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    USA, indice CFNAI migliora a +0,18 punti a maggio

    (Teleborsa) – Giungono segnali positivi per la crescita dell’attività economica americana. L’indice FED Chicago sull’attività nazionale (CFNAI) è pari a +0,18 punti a maggio 2024 rispetto ai -0,26 punti di aprile.La media mobile a tre mesi, sempre a maggio, si è portata a -0,09 punti rispetto ai -0,05 precedenti.L’indice CFNAI è una media pesata di ben 85 indicatori che riflettono lo stato di salute dell’attività economica nazionale.(Foto: Nik Shuliahin on Unsplash ) LEGGI TUTTO

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    Imprese, Mediobanca: “Le medie imprese performano meglio rispetto al pre-Covid”

    (Teleborsa) – Sprint delle medie imprese, punta di diamante della manifattura italiana. Tra il 2019 e il 2021, ovvero rispetto al periodo pre-Covid, hanno registrato un aumento medio del 5,6% del fatturato (contro il +4% del resto delle manifatturiere), del 4,6% delle esportazioni (contro il +4,2%) e dell’1,1% della forza lavoro (contro il +0,01%). Nel 2022 la crescita e` proseguita a conferma di un trend che dura da 27 anni. Esse sono gia` avanti sul cammino della transizione digitale: l’82,6% ha investito o investira` dal 2021 al 2026 in tecnologie 4.0 e il 37,9% adottera` l’Intelligenza Artificiale nei prossimi tre anni, soprattutto per migliorare l’efficienza interna; mentre il 69,6% ha investito o investira` in green nel periodo considerato. Dopo un 2023 all’insegna della stabilita` (+0,1% le vendite), per quest’anno le attese sono di un calo dell’1,2%. Alcune medie imprese rimangono ottimiste: quelle che operano nell’alta gamma – ovvero il 37,1% del totale – stimano una crescita delle vendite nell’ordine dell’1,8% in linea con il 2023. Mismatch tra domanda e offerta di lavoro, riduzione dei margini, competizione sui prezzi, approvvigionamento delle materie prime sono tra le principali difficolta` lamentate dalle imprese. Anche per questo una media impresa su due chiede all’Unione Europea di garantire la sicurezza energetica. E` quanto emerge nel XXIII Rapporto sulle medie imprese industriali italiane e nel Report “La competitivita` delle medie imprese tra percezione dei rischi e strategie di innovazione” realizzati dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere e presentati oggi a Modena. Si tratta di una realta` produttiva composta nel 2022 da poco piu` di 4mila imprese che da sole rappresentano il 16% del fatturato dell’industria manifatturiera italiana, il 15% del suo valore aggiunto, il 14% delle esportazioni e il 13% degli occupati totali. “Le medie imprese spingono la transizione digitale e green del Paese: al 2026 quasi la totalita` avra` investito nella digitalizzazione, rispetto alla quale crescera` molto nei prossimi anni l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, e nella sostenibilita` ambientale, puntando in larga parte sulle tecnologie finalizzate al raggiungimento di una neutralita` delle emissioni – ha detto Andrea Prete, presidente di Unioncamere –. Ma ci sono anche dei rischi che le medie imprese ci segnalano fortemente: la difficolta` di reperire e trattenere talenti, la complessita` del quadro normativo e la mancanza di sicurezza informatica”. “L’incertezza del momento – ha dichiarato Gabriele Barbaresco, direttore dell’Area Studi Mediobanca – impone alle medie imprese obiettivi chiari e selettivi, ad esempio in termini di posizionamento su mercati e linee di prodotto. Cio` richiede Capitale Umano di qualita`, arduo da reperire e trattenere, una difficolta` che, un po’ sorprendentemente, riguarda anche i siti produttivi all’estero. L’IA, sotto questo profilo, interviene come possibile fattore mitigante e si sta facendo strada nelle agende degli imprenditori, ma a sua volta richiede competenze specialistiche. Quelle meno sofisticate possono invece essere soddisfatte da lavoratori provenienti da oltre confine: in questo senso le medie imprese si candidano anche a svolgere un preziosissimo ruolo di integratori culturali”. “Il territorio ancora oggi continua ad essere un