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    Bank of England conferma tassi al 5,25%. Comitato diviso

    (Teleborsa) – Il Monetary Policy Committee (MPC) della Bank of England ha votato per aumentare il tasso di interesse chiave di 25 punti base al 5,25%. La decisione era attesa dal mercato alla luce del recente dato sui prezzi al consumo che ha registrato un inatteso calmieramento al 6,7% ad agosto.Secondo quanto riporta un comunicato diffuso al termine della riunione, il direttorio si è sostanzialmente spaccato: cinque membri avrebbero votato per lo status quo, mentre altri quattro avrebbero preferito un ulteriore aumento dei tassi da 25 punti base.L’istituzione prevede che l’inflazione torni al valore obiettivo del 2% nel secondo trimestre del 2025. LEGGI TUTTO

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    Lavoro, INPS: in primi sei mesi saldo positivo un milione contratti

    (Teleborsa) – Nel primo semestre dell’anno le assunzioni attivate dai datori di lavoro privati sono state 4.287.000, in leggera flessione rispetto allo stesso periodo del 2022 (-1%), ma comunque superiori al livello prepandemico del primo semestre 2019. Le cessazioni sono state 3.286.000, in diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-3%). Il saldo nei primi sei mesi è dunque positivo (+1.001.308 contratti). Lo rileva l’osservatorio dell’Inps sul precariato.In flessione, rispetto al 2022, risultano quelle di contratti in somministrazione (-9%), a tempo indeterminato (-6%) e in apprendistato (-4%). Tutti gli altri contratti registrano una leggera crescita: lavoro intermittente +3%, stagionali +2% e tempo determinato +1%. Si registra altresì una lieve flessione per tutte le classi di dimensione aziendale: fino a 15 dipendenti -1%, da 16 a 99 dipendenti -0,3%, per 100 e oltre -2%. Per quanto riguarda le tipologie orarie l’incidenza del part time è rimasta stabile sia per l’insieme delle assunzioni a termine (37%) che per quelle a tempo indeterminato (32%). Le trasformazioni da tempo determinato nel corso del primo semestre del 2023 sono risultate 400.000, in lieve aumento rispetto allo stesso periodo del 2022 (+5%), ma comunque inferiori al livello straordinario del primo semestre 2019 (quando erano risultate 420.000). Contemporaneamente le conferme di rapporti di apprendistato giunti alla conclusione del periodo formativo risultano in flessione rispetto al corrispondente semestre 2022 (-19%).Al calo del 3% delle cessazioni nei primi sei mesi dell’anno, spiega l’Inps, concorrono i contratti a tempo indeterminato (-8%), i contratti in somministrazione (-7%) e i contratti in apprendistato (-6%). In controtendenza invece risultano i contratti a tempo determinato (+1%), i contratti stagionali (+3%) e quelli di lavoro intermittente (+4%). Le attivazioni di rapporto di lavoro incentivati, considerando sia le assunzioni che le variazioni contrattuali, presentano complessivamente una variazione pari al -7% rispetto al semestre dell’anno precedente. In particolare gli esoneri contributivi totali per i giovani e le donne hanno registrato un’importante flessione rispetto allo stesso periodo del 2022. L’agevolazione “Decontribuzione Sud” segna ancora una crescita (+5%) confermandosi come l’agevolazione di maggior impatto, quantomeno per il numero di dipendenti coinvolti. Nei primi sei mesi dell’anno c’è stata una “forte riduzione” dei licenziamenti di natura economica (-18%) rispetto al primo semestre dello scorso anno. Calano anche i licenziamenti disciplinari (-12%) e le dimissioni (-3%). Sono invece in leggero aumento le cessazioni per risoluzione consensuale.Il report segnala anche che nel primo semestre del 2023 è “praticamente completato” il processo di ritorno della cassa integrazione guadagni a “consistenze fisiologiche”, dopo il massimo e straordinario sviluppo registrato ad aprile 2020 con 5,6 milioni di dipendenti interessati. A maggio 2021 i lavoratori in Cig risultavano scesi a poco meno di 1,5 milioni con una media mensile pro capite di 69 ore. Nel corso del 2022, dopo le oscillazioni invernali e la riduzione nella primavera e l’estate, si registra un lieve aumento negli ultimi mesi dell’anno. A giugno 2023 i cassintegrati risultano 255.000, con una media di 39 ore pro capite LEGGI TUTTO

