More stories

  • in

    Il Sud del mondo accelera: 14mila miliardi di dollari di scambi entro il 2033

    (Teleborsa) – Con l’intensificarsi delle tensioni geopolitiche e la frammentazione dell’ordine globale tradizionalmente guidato dall’Occidente, un nuovo fronte si sta affermando con forza sullo scenario internazionale. È quello composto da 133 Paesi al di fuori delle orbite occidentali e cinesi, le economie del cosiddetto Sud mondiale (“Global South”), che oggi rappresentano il 62% della popolazione mondiale e circa il 18% del PIL globale. Secondo le previsioni delineate nel report “In a Multipolar World, the Global South Finds Its Moment” realizzato da Boston Consulting Group, queste nazioni – spesso considerate “emergenti” – stanno diventando poli strategici con un ritmo medio di crescita annuo del 4,2% da qui al 2029 – quasi il doppio rispetto all’1,9% atteso per i Paesi avanzati e stanno ridefinendo le proprie traiettorie economiche in un mondo sempre più multipolare. Il nuovo motore della crescita mondialeTra i protagonisti, l’India si distingue: con un PIL atteso a 6.300 miliardi di dollari, è destinata a diventare la terza economia mondiale entro il 2029. Seguono Brasile e Indonesia, che scalano le classifiche globali. Questi Paesi stanno anche cambiando pelle: da fornitori di materie prime a poli industriali, digitali e tecnologici. Il Vietnam, il Messico e la Thailandia si confermano economie ponte tra Cina e Occidente. L’India, grazie a un ecosistema digitale avanzato (11% del PIL), un numero crescente di startup (117 unicorni nel 2025) e forti investimenti in infrastrutture, si posiziona come alternativa strategica alla Cina per il manifatturiero globale.Verso un nuovo ordine commercialeOltre alla crescita economica, il report segnala una profonda trasformazione delle relazioni internazionali. Alcuni Paesi stanno rafforzando i propri legami attraverso nuove alleanze multilaterali, come BRICS+, ASEAN, l’African Continental Free Trade Area (AfCFTA) e il Mercosur. Queste piattaforme, pur diverse per struttura e storia, condividono un obiettivo: costruire autonomia economica e diplomatica attraverso una rete sempre più fitta di cooperazione regionale. Un decennio fa, gli Stati Uniti e l’Unione Europea erano i principali partner commerciali del Sud America e della maggior parte di Africa e Medio Oriente. Oggi, la Cina è il principale partner per 63 economie del Sud del mondo (contro 36 nel 2013), e si prevede che gli scambi cresceranno al ritmo del 5,9% annuo fino al 2033. Anche sul fronte degli investimenti, il Sud mondiale consolida la propria posizione. Nel 2023, queste economie hanno attirato 525 miliardi di dollari di Investimenti Diretti Esteri (IDE) – superando per la prima volta i Paesi avanzati, che si sono fermati a 464 miliardi.Nuove rotte geopoliticheL’approccio è sempre più orientato al multi-allineamento, in un contesto dove i Paesi cercano di mantenere relazioni attive con più potenze. L’India, ad esempio, continua a dialogare con Stati Uniti, Russia e Cina, modulando la propria strategia in base a interessi economici. Il Brasile rafforza i legami con la Cina, soprattutto nel settore infrastrutturale, e parallelamente lavora con l’Unione Europea su clima e commercio, come nel caso del Fondo Amazzonia e dell’accordo UE-Mercosur. Questa capacità di costruire ponti tra blocchi contrapposti è una delle leve chiave dell’ascesa del sud mondiale che si propone come interlocutore centrale in un mondo frammentato, ma interconnesso.Crescita verde e realismo climaticoIl Global South si trova anche in prima linea nella sfida climatica. Nonostante le sue emissioni storicamente inferiori, fino al 15% del PIL combinato di queste economie è a rischio a causa degli effetti del cambiamento climatico, rispetto al 4% delle economie avanzate. Di fronte a normative ambientali sempre più stringenti nei mercati di esportazione, molte economie stanno adottando un approccio pragmatico alla sostenibilità. Alcuni esempi: l’Indonesia ha bloccato l’export di nichel per sviluppare filiere locali; il Cile promuove la trasformazione del litio in valore industriale interno; il Brasile, secondo produttore mondiale di biocarburanti, ha in programma investimenti per 40 miliardi di dollari entro il 2037; infine l’ASEAN, con una strategia di neutralità carbonica, stima un potenziale di 5.300 miliardi di PIL e 6.700 miliardi di investimenti verdi entro il 2050.Il report BCG suggerisce che questa traiettoria di crescita e trasformazione non sia episodica, ma strutturale. Le economie del Global South stanno conquistando centralità economica, peso politico e una voce sempre più forte nei consessi multilaterali. In un mondo che cambia, il baricentro della crescita globale si sta spostando e punta decisamente a Sud. LEGGI TUTTO

