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    Codici a Ivass: “Chiarezza e trasparenza sul passaggio da Eurovita a Cronos”

    (Teleborsa) – In merito al caso Eurovita – la compagnia assicurativa finita sotto tutela grazie ad un accordo di settore fra banche ed assicurazioni – l’associazione Codici richiama l’attenzione di Ivass. In una lettera all’Istituto l’associazione avanza sette quesiti con la finalità di fare chiarezza sul passaggio alla newco “per tutelare i risparmiatori”. “L’associazione Codici – si legge in una nota – sta seguendo e rappresentando numerosi consumatori che hanno stipulato contratti con Eurovita e stanno manifestando una crescente preoccupazione per la scarsa trasparenza verso le soluzioni adottate da autorità ed istituti privati. Nasce proprio da questi timori la lettera ad Ivass con cui si chiedono una serie di chiarimenti”.(Foto: by rawpixel on Unsplash) LEGGI TUTTO

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    Germania, PIL 2° trimestre confermato al -0,2% su base annua

    (Teleborsa) – L’economia della Germania è debole nel secondo trimestre del 2023. Lo conferma la lettura finale diffusa dall’Ufficio statistico federale tedesco: il PIL del 2° trimestre evidenzia una variazione nulla su base trimestrale, uguale alla stima preliminare e al consensus (+0%). Nel trimestre precedente si era registrata diminuzione dello 0,1%.Senza sorprese anche il dato su base tendenziale, che evidenzia un dello 0,2%. Le stime degli analisti, la lettura preliminare e la lettura del trimestre precedente si assestavano al -0,2%.”Dopo i leggeri cali dei due trimestri precedenti, in primavera l’economia tedesca si è stabilizzata”, afferma Ruth Brand, presidente dell’Ufficio federale di statistica. LEGGI TUTTO

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    Oxfam: “La crisi climatica asseterà il mondo. A rischio vaste aree in Africa, Medio Oriente a Asia”