importante fattore di accumulazione e di know how anche per le medie imprese, al punto che oggi piu` del 40% di queste aziende ha sede nei distretti industriali o in sistemi produttivi locali – ha sottolineato Giuseppe Molinari, presidente del Centro Studi Tagliacarne –. Pur trattandosi di realta` molto aperte ai mercati internazionali dove esportano il 42% del fatturato, la base produttiva resta radicata ai territori di origine. Solo l’11% delle medie imprese disloca, infatti, la produzione all’estero e una grande maggioranza preferisce rifornirsi da suppliers nazionali, a testimonianza della forte affidabilita` e reputazione che, anche per queste aziende, riveste la componentistica italiana”. Mismatch al top delle preoccupazioni, oltre la meta` delle medie imprese assumera` stranieriLa forza lavoro delle medie imprese conta 555.580 dipendenti (il 25,8% sono donne e il 18% under 30). La difficolta` a reperire profili professionali adeguati e` per il 51,6% delle medie imprese in cima alle criticita` incontrate nel 2023. Anche per questo, il 52,5% ha assunto o assumera` entro i prossimi tre anni lavoratori extra-UE. In particolare, la richiesta di stranieri e` orientata principalmente all’acquisizione di operai specializzati (68,7%). Tra le altre principali difficolta` fronteggiate nel 2023 dalle imprese, il 43,5% ha subi`to una riduzione dei margini, il 36,1% la competizione sui prezzi, il 33% il mancato utilizzo della propria capacita` produttiva a causa del ridotto potere d’acquisto dei clienti, il 26,2% problemi dovuti all’approvvigionamento di materie prime. Proprio per superare le problematiche legate alla supply chain, piu` della meta` delle medie imprese punta a diversificare i fornitori, mentre circa una su tre intende rafforzare la collaborazione con i fornitori attuali (30,7%). Sicurezza energetica in cima alle richieste rivolte all’UE Per superare alcune delle principali criticita`, le medie imprese vedono nell’Unione Europea un importante alleato. In particolare, il 51,2% di queste realta` produttive ritiene che l’UE debba garantire la sicurezza energetica, il 45,5% una maggiore tutela dalla concorrenza sleale dei Paesi extra-UE, il 32,2% accordi internazionali per la sicurezza dell’approvvigionamento delle materie prime. Mentre un’impresa su quattro vorrebbe che l’Unione potenziasse il mercato unico facilitando gli scambi tra gli Stati membri. Futuro difficile da decifrare, ma l’alta gamma continua a premiare Dal 1996 le vendite delle medie imprese sono cresciute del 187,7%, superando nettamente le grandi (+130,8%). Il loro prezioso contributo allo sviluppo del Paese e` ancor piu` evidente se si considera che il recupero medio sul pre-Covid (2019-2021) e` stato migliore di quello messo a segno dal resto della manifattura italiana, tanto nel fatturato (+5,6% vs il +4%), quanto nelle esportazioni (+4,6% vs +4,2%), nel valore aggiunto (+5,6% vs +4,4%) e nella forza lavoro (+1,1% vs +0,01%). Il 2022 ha visto crescere ulteriormente il fatturato (+17,1% nominale, +2,9% a valori reali) con le vendite oltreconfine in aumento del 16,2% (3,6% deflazionato). Esse confermano dunque la grande capacita` di adattamento che le ha rese meno sensibili agli shock, ma guardano al futuro con cautela. Le incertezze del contesto competitivo hanno portato il 2023 a chiudere con vendite invariate (+0,1%) ed esportazioni in lieve incremento (+0,5%). Le prospettive per il 2024 sono invece di un calo contenuto del fatturato (-1,2%), piu` acuto sui mercati esteri (-4%) soprattutto per alcuni comparti dell’alimentare, per il metallurgico e per i settori diversificati. Note positive vengono dagli operatori dell’alta gamma (il 37,1% del totale) che hanno congedato il 2023 con vendite in incremento dell’1,8% e che si attendono una crescita di pari entita` per il 2024. Export: la recessione della Germania “pesera`” piu` della Brexit Il 41,6% del fatturato delle medie imprese italiane e` realizzato oltreconfine: Unione Europea, America del Nord e Regno Unito sono le principali destinazioni dei loro prodotti. Proprio dal mercato europeo proviene la principale minaccia