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    Decreto lavoro non convince i Sindacati: le ragioni della mobilitazione

    (Teleborsa) – Il decreto lavoro varato dal Governo nel Consiglio dei Ministri del primo maggio non piace ai sindacati che sono pronti alla mobilitazione. “È una mobilitazione importante lanciata da Cgil, Cisl e Uil, inizia sabato a Bologna, proseguirà a Milano e si concluderà a Napoli il 20 maggio, e credo che sia assolutamente importante perché quel decreto non va nella direzione di cui abbiamo bisogno”. Lo ha detto il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, parlando con i giornalisti a margine di una iniziativa della Filcams Cgil a Firenze.”È un decreto che allarga la precarietà, estende i voucher, liberalizza i contratti a termine, mentre una delle ragioni dei bassi salari nel nostro paese è che c’è troppa precarietà. Una delle ragioni degli infortuni, delle malattie sul lavoro, delle morti sul lavoro è la troppa precarietà. è il sistema degli appalti libero che si è determinato in questi anni, e su questi temi il decreto va nella direzione opposta di quello che noi stiamo chiedendo, e di cui c’è bisogno”, ha sottolineato. “La questione salariale non si può affrontare una tantum, c’è bisogno di interventi strutturali, questo non lo è”, inoltre, ha aggiunto, “abbiamo chiesto anche il ripristino del cosiddetto drenaggio fiscale, perché se tu aumenti il lordo ma non metti mano al sistema di tasse che c’è oggi il mio netto è sempre più basso ed è mangiato due volte dall’inflazione. E poi c’è un tema di fondo: il governo non ha messo un euro per il rinnovo dei contratti pubblici, e per aumentare i salari tu devi rinnovare tutti i contratti, sia nei settori pubblici sia nei settori privati. Se il governo come datore di lavoro per primo non mette un euro per rinnovare i contratti pubblici, è un messaggio che viene dato anche alle categorie private che devono invece arrivare al rinnovo dei contratti” ha concluso Landini.”Noi siamo il paese che ha la precarietà più alta d’Europa, i salari più bassi d’Europa, ma i livelli di profitto più alti in assoluto. Il governo non affronta questi temi, e continua secondo noi a colpire una parte. Questo vuol dire non avere una visione, e vuol dire non essere in grado di affrontare e dare un futuro ai giovani che sono costretti in molti casi ad andarsene dal nostro paese”, prosegue Landini che chiede al Governo un maggior coinvolgimento. “La mobilitazione l’abbiamo decisa prima di questo decreto, perché sono mesi che il governo non sta discutendo con nessuno, e in questi quattro mesi ha trovato il tempo di convocarci domenica sera alle 19 per dirci che il giorno dopo faceva un decreto”. conclude. “Così non funziona, ma non perché non c’è rispetto del sindacato, bensì perché senza il contributo e la partecipazione di chi lavora questo paese non lo si cambia”. LEGGI TUTTO

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    USA, ADP: ad aprile 296 mila occupati in più, sopra le attese

    (Teleborsa) – Molto meglio del previsto l’andamento dei nuovi posti di lavoro nel settore privato statunitense ad aprile 2023. Gli occupati del settore privato hanno registrato infatti un aumento di 296 mila posti di lavoro, dopo i 142 mila del mese precedente (dato rivisto da un preliminare di 145 mila). Le attese dagli analisti indicavano un aumento di 148 mila unità. È quanto indica il report della Automated Data Processing (ADP), che ogni mese pubblica questo report sul mercato del lavoro sulla base dei dati aggregati pervenuti dal settore privato non agricolo. Tale report precede quello ufficiale del Dipartimento del Lavoro che verrà pubblicato venerdì prossimo, 5 maggio 2023.La crescita maggiore è quella del settore dei servizi (+229 mila), in particolare Leisure/hospitality (+154 mila) e Education/health services (+69 mila). Nel settore manifatturiero i posti di lavoro diminuiscono di 38 mila unità, mentre in quello delle costruzioni aumentano di 53 mila unità.A livello dimensionale, le piccole imprese hanno registrato un aumento degli occupati di 121 mila, mentre le imprese di medie dimensioni registrano un incremento di 122 mila e l’industria di grandi dimensioni una crescita di 47 mila.”Il rallentamento della crescita salariale fornisce il segnale più chiaro di ciò che sta accadendo nel mercato del lavoro in questo momento – ha dichiarato Nela Richardson, chief economist di ADP – I datori di lavoro stanno assumendo in modo aggressivo mentre tengono sotto controllo i guadagni salariali mentre i lavoratori escono dai margini. I nostri dati mostrano anche che meno persone stanno cambiando lavoro”.(Foto: Foto di Saulo Mohana su Unsplash) LEGGI TUTTO