    (Teleborsa) – Nei prossimi anni e decenni aree sempre più vaste e spesso poverissime del pianeta saranno colpite da una sempre maggiore carenza d’acqua. Una crisi idrica di portata epocale che diverrà sempre di più conseguenza diretta della crisi climatica, poiché causata in gran parte dal riscaldamento globale accelerato dalle emissioni di gas serra, con conseguenze drammatiche sull’aumento di fame, malattie e migrazioni forzate di massa. Basti pensare che in soli 10 tra i Paesi al mondo più colpiti dai cambiamenti climatici – Somalia, Haiti, Gibuti, Kenya, Niger, Afghanistan, Guatemala, Madagascar, Burkina Faso e Zimbabwe – la malnutrizione cronica potrebbe aumentare di oltre un terzo entro il 2050, colpendo 11,3 milioni di persone in più rispetto ad oggi. È l’allarme lanciato da Oxfam in occasione della Settimana mondiale dell’acqua con il primo di una serie di rapporti, che fotograferanno una crisi che determinerà il futuro del pianeta. Il dossier – prendendo in esame 20 dei principali Paesi colpiti dalla crisi idrica e climatica in 4 aree del mondo – denuncia un’emergenza che già oggi colpisce 2 miliardi persone nel mondo che non hanno accesso adeguato all’acqua e che entro il 2050 potrebbe colpire 1 miliardo di persone in più. Una data entro la quale si potrebbero registrare fino a 216 milioni di migranti climatici interni a livello globale, tra cui 86 milioni solo in Africa sub-sahariana.”Il riscaldamento globale causato dalle emissioni di gas serra e dall’uso di petrolio, carbone e gas, sta portando ad una terribile crisi idrica globale, che deve essere affrontata prima che sia troppo tardi per tantissimi – spiega Paolo Pezzati, policy advisor sulle emergenze umanitarie di Oxfam Italia –. Quella che abbiamo di fronte è una delle più gravi minacce che l’umanità si trova ad affrontare e a pagarne il prezzo più alto sono già i Paesi più poveri e meno preparati, che paradossalmente spesso sono anche i meno responsabili delle emissioni inquinanti. Ne abbiamo già la dimostrazione plastica nel nostro lavoro quotidiano per portare acqua alle comunità più colpite in tutto il mondo. I nostri ingegneri sono costretti a scavare pozzi sempre più profondi, più costosi e più difficili da mantenere in funzione, spesso solo per trovare falde già esaurite o inquinate. Ad esempio, in Africa orientale, alle prese con la peggiore siccità degli ultimi 40 anni, in media 1 pozzo su 5 che scaviamo oggi è già asciutto, là dove dovrebbe esserci acqua. I terreni sono aridi e dobbiamo scavare sempre più a fondo o impiegare tecnologie di desalinizzazione che a volte non funzionano, con costi sempre maggiori, proprio mentre gli aiuti internazionali per fronteggiare l’emergenza idrica stanno calando”.La crisi climatica in Africa orientale e occidentale – In vaste zone dell’Africa orientale oltre 32 milioni di persone al momento sono alla fame estrema a causa di 5 anni di siccità, emergenza aggravata dai conflitti in corso e dalla crescita dei livelli di povertà. Altre zone della stessa regione sono invece colpite da alluvioni improvvise e piogge imprevedibili, che devastano i raccolti e i mezzi di sussistenza della popolazione allo stesso modo della siccità. E la situazione è destinata peggiorare. Il rapporto di Oxfam rivela infatti come, entro il 2040, l’Africa orientale potrebbe essere colpita da un aumento dell’8% delle precipitazioni, che provocherà un ciclo di inondazioni e siccità che porterebbe a un aumento potenzialmente catastrofico del 30% del deflusso superficiale delle acque, che riduce la ricarica delle acque sotterranee e abbassa la falda freatica, peggiorando la siccità soprattutto per il settore agricolo e per tutte quelle persone che dipendono dai pozzi d’acqua per sopravvivere. Un fenomeno che quindi produrrà un impatto devastante sull’impoverimento dei terreni, che verranno privati delle sostanze nutritive essenziali per i raccolti e aumenterà il rischio che molte infrastrutture essenziali vengano distrutte dalle alluvioni. La conseguenza ad esempio potrebbe essere l’aumento esponenziale di casi di malaria che entro il 2030 potrebbe colpire tra 50 e 60 milioni di persone in più, rispetto ad uno scenario in cui si escludesse l’impatto della crisi climatica. In modo simile anche l’Africa occidentale sarà colpita dalla crisi idrica. Entrambe le regioni stanno già affrontando infatti ondate di calore più intense dell’8-15% e cali della produttività del lavoro dell’11-15%, a causa di migrazioni di massa di comunità costrette a spostarsi per sopravvivere a fame e povertà estrema, cambiamenti nelle colture, perdita di bestiame e l’intensificarsi di conflitti causati proprio dalla scarsità d’acqua. A livello globale si stima che negli ultimi 20 anni quest’ultimi siano quadruplicati, rispetto al periodo 1980-99. “Il riscaldamento globale sta aumentando la frequenza e la gravità dei disastri, che colpiranno sempre più duramente negli anni a venire, mentre l’enorme mancanza di investimenti nel rafforzamento dei sistemi idrici sta lasciando i