  • in

    Imprese, Mercer: snodo delle competenze rischio per la crescita

    (Teleborsa) – Il rischio maggiore per la crescita delle imprese è l’aggiornamento e la riqualificazione delle skill (41%) per stare al passo con le richieste dei clienti e con l’evoluzione dei modelli di business e delle tecnologie trasformative. È quanto emerge dallo studio Executive Outlook 2025 di Mercer, business di Marsh McLennan, condotto su 400 manager a livello globale, tra cui 175 CEO, 101 CFO e 124 C-1 (membri del senior management in riporto diretto ai C-level). Tale fattore – coerente anche con la carenza di talenti rievidenziata dopo tempo dall’Executive Opinion Survey del WEF 2024 – supera di gran lunga gli altri rischi. Al secondo posto, a pari merito (25%) sono stati indicati l’incapacità di sfruttare appieno il potenziale della tecnologia (in primis l’implementazione dell’Intelligenza Artificiale) e l’impatto dell’economia della longevità, considerando che nel 2025 il numero di lavoratori a livello globale che andranno in pensione supererà quello complessivo degli ultimi dieci anni.Come guidare, quindi, al meglio le organizzazioni per il loro sviluppo?Si assiste prima di tutto a un ritorno ai fondamentali di business: l’84% degli executive chiederà di concentrarsi sull’efficienza e in questa dinamica l’utilizzo dell’IA e l’automazione dei processi per migliorare la produttività dei dipendenti è l’attività che si prevede avrà il maggiore impatto sulla razionalizzazione dei costi. Nel rafforzamento e ottimizzazione del core business, tra i percorsi da esplorare e prendere in considerazione sono state indicate al primo posto (64%) joint venture e partnership e il 55% (rispetto al 33% di tre anni fa) ha dichiarato di voler incrementare le attività di fusione e acquisizione.”Il mercato del lavoro è sempre più povero non solo di lavoratori, ma anche di competenze. Colmare lo skill gap collegato alle trasformazioni di alcune filiere produttive e al divario di innovazione in cui si trova l’Europa e l’Italia, in particolare, è tra i principali punti chiave per il rilancio della competitività. La sfida sul capitale umano è ingente, ma non può che passare da una profonda revisione dei sistemi professionali e dei modelli di competenze in relazione alla produttività e dei relativi processi di valutazione, miglioramento e riconoscimento. Servono poi investimenti per programmi di formazione continua e di sviluppo di skill digitali, che affrontino insieme anche la riduzione della popolazione in età da lavoro con nuove strategie di gestione intergenerazionale, di talent attraction & management più inclusive e di total reward che premino l’adozione di nuove tecnologie – ha commentato Marco Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia –. Tante transizioni convergenti, compresa quella energetica, un un quadro economico complesso rappresentano un motore trasformativo così dirompente da portare a valutare anche operazioni straordinarie. La tendenza sembra indicare la necessità di rafforzarsi per poter affrontare in modo più solido sia i cambiamenti di business che di risorse umane in corso e perduranti anche nel prossimo futuro. Con un’accortezza necessaria; solo le transizioni alimentate e basate sulle competenze e sul wellbeing delle persone avranno successo”.Tra i fattori di rischio quelli demografici (tra allungamento della vita personale e lavorativa, people scarcity e mismatch, in Italia ormai al 50%) richiedono alle imprese un’evoluzione fondamentale nel modo di affrontare i pensionamenti e il ruolo delle generazioni senior nelle dinamiche e nel benessere della workforce.Otto intervistati su 10 ritengono che la leadership potrebbe fare di più; solo il 35% delle organizzazioni proporrà opzioni di pensionamento graduale, considerando la positiva influenza della permanenza di un lavoratore – con relative competenze e know how – e non dell’età, sui risultati finanziari dell’azienda.In parallelo si apre il tema della gestione multigenerazionale della workforce con bisogni ed esigenze differenziati cui rispondere, da un lato tramite la leva dei benefit, dall’altra con quella dell’equità.La pay transparency sarà un banco di prova per le aziende europee, ma a livello globale la maggior parte dei manager afferma che, mentre le loro organizzazioni sono sulla strada della trasparenza retributiva, hanno dubbi sulla capacità delle imprese di affrontare efficacemente le incongruenze retributive che potrebbero essere messe in luce (65%).COMPETENZE E TALENTI PER L’AGILITÀ ORGANIZZATIVATali cambiamenti, insieme alla disruption dell’Intelligenza Artificiale, spingono inoltre verso modelli operativi più agili; l’agilità stessa della forza lavoro è una delle tre priorità aziendali e il 79% degli executive ha bisogno di maggiore agilità anche