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    Patto Stabilità, Meloni punge Bruxelles: “miope non considerare scenario cambiato”

    (Teleborsa) – Nei giorni scorsi la Commissione Europea ha presentato la sua proposta per la riforma del Patto di Stabilità e Crescita, ovvero le regole di governance economica dell’Ue. Invariati i valori di riferimento del 3% e del 60% del PIL per il deficit e il debito. Al termine del piano sulla spesa concordato da ciascuno Stato per il medio termine (4 anni) il rapporto tra debito pubblico e PIL dovrà essere più basso.Una proposta salutata senza troppo entusiasmo da Roma. Se infatti il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha definito la proposta legislativa di riforma della Commissione come “un passo avanti” che consentirà di non tornare al vecchio Patto, sospeso dall’inizio della pandemia grazie alla clausola di salvaguardia, non ha nascosto la delusione per la mancata regola della ‘golden rule’, per scomputare cioè dai conti gli investimenti strategici. “Noi avevamo chiesto con forza l’esclusione delle spese d’investimento, ivi incluse quelle tipiche del Pnrr digitale e green deal, dal calcolo delle spese obiettivo su cui si misura il rispetto dei parametri. Prendiamo atto che così non è”, aveva detto. Proprio in quest’ottica, sono arrivate anche le parole pronunciate ieri dalla Premier Meloni che ha incontrato il cancelliere federale della Repubblica d’Austria, Karl Nehammer. “Abbiamo parlato di come l’Europa debba lavorare per garantire la sicurezza anche in ambito economico. La pandemia e la guerra di aggressione russa hanno cambiato lo scenario e questo non può non essere tenuto in conto nel momento in cui andiamo a definire le nuove regole del patto di stabilità”, ha detto il Presidente del Consiglio. “Rispetto alla proposta – ha aggiunto – vista della commissione pensiamo non si possano non tenere in considerazione gli investimenti per questo, sarebbe una scelta miope” inoltre “parlare di transizione verde digitale e poi non tener conto degli investimenti”. “Con l’Austria è essenziale una collaborazione assidua sia quella bilaterale sia nel consesso europeo: spesso stessa linea, stessa visione. S’è creato un feeling del quale sono molto contenta. Soffriamo ambedue la forte pressione migratoria e intendiamo collaborare di più. Insieme abbiamo chiesto un cambio di paradigma a difesa dei confini esterni”, continua Meloni. “Ci sono questioni aperte, come il traffico pesante in Austria. Lavoriamo per una soluzione condivisa, e sono contenta delle aperture espressa dal Cancelliere”. “Le nostre relazioni commerciali sono in crescita. Intendiamo intensificare queste infrastrutture. Sul tema dell’energia dobbiamo guardare avanti”, ha concluso. “Ci legano il passato e il presente concernente anche l’alleanza contro la criminalità e l’immigrazione illegale, le persone che fanno sfruttamento” dei migranti “questo colpisce entrambi i Paesi: l’Italia” non può essere “sotto scacco” e “su questo serve portare avanti nuove misure, un nuovo paradigma” e “procedimenti analoghi a quelli della Danimarca, sia noi che l’Italia”, ha detto Nehammer al termine dell’incontro a Palazzo Chigi. “Grazie, sono contento che tu venga a Vienna”, ha concluso rivolgendosi a Meloni nell’ottica di rinsaldare ancora l’asse. LEGGI TUTTO

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    Riforma fiscale, Leo: “Ipotesi ridurre tasse su tredicesime dipendenti”