alle esportazioni: per il 36,1% delle medie imprese la crisi economica della Germania produrra` effetti sfavorevoli, piu` di quanto non abbia fatto la Brexit che ha pesato negativamente solo sul 5,5% del totale. In particolare, a causa della recessione tedesca, l’83,4% prevede una riduzione dell’export, soprattutto di beni finali di consumo e materie prime o semilavorati e, in misura minore, di servizi. I rischi percepiti dalle medie imprese La gestione dei rischi riveste un ruolo fondamentale, ancor piu` in un contesto carico di incertezze. Il 70,1% delle medie imprese attribuisce un’alta e medio-alta rilevanza al rischio connesso alle difficolta` di reperimento e trattenimento delle competenze professionali; preoccupano inoltre la complessita` del quadro normativo e legale (68,8%) e il cyber risk (64,1%). I rischi inerenti alla sicurezza e agli infortuni sul lavoro destano apprensione al 58,8% delle medie imprese e sono seguiti a breve distanza da quelli derivanti dall’instabilita` geopolitica e macroeconomica (58,5%). Osservando la sinistrosita` dei rischi sopra riportati registrata negli ultimi 24 mesi, si rileva che il 44,7% delle medie imprese ha subi`to eventi avversi legati alle difficolta` di reperimento e trattenimento del personale e il 35,2% ai danni da infortuni e alle problematiche connesse alla sicurezza sul lavoro. Benche´ percepita come mediamente meno rischiosa, l’esposizione a eventi meteo di tipo catastrofale ha interessato il 29,2% del totale. Occorre infatti segnalare che il 7,3% dei comuni in cui sono localizzate le medie imprese e` esposto a un rischio idrogeologico elevato e un ulteriore 16,7% presenta una media pericolosita`. In aggiunta, il 5,4% delle aree di insediamento delle Mid-Cap e` associato a un’alta probabilita` di eventi franosi. Infine, il 33% dei territori in cui hanno sede le medie imprese e` classificato in zone ad alto rischio sismico. La gestione del rischio aziendale e` affidata per lo piu` al proprio management (69,2%). La formazione sulla gestione dei rischi e` quindi un driver di competitivita` importante, tanto che il 47% delle medie imprese ha gia` provveduto a investire in tal senso nel triennio 2021-2023 e il 47,8% lo fara` nel 2024-2026. Il 33,7% delle imprese che ha svolto tale attivita` prevede un aumento del fatturato nel 2024 contro il 27,2% che non vi ha ancora provveduto. A che punto sono le medie imprese nelle attivita` innovative, nell’IA e nel green? Prosegue il cammino verso la transizione digitale delle medie imprese: l’82,6% ha investito in tecnologie 4.0 nel triennio 2021-2023 o lo fara` entro il 2026. Tra i principali investimenti in innovazione si segnalano quelli in macchinari, attrezzature e impianti tecnologicamente avanzati che hanno riguardato il 77,7% delle medie imprese, seguiti dalle migliorie di prodotto e processo (69,6%) e dallo sviluppo di software e database operativi (51,3%). Ma ancora una volta il principale ostacolo all’innovazione e` rappresentato dalla mancanza di personale competente: se ne lamenta il 42,7% delle aziende. Al momento sono ancora poche le imprese che utilizzano l’Intelligenza Artificiale (solo il 5,8%), ma il 37,9% prevede di cominciare ad adoperarla nel prossimo triennio. Nello stesso arco di tempo, l’80% delle Mid-Cap prevede di investire in attivita` innovative volte all’efficienza e al risparmio energetico, confermando un ruolo primario anche nella transizione verde. In particolare, il 49,8% delle imprese green sta investendo in tecnologie strategiche per la neutralita` climatica (Net-Zero). La burocrazia frena oltre la meta` delle imprese all’uso del PNRR Avvalersi delle risorse del PNRR e` fondamentale per una buona parte degli imprenditori che puntano alla duplice transizione. A dirlo e` il 41,2% delle societa` che intendono investire in digitale e il 34% di quelle che hanno in programma di puntare sul green. Ma l’eccessiva burocrazia e` per il 59,1% un ostacolo all’utilizzo del Piano. Anche per questo, un quinto delle medie imprese dichiara la necessita` di dover ricorrere all’assistenza tecnica da parte delle istituzioni. LEGGI TUTTO

