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    “Unpacking Pay Equity in Fashion: Italy”, PwC Italia e GFA: “Solo 1 impresa su 5 monitora disparità salariali di genere”

    (Teleborsa) – Soltanto un’impresa su 5 monitora le disparità salariali di genere el’82% dei CEO intervistati ritiene che le possibilità di avanzamento di carriera siano paritarie tra uomini e donne, mentre solo la metà delle funzioni DE&I e HR intervistate sono d’accordo. È quanto emerge dalla ricerca “Unpacking Pay Equity in Fashion: Italy” condotta da Global Fashion Agenda (GFA) e PwC Italia che approfondisce i temi legati all’equità retributiva di genere all’interno dell’industria della moda italiana, tra le più importanti ed influenti d’Europa.La pubblicazione, sviluppata con il supporto di Camera Nazionale della Moda Italiana, fornisce una guida pratica e un invito all’azione per i brand, produttori e stakeholder del settore, affinché possano implementare azioni volte a raggiungere l’equità retributiva di genere e promuovere una maggiore uguaglianza nel settore. L’analisi si basa su una ricerca condotta tramite 25 interviste ai più importanti brand della moda e un’indagine che ha coinvolto 105 aziende attive nella manifattura della moda e produttori italiani, una ricerca di GFA e le risultanze del progetto multi-stakeholders “Fashion Industry Target Consultation”, guidato da GFA e dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP).La partecipazione delle donne al mercato del lavoro italiano è generalmente bassa in tutti i settori: nel 2023 il tasso di occupazione femminile era del 52,5%, quasi 20 punti in meno rispetto al tasso di occupazione maschile (70,4%), con ampie variazioni regionali. Il tasso di occupazione femminile in Italia è inferiore a quello della Grecia (52,8%), della Romania (54,3%) e molto inferiore a quello dei Paesi Bassi (78,9%) e della Svezia (75,6%). L’industria manifatturiera della moda differisce parzialmente dai dati osservati a livello nazionale, in quanto è caratterizzata da una sovra partecipazione delle donne, soprattutto in ruoli non dirigenziali. Con riguardo alle posizioni apicali, l’Italia ha assistito a un aumento della rappresentanza femminile nei Consigli di amministrazione dei grandi brand della moda italiana, passando dal 21,3% nel 2020 al 27% nel 2023. Questa tendenza è principalmente attribuibile a una crescente attenzione alle disuguaglianze di genere che ha portato a più politiche e leggi a sostegno della presenza di quote rosa nelle posizioni di leadership.Alla domanda sulla percezione del divario retributivo di genere, solo il 20% dei produttori di moda italiani ha segnalato disparità salariale nelle proprie aziende, la maggior parte delle quali sono grandi aziende. Tuttavia, solo 1 impresa su 5 monitora e segnala le disuguaglianze salariali tra uomini e donne: il monitoraggio e la segnalazione delle disuguaglianze sono i primi passi verso una comprensione più completa e una maggiore consapevolezza del fenomeno. L’indagine evidenzia come la percezione della disuguaglianza salariale vari a seconda del ruolo all’interno dell’azienda: le funzioni Risorse Umane (HR) e DE&I, che si occupano di queste questioni più frequentemente di altre, tendono a essere più consapevoli delle discriminazioni salariali. Due intervistati su tre nell’ambito HR e metà degli intervistati della funzione DE&I affermano chiaramente che ci sono disuguaglianze salariali a svantaggio delle donne, mentre soltanto il 20% dei CEO concorda con questa visione. La percezione di una disparità di genere nell’avanzamento di carriera varia quindi in base alla funzione: mentre l’82% dei CEO ritiene che nelle possibilità di avanzamento di carriera non ci siano distinzioni totalmente uguale tra uomini e donne, la metà delle funzioni DE&I e HR sono solo parzialmente d’accordo.La totalità delle grandi aziende coinvolte dichiara di avere almeno uno strumento per garantire la parità di retribuzione tra donne e uomini. Tuttavia, oltre l’80% dell’industria manifatturiera