    (Teleborsa) – Una retribuzione straordinaria come ad esempio la tredicesima potrebbe essere assoggettata a una tassazione più bassa. Questa – ha spiegato il viceministro dell’Economia Maurizio Leo in audizione alle commissioni riunite Finanze di Camera e Senato sulla riforma fiscale – è una delle ipotesi a cui sta lavorando il governo “per mettere più soldi nelle tasche degli italiani nell’ultimo mese dell’anno”. Nulla, tuttavia, è ancora deciso. “È una cosa che già c’è nella delega, dobbiamo sperimentare e vedere come costruirla. È tutto da valutare in base alle risorse” ha precisato il Viceministro. “Un’idea – ha proseguito Leo – potrebbe essere quella di detassare la tredicesima, dobbiamo trovare le compatibilità finanziarie. Però quello potrebbe essere un beneficio che viene dato ai lavoratori dipendenti in un momento delicato dell’anno. Questa è un’idea, vediamo se a fronte dell’idea si può fare una concretizzazione”. Extraprofitti – “Purtroppo il meccanismo degli extraprofitti basato sui flussi Iva non ha colto nel segno. Rispetto agli 11 miliardi attesi, ne abbiamo incassati solo 2,8. Quindi c’è un differenziale di 8. Questa forse è una preoccupazione e vedremo come e se va coperta” ha detto Leo. Non è invece, attualmente, allo studio l’ipotesi di una tassa sugli extraprofitti delle banche.Fringe benefit – I fringe benefit – ha detto il Viceministro – “oggi sono fermi a 258 euro, che sono le vecchie 500mila lire. Nel provvedimento di ieri, e questo pensiamo di fare in modo che questa cosa venga stabilizzata, abbiamo detto: se il datore dà dei fringe benefit, soprattutto per le bollette o altre emergenze, fino a 3mila euro, il lavoratore le deduce e ne ha un beneficio”. Flat Tax – “Non vogliamo prendere in giro nessuno. Dobbiamo avvicinarci entro fine legislatura alla flat tax” ha detto Leo.Cedolare secca – Per il settore dei redditi immobiliari – ha spiegato il Viceministro – “vorremmo introdurre una cedolare secca anche su immobili non abitativi, commerciali”.Taglio cuneo fiscale – “Il testo del decreto lavoro non lo abbiamo visto, ma penso che a questa cifra ci si possa arrivare – ha detto il viceministro dell’Economia rispondendo in audizione ad una domanda sul valore del nuovo taglio del cuneo di ulteriori 4 punti che il Mef ha stimato in circa 100 euro in media –. Faremo dei carotaggi con la Ragioneria generale dello Stato. Penso che sia una cifra verosimile”.Aliquote Irpef – “Il primo intervento, compatibilmente con le risorse che verranno reperite e recuperate, e trovando anche risorse con la prossima legge di bilancio, sarà di rimettere mano all’imposta sul reddito delle persone fisiche, l’Irpef, che presenta una serie di criticità: lo faremo ridisegnando tutto il percorso imposizione Irpef, lavorando su diverse categorie reddituali – ha detto Leo –. Faremo degli interventi già dal 2024 per portarci a tre scaglioni dai 4 attuali e tre aliquote”. Le risorse per ridurre l’Irpef possono essere trovate secondo il Viceministro sul fronte dei crediti di imposta. “La voce più rilevante e su cui si possono ottenere importanti risultati è quella dei crediti imposta: abbiamo 227 crediti di imposta, che cubano circa 36 miliardi. Su questi penso che si possa fare un intervento di pulizia, per fare in modo di mettere le risorse risparmiate a servizio della riduzione dell’Irpef. Ma – ha detto Leo – lo si farà compatibilmente con le risorse finanziarie”. Evasione fiscale – “Laddove c’è la cosiddetta evasione per necessità, si possono applicare sì le sanzioni amministrative ma non quelle penali – detto il viceministro dell’Economia –. Un intervento che tuttavia per evitare polemiche dobbiamo affidare alla sensibilità del parlamento”. Dati alla mano Leo ha affermato che l’anno scorso c’è stato un recupero di 20 miliardi per la lotta all’evasione. “L’amministrazione finanziaria – ha proseguito – sta facendo il suo dovere, ma qui il problema è che l’evasione è sempre alta dai 75 ai 100 miliardi. Se non si cambia verso non si va da nessuna parte: per questo bisogna andare a queste metodologie ex ante, concordato preventivo e cooperative compliance. L’amministrazione sta facendo il suo lavoro, egregiamente, ma la dobbiamo aiutare a cambiare meccanismi di accertamento”. Testi unici – I materiali previsti dalla delega per la riforma del fisco “sono testi unici e codice. Sui testi unici già ci stiamo lavorando e pensiamo in tempi rapidi, già all’inizio dell’anno, di poter avere a disposizione dei testi organici della materia su cui poi verranno calate le modifiche. Se facciamo già un’opera di riordino è già un passo avanti nel sistema tributario in vista poi di fare il codice tributario” ha detto Leo. Web Tax – “Sulla tassazione digitale noi oggi abbiamo la web tax che ci dà un gettito non molto significativo, 300 milioni. Ma non possiamo andare oltre quel meccanismo perché qui c’è un convitato di pietra in questa materia che sono altri paesi al di là dell’Atlantico, che ci invitano essere cauti perché se aumentiamo la web tax ci potrebbero essere delle ritorsioni sui dazi – ha detto il viceministro dell’Economia –. Quindi la strada che si deve perseguire è quella della global minimum tax che ora è prevista a livello europeo. C’è un altro filone allo studio. Il nostro obiettivo è muoverci con la massima cautela”. LEGGI TUTTO