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    Banche centrali, Svezia e Norvegia alzano i tassi di interesse

    (Teleborsa) – Contrariamente alla Fed, ieri e alla Banca centrale svizzera, oggi, che hanno deciso per un mantenimento dello status quo dei tassi di interesse, le istituzioni centrali di Svezia e Norvegia hanno optato per un ritocco all’insù del costo del denaro.In entrambi i casi, l’aumento è stato di 25 punti base. La Riksbank, la Banca centrale svedese, ha deciso di alzare il riferimento sul costo del denaro, al 4%. Nel comunicato diffuso al termine del direttorio avverte che potrebbe aumentare ancora i tassi. La banca centrale della Norvegia ha a sua volta alzato il livello di riferimento, al 4,25%. In questo caso l’istituzione precisa che un ulteriore aumento “è probabile” e che dovrebbe essere operato a dicembre.Tra poco è attesa la decisione della Banca d’Inghilterra. LEGGI TUTTO

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    Mediobanca: industria regge a inflazione ma lavoratori penalizzati

    (Teleborsa) – Nel 2022 l’industria italiana ha retto all’inflazione, coi margini che migliorano rispetto al periodo pre-Covid, ma questo non si può dire per i lavoratori, che è stata la componente maggiormente penalizzata in termini di potere d’acquisto, con una perdita stimata intorno al 22%. Lo rileva il rapporto dell’Area Studi Mediobanca sui “Dati Cumulativi”, indagine annuale sulle società industriali e terziarie italiane di grande e media dimensione. L’inflazione ha gonfiato i ricavi delle imprese: il fatturato delle 2150 imprese esaminate ha segnato nel 2022 un incremento annuo nominale del 30,9%, superando in valore assoluto i 1.000 miliardi di euro. L’industria ha chiuso l’anno con vendite in aumento del 36,2% (ma senza le attività petrolifere ed energetiche l’incremento si attesta al +15,3%). Gran parte delle variazioni sono tuttavia alimentate dall’inflazione: tenuto conto della variazione dei prezzi alla produzione, la crescita reale delle vendite si è attestata al +0,6%. L’industria in senso stretto segna il +1,4% mentre la manifattura il +1,3%, sostenuta da moda, elettronica e farmacosmesi. Le 2.150 società hanno registrato un incremento della propria forza lavoro (+1,7%), con alcuni segmenti più performanti di altri come la filiera del made in Italy (+2,6%). Il costo medio unitario del personale (aggregato) ha riportato un aumento del 2% su base annua, ma la forza lavoro è la componente maggiormente penalizzata in termini di potere d’acquisto, con una perdita stimata intorno al 22% per il 2022. Sul fronte dei margini, è la manifattura a mostrare la maggiore capacità di gestire i costi dell’inflazione, assorbendone l’impatto e riuscendo a segnare una significativa progressione della redditività rispetto ai cinque anni ante-Covid: l’Ebit margin è salito dal 5,3% al 6% (+13,2%) e il Roe dall’8,2% all’11,2% (+36,6%). Secondo Mediobanca, le imprese della manifattura affrontano le incertezze della congiuntura con cautela, con proiezioni positive sulle vendite totali e oltreconfine del 2023 (+6%). Questi aumenti potrebbero tuttavia attestarsi su valori reali decisamente più contenuti a causa dell’inflazione, difficilmente quantificabili per l’attuale dinamica dei prezzi.Nel 2022 gli investimenti materiali, espressi a prezzi costanti in moneta del 2013, hanno segnato un lieve incremento sul 2021 (+0,3%) portandosi in termini assoluti su valori che rappresentano il massimo del decennio. Questo valore si spiega con la progressione degli investimenti manifatturieri (+4,3%) al cui interno sono notevoli gli avanzamenti delle imprese medio-grandi (+11,2%) e delle produzioni riferibili alla filiera del made in Italy (+10,4%). Il terziario, in coerenza con i propri risultati economici, ha ridotto invece gli investimenti del 4,6% rispetto al 2021. La struttura finanziaria complessiva delle imprese analizzate è rimasta solida nel 2022, esprimendo un rapporto tra debiti finanziari e mezzi propri pari all’81,6%, in linea con i livelli medi su cui il sistema si era stabilizzato nel quinquennio 2015- 19 (pari all’82,8%). Il comparto manifatturiero registra un Debt equity ratio ancora più equilibrato al 46,2% nel 2022 (contro il 52,9% medio del periodo 2015-19) Al rafforzamento della solidità patrimoniale concorre inoltre l’incremento delle disponibilità, il cui rapporto sui debiti finanziari è passato dal 21,9% del 2015-2019 al 23,1% del 2022, dato ancora più marcato per la manifattura (in crescita dal 30,1% al 33,2%). Il miglioramento patrimoniale ha consentito, peraltro, di fronteggiare in maniera adeguata i primi effetti della crescita dei tassi di interesse.Il report Mediobanca rileva, appunto, l’ inflazione record come nel 1980, ma le imprese italiane mostrano oggi profili finanziari maggiormente adatti a far fronte all’aumento dei prezzi, anche se il costo del lavoro si è praticamente dimezzato nel corso del tempo. In dettaglio, per ritrovare un impatto dell’inflazione di portata comparabile al 2022 bisogna risalire al 1980. La variazione di fatturato registrata nel 1979-80 è pari al +31,6%, analoga ai livelli del 2021-22, che si sono attestati al +30,9%. LEGGI TUTTO