Paesi più poveri e vulnerabili del tutto impreparati ad affrontare nuovi disastri naturali – continua Pezzati –. Già oggi, a causa della durissima siccità che colpisce queste aree dell’Africa, molti dei sistemi idrici installati da Oxfam stanno diventando insufficienti a garantire l’acqua necessaria alle comunità più colpite, e molti pastori e piccoli allevatori, ad esempio, sono costretti a migrare per cercare nuovi pascoli. In Corno d’Africa sono già morti oltre 13 milioni di capi di bestiame a causa della siccità. Nel frattempo in Sud Sudan le inondazioni stanno spazzando via le strutture igienico-sanitarie, inquinando e quindi rendendo inservibili le fonti d’acqua dolce disponibili. Mentre aumenta la diffusione di malattie, come il colera, che vengono contratte per l’uso di acqua contaminata”.Medio Oriente verso aumento esponenziale del prezzo dell’acqua – Un’altra delle aree più colpite dalla crisi idrica è e sarà il Medio Oriente, dove entro il 2040 le precipitazioni potrebbero calare al punto tale da provocare una forte diminuzione della portata dei fiumi e dei livelli di acqua disponibile nei bacini idrici. Le ondate di calore aumenteranno del 16%, provocando un crollo della produttività del lavoro del 7%, mentre i prezzi dell’acqua aumenteranno esponenzialmente di pari passo con una sempre maggiore necessità e domanda d’acqua. Tutto questo provocherà anche un aumento dell’insicurezza alimentare in Paesi spesso già attraversati da conflitti lunghissimi e atroci, come lo Yemen e la Siria; o in Paesi come l’Iraq, (uno degli stati al mondo più vulnerabili agli effetti della crisi climatica) che sta già affrontando una delle più gravi siccità di sempre, che ha colpito un’area vastissima del Paese. Al momento 7 milioni di persone sono senz’acqua, cibo ed elettricità e tanti agricoltori sono costretti ad abbandonare terreni e animali per migrare verso città e centri urbani. Nella provincia di Diyala, nel nord dell’Iraq, ad esempio, le alte temperature hanno prosciugato le riserve d’acqua da cui dipende la sussistenza della popolazione, compreso il lago artificiale Hamrin, che in buona parte è diventato una pianura desertica.In Asia il livello del mare potrebbe salire di mezzo metro entro il 2100 – In Asia, invece, vastissime aree saranno colpite dall’innalzamento del livello del mare, che potrebbe superare il mezzo metro entro il 2100 e dallo scioglimento dei ghiacciai. Questo provocherà inondazioni e renderà inservibili molte delle falde acquifere da cui dipendono centinaia di milioni di persone, lungo le zone costiere. Le ondate di calore aumenteranno in media dell’8% e la produttività del lavoro calerà del 7%, con un conseguente aumento della povertà e delle migrazioni. Uno scenario in cui malattie come la malaria e la dengue potrebbero crescere del 183%.I fattori che aggravano la crisi idrica globale – Se i cambiamenti climatici sono il fattore scatenante della crisi idrica globale che ci troviamo di fronte, sono diverse le concause che stanno lasciando milioni di persone nei Paesi più poveri e vulnerabili del tutto impreparate ad affrontarne le conseguenze, lungo un trend destinato a peggiorare nel tempo. Tanti gli esempi: decenni di investimenti insufficienti nei sistemi idrici, una gestione inadeguata del sistema delle acque, l’erosione, l’inquinamento e lo sfruttamento eccessivo delle falde acquifere sotterranee, solo per citarne alcuni. Mancano all’appello 2,5 miliardi di dollari per affrontare l’emergenza – Nonostante quanto sta già accadendo e le previsioni per il prossimo futuro, l’anno scorso da parte dei Paesi donatori è stato finanziato appena il 32% dei 3,8 miliardi di dollari richiesti dalla Nazioni Unite per garantire acqua pulita e servizi igienico-sanitari adeguati nelle aree di crisi più colpite, lasciando i Paesi più a rischio di scarsità d’acqua, senza le risorse necessarie per gli investimenti in infrastrutture idriche adeguate ed essenziali. “Continuando con gli attuali livelli di emissioni stiamo andando incontro ad uno scenario drammatico. – conclude Pezzati – Le nazioni ricche e più inquinanti, non possono continuare a far finta di nulla, al contrario è cruciale che riducano immediatamente e drasticamente le loro emissioni e che aumentino gli aiuti ai Paesi più poveri e a rischio. Siamo ancora ancora in tempo per correggere la rotta, ma dobbiamo agire in fretta!”. L’appello ai Governi: servono 114 miliardi l’anno per affrontare la crisi idrica globale – Oxfam lancia quindi un appello urgente ai Governi perché riorientino importanti investimenti nell’adeguamento dei sistemi idrici nazionali, rendendola una priorità politica;sostengano l’obiettivo delle Nazioni Unite di destinare 114 miliardi di dollari all’anno per affrontare l’emergenza idrica e igienico-sanitaria a livello globale. Risorse fondamentali per salvare tantissime vite oggi e che avranno un impatto positivo per il raggiungimento di quasi tutti gli altri obiettivi definiti dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. LEGGI TUTTO