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    Auto, MIT: ad aprile vola il mercato con 125.805 immatricolazioni (+29,21%)

    (Teleborsa) – Ad aprile 2023 sono state immatricolate 125.805 autovetture a fronte delle 97.365 iscrizioni registrate nello stesso mese dell’anno precedente, pari ad un aumento del 29,21%. I trasferimenti di proprietà sono stati 370.132 a fronte di 357.473 passaggi registrati ad aprile 2022, con un aumento del 3,54%. Il volume globale delle vendite mensili, pari a 495.937, ha interessato per il 25,37% vetture nuove e per il 74,63% vetture usate. Complessivamente, nei primi quattro mesi dell’anno, sono state vendute 552.850, pari al 26,89% in più dell’analogo periodo dell’anno scorso. Questi i dati comunicati oggi dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.Nel dettaglio il gruppo Stellantis ha immatricolato nel mese di aprile in Italia 42.791 auto, il 23,4% in più dello stesso mese del 2022. La quota è pari al 34,1% a fronte del 35,6%. Nei primi quattro mesi dell’anno le auto vendute da Stellantis sono 186.918, in crescita del 17,7% con la quota che scende dal 36,4% al 33,9%. Ad aprile nella top delle auto più vendute, al primo posto c’è Fiat Panda (7.367 unità), seguita da Fiat 500 (3.753), Lancia Ypsilon (3.720), Dacia Sandero (3.496), Fiat 500 X (2.772), Ford Puma (2.634), Peugeot 3008 (2.585), Volkswagen T-Roc (2.481), Peugeot 208 (2.259) e Jeep Renegade (2.198). Fra i costruttori Stellantis registra una quota di mercato del 34,1%, seguita da Volkswagen al 18,7%, Renault al 10%, Hyundai al 5,9%, Ford 5,9%, Bmw 5,1%”La situazione dl mercato italiano – sottolinea Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – è comunque allineata a quella del mercato dell’Unione Europea, con però una importante differenza nella composizione delle immatricolazioni. In tutta l’Unione cresce la quota delle auto elettriche che nei principali paesi è già da tempo a due cifre, mentre in Italia siamo ancora ben lontani da questa situazione. Il Governo ha dichiarato di voler rivedere il sistema degli incentivi in vigore che sta dando risultati molto modesti proprio per auto elettriche e dintorni, ma a tutt’oggi alle parole non sono ancora seguiti i fatti. E tra l’altro va segnalato che fra le intenzioni dichiarate dal Governo vi è anche quella di rifinanziare gli incentivi per l’acquisto di autovetture tradizionali (con emissioni comunque contenute) con l’obiettivo di accelerare la sostituzione del parco circolante italiano, che è il più vecchio d’Europa, con tutto quello che ne consegue i termini di sicurezza della circolazione di inquinamento. Sostituire le auto più vecchie con soluzioni verdi fa certamente bene all’ambiente – osserva Quagliano – ma fa bene all’ambiente e alla sicurezza della circolazione anche rottamare vetture ante Euro4 e sostituirle con nuove auto Euro6″.”C’è da augurarsi che si lavori fattivamente, in modo coordinato con tutti i soggetti coinvolti e con una strategia