) mentre quelli europei li hanno diminuiti (-11%).I big mondiali della moda hanno occupato quasi 2,2 milioni di persone nel 2021, in ridimensionamento dell’1,4% sul 2019 (+3,4% per i gruppi europei e -8,1% per quelli statunitensi). Di contro, sono aumentati i dipendenti nel paese di origine della casa madre (+52%) la cui quota sulla forza lavoro complessiva è salita al 38% nel 2021 (dal 31% nel 2019), a conferma delle recenti evidenze di integrazione verticale per rafforzare il controllo sulla filiera di prossimità, aspetto di particolare rilevanza nell’attuale contesto macroeconomico. Il 39% della forza lavoro delle multinazionali della moda ha mediamente meno di 30 anni: la maggiore concentrazione di occupati giovani è nelle statunitensi (55%), le europee si fermano al 37% e le italiane si collocano sotto la media continentale (32%). Il ricorso al part-time è più intenso nei gruppi Usa (50%) rispetto a quelli europei (22%), con le società italiane che registrano il valore più basso (8%) insieme alle francesi (9%). I player europei utilizzano più contratti a tempo indeterminato (85%) rispetto agli statunitensi (79%). Dall’analisi della varietà di genere nei board emerge che la presenza femminile cala all’aumentare del livello di responsabilità in azienda: la quota di donne sul totale della forza lavoro è mediamente pari al 64%, ma scende al 44% nei ruoli direttivi e al 33% a livello di CdA. I gruppi statunitensi hanno più consiglieri donna (38%) rispetto a quelli europei (33%). Ampiamente sopra la media europea si collocano i player francesi i cui cda sono composti per la metà da donne; i gruppi tedeschi si fermano al 29% e quelli italiani al 28%. Le meno rappresentate sono le donne giapponesi: solo una ogni dieci consiglieri. Le aziende cinesi fanno invece più ricorso alla forza lavoro femminile: il 76% del totale dipendenti è donna. Relativamente alla supply chain, i fornitori dei maggiori player mondiali della moda sono localizzati per il 62% in Asia, per il 29% in Europa e per il 7% nelle Americhe, con punte di oltre il 90% in Asia per il fast fashion e le calzature sportive. Il ricorso a fornitori asiatici è più marcato per i gruppi nordamericani rispetto a quelli europei (76% vs 44%) che concentrano nel Vecchio Continente oltre la metà dei propri fornitori (52%), seguendo una strategia di prossimità e maggiore qualità. Un segnale dell’eccellenza del Made in Italy è che mediamente oltre un quarto dei fornitori dei gruppi europei della moda ha sede in Italia, con picchi di oltre l’80% nella fascia alta del mercato. LEGGI TUTTO

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    Bankitalia, economia in recupero ma resta gap territoriale

    (Teleborsa) – Nella prima metà di quest’anno la ripresa è proseguita in tutte le aree del Paese, i vari shock che hanno colpito l’economia hanno avuto effetti simili fra le diverse macroaree, ma al tempo stesso non vi sono segnali di riduzione dei divari territoriali. E’ quanto rileva la Banca d’Italia nel rapporto “L’economia delle regioni italiane. Dinamiche recenti e aspetti strutturali”, avvertendo che l’inflazione è fortemente salita nel Paese, risentendo principalmente del rincaro dei beni energetici.L’eterogeneità territoriale negli andamenti dell’inflazione si è accentuata nel 2022, con una perdita di potere d’acquisto più marcata nel Nord Est e nelle Isole, prosegue lo studio. Intanto i rincari di energia e materie prime hanno determinato un significativo aumento dei costi di produzione delle imprese. E circa la metà delle aziende industriali del Nord vi ha fatto fronte aumentando i prezzi di vendita. Le imprese dei servizi, invece, hanno più spesso rinegoziato i contratti di fornitura, ridotto i livelli di attività e compresso i margini. Secondo Bankitalia il credito alle aziende del Centro Nord ha accelerato, principalmente per effetto del rafforzamento dei finanziamenti alle imprese medio-grandi. I finanziamenti alle aziende dei dieci comparti a più elevato consumo di energia si sono ampliati in tutte le aree del Paese rispetto a un anno prima. L’aumento è stato più intenso nel Nord Est e al Centro. I rincari, tuttavia, non si sono riflessi sulla capacità di rimborso dei prestiti di queste imprese. Guardando alle famiglie, nel primo semestre di quest’anno i rincari dei beni energetici hanno colpito soprattutto le fasce meno abbienti. Secondo l’istituzione di Via Nazionale la povertà energetica, significativamente più alta nel Sud e nelle Isole, “tenderebbe ad aggravarsi”.Dal report emerge anche che nel 2021 e nella prima metà del 2022 l’occupazione è cresciuta in tutte le macroaree in Italia, grazie all’espansione del lavoro dipendente. Tuttavia nei mesi estivi le posizioni lavorative hanno segnato un rallentamento, soprattutto nel Mezzogiorno, anche in seguito alla forte frenata del comparto edile. Nel frattempo la partecipazione femminile al mercato del lavoro resta bassa, in particolare nel Mezzogiorno, dice Bankitalia. Il divario di genere si accentua tra i genitori di bambini in età prescolare, risentendo di una ripartizione disuguale degli oneri di cura della famiglia. Invece nelle province dove la disponibilità di servizi di assistenza alla prima infanzia è maggiore si osserva anche un più elevato tasso di attività delle madri di bambini piccoli.Quanto alla “pandemia” ha fortemente influenzato le preferenze abitative delle famiglie in Italia, che si che sono orientate verso alloggi più grandi, dotati di spazi esterni e situati in aree connotate da una più bassa densità abitativa. Secondo lo studio, i mutamenti più marcati, nelle regioni settentrionali, si sono associati alla maggiore possibilità di utilizzare forme di lavoro agile. Intanto, nonostante i rialzi nei tassi di interesse l’espansione dei mutui abitativi è rimasta ovunque solida. Mentre in tutte le aree del Paese nei primi sei mesi del 2022 è proseguito il rallentamento dei depositi delle famiglie. Il ricorso al credito al consumo è aumentato. Per i mesi a venire la rimodulazione o il venir meno di alcune misure che hanno sostenuto il settore nei mesi passati, potrebbe essere in parte bilanciato dal forte impulso del Pnrr alle costruzioni su alcuni segmenti, come gli asili nido o le scuole, coinvolgendo le stese aziende che finora avevano beneficiato di altri provvedimenti. LEGGI TUTTO