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    Bankitalia, nel 2023 cresce quota obbligazioni sostenibili

    (Teleborsa) – “Per facilitare la transizione ecologica, nel corso del 2023 è stato ampliato il portafoglio tematico costituito nel 2022 – incentrato su imprese dell’area dell’euro impegnate in attività strumentali per la transizione verso un’economia a basse emissioni – ed è continuato il dialogo con le aziende responsabili di gran parte delle emissioni di gas serra riferibili al portafoglio azionario”. È quanto rileva la Banca d’Italia nel “Rapporto annuale sugli investimenti sostenibili e sui rischi climatici”.Sul fronte dei titoli emessi da Stati, organismi sovranazionali e agenzie di emanazione pubblica, la Banca d’Italia evidenzia che “sono proseguiti gli acquisti di obbligazioni verdi (green bonds)”. Alla fine del 2023, precisa il rapporto, il valore di mercato degli investimenti di Bankitalia relativi al portafoglio finanziario in euro, alle riserve valutarie e al Fondo pensione complementare era pari a 189,1 miliardi di euro, “prevalentemente impiegati in titoli di Stato dell’area dell’euro e dei paesi che emettono le principali valute, in considerazione delle caratteristiche di sicurezza e liquidità di questi strumenti”. E, in particolare, per quello che riguarda il portafoglio finanziario, “la quota delle obbligazioni sostenibili, il cui acquisto è iniziato nel 2020, è cresciuta nel periodo in esame fino a raggiungere il 4% per i titoli di Stato, il 24% per i titoli sovranazionali e delle agenzie e il 5% per le obbligazioni societarie”.Bankitalia ricorda che nella politica di investimento integra obiettivi finanziari e di sostenibilità. “I primi sono di tipo tradizionale, ossia riguardano il contenimento dei rischi finanziari e la prudente ricerca del rendimento» mentre i secondi «consistono nell’inserire nell’analisi informazioni di sostenibilità” con il duplice scopo di migliorare il profilo di rischio e di rendimento degli investimenti, e di contribuire alla tutela dell’ambiente e alla sostenibilità. Anche nella gestione dei rischi la banca centrale mira a contemperare gli obiettivi di sostenibilità con quelli tradizionali (rendimento, basso rischio e liquidità) e per i portafogli di azioni e obbligazioni societarie “favorisce le imprese con le migliori prassi Esg e quelle più impegnate nella transizione climatica”. Per quello che riguarda i titoli di Stato, via Nazionale assicura che “il graduale ampliamento della quota di green bonds nel portafoglio finanziario e nelle riserve valutarie consente di migliorare il profilo di sostenibilità degli investimenti senza significativi effetti negativi in termini di rischio e rendimento”. Bankitalia ricorda comunque che è impegnata a “rivedere periodicamente la strategia di investimento per assicurare che contribuisca, nel rispetto del mandato istituzionale, al perseguimento sia degli obiettivi dell’Accordo di Parigi sia di quelli di neutralità climatica entro il 2050 stabiliti dall’Unione europea”. L’effettivo conseguimento di questi obiettivi è tuttavia condizionato da numerosi fattori, per cui la Banca “ritiene preferibile non esplicitare obiettivi climatici di breve e medio periodo per i propri portafogli, pur rimanendo convintamente impegnata” verso clima e ambiente. LEGGI TUTTO

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    Energia, verso la fine del mercato tutelato: da luglio si cambia