della moda italiana è costituita da microimprese, molte delle quali sono esenti dalle attuali normative UE e italiane in materia di equità retributiva. È importante sottolineare che molti di questi piccoli produttori sono parte integrante delle catene di fornitura per grandi marchi italiani ed europei che dovranno conformarsi a queste normative. Nonostante le loro dimensioni e l’attuale normativa, il 43% delle microimprese dichiara di avere già almeno una politica in atto per garantire la parità retributiva di genere, seguite dalle piccole imprese (27%) e dalle medie imprese (14%). Inoltre, metà delle aziende intervistate sta valutando di richiedere una certificazione per l’uguaglianza di genere.Per quanto riguarda le condizioni penalizzanti che influiscono sulla disparità salariale, il 43% degli intervistati individua nella maternità il fattore che più influisce negativamente sulla progressione di carriera delle donne. Un’indagine condotta da PwC Italia tra aprile e maggio del 2024, su un campione di 500 donne lavoratrici o ex-lavoratrici tra i 25 e i 49 anni e con almeno un figlio, ha evidenziato come l’impatto principale che la maternità ha avuto sul lavoro è stato la riduzione delle ore di lavoro e la perdita del lavoro, fattori che alimentano il fenomeno della disparità salariale.Nonostante il 60% delle aziende intervistate offra supporto alla genitorialità (la forma di sostegno più comune è la flessibilità, 38% delle aziende), solo il 5% delle aziende fornisce un congedo di paternità aggiuntivo o asili nido. Questi risultati indicano una mancata percezione delle esigenze della genitorialità, che fonda le sue radici in un pregiudizio di genere circa la divisione delle responsabilità di cura familiare e domestica.”Solo la metà delle grandi aziende e meno della metà dei produttori di micro e PMI – afferma Erika Andreetta, partner PwC Italia EMEA Luxury Community leader – monitorano e segnalano le disuguaglianze salariali. C’è un’urgente necessità di maggiore trasparenza e strumenti standardizzati lungo tutta la catena del valore, insieme allo sviluppo e all’integrazione di pratiche di acquisto responsabili durante tutto il processo di due diligence”.”Per affrontare il divario retributivo di genere in Italia e nel più ampio settore della moda, – commenta Federica Marchionni, CEO di Global Fashion Agenda – è necessario un impegno unificato da parte di tutti gli stakeholder. Il settore deve dare priorità alla trasparenza, alle pari opportunità ed un’equa retribuzione lungo l’intera catena del valore. Adottando strumenti e approcci standardizzati e influenzando i valori culturali, credo che l’industria della moda italiana possa diventare un catalizzatore per il cambiamento”.Raccomandazioni per l’azioneLo studio di GFA e PwC Italia è una chiamata all’azione per il settore della moda italiana e per i marchi che lavorano con la filiera nazionale, affinché diano priorità all’equità retributiva nel settore e adottino pratiche più inclusive e responsabili nella loro agenda di sostenibilità. Per affrontare le sfide parità salariale il rapporto delinea alcune raccomandazioni chiave. Un cambio di prospettiva: promuovere una cultura aziendale inclusiva che valorizzi la genitorialità e supporti modalità di lavoro flessibili per gestire le responsabilità familiari. Maggiore trasparenza: garantire la piena trasparenza e tracciabilità lungo tutta la filiera, inclusi i subappaltatori, per promuovere salari equi e pratiche lavorative etiche. Strumenti standardizzati: sviluppare strumenti e metodologie per le valutazioni dell’equità retributiva che riflettano il contesto unico dell’industria manifatturiera della moda italiana e consentano una migliore comprensione delle strutture salariali dei fornitori. Approccio unificato: incoraggiare la collaborazione tra aziende, associazioni di categoria e produttori per unificare e semplificare il processo, garantire coerenza nell’affrontare questa tema fondamentale ed evitare di duplicare gli sforzi all’intero del settore. LEGGI TUTTO