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    Dl Aiuti ter, arriva pacchetto emendamenti Governo

    (Teleborsa) – Depositato in Commissione speciale alla Camera il pacchetto di emendamenti del governo al decreto aiuti ter che dovrebbe approdare in Aula martedì prossimo. Le proposte di modifica riguardano l’estensione della garanzia all’80% sui mutui prima casa per gli under 35 fino a fine anno anche nel caso il cui il tasso del finanziamento sia superiore a quello medio trimestrale pubblicato da Mef. Spazio anche alla proroga al fine 2023 del termine di adesione alla procedura di riversamento del bonus ricerca e sviluppo e al 16 dicembre quello per il pagamento e una misura sui finanziamenti Simest alle imprese nell’ambito del PNRR.Nel pacchetto presentato dal governo anche la norma che fa confluire nel decreto aiuti ter il testo del dl che ha prorogato al 18 novembre gli sconti sulle accise dei carburanti. Non c’è invece la norma sul rinvio a giugno prossimo delle multe per chi non si è vaccinato. LEGGI TUTTO

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    AIEA: “Nessuna prova di bomba sporca in centrali ucraine”

    (Teleborsa) – Gli ispettori nucleari non hanno trovato prove di “attività nucleari non dichiarate” in tre centrali in Ucraina. Lo ha affermato l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), citata da Sky News.L’Ucraina, infatti, ha chiesto agli ispettori di visitare le sue centrali nucleari per smentire le affermazioni della Russia secondo cui Kiev intende utilizzare una “bomba sporca”. “La nostra valutazione tecnica e scientifica dei risultati che abbiamo finora è che non c’è alcun segno di attività e materiali nucleari non dichiarati in queste tre località”, ha affermato l’Aiea, aggiungendo che saranno analizzati campioni ambientali prelevati.Citato da Tass, il segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolaj Patrushev oggi aveva accusato Kiev preparare una ‘bomba sporca’ non senza la partecipazione dell’Occidente, mettendo in guardia sul rischio che la situazione si trasformi in un disastro se non verrà fermata.Nel frattempo, il ministero degli Esteri russo ha presentato all’ambasciatrice britannica a Mosca una “decisa protesta”, accusando Londra di addestrare forze ucraine a scopo di sabotaggio nel Mar Nero e nel Mar d’Azov. Lo riferisce l’agenzia Tass. “Siamo in possesso di informazioni che la Marina britannica ha fornito alla parte ucraina droni sottomarini”.Secondo Mosca, azioni britanniche quali l’addestramento di militari ucraini a scopo di sabotaggio in mare, portano “la minaccia di una escalation della situazione e possono provocare conseguenze imprevedibili e pericolose”. “Tutta la responsabilità delle conseguenze dannose” che potranno derivarne “ricadrà interamente sulla parte britannica”. LEGGI TUTTO