nei processi di selezione dei talenti per indirizzarli verso le priorità aziendali (importante cambiamento rispetto al 2022, quando il 63% affermava che il proprio modello di workforce era sufficientemente agile da consentire la rotazione dei talenti da un’area all’altra). Al tempo stesso il 76% afferma che l’incertezza dell’impatto della GenAI sulla forza lavoro ha reso più difficile la gestione dei talenti a lungo termine. “Nell’accelerazione della sfida imposta dall’AI, solo l’adozione di un approccio al talento e al reward basato sulle competenze consente sia la flessibilità necessaria, sia la mobilità e la valorizzazione dei medesimi favorendo la cultura dell’apprendimento continuo – continua Morelli –. In questo contesto si inserisce, quindi, la necessità di riqualificazione e aggiornamento come rischio strategico da affrontare per la crescita del business, per un corretto match dei talenti e relative skill con le priorità aziendali”.LA SFIDA DEI LEADER; EQUILIBRIO TRA BREVE E LUNGO TERMINE In un anno in cui più che mai, la performance complessiva dipenderà dalla capacità delle aziende di cambiare rapidamente rotta man mano che le condizioni di mercato evolvono, un tema è la leadership non sempre allineata. L’81% degli executive ritiene che i leader fatichino a bilanciare la pianificazione strategica di lungo termine con le esigenze operative di breve periodo. “Alcune capacità e tratti di leadership aiutano meglio a destreggiarsi in contesti così volatili e discontinui come quelli degli ultimi anni. Una leadership che si prepara all’incertezza è una leadership che riduce il rischio di disruption rendendo più resilienti la propria organizzazione e la forza lavoro. I leader più efficaci saranno quelli più abili nel concentrarsi sulle aree di maggiore impatto, pur mantenendo la visione necessaria per adeguarsi all’emergere di nuovi rischi e al cambiamento delle priorità – prosegue Morelli –. È importante migliorare anche le loro competenze nell’esecuzione della strategia, nella gestione delle performance e nel people management perché le organizzazioni siano guidate da leader decisi e in sintonia non solo tra loro, ma con l’intera forza lavoro. Senza questa sinergia, dove al centro permanga la responsabilità per una redditività di lungo periodo, le aziende faticheranno a raggiungere i livelli organizzativi necessari per realizzare gli obiettivi di crescita”. Comunicare una visione chiara è, inoltre, l’abilità più citata (71%) per una leadership efficace, in stretta relazione anche con un altro rischio strategico da fronteggiare, la possibile mancanza di benessere delle persone.L’AI NEI PROCESSI DI BUSINESS Se l’integrazione dell’AI nei sistemi e nei processi rappresenta la principale priorità di business per i manager nel 2025 (54%) i CFO, in particolare, ne riconoscono il potenziale per aumentare la produttività e come catalizzatore di crescita e innovazione: il 64% afferma che una workforce formata con l’IA è l’azione che probabilmente aumenterà maggiormente il valore complessivo della loro organizzazione rispetto al 45% dei CEO. Del resto le aziende che utilizzano l’IA iniziano a vederne i benefici e, con investimenti costanti, potrebbero accelerare la crescita ancora più rapidamente. Oltre a ricavi e redditività, la priorità per le imprese a forte crescita è proprio aumentare sistemi e processi integrati con l’IA (73%), migliorando l’agilità e la produttività della forza lavoro. L’obiettivo è di risparmiare tempo e costi, permettendo così al personale di dedicarsi ad attività a maggior valore aggiunto. In un mondo in cui l’IA è sempre più collegata alle performance, tuttavia il 69% dei responsabili delle risorse umane intervistati nel Global Talent Trends Pulse Survey ha affermato di non utilizzare attualmente l’IA generativa in alcuna forma. “L’investimento in strumenti e adozione dell’AI era tra le iniziative people di maggior impatto già nel 2024 per oltre la metà dei C-Level italiani. Il tempo però sta per scadere – conclude Morelli –; se le aziende non agiscono ora, potrebbero faticare a tenere il passo con gli early adopters, man mano che le lacune in termini di conoscenze e competenze si amplieranno, mettendo a rischio non solo la sostenibilità della propria organizzazione, ma anche l’occupabilità e il benessere delle proprie persone”. Da segnalare, infine, che se la sostenibilità come fonte di vantaggio competitivo compare tra le prime tre priorità, solo il 12% degli ad considera la transizione climatica come un importante fattore di preoccupazione per il business. L’82% dei manager afferma anzi che il proprio CEO e il proprio CFO potrebbero allinearsi maggiormente sulle strategie per bilanciare gli obiettivi di produttività e sostenibilità.(Foto: Glenn Carstens-Peters su Unsplash) LEGGI TUTTO