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    Nucleare, Pichetto: entro fine anno le nuove regole. Bene Orsini, ma il ministero si è mosso per tempo

    (Teleborsa) – “Condividiamo la preoccupazione di Orsini sui tempi per avviare il nucleare in Italia, ma il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica si è già mosso per tempo. Abbiamo istituito la Piattaforma per il nucleare sostenibile e con il professor Giovanni Guzzetta stiamo preparando il quadro giuridico per ritornare ad usare questa tecnologia. Entro la fine dell’anno contiamo di avviare l’iter legislativo per le nuove regole”. Lo ha detto il ministro per l’Ambiente e la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, commentando il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ha dichiarato che sul nucleare “non possiamo perdere altro tempo”.”Mi fa piacere che Confindustria sostenga la scelta che abbiamo fatto come Governo di riprendere il nucleare con tecnologie più moderne. Non possiamo più andare avanti con il prezzo dell’energia doppio rispetto al resto d’Europa”, ha aggiunto il ministro.“Questo comporta l’impegno dell’esecutivo e di tutti quanti per raccogliere la sfida. In Italia abbiamo le competenze e le strutture per farlo. Ricordo che l’ultima centrale che è stata costruita in Europa, in Slovacchia, è stata fatta da Enel”, ha concluso. LEGGI TUTTO

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    Ceme (Investindustrial) acquista la maggioranza di DTI

    (Teleborsa) – Ceme, società italiana attiva nel settore delle elettropompe a vibrazione ed elettrovalvole a solenoide con sede a Trivolzio (PV) e controllata dal fondo Investindustrial, ha rilevato la maggioranza del capitale di DTI, azienda italiana specializzata nella progettazione e realizzazione di soluzioni di elettronica avanzata dedicate in particolare ai settori delle macchine per caffè, del beverage, del pizza&bakery e del professional food service.Fondata nel 2009 a Tavagnacco (UD), oggi DTI può contare su due stabilimenti industriali (uno presso la sede di Tavagnacco ed un nuovo impianto produttivo da 5.000 mq in Ungheria inaugurato nel 2024) e circa 90 dipendenti.L’operazione, che verrà perfezionata nelle prossime settimane e sulla quale non sono stati forniti dettagli finanziari, permetterà a Ceme di offrire ai propri clienti una gamma completa di prodotti per la gestione dei fluidi, includendo anche il controllo e la gestione elettronica delle macchine e dei cablaggi.”L’acquisizione di DTI ci permette di aggiungere alla nostra offerta una gamma di servizi totalmente sinergici e complementari a quelli già presenti nel nostro portafoglio – ha dichiarato il CEO Roberto Zecchi – Grazie al supporto strategico e finanziario di Investindustrial abbiamo intrapreso un percorso di crescita per linee interne ed esterne che ci ha portato a rafforzare e consolidare la nostra leadership nei segmenti e nei mercati in cui operiamo”. LEGGI TUTTO

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    Pesticidi, Parlamento UE respinge decisioni Commissioni su alimenti importati

    (Teleborsa) – Il Parlamento europeo ha respinto due decisioni della Commissione che consentono tolleranze all’importazione (note anche come livelli massimi di residui) per ciproconazolo e spirodiclofen in o su una grande quantità di prodotti come cereali, semi, carne, fegato e reni, nonché per benomil, carbendazim e tiofanato-metile in o su determinati prodotti come limoni, lime, mandarini. L’uso di tutti questi pesticidi è già vietato nell’UE.Le risoluzioni di accompagnamento sottolineano che i prodotti agricoli importati da paesi extra-UE devono seguire gli stessi standard dei prodotti realizzati nell’UE per garantire parità di condizioni. Consentire livelli massimi di residui più elevati per le importazioni metterebbe inoltre a repentaglio la salute dei cittadini in Europa e nei paesi produttori.522 deputati hanno votato a favore dell’obiezione alla decisione della Commissione riguardante ciproconazolo e spirodiclofen, 127 contrari e 28 astenuti. Per benomil, carbendazim e tiofanato-metile, 516 deputati hanno votato a favore dell’obiezione, 129 contrari e 27 astenuti. Per respingere le decisioni della Commissione era necessaria una maggioranza assoluta di almeno 359 deputati.La Commissione deve ora ritirare le sue proposte. I deputati chiedono alla Commissione di presentare una nuova bozza che abbassi tutti i livelli massimi di residui al limite di determinazione (la quantità minima a cui può essere rilevato) o al valore predefinito di 0,01 mg/kg per tutti gli usi e di rifiutare qualsiasi richiesta di tolleranza all’importazione.(Foto: Arjun MJ su Unsplash) LEGGI TUTTO

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    Energia rinnovabile, InvestEU: finanziamento verde BEI da 166 milioni di euro a BNZ