    (Teleborsa) – Un passaggio morbido con molti automatismi studiati dal legislatore e dall’Arera, l’Autorità che vigila sul settore dell’energia. Per accompagnare il passaggio al mercato libero dei clienti domestici non vulnerabili di energia elettrica, l’Autorità ha previsto un percorso graduale per dare la possibilità a ciascuno di scegliere l’offerta sul mercato libero più adatta alle proprie esigenze, assicurando al contempo la continuità della fornitura e adeguati obblighi informativi in capo ai venditori. Per i clienti domestici non vulnerabili di energia elettrica il servizio di maggior tutela terminerà a partire da luglio 2024. Se il cliente finale non sottoscrive un’offerta di mercato libero, a partire da luglio 2024, – spiega l’Arera – la fornitura passerà automaticamente, senza alcuna interruzione, al Servizio a Tutele Graduali (STG). In tale Servizio le condizioni contrattuali ed economiche saranno definite da ARERA anche sulla base degli esiti di procedure concorsuali. Prima della scadenza del 1 luglio 2024 è possibile chiedere di rientrare nel servizio di Maggior Tutela.Nel mercato delle tutele graduali la concorrenza delle prime aste ha portato ad una riduzione delle tariffe delle bollette della luce. Il meccanismo funziona per aree geografiche e le società elettriche, per accaparrarsi gli utenti nell’asta che si è svolta qualche mese fa, si sono date battaglia ed hanno abbassato le tariffe. Si tratta di una fase di transizione, che durerà poco meno di tre anni, dal 1 luglio 2024 al 31 marzo 2027, durante la quale ogni cliente verrà assegnato al venditore selezionato dall’Arera nell’area geografica in cui si trova.Giovedì l’Arera diffonderà l’adeguamento dei prezzi delle bollette della luce secondo le vecchie regole e ricorderà l’arrivo delle nuove. “Quello di giovedì – ha detto il presidente dell’Arera Stefano Besseghini – sarà l’ultimo aggiornamento trimestrale per come li abbiamo conosciuti fino ad oggi, ma nei fatti non cambia molto. I clienti domestici che oggi sono in maggior tutela, passeranno automaticamente in tutele graduali senza far nulla e non dovranno far nulla neanche i cittadini vulnerabili, che resteranno nel regime di tutela. Solo chi è nel libero e desiderasse rientrare in maggior tutela, per poi essere trasferito come gli altri alle tutele graduali, dovrà affrettarsi a chiederlo entro il 30 giugno. I meccanismi sui quali come Autorità abbiamo lavorato in questi mesi, puntavano proprio a rendere più automatici possibile i passaggi e devo registrare con soddisfazione che questo sta avvenendo”. Il servizio a tutele graduali “presenta vantaggi sia economici, sia contrattuali”, spiega il presidente dell’associazione Consumerismo Luigi Gabriele. Per gli utenti che rientrano in questo servizio “è stato calcolato un risparmio in termini di denaro di 130 euro all’anno – aggiunge Gabriele –. Inoltre, nel servizio a tutele graduali il contratto è determinato dalle condizioni date dall’autorità, qui nessuno può rifiutarsi di rifornirmi, al contrario del mercato libero”. Anche secondo Assoutenti il passaggio alle tutele graduali è vantaggioso. “Il Servizio a Tutele Graduali, grazie alle aste condotte da Acquirente Unico, consentirà risparmi medi in bolletta di circa 131 euro annui a famiglia ma in pochi lo sanno” sottolinea Assoutenti denunciando il flop della campagna informativa sulla fine del mercato tutelato dell’energia elettrica. “I numeri forniti da Arera, infatti, – spiega Assoutenti – certificano come a maggio 2024 solo 13.823 utenti abbiano abbandonato il mercato libero per rientrare nel mercato tutelato (7.752 ad aprile, 5.239 a marzo). Ma il vero paradosso è che ciò accade nonostante il mercato libero sia chiaramente meno conveniente rispetto al tutelato – denuncia Assoutenti –. Sempre i dati forniti da Arera certificano che a marzo 2024 la media delle offerte sul mercato libero effettivamente scelte dai consumatori presentava una tariffa pari a 0,33 euro al kWh per i contratti a prezzo fisso e 0,32 euro/kWh per quelli a prezzo variabile, contro 0,22 euro/kWh del mercato tutelato. Tradotto in soldoni, la bolletta media della luce per una famiglia del mercato libero con consumi pari a 2.700 kWh annui si attesta a 891 euro all’anno in caso di prezzo fisso e 864 euro per il prezzo variabile, contro una media di 594 euro annui sul mercato tutelato. Le tariffe sul mercato libero risultano così più care in media del 47,7% rispetto a quelle in vigore sulla maggior tutela, con una maggiore spesa che per i contratti a prezzo fisso sfiora in media i +300 euro annui (+297 euro, per l’esattezza)”.”Mancano oramai pochissimi giorni per poter rientrare nella maggior tutela: se non viene concessa la proroga che abbiamo chiesto per la fine del mercato tutelato, – afferma il presidente onorario e responsabile energia di Assoutenti, Furio Truzzi – occorre subito una norma che consenta a chi è nel mercato libero di entrare in modo diretto nel servizio a tutele graduali, anche dopo la data del 30 giugno”.Chi vuole tornare al mercato tutelato (e, dunque, al nuovo servizio a tutele graduali) potrà farlo liberamente fino al 30 giugno, inviando una domanda alla società che gestisce per la propria area il servizio di maggior tutela. Farà fede la data di ricezione della richiesta. Dopo quella data potranno lasciare il mercato libero solo coloro che ne hanno i requisiti, come ad esempio un’età superiore ai 75 anni. LEGGI TUTTO