  • in

    FMI rivede al ribasso crescita Italia: PIL 2025 e 2026, i numeri

    (Teleborsa) – Il Fondo monetario internazionale ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita dell’Italia, assieme a quelle sull’economia globale e dell’area euro, e ancor più degli Stati Uniti, a riflesso dei dazi commerciali decisi dall’amministrazione Trump e delle rappresaglie adottate da altri paesi. Ora per lo Stivale, il Fmi pronostica una espansione del Pil limitata allo 0,4% quest’anno, a cui dovrebbe seguire un più 0,8% nel 2026. Il FMI prevede anche che la crescita economica dell’Italia resti inferiore all’1% almeno da qui al 2030. I dati sono contenuti nel Word Economic Outlook pubblicato in occasione delle assemblee primaverili a Washington. Come detto, il FMI ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita economica globale, principalmente a seguito di dazi commerciali imposti dall’amministrazione Usa e delle rappresaglie decise da altri Paesi. Ora per quest’anno indica una espansione del Pil globale del 2,8%, cui dovrebbe seguire un più 3% nel 2026. I dati segnano un taglio di 0,5 punti percentuali per quest’anno e di 0,3 punti percentuali per il prossimo, rispetto alle stime che l’istituzione internazionale aveva aggiornato lo scorso gennaio. Nell’editoriale del rapporto, il Fmi afferma che dazi e contromisure rappresentano di per sé “un grande shock per l’economia”. Inoltre “l’imprevedibilità con cui queste misure si sono dipanate ha a sua volta avuto un impatto negativo sull’attività economica e sulle prospettive e, al tempo stesso, rende più difficile del consueto fare previsioni”. Per gli Stati Uniti, il Fmi ha effettuato tagli alle previsioni di crescita di portata maggiore di quelle globali, con cui ora indica una espansione dell’1,4% quest’anno (-0,9 punti) e dell’1,5% il prossimo (-0,4 punti). Per l’eurozona il taglio è stato più limitato e pari a 0,2 punti percentuali per entrambi gli anni, con una espansione ora stimata allo 0,8% sul 2025 e all’1,2% sul 2026. Per la Germania, il Fmi prevede crescita economica a zero quest’anno e un più 0,99% il prossimo, rispettivamente tagliate di 0,3 e 0,2 punti percentuali. Per la Francia è attesa una crescita dello 0,6% quest’anno e dell’1% il prossimo, tagliate rispettivamente di 0,2 e 0,1 punti percentuali. Per l’Italia, il Fmi prevede 0,4% di crescita quest’anno e 0,8% il prossimo, con tagli di 0,3 e 0,1 punti percentuali. La Spagna si conferma il tra le grandi economie dell’area euro quella che mantiene tassi di espansione più vigorosi, 2,5% quest’anno e 1,8% il prossimo, nel primo caso rivista rialzo di 0,2 punti percentuali mentre il dato 2026 è stato confermato. Il Fmi ha poi nettamente tagliato le previsioni di crescita economica della Cina, al 4,5% quest’anno e al 4,6% il prossimo, rispettivamente 0,6 e 0,5 punti percentuali in meno. Per il Giappone prevede 0,6% di crescita quest’anno e il prossimo, sul 2025 un taglio di 0,5 punti percentuali sul 2026 di 0,2 punti percentuali. L’India resta l’economia del G20 con i maggiori tassi di crescita, 6,2% quest’anno e 6,3% il prossimo, rispettivamente tagliate di 0,3 e 0,2 punti percentuali; per la Russia il Fmi prevede 1,5% di crescita quest’anno e 0,9% il prossimo, nel primo caso la stima è alzata di 0,1 punti, per il 2026 è tagliata di 0,3 punti.Al Fondo monetario inetrnazionale “non prevediamo recessione economica ma stimiamo che i rischi di recessione siano saliti dal 25% dello scorso ottobre al 40% al momento attuale”.Secondo il capo economista del Fondo monetario internazionale “è molto importante preservare l’indipendenza delle banche centrali”. Così Pierre Olivier Gourinchas, durante una conferenza stampa ha risposto a una domanda selle critiche rivolte dal presidente Usa, Donald Trump, al capo della Federal Reserve, Jerome Powell. In questa fase è molto importante “assicurare che le aspettative di inflazione restino ancorate”. E per questo “un aspetto cruciale deriva dalla credibilità delle banche centrali. Le banche centrali devono restare credibili e parte di questa credibilità – ha detto durante la presentazione del World Economic Outlook – è costruita attorno alla loro indipendenza. Sotto questa prospettiva è molto importante preservarla”(Foto: © Andrej Kaprinay, Ing./123RF) LEGGI TUTTO

  • in

    Traffico aereo, Enac: nel I trimestre si consolida trend di crescita, +8% di passeggeri