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    USA citano in giudizio SpaceX per discriminazione nelle assunzioni

    (Teleborsa) – Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha intentato oggi una causa contro SpaceX, azienda spaziale fondata da Elon Musk, per aver discriminato i richiedenti asilo e i rifugiati nelle assunzioni. La causa sostiene che, almeno da settembre 2018 a maggio 2022, SpaceX ha regolarmente scoraggiato i richiedenti asilo e i rifugiati dal fare domanda per un posto di lavoro e ha rifiutato di assumerli o prenderli in considerazione, a causa del loro status di cittadinanza, in violazione dell’Immigration and Nationality Act (INA).Negli annunci di lavoro e nelle dichiarazioni pubbliche per diversi anni, SpaceX ha affermato erroneamente che, in base alle normative federali note come “leggi sul controllo delle esportazioni”, SpaceX poteva assumere solo cittadini statunitensi e residenti permanenti legittimi, a volte indicati come “titolari di carta verde”. Le leggi sul controllo delle esportazioni non impongono però tali restrizioni alle assunzioni. Inoltre, il permesso dei richiedenti asilo e dei rifugiati di vivere e lavorare negli Stati Uniti non scade e, ai sensi delle leggi sul controllo delle esportazioni, essi si trovano su un piano di parità con i cittadini statunitensi e i residenti permanenti legittimi. In base a queste leggi, aziende come SpaceX possono assumere richiedenti asilo e rifugiati per le stesse posizioni in cui assumerebbero cittadini statunitensi e residenti permanenti legittimi. “La nostra indagine ha rilevato che SpaceX non ha considerato o assunto in modo equo i richiedenti asilo e i rifugiati a causa del loro status di cittadinanza e ha imposto quello che equivaleva a un divieto sulla loro assunzione indipendentemente dalla loro qualifica, in violazione della legge federale”, ha affermato l’assistente procuratore generale Kristen Clarke, della Divisione per i diritti civili del Dipartimento di Giustizia.Il Department of Justice fa anche notare che SpaceX recluta e assume per una varietà di posizioni, tra cui saldatori, cuochi, operatori di gru, baristi e lavastoviglie, nonché specialisti di informatica, ingegneri del software, analisti aziendali, ingegneri missilistici e professionisti del marketing. I lavori in questione nella causa non si limitano a quelli che richiedono titoli di studio avanzati, viene sottolineato. LEGGI TUTTO

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    Economia circolare: investire conviene ma mancano le competenze

    (Teleborsa) – Sempre più aziende italiane e il loro management conoscono le applicazioni dell’economia circolare e si dimostrano molto sensibili a riguardo. Il 62% delle imprese dichiara di conoscere bene il concetto di economia circolare, un deciso progresso rispetto al 41% dello scorso anno. È quanto emerge dall’edizione 2023 dell’Osservatorio CleanTech dal titolo “Sostenibilità Ambientale, Economia Circolare ed Efficienza Energetica nelle PMI e nelle Grandi Imprese” realizzato in collaborazione con Innovatec, i cui risultati sono stati presentati da Circularity, PMI innovativa attiva nell’ambito della sostenibilità e dell’economia circolare. L’obiettivo dello studio è stato quello di approfondire la sensibilità e i comportamenti delle aziende in materia di sostenibilità ambientale, economia circolare ed efficientamento energetico. La seconda edizione della ricerca – condotta da Eumetra per conto di Innovatec e Circularity – è stata realizzata intervistando un campione rappresentativo di 450 PMI e grandi imprese italiane (da 10 a oltre 250 dipendenti) con l’obiettivo di restituire una fotografia del percorso verso uno sviluppo sostenibile intrapreso dalle imprese italiane, degli investimenti green avviati e dei loro obiettivi futuri in materia di sostenibilità ed economia circolare.”Questa seconda edizione dell’Osservatorio CleanTech – commenta Camilla Colucci, co-founder e CEO di Circularity – mostra diversi dati in crescita rispetto al 2022, il che è sicuramente incoraggiante, anche se c’è ancora molto da fare. I risultati dell’indagine confermano che gli imprenditori italiani sono consapevoli che la sostenibilità sia oggi imprescindibile perché il proprio business sia duraturo. È chiaro che un cambio di paradigma richieda un intervento strutturale, un ridisegno dei processi aziendali, investimenti significativi e soprattutto competenze. Per questo motivo, Circularity nasce per supportare le imprese italiane in questo percorso di transizione, mediante strumenti digitali, come la Circularity Platform, oltre che l’erogazione di percorsi formativi sui temi ESG e l’attivazione di servizi di consulenza tecnico-strategica”. Vantaggi economici e competitivi per le aziende – Gli intervistati dichiarano di aver acquisito una maggiore consapevolezza sui vantaggi concreti che gli investimenti in progetti di sostenibilità possono portare, anche dal punto di vista industriale. Come emerge dai dati raccolti dall’indagine, infatti, il 62% delle aziende italiane, quasi 2 su 3, dichiara che gli investimenti nella sostenibilità e nell’economia circolare hanno generato un maggiore ritorno economico. Non solo: il 50% delle aziende intervistate dichiara di aver migliorato la propria reputazione e il 33% aggiunge di aver ottenuto anche un vantaggio competitivo rispetto ai competitor. Un impegno crescente negli ultimi anni quello sui temi dell’economia circolare che il tessuto industriale italiano non vuole diminuire in futuro: quasi la metà delle aziende italiane, il 44%, ha infatti intenzione di investire ancora di più in progetti di sostenibilità nei prossimi anni, mentre il 37% dichiara che investirà di più in progetti di economia circolare. Aumenta il numero di imprese italiane che investono nell’economia circolare – Raddoppiano in un anno le imprese italiane che hanno investito nell’economia circolare, ma il dato resta ancora basso (16% delle imprese nel 2023, rispetto al 9% del 2022). Il dato è significativamente più alto nelle grandi imprese che nel 40% dei casi – dunque quasi la metà – ha realizzato investimenti per diventare più circolare. Gli investimenti riguardano soprattutto l’approvvigionamento di materiali riciclati (64%) e il riciclo di scarti di produzione (61%), mentre solo il 14% degli investimenti è destinato a progetti di simbiosi industriale, un segnale ulteriore di come la circolarità sia sempre più percepita come un elemento essenziale dal tessuto industriale italiano. L’incremento degli investimenti in questo ambito è la dimostrazione che le imprese iniziano a credere nell’utilità dell’economia circolare.La mancanza di competenze è il principale ostacolo – L’Osservatorio si focalizza anche sulle barriere che bloccano gli investimenti. Per quasi la metà delle imprese intervistate (47%) è la mancanza di competenze in azienda ad ostacolare l’impegno verso la sostenibilità, e il dato risulta in crescita rispetto al 36% rilevato lo scorso anno. Per il 41% delle imprese la normativa è ancora troppo complicata (nel 2022 lo dichiarava il 16% delle imprese), a maggior ragione sui temi della circolarità. La tecnologia non sembra invece essere un problema: ne lamenta la mancanza solo il 12% del campione. LEGGI TUTTO

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    Combustibili fossili, FMI: “Balzo record a 7mila miliardi”