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    Meloni vede Orban: divisi in Ue, asse sui temi

    (Teleborsa) – Due strategie politiche differenti nella nuova Ue, ma un asse rinsaldato su temi come migrazioni e denatalità: è la fotografia scattata dal faccia a faccia durato oltre un’ora tra la premier Giorgia Meloni e Viktor Orban, ricevuto a Palazzo Chigi con focus sulla grande partita europea delle nomine. L’arrivo del primo ministro ungherese a Roma rientra nel tour ristretto da lui organizzato tra Germania, Italia e Francia, prima di prendere la guida (dal 1 luglio) del semestre di presidenza europeo.Meloni afferma di “condividerne le priorità, a partire dalla decisione di inserire la sfida demografica”, Orban rilancia annunciando che in tema di migrazioni “appoggerà tutto ciò che la premier ha proposto”, perché “o c’è “un progetto di sviluppo per l’Africa o ci sarà una migrazione di massa che non potremo gestire”. Linea comune che si estende anche a difesa e competitività. La differente posizione sulla guerra in Ucraina, invece, rappresenta il bivio da cui i due premier prendono strade diverse: Meloni dialogante con il Ppe e al lavoro per un posto di rilievo per l’Italia in commissione; Orban nettamente all’opposizioni e durissimo contro “il patto partitico sui top jobs” che non rispecchia lo spirito originario dell’Unione.Eppure tra i due c’è aria d’intesa. A Orban in Ue serve la sponda di Meloni e viceversa. “L’Italia è uno dei nostri alleati più importanti nel raggiungimento dei nostri obiettivi nel campo della migrazione e della competitività. Grazie per la vostra ospitalità, primo ministro Giorgia Meloni!”, twitta il primo ministro ungherese durante l’incontro.”Le nostre posizioni non sono sempre coincidenti ma apprezzo la posizione ungherese in Ue e Nato che consente agli alleati di assumere decisioni importanti anche quando non è d’accordo. Con Viktor abbiamo ribadito il sostegno all’indipendenza e sovranità ucraina”, sottolinea la Premier che gioca su due piani.Mentre si prepara a dialogare con la maggioranza lavorando sul tavolo dei top jobs per ottenere quanto più possibile per l’Italia, tesse la rete con le altre destre europee. LEGGI TUTTO

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    Giappone, prezzi servizi rallentano a maggio

    (Teleborsa) – Rallenta la crescita dei prezzi del settore servizi in Giappone a maggio. Il dato, comunicato dalla Bank of Japan, indica un incremento del 2,5%, come nel mese precedente e contro il +2,.7% del mese precedente. Su base mensile, il dato registra una variazione pari a -0,1%, dopo il +0,7% rivisto del mese precedente. LEGGI TUTTO