    (Teleborsa) – Con oltre 43 milioni di passeggeri dal 1 gennaio al 31 marzo 2025, l’8% in più rispetto all’analogo periodo dello scorso anno, continua il trend di crescita del traffico aereo registrato dall’Enac, con il superamento dei volumi pre-Covid (2019) pari al +15%. È quanto emerge dal “Report Mensile – Dati di traffico Marzo 2025” pubblicato sul sito Enac.PASSEGGERI – È pari a 43.213.643 il numero dei passeggeri transitati nei quarantacinque aeroporti italiani aperti al traffico commerciale, con un incremento del +8% rispetto al 2024. Il traffico nazionale, con 14,5 milioni, ha registrato un aumento del +6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre il traffico internazionale ha registrato una crescita maggiore, pari al +9%, con 28,7 milioni di passeggeri.CARGO – Sono 208mila le tonnellate movimentate nel primo trimestre 2025 nel comparto cargo, dato sostanzialmente invariato rispetto al 2024. Il traffico risulta trainato principalmente dalla componente internazionale Extra-UE, con un forte aumento sulle rotte con l’Asia.MOVIMENTI AEREI – Sono 347mila i movimenti aerei complessivi nei primi tre mesi del 2025, con +5% rispetto al 2024 e +3% sul 2019 (Benchmark pre-Covid). In aumento anche la quota media di passeggeri trasportati per volo, che passa dai 121 del primo trimestre del 2024 ai 125 del 2025 (circa +3,3%). LEGGI TUTTO