    (Teleborsa) – Con i governi che hanno aiutato i consumatori e le imprese durante il balzo dei prezzi dell’energia causati dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e dalla ripresa economica della pandemia, lo scorso anno i sussidi per i combustibili fossili sono saliti alla cifra record di 7mila miliardi di dollari. È quanto emerge da un working paper del Fondo Monetario Internazionale. I sussidi elargiti – rileva il report del Fmi – rappresentano il 7,1% del pil globale, ovvero più di quanto i governi spendono ogni anno sull’istruzione (4,3% del totale) e due terzi di quanto spendono per la sanità (10,9%). LEGGI TUTTO

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    Fast fashion, Shein e Forever 21 siglano accordo per unire le forze

    (Teleborsa) – Shein, azienda di vendita online di fast fashion cinese, e Forever 21, catena statunitense di negozi di abbigliamento, hanno siglato un accordo in base al quale Shein acquisirà circa un terzo delle azioni di Sparc Group, la società madre di Forever 21. Sparc diventerà inoltre azionista di minoranza di Shein.Sebbene Shein e Forever 21 abbiano acquirenti simili, li soddisfano in modi diversi. Shein vende la sua merce online, mentre Forever 21 è noto soprattutto per i suoi negozi nei centri commerciali.Le società prevedono che l’accordo espanderà la distribuzione di Forever 21 sulla piattaforma di e-commerce globale di Shein, che ha 150 milioni di utenti online, oltre a offrire l’opportunità di testare le vendite e i resi dei prodotti Shein nei negozi fisici Forever 21 negli Stati Uniti, hanno affermato le società in un comunicato congiunto.(Foto: Marcus Urbenz on Unsplash) LEGGI TUTTO

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    Giansanti: “Surplus agro-industriale positivo per 7,5%”