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    USA, stoccaggi gas ultima settimana +107 BCF

    (Teleborsa) – Aumentano più delle attese gli stoccaggi settimanali di gas negli USA. Secondo l’Energy Information Administration (EIA), divisione del Dipartimento dell’Energia americano, gli stoccaggi di gas nella settimana terminata il 28 ottobre 2022 sono risultati in aumento di 107 BCF (billion cubic feet).Il dato si rivela al di sopra del consensus (+97 BCF). La settimana prima si era registrata una crescita di 52 BCF.Le scorte totali si sono dunque portate a 3.501 miliardi di piedi cubici, risultando in calo del 2,8% rispetto a un anno fa (quando erano pari a 3.602) e in diminuzione del 3,7% rispetto alla media degli ultimi cinque anni (3.636 BCF). LEGGI TUTTO

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    Governo, da caro energia a Legge bilancio: le prossime tappe

    (Teleborsa) – Dopo i primi interventi su pandemia e giustizia, il Governo Meloni è pronto a intervenire con un decreto sul tema più urgente, ossia il caro bollette andando ad attingere a 5/6 miliardi dal tesoretto di 10 lasciato in eredità dal predecessore Draghi.A quanto risulta bisognerà attendere anche qualche giorno: nel Consiglio dei ministri che si dovrebbe tenere nel pomeriggio di domani non andrà il nuovo decreto aiuti con, tra l’altro, la proroga degli interventi sulle bollette. E’ quanto riferiscono fonti di Governo spiegando che il provvedimento “al momento” non è previsto e potrebbe essere varato la prossima settimana. Il Cdm dovrebbe esaminare invece le modifiche alla Nadef, con le nuove stime sul Pil e lo scenario programmatico legato agli interventi previsti in manovra, e la richiesta al Parlamento di aggiustamento di bilancio necessaria per utilizzare il maggiore gettito fiscale.Al netto della data, con il nuovo decreto dovrebbe, comunque, arrivare la proroga di alcune delle misure messe in campo dal precedente esecutivo, come ad esempio il credito d’imposta a favore delle imprese, che arriva al 40% per ridurre l’impatto delle bollette, in scadenza alla fine del mese.Ancora in fase di studio l’intervento sul bonus sociale o la replica dell’una tantum da 150 euro, oltre all’introduzione di uno scudo di sei mesi per chi non riesce a pagare le bollette. Anche in questo caso, la misura sarebbe ricalcata in scia a quella messa in campo dall’esecutivo Draghi che ha distribuito prima un’erogazione da 200 euro a favore delle famiglie con un reddito inferiore ai 35mila euro l’anno, e poi, con il decreto Aiuti ter, un secondo bonus da 150 euro a favore di una platea più ristretta.Si va anche verso la proroga del taglio delle accise sui carburanti – 30 centesimi al litro per benzina e diesel e a circa 10 centesimi per il gpl introdotta a marzo dall’esecutivo. Uno degli ultimi atti del Ministero dell’Economia sotto la guida Draghi era stata la proroga della misura al 18 novembre. La misura pesa sulle casse dello Stato per circa un miliardi di euro al mese ,ma se fosse cancellato si andrebbe incontro al rischio piuttosto concreto di una impennata dei prezzi.Intanto, sarà la nuova Nadef a fornire anche un primo quadro di massima della manovra, che destinerà i tre quarti delle risorse al pacchetto energia. “I pochi soldi che ci sono serviranno a coprire il taglio delle bollette per chi è in difficoltà”, torna a ribadire la premier Giorgia Meloni.Per il resto, la prossima legge di bilancio interverrà certamente sul tema pensioni (le ipotesi sono tutte sul tavolo, dal bonus per rimanere al lavoro oltre 63 anni al restyling – o anche proroga – di quota 102) ma anche sul cuneo (dando continuità all’attuale taglio di due punti), varando peraltro, probabilmente con un dl fiscale collegato. Di fatto, una nuova rottamazione. LEGGI TUTTO

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    USA, ordini industria settembre +0,3%

    (Teleborsa) – Salgono leggermente gli ordini dell’industria americana. Secondo il Department of Commerce del Bureau of the Census, nel mese di ottobre 2022 gli ordini hanno evidenziato una variazione positiva dello 0,3% contro il +0,3% stimato dal consensus e contro il +0,2% registrato nel mese precedente (rivisto da un preliminare di +0%).Al netto del settore dei trasporti, gli ordini sono scesi dello 0,5% dal -0,5% precedente, mentre al netto del settore difesa sono aumentati dell’1,5% (+1,4% nel mese precedente). LEGGI TUTTO