  • in

    Italia, Scope: con dazi impatto fino a un punto percentuale di PIL nel 2025-27

    (Teleborsa) – L’Italia è uno dei Paesi più vulnerabili in Europa alle potenziali conseguenze di una guerra commerciale prolungata, dati i suoi stretti rapporti commerciali con gli Stati Uniti, e i dazi con le eventuali contromisure potrebbero ridurre la crescita del paese, tra quest’anno e il 2027, fino a un massimo di un punto percentuale. Lo afferma Scope Ratings in una ricerca sul tema.Viene ricordato che l’economia italiana è cresciuta dello 0,7% nel 2023 e nel 2024, al di sotto del suo potenziale a medio termine dell’1% e della media dell’area dell’euro (0,9% nel 2024). L’economia si è dimostrata relativamente resiliente dalla fine della pandemia di Covid, beneficiando della sua ampia e diversificata base industriale e del suo settore delle esportazioni. L’output economico è quasi del 5% superiore ai livelli pre-pandemici, in un confronto favorevole con altre grandi economie dell’UE come Francia (+4%) e Germania (+0%), sebbene più debole rispetto a Spagna (+7%), Portogallo (+9%) o Stati Uniti (+12%).Scope evidenzia anche la crescente importanza degli Stati Uniti come mercato di esportazione per i produttori italiani negli ultimi cinque anni, che ha portato a un sostanziale surplus commerciale di merci, stimato in circa 39 miliardi di euro. Solo Germania e Irlanda presentano surplus di merci maggiori con gli Stati Uniti tra i Paesi dell’area euro. L’agenzia di rating tedesca stima che uno scenario che preveda dazi statunitensi del 20% sulle importazioni di beni dall’UE e del 125% sulle importazioni di beni dalla Cina, oltre a misure di ritorsione da parte della Cina e, potenzialmente, dell’UE, potrebbe ridurre la crescita economica dell’Italia di circa 0,5-1 punto percentuale del PIL reale nel periodo 2025-27. La guerra commerciale porterebbe a un rallentamento della produzione industriale, delle esportazioni e degli investimenti, in un contesto di maggiore incertezza economica.Le esportazioni di beni dell’Italia verso gli Stati Uniti ammontavano a 65 miliardi di euro nel 2024 (il 10,4% delle esportazioni totali, il 3% del PIL), con il 7% della produzione manifatturiera italiana destinata al mercato statunitense. Tra i settori chiave ci sono farmaceutico, mezzi di trasporto, automobilistico, macchinari e beni di lusso. L’Italia ha inoltre esportato in media circa 10 miliardi di euro di servizi verso gli Stati Uniti tra il 2021 e il 2023 e ha investito in media 5 miliardi di euro in investimenti diretti esteri (IDE) nello stesso periodo.”Il pieno impatto economico dei dazi sull’Italia rimane tuttavia incerto, dato l’evoluzione del regime commerciale tra Stati Uniti e UE e l’elasticità eterogenea delle esportazioni, che tende a essere inferiore per i prodotti farmaceutici brevettati ma superiore per automobili, abbigliamento, bevande e alimenti, ad eccezione delle categorie di lusso di fascia alta si legge nella ricerca firmata da Eiko Sievert e Alessandra Poli – La capacità dell’Italia di mitigare gli effetti negativi dei dazi statunitensi dipenderà anche dalla sua capacità di diversificare e accedere a mercati alternativi di esportazione e importazione”.Date le tensioni commerciali globali, l’impiego efficiente dei fondi per la ripresa dell’UE da parte dell’Italia diventa “ancora più importante per sostenere la crescita economica interna”, sottolinea Scope Ratings. Dei 194,4 miliardi di euro assegnati all’Italia nell’ambito del meccanismo, il Paese ha finora ricevuto 122,1 miliardi di euro, pari al 63% delle risorse totali. Tuttavia, spendere una somma così ingente si è rivelato impegnativo, con una spesa stimata di 58,6 miliardi di euro nell’ottobre dello scorso anno, circa il 30% dello stanziamento totale secondo Confindustria.Una spesa annuale inferiore alle aspettative dei fondi stanziati ha inoltre ridotto il potenziale stimolo per l’economia. Nel 2021 il governo ha previsto un impatto cumulativo di 2,4 punti percentuali di crescita aggiuntiva del PIL reale per il periodo 2021-2024, stima poi rivista a 1 punto percentuale nel 2024. La maggior parte dello stimolo economico è ora prevista per il 2025-26, con un impatto cumulativo stimato di 2,7 punti percentuali di crescita aggiuntiva del PIL reale. Tuttavia, ciò implica una spesa eccezionalmente elevata, pari a 57,1 miliardi di euro nel 2025 e 49,5 miliardi di euro nel 2026, il che è “improbabile”.”Prevediamo che entro la fine del 2026 la maggior parte dei 194,4 miliardi di euro sarà destinata a progetti che saranno poi implementati negli anni successivi”, si legge nel report. E ancora: “La capacità del piano di ripresa di stimolare la crescita del PIL italiano sarà distribuita su un periodo più lungo di quanto inizialmente previsto”.Infine, il potenziale di crescita dell’Italia di circa l’1% nel medio termine dovrebbe essere sostenuto anche dall’attuazione delle riforme strutturali previste entro il 2026 relative, tra le altre, al sistema giudiziario, al diritto della concorrenza, alla pubblica amministrazione e alle riforme degli appalti. LEGGI TUTTO

  • in

    Hydrogen Valley in Sicilia, siglato accordo tra Duferco Energia e Ansaldo Green Tec

    (Teleborsa) – Un accordo strategico per la fornitura e messa in esercizio di un elettrolizzatore da 1 MW, destinato alla produzione di idrogeno verde nell’ambito del progetto Hydrogen Valley di Giammoro, in provincia di Messina. È questo il motivo della firma dell’accordo tra Duferco Energia e Ansaldo Green Tech, che con questa iniziativa, sostenuta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) attraverso la Regione Siciliana, andranno a realizzare una delle opere di rilevanza europea per la transizione energetica e lo sviluppo della filiera dell’idrogeno in Italia.L’elettrolizzatore fornito da Ansaldo Green Tech utilizza la tecnologia innovativa AEM (Anion Exchange Membrane – membrana a scambio anionico), caratterizzata da elevata efficienza e flessibilità operativa. Progettato e costruito nell’ambito del progetto IPCEI finanziato dall’Unione Europea – “NextGenerationEU”, l’impianto sarà assemblato presso la nuova linea produttiva in fase di realizzazione a Genova Campi. Il sistema avrà la capacità di produrre oltre 500 kg di idrogeno verde al giorno, con un consumo energetico ottimizzato e garantendo una purezza del 99,9%.Il progetto Hydrogen Valley di Giammoro prevede l’installazione di un impianto fotovoltaico da 4 MW per alimentare l’elettrolizzatore, consentendo la produzione di circa 100 tonnellate di idrogeno verde all’anno. L’idrogeno prodotto sarà destinato principalmente a supportare la decarbonizzazione di settori industriali strategici, tra cui la siderurgia, la logistica e la mobilità.Con un investimento complessivo di 10 milioni di euro, la Hydrogen Valley rappresenta un modello di sviluppo innovativo e sostenibile per il Mezzogiorno. Il progetto avrà un impatto significativo sull’economia locale, favorendo la creazione di nuovi posti di lavoro e stimolando la crescita dell’indotto legato alla produzione e distribuzione dell’idrogeno verde.”L’Hydrogen Valley in Sicilia rappresenta un passo concreto verso la transizione energetica e il rafforzamento dell’indipendenza energetica dell’isola – afferma Massimo Croci, amministratore delegato di Duferco Energia –. Questa iniziativa non solo porterà benefici ambientali, ma anche nuove opportunità economiche e occupazionali per il territorio. La sostenibilità ambientale può andare di pari passo con lo sviluppo industriale e sociale”.”Siamo estremamente orgogliosi di poter contribuire al progetto di Hydrogen Valley Giammoro Messina guidato da Duferco Energia – afferma Vittorio Olcese, amministratore delegato di Ansaldo Green Tech –. Questo accordo rappresenta un importante riconoscimento della tecnologia di Ansaldo Green Tech, focalizzata su efficienza e flessibilità operativa nella produzione di idrogeno verde per decarbonizzare attività nei settori della mobilità, logistica e hard to abate come quello siderurgico”.”L’iniziativa – conclude la nota – si inserisce all’interno delle strategie europee di decarbonizzazione previste dal piano RePowerEU, che mira a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e accelerare la diffusione delle energie rinnovabili. La Hydrogen Valley di Giammoro contribuirà quindi non solo alla sostenibilità ambientale del territorio, ma anche al raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica dell’Unione Europea”. LEGGI TUTTO

  • in

    Euro Zona, fiducia dei consumatori ai minimi in 18 mesi ad aprile

    (Teleborsa) – In calo per il secondo mese consecutivo la fiducia dei consumatori europei ad aprile 2025. La stima flash dell’ultimo sondaggio mensile, condotto dalla Direzione Generale degli Affari Economici e Finanziari della Comunità europea (DG ECFIN), evidenzia che il sentiment dei consumatori nell’eurozona è ancora negativo e si porta a -16,7 punti rispetto ai -14,5 di marzo. Il dato è anche peggiore delle attese degli analisti (-15 punti). Nel complesso dell’Unione Europea l’indicatore è pari a -16 punti (-2,1 punti percentuali).Entrambi gli indicatori restano sotto la traiettoria di lungo termine e al livello più basso in 18 mesi.(Foto: Mika Baumeister on Unsplash) LEGGI TUTTO

  • in

    USA, indice manifatturiero Fed Richmond -13 punti ad aprile

    (Teleborsa) – Peggiora l’indice Fed di Richmond sullo stato del settore manifatturiero. L’indicatore che sintetizza lo stato dell’attività del distretto si porta ad aprile 2025 a -13 punti dai -4 di marzo e contro i -6 punti delle aspettative.Il dato, pubblicato dal Distretto Fed della capitale della Virginia, evidenzia un peggioramento anche della componente delle consegne che si porta a -17 punti dai -7 del mese precedente, mentre quella dei servizi diminuisce a -7 da -4 punti. LEGGI TUTTO