    (Teleborsa) – “È evidente che gli effetti del cambiamento climatico sono davanti a tutti noi. Alla luce di quello che dice il ministro Giorgetti (ossia che la manovra economica sarà complicata e non si potrà fare tutto ndr) io ho un pò le mani legate perché avrei tanto da chiedere al Governo. In un mercato così difficile, noi oggi abbiamo un settore primario condizionato dalla speculazione e dalla necessità del Governo di far scendere i prezzi al consumo”. È quanto ha affermato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, intervenendo al Meeting di Rimini. “Riteniamo – ha aggiunto – che il modello francese, basato su come si va a formare il prezzo della filiera industria basato su come si va a formare il prezzo della filiera industriale, sia il modello giusto. So a quanto vendo il mio latte. Quando uno va a comprare il latte non lo compra per il cartone ma per il latte dentro, quindi devo capire se il valore del latte vale il 25% del prezzo alla vendita, il rimanente 75% è tra cartone, pubblicità e tutti quelli che sono i passaggi a valle dei margini di guadagno. Una legge come quella francese – ha concluso – che permette di stabilire quali sono e come si stabilisce il margine all’interno della filiera industriale sarebbe opportuna. Poi ci sono altre misure, come quella voluta dal ministro Lollobrigida insieme al ministro Giorgetti, quella della card che a mio avviso va rilanciata per l’anno prossimo, mettendo al centro i prodotti dell’agricoltura che sono direttamente sul banco della grande distribuzione, quindi ortofrutticoli e carni. Ma, soprattutto, chiediamo al governo un costo del lavoro più basso perché dove i margini sono strettissima la differenza la si fa sui costi”.”Mentre tutto va male, il sistema agro-industriale del Paese, negli ultimi anni, è invece andato molto bene. Il surplus commerciale oggi è positivo per 7,5 miliardi e quindi, se ripensiamo al 2015, l’anno di Expo, eravamo con una bilancia commerciale negativa e con un valore dell’export di 28 miliardi, oggi siamo a 62 miliardi e con una bilancia commerciale positiva di 7,5 miliardi” ha detto Giansanti a margine del Meeting di Rimini. “E, soprattutto – ha aggiunto – con un dato molto interessante che è quello delle esportazioni nei Paesi extra-Ue. Mentre la Francia è scesa dal 19% al 17% l’Italia è aumentata, nello stesso periodo del 12%. Questo sta a significare che i nostri prodotti sui mercati internazionali performano e performano bene. In dieci anni dal 2013 al 2022”. Giansanti ha poi posto l’accento sui danni relativi all’alluvione in Emilia-Romagna. “Ci troviamo di fronte a qualcosa di storico negativo, perché i danni sono stati incalcolabili. Si stima una variabile tra un miliardo e mezzo e 2 miliardi per ora stimati da aziende agricole. Abbiamo avuto una serie di incontri anche nelle settimane scorso col governo. Mi auguro e spero che rispetto a quanto definito col governo si passi adesso alla perimetrazione e definizione delle aree colpite dai danni e che nel minor tempo possibile possano arrivare i ristori – ha detto il presidente di Confagricoltura – Mi dice, il governo, che entro autunno questi ristori arriveranno. Aspettiamo fiduciosi e sono convinto che le promesse seguono i fatti, perché se ciò non dovesse avvenire non c’è solo un problema di danno nell’anno in corso, ma anche di continuità aziendale perché se non ho le risorse per poter far fronte alle necessità per l’anno prossimo mi troverei in difficoltà e perderei due anni. L’importante non farsi tirare per la giacca da nessuno, perché le cose vanno fatte bene perché le imprese non possono aspettare e non possono essere tirate per la giacca. Vedo che c’è molta polemica da una parte e dall’altra, noi siamo imprenditori. Noi vogliamo parlare con governo nazionale, regionale, ognuno che ha responsabilità deve far fronte alle proprie responsabilità”. Sul fronte del salario minimo, per il presidente di Confagricoltura, la centralità va data alla contrattazione. “Io credo nel contratto che firmiamo con i sindacati – ha commentato Giansanti –. Nel momento in cui viene stabilita una tariffa oraria con i rappresentanti dei lavoratori, ritengo che quella tariffa prevista sia equa. L’elemento su cui bisogna continuare a lavorare è la centralità dei contratti di lavoro. Il problema sta nei contratti ‘pirata’. Anche in agricoltura – ha spiegato – noi abbiamo una serie di soggetti che si presentano alle porte delle aziende, che non sono necessariamente ‘caporali’ visto che si sono dati una veste giuridica e fanno anche la fattura, che offrono proposte estremamente vantaggiose, che vanno a destrutturare la contrattazione tra le associazione che rappresentano le imprese e i sindacati che rappresentano i lavoratori. È evidente che la centralità deve essere all’interno del contratto e soprattutto nella possibilità di costruire un modello in cui alla domanda corrisponda l’offerta, mentre oggi purtroppo a domanda non sempre corrisponde un’offerta ed è quello lo spazio in cui spesso si incunea quel mondo grigio con contratti che non richiamano né i contratti dell’agricoltura né i contratti del commercio e che rischiano di destrutturare il sistema, creando condizioni di disparità sia fra i lavoratori che fra le stesse imprese: l’azienda che ha un costo del lavoro più basso – ha proseguito – risulta più competitiva rispetto a quella vicina che rispetta il contratto di lavoro con le organizzazioni sindacali rappresentative dei lavoratori. Definire un numero per il salario minimo non significa nulla perché a quel punto dovremmo indicare anche il salario massimo per definire tutti i livelli e le scalette: ecco perché la centralità va data alla contrattazione”. Infine, parlando di migranti, Giansanti ha affermato che “il modello dei flussi va migliorato”. “Certamente come dato positivo – ha detto – riscontriamo l’aumento del numero delle persone che sono state assegnate rispetto al governo precedente. È troppo lungo e complesso il modello con cui si regola l’ingresso. Primo perché c’è il click day, quindi troppo spesso la domanda di una azienda che ha bisogno viene scartata perché ci mette troppo a caricarla, poi i tempi per avere l’autorizzazione: noi generalmente facciamo la domanda un anno per l’altro mentre invece dovremmo fare la domanda per l’anno in corso. Poi c’è il tema della formazione che diventa fondamentale. Noi dobbiamo fare la formazione su questi operai direttamente nei loro paesi di origine”. LEGGI TUTTO