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    Giappone, leading indicator aprile rivisto al ribasso a 110,9 punti

    (Teleborsa) – Peggioramno più dle previsto le condizioni economiche del Giappone nel mese di aprile. Il leading indicator è stato rivisto al ribasso a 110,9 punti dai 111,6 preliminari, e risulta in calo dello 0,8% rispetto ai 112,2 punti del mese precedente. Lo rende noto il Cabinet Office del Giappone nella sua lettura definitiva. Nello stesso periodo l’indice coincidente sulle condizioni attuali sale dell’1% a 115,2 punti dai 114,2 punti precedenti, mentre l’indice differito (lagging index) sulle condizioni future scende a 105,9 punti dai 106,1 punti precedenti. LEGGI TUTTO

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    Energia, Corte conti Ue: “Ancora scarsa solidarietà tra paesi sul gas”

    (Teleborsa) – Nonostante la crisi dei prezzi dell’energia, la solidarietà energetica tra i Paesi Ue fatica ad affermarsi. E Se l’Ue vuole essere pienamente preparata ad affrontare una nuova crisi del gas vi è ancora molto da fare. Questo il monito che arriva dall’ultima relazione della Corte dei Conti dell’Ue. Al centro della relazione la risposta dell’Unione alla crisi di approvvigionamento del gas trainata dalla guerra di Russia in Ucraina.Nel dettaglio – si legge nella relazione – dei 40 possibili accordi di solidarietà sulle forniture di gas che l’Ue stima come “necessari” per la sicurezza collettiva, solo 9 sono stati sottoscritti finora. In tale scenario la Corte dei Conti dell’Ue ha individuato nella “maggiore dipendenza dal gas naturale liquefatto e la necessità di decarbonizzare parte del proprio consumo di gas” le principali sfide che il Continente si troverà a dover affrontare. I revisori di Lussemburgo avvertono che molti Stati membri “sono ancora riluttanti a firmare accordi bilaterali di solidarietà” e addirittura che “alcuni paesi dell’Ue taglierebbero persino le forniture di gas a un paese vicino in caso di emergenza”. In caso di “gravi emergenze per l’approvvigionamento di gas”, gli Stati Ue possono stipulare accordi bilaterali o trilaterali con Paesi vicini che dovrebbero fornire su richiesta gas per soddisfare tale domanda. Alla fine del 2018, secondo i revisori di Lussemburgo, nessun accordo bilaterale in Ue era stato sottoscritto, mentre oggi la relazione ne conta in tutto 8, con i dati aggiornati al 2023: tra Germania e Danimarca (stipulato nel 2020); tra Germania e Austria (2021); tra Estonia e Lettonia (2022); Lituania e Lettonia (2022); Italia e Slovenia (2022); Finlandia ed Estonia (2022); Danimarca e Svezia (2023); Slovenia e Croazia (2023). Il nono e ultimo in ordine di tempo – che la relazione non inserisce nell’elenco perché stipulato a marzo – è quello siglato tra Germania, Italia e Svizzera. Il dato è che neppure la crisi scoppiata dopo l’invasione dell’Ucraina da febbraio 2022 ha contribuito ad aumentare in maniera significativa il numero di accordi bilaterali. Guardando al futuro, la Corte conclude che l’Ue deve consolidare il quadro per l’accessibilità economica del gas. I revisori di Lussemburgo ripercorrono le misure messe in campo dalla Commissione Ue per contrastare la crisi dei prezzi, e confermano che alla fine del 2023 l’Ue era riuscita a diversificare le proprie fonti di approvvigionamento di gas abbandonando quello russo mentre i prezzi si erano stabilizzati, raggiungendo i livelli pre-crisi agli inizi del 2024. Sostengono inoltre di non poter stabilire il “valore aggiunto” sulla stabilità del prezzo del gas dato dalla piattaforma per gli acquisti congiunti di gas dato che «il picco» dei prezzi si era già fortemente ridotto quando è entrata in attività.(Foto: © Iaroslav Danylchenko /123RF) LEGGI TUTTO