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    Sicilia, a rischio fondi UE per oltre 1,6 miliardi

    (Teleborsa) – Le risorse dei fondi strutturali destinati alla Sicilia sono quelle più a rischio disimpegno del ciclo di programmazione 2014-2020 della Politica di Coesione. Lo rileva l’analisi dei dati disponibili sul portale della coesione della Commissione europea. Per la Sicilia mancano all’appello, tra Fesr e Fse, oltre 1,6 miliardi di euro.Per non perdere risorse europee il nostro Paese dovrebbe assorbire i fondi ancora non spesi né rendicontati entro il 31 dicembre 2023. Ma, a giugno 2023, la Sicilia aveva speso e rendicontato solo il 61,7% del Fondo di sviluppo regionale (Fesr) – circa 2,6 miliardi su 4,2 – e il 65,4% del Fondo sociale europeo (Fse), che ammonta in totale a circa 820 milioni di euro.La Regione ha registrato progressi molto lenti, aumentando la spesa di appena qualche punto percentuale negli ultimi due anni e per questo potrebbe vedersi costretta a disimpegnare le risorse che non verranno allocate in tempo. Ieri, intanto, Svimez nell’audizione nelle Commissioni di Senato e Camera sull’attuazione del PNRR ha rilevato che su 15,9 miliardi di euro di interventi del PNRR definanziati in base alla revisione del Piano elaborata dal governo, circa il 46% riguarda progetti del Mezzogiorno e “non tutti erano segnalati come critici nell’attuazione” precisando che “non tutti gli interventi soggetti a definanziamento erano identificati come critici nella Relazione del maggio scorso”.In particolare, sul totale delle misure definanziate pari a 15,9 miliardi, Svimez stima che quelle che interessano interventi localizzati nelle regioni meridionali ammontano a 7,6 miliardi, ossia quasi il 48% LEGGI TUTTO

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    Migranti, Meloni punta sull’ONU: “Italia non sarà campo profughi d’Europa”

    (Teleborsa) – “Non permetterò che l’Italia diventi il campo profughi d’Europa“. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni a margine della cerimonia con cui ha deposto una corona di fiori al monumento di Cristoforo Colombo a New York. Per la Presidente del Consiglio ora “bisogna dichiarare guerra ai trafficanti di uomini”. “Per me è importante […] LEGGI TUTTO

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    Wilson, Ad Ryanair: “bene istruttoria Antitrust”

    (Teleborsa) – “È benvenuta l’istruttoria dell’Antitrust, speriamo che si estenda anche su altri aspetti, purché porti trasparenza per tutti”. Lo ha detto Eddie Wilson, amministratore delegato di Ryanair, nel corso della presentazione a Palermo della stagione invernale della compagnia irlandese.”Caro-voli? Abbiamo cercato di spiegare nel corso dell’incontro col presidente della Regione siciliana che le compagnie non controllano i prezzi ma la capacità di riempire i vettori – dice Wilson – il caro-voli è dipeso dalla compagnia di bandiera che è sparita e ha ridotto tanti collegamenti tra la Sicilia e la Sardegna. Meno voli, costi più alti”. “Per questo vogliamo aumentare le tratte in Sicilia e la nostra compagnia è una delle poche che può farlo. Stanno arrivando altri 400 aeromobili che si aggiungono alla flotta aerea”, ha concluso Wilson. Nella giornata di oggi, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un procedimento per possibile abuso di posizione dominante di natura escludente da parte di Ryanair Dac, primo operatore nel trasporto aereo di linea passeggeri nei voli nazionali e da e per l’Italia. Secondo quanto ipotizzato nel provvedimento, avviato a seguito di varie segnalazioni ricevute a partire dallo scorso mese di maggio, Ryanair farebbe leva sulla posizione dominante detenuta nei mercati in cui opera per estendere il proprio potere anche nell’offerta di altri servizi turistici (ad esempio hotel e noleggio auto) ai danni delle agenzie di viaggio – online e offline – e dei clienti che se ne avvalgono per comprare tali servizi. LEGGI TUTTO

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    Fisco, Leo: “Prime misure a costo zero, si parte dal tax gap”

    (Teleborsa) – Le prime misure previste dalla riforma fiscale entreranno in vigore a partire dal primo gennaio 2024 e saranno quelle che non prevedono alcuna copertura finanziaria. Fra le prime misure, entrerà in vigore il meccanismo del concordato preventivo biennale per le piccole e medie imprese e l’allargamento del meccanismo di compliance alle imprese medio grandi con fatturati fino a 100 milioni di euro.Lo ha spiegato il viceministro dell’Economia Maurizio Leo a Telefisco de il Sole 24 ore sottolineando che “l’obiettivo è di ridurre il tax gap dell’Italia che viene calcolato fra i 75 e i 100 miliardi – ha spiegato Leo – con il concordato preventivo la piccola impresa può aderire alla proposta del fisco, e se aderisce, tutto quello che guadagna in più nel secondo anno fiscale non viene tassato, è quindi esente da imposizione”.Leo ha anche spiegato che la preoccupazione del governo è legata ai conti pubblici. “A causa dell’aumento dei tassi – ha detto – l’Italia avrà un’ulteriore spesa per interessi relativi ai titoli del debito pubblico per circa 14-15 miliardi e dobbiamo essere assolutamente prudenti”.Per avere un quadro più chiaro bisognerà aspettare il 27 settembre prossimo con l’arrivo dei documenti della NaDEF. La prima norma da rinnovare è quella del cuneo fiscale che va rinnovata dal primo gennaio del 2024. Però se ci saranno le condizioni – ha proseguito il viceministro dell’Economia – potremo costruire un meccanismo a tre aliquote con l’aliquota del 23% che abbraccia le prime due e quindi con una tassazione al 23% fino a redditi da 28mila euro; oggi ci si ferma a 15mila. Se ci saranno tutte le condizioni passeremo a un sistema a tre aliquote”. LEGGI TUTTO