pragmatica,per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni al 2035 – afferma Michele Crisci, presidente dell’UNRAE cherappresenta in Italia le Case automobilistiche estere – .In questa ottica – aggiunge Crisci – continuiamo a sollecitare da tempo, siamo arrivati a maggio, e i dati dimostrano che gli incentivi all’acquisto di autovetture a basse emissioni non stanno funzionando: in aprile infatti la CO2 media è cresciuta del 2,9%. È urgente una loro riformulazione, con innalzamento dei tetti di prezzo e l’inclusione di tutte le persone giuridiche con bonus a importo pieno. Aspettiamo quindi una convocazione del Tavolo Automotive, di cui non si hanno più notizie, per lavorare di comune accordo verso obiettivi condivisi. Inoltre – prosegue Crisci – è necessario recuperare i ritardi accumulati sul fronte delle infrastrutture, accelerando l’installazione di colonnine di ricarica sia private che pubbliche, in particolare lungo le autostrade e strade statali, evitando la formazione di nuovi divari geografici all’interno del Paese e, anzi, andando a sanare quelli già esistenti”. Il presidente dell’UNRAE chiede pertanto di “accelerare l’emanazione delle norme previste dai decreti MASE e di quelle per l’acquisto e l’installazione di colonnine di ricarica da parte di privati e condomini, senza dimenticare una politica infrastrutturale ad ampio raggio e diorizzonte lungo anche per il rifornimento di idrogeno, in linea con la nuova direttiva AFIR”. Crisci ricorda anche che la discussione in Parlamento sul DDL Delega Fiscale “rappresenta l’opportunità attesa da tempo per rivedere la fiscalità per le auto aziendali in uso promiscuo, modulando la detraibilità Iva e deducibilità dei costi in base alle emissioni di CO2, con una parallela riduzione del periodo di ammortamento a tre anni, perché – conclude – le auto aziendali possono svolgere il ruolo di traino nella diffusione della mobilità a zero emissioni”.”Ad aprile 2023, il mercato auto italiano realizza la quarta crescita mensile consecutiva a doppia cifra (+29,2%) – afferma Paolo Scudieri, presidente di ANFIA – anche grazie al confronto con un aprile 2022 che aveva chiuso in forte calo(-33%) a causa dell’attesa dell’effettiva entrata in vigore delle misure di incentivazione. A proposito di effetto attesa, onde evitarlo nei prossimi mesi, chiediamo di accelerare la rimodulazione degli incentivi attualmente in vigore per l’acquisto di vetture a bassissime e zero emissioni e di provvedere alla riallocazione degli oltre 250 milioni di euro avanzati dall’ecobonus 2022 per l’incentivazione delle fasce 0-20, per supportare la ripresa e la crescita del mercato delle auto elettriche (BEV), anche aumentandone l’incentivo unitario, e 61-135 g/km di CO2. Alle buone performance del mercato di questo inizio 2023 ha probabilmente contribuito anche lo sblocco degli ordini rimasti inevasi nei mesi precedenti a causa dei rallentamenti nella catena di fornitura, per via della crisi dei microchip e delle materie prime”. LEGGI TUTTO