    (Teleborsa) – La Banca europea per gli investimenti (BEI) e BNZ – produttore indipendente di energia, controllato da Nuveen Infrastructure, che sviluppa, costruisce e gestisce progetti nell’ambito del solare fotovoltaico – hanno sottoscritto un prestito di 166 milioni di euro per la realizzazione di 17 centrali solari fotovoltaiche in Spagna, Italia e Portogallo. Si tratta – spiega la BEI in una nota – della prima tranche di un prestito complessivo da 500 milioni di euro approvato dalla BEI a favore di BNZ per sostenere la generazione di 1,7 GW di energia solare fotovoltaica in Europa meridionale entro la fine del 2026. Le 17 centrali fotovoltaiche genereranno energia verde in grado di soddisfare il consumo energetico medio annuo di oltre 390mila famiglie. Questi nuovi impianti saranno per lo più ubicati nelle regioni di coesione, dove il reddito pro-capite è inferiore alla media dell’UE, confermando l’impegno della BEI a favore della crescita economica e della convergenza tra regioni. Il finanziamento – spiega la nota – contribuisce al raggiungimento degli obiettivi climatici della BEI, rafforzandone la posizione come “banca del clima”, una delle principali priorità delineate nella Tabella di marcia strategica 2024-2027 del Gruppo BEI.”Questo nuovo investimento è un chiaro esempio di come la BEI stia promuovendo la transizione energetica, contribuendo a un modello energetico più sostenibile e sfruttando il grande potenziale offerto dai paesi dell’Europa meridionale in termini di energie rinnovabili – ha affermato Alessandro Izzo, direttore della BEI responsabile per le operazioni di Equity, Growth and Project Finance –. Il progetto rafforzerà la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e contribuirà all’autonomia strategica dell’Europa riducendo la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili”.Il progetto sostiene gli obiettivi di decarbonizzazione del Green Deal europeo ed è anche parte del piano d’azione della BEI a supporto di REPowerEU, il programma dell’UE per porre fine alla dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili incrementando l’efficienza energetica e la produzione da fonti rinnovabili.Il finanziamento della BEI è sostenuto da InvestEU, il programma di punta con cui l’UE mira a rendere disponibili oltre 372 miliardi di euro in investimenti aggiuntivi provenienti da fondi pubblici e privati per contribuire al raggiungimento degli obiettivi strategici dell’Unione nel periodo 2021-2027. “La nuova fase segnata dalla sottoscrizione del finanziamento – ha osservato Luis Selva, amministratore delegato di BNZ – mostra la solidità della nostra azienda e l’ambizione dei nostri programmi, oltre ad aprire nuovi scenari che ci consentono di sperimentare sul fronte della diversità tecnologica e geografica e di crescere in termini di volume e di team, con l’obiettivo di diventare uno dei maggiori produttori indipendenti di energia sul mercato. Vogliamo continuare a costruire un futuro più pulito e più sostenibile e l’appoggio di istituzioni finanziarie così importanti dimostra che condividiamo la stessa visione di lungo termine per un mondo migliore”.”Questo importante investimento – ha detto Francesco Cacciabue, responsabile a livello globale degli investimenti in energie pulite per Nuveen Infrastructure – segna un passo fondamentale per il progresso nel settore delle infrastrutture energetiche sostenibili nell’Europa meridionale. L’iniziativa darà un apporto significativo al raggiungimento degli obiettivi della Spagna, dell’Italia e del Portogallo in materia di energia da fonti rinnovabili e, più in generale, degli obiettivi climatici dell’Unione europea”.Nel 2023 il Gruppo BEI ha erogato finanziamenti per la sicurezza energetica in Europa del valore di oltre 21 miliardi di euro, finanziando progetti in settori quali le energie rinnovabili, l’efficienza energetica, le reti elettriche e i sistemi di stoccaggio. Questi investimenti aiutano l’Europa ad accelerare la transizione verso l’energia sostenibile e a ridurre la sua dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili.Nel luglio 2023 il Consiglio di amministrazione della BEI ha aumentato l’importo destinato ai progetti REPowerEU portandolo a 45 miliardi di euro. Il piano REPowerEU è stato ideato per porre fine alla dipendenza dell’Europa dalle importazioni di combustibili fossili. Per incoraggiare i finanziamenti a favore dell’industria manifatturiera dell’UE, la BEI amplierà inoltre il novero dei settori ammissibili includendovi le tecnologie strategiche all’avanguardia con emissioni nette di carbonio pari a zero, nonché le attività di estrazione, trasformazione e riciclaggio di materie prime critiche. L’erogazione dei finanziamenti aggiuntivi sarà avviata nell’immediato e proseguirà fino al 2027. In totale si prevede la mobilitazione di oltre 150 miliardi di euro di investimenti nei settori interessati. LEGGI TUTTO

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    Regno uniti, prezzi alla produzione sotto attese in agosto

    (Teleborsa) – Rallentano i prezzi alla produzione del Regno Unito nel mese di agosto. Secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica (ONS), l’indice dei prezzi alla produzione (output) ha registrato una variazione pari a -0,3% su base mensile, dopo il dato invariato del mese precedente e stimato dagli analisti. A livello annuale, si è registrata una variazione pari a +0,2%, contro il +0,8% del mese precedente e rispetto al +0,5% atteso. L’indice core, al netto di cibo, bevande, tabacchi e petrolio, ha segnato una variazione pari a +0,1% su mese (+0,1% a luglio), mentre è salito dell’1,3% su base annuale, dopo il +1% precedente. LEGGI TUTTO

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    Regno Unito, dato inflazione agosto in linea con attese al 2,2%

    (Teleborsa) – Risulta in linea con le attese l’inflazione del Regno Unito nel mese di agosto 2024. Secondo il report mensile dell’Office for National Statistics (ONS), i prezzi al consumo segnano un +0,3% su base mensile, in linea con il consensus, dopo il -0,2% del mese precedente. Su base annua, la crescita dell’inflazione si è attestata al 2,2%, come da attese ed in linea con la crescita registrata a luglio. Il dato core dell’inflazione, che esclude le componenti più volatili quali cibo e carburanti, ha registrato un aumento dello 0,4% su base mensile, come da consensus, dopo il +0,1% di luglio. La variazione tendenziale si attesta al 3,6%, come previsto, dal +3,3% di luglio.(Foto: © Eros Erika / 123RF) LEGGI TUTTO

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    Poste, via libera del Cdm alla privatizzazione: al MEF resterà quota superiore al 50%

    (Teleborsa) – Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, ha approvato in via definitiva il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che regolamenta l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal MEF in Poste Italiane. È quanto riporta il comunicato di Palazzo Chigi sul Consiglio dei ministri. La cessione della quota Mef dovrà comunque “determinare il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di Poste Italiane, anche per il tramite di società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, superiore al 50%”.Secondo Raffaele Roscigno, segretario generale del Slp Cisl, “è positivo che il Ministero dell’Economia abbia confermato oggi che lo Stato non scenderà sotto la soglia del 50 per cento nella quota di proprietà di Poste Italiane”. “È stata questa – ha aggiunto – la battaglia del Slp Cisl in questi mesi con il sostegno prezioso della Confederazione. Bisogna salvaguardare il grande patrimonio pubblico rappresentato dall’azienda postale, mettendola al riparo da eventuali scalate di multinazionali o di investitori selvaggi”. “Le Poste sono oggi la più grande azienda a capitale pubblico del paese con migliaia di dipendenti. Lo stato ed governi devono proteggere questo patrimonio, investire nelle Poste per difendere l’occupazione e rilanciare il ruolo pubblico di questa azienda più che mai strategica per la crescita ed il futuro del nostro paese”, ha concluso il sindacalista.Totalmente contraria alla privatizzazione invece Cgil e Slc che hanno definito l’operazione “miope e malsana”. “Gli asset strategici che portano ricchezza al Paese – hanno affermato in una dichiarazione congiunta il segretario confederale Cgil, Pino Gesmundo, ed il segretario nazionale di Slc, Nicola Di Ceglie – non si vendono, ed è sbagliato metterli in gioco per fare cassa”. Per i due sindacalisti “queste scelte sono frutto di un paese oramai allo sbando sul piano economico e industriale, una condizione confermata da tutti gli indicatori statistici. E la risposta non può essere di così corto respiro e di ricorso alle privatizzazioni”. “Ci sono asset di grande importanza per lo sviluppo della nostra economia che ora rischiano di andare nelle mani di fondi speculativi stranieri che hanno ben altri obiettivi che non la crescita del Paese”, hanno aggiunto(Foto: © GoneWithTheWind / 123RF) LEGGI TUTTO