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    Tlc, Report I-Com-WINDTRE 2023: “Le semplificazioni funzionano ma 5 misure sono ancora insoddisfacenti”

    (Teleborsa) – Migliora l’impatto delle misure di semplificazione normativa a sostegno dello sviluppo infrastrutturale in Italia, ma permangono ostacoli alla realizzazione di nuove opere sui territori ed è ancora frequente il superamento dei termini previsti per legge per il rilascio delle autorizzazioni. Sono queste alcune delle evidenze più rilevanti dello studio “Da Nimby a Pimby: fare infrastrutture in Italia”, realizzato da I-Com, Istituto Italiano per la Competitività, e presentato nel corso nel corso della prima tavola rotonda del 2023 del Futur#Lab, il Laboratorio sull’innovazione progettato dal think tank in collaborazione con WINDTRE e realizzato in partnership con Join Group, Ericsson e Inwit. Il rapporto aggiorna la valutazione realizzata per la prima volta nel 2022 sull’impatto di 15 misure di semplificazione. Rispetto all’anno scorso, le misure prese in esame sono 13 (alcune innovazioni sono state nel frattempo superate o accorpate) e di queste 5 presentano ancora criticità (erano 9 nel rapporto 2022). Nel dettaglio, 3 provvedimenti su 6 nell’infrastrutturazione di rete fissa presentano ancora criticità irrisolte (in particolare, relative alle difficoltà di utilizzo delle microtrincee, alla conferenza dei servizi e al divieto di imporre ulteriori oneri). Per quanto concerne le norme indirizzate a semplificare l’infrastrutturazione di rete mobile le criticità riguardano adesso 2 innovazioni su 7 mentre altre due appaiono parzialmente risolte.Dalle risposte delle aziende alla survey condotta da I-Com emerge che la persistenza di criticità ancora irrisolte e di margini di progresso non riguardi la formulazione delle norme generali quanto piuttosto riguardo la loro applicazione e armonizzazione con quelle territoriali adottate dalle amministrazioni locali che a vario titolo sono coinvolte nelle procedure di autorizzazione. Questo riduce il potenziale beneficio degli interventi di semplificazione e allunga i tempi di realizzazione delle opere: la maggior parte degli operatori dichiara, infatti, il frequente superamento dei termini previsti per legge per il rilascio delle autorizzazioni. Tra le proposte per superare le criticità e garantire uniformità di applicazione della disciplina sull’intero territorio nazionale e favorire strumenti di cooperazione tra operatori ed enti locali, il rapporto suggerisce di intraprendere iniziative di formazione rivolte agli amministratori locali attraverso ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e UNCEM (Unione Comuni Comunità Enti Montani), nonché di realizzare un monitoraggio dei procedimenti autorizzativi aperti per le diverse infrastrutture e impianti, allo scopo di aumentare il livello di collaborazione inter-istituzionale e pubblico-privato, nonché la capacità delle singole amministrazioni, sia nazionali che locali. LEGGI TUTTO

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    Inflazione, Associazioni dei consumatori: “Governo intervenga per contrastare caro prezzi”

    (Teleborsa) – Dopo una breve tregua, il tasso di inflazione torna a crescere ad aprile: secondo le stime preliminari si attesta all’8,3%, con un aumento del +0,5% su base mensile. A spingere al rialzo il tasso di inflazione sono soprattutto i prezzi dei beni energetici non regolamentati. Dati, quelli pubblicati oggi dall’Istat, che mettono in allarme le associazioni dei consumatori. “Con l’inflazione a questi livelli le ricadute per le famiglie sono estremamente onerose: secondo le stime dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori pari a 2.473,40 euro annui a famiglia”. Sulla stessa linea il Codacons: “l’inflazione all’8,3% equivale ad una maggiore spesa pari a +2.428 euro annui per la famiglia tipo che sale a +3.144 euro per un nucleo con due figli, stangata causata dalla crescita ancora a ritmi sostenuti di voci come gli alimentari e il carrello della spesa, comparti che segnano rispettivamente +12,6% e +12,1% su base annua”. Preoccupazione è stata espressa anche da Assoutenti. “I numeri Istat dimostrano che in tema di prezzi e inflazione è ancora presto per cantare vittoria – spiega il presidente di Assoutenti Furio Truzzi –. Le dinamiche dei listini mostrano ancora incrementi pesanti per beni primari come gli alimentari, che ad aprile salgono del +12,6%: tradotto in soldoni, significa che una famiglia con due figli si ritrova a spendere +969 euro annui solo per il cibo. Temiamo che sull’andamento dei listini al dettaglio si stiano registrando speculazioni e anomalie, con alcuni beni che su base annua vedono incrementi a due cifre anche in assenza di rialzi delle materie prime, e senza alcuna ripercussione causata dalla guerra in Ucraina o dall’andamento delle bollette”.”Non dimentichiamo che tali aumenti non hanno un impatto uguale per tutti: pesano in misura maggiore per le famiglie meno abbienti. Un dato che – sottolinea Federconsumatori – non fa altro che aumentare le disuguaglianze, le ingiustizie e le difficoltà nel nostro Paese: in tal senso è urgente che il Governo affronti questa vera e propria emergenza, attraverso la definizione di politiche di contrasto alle disuguaglianze e di sostegno alle famiglie, soprattutto quelle con minore capacità di spesa. Queste ultime, infatti, sono ancora costrette a mettere in atto rinunce e sacrifici: secondo le rilevazioni dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori i cittadini continuano a ridurre i consumi di carne e pesce (-16,9%, con uno spostamento anche verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati); a ricercare sempre più assiduamente offerte, sconti, acquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 48% dei cittadini); ad effettuare acquisti presso i discount (+11,6%)”.”Siamo preoccupati dell’effetto dell’inflazione sull’andamento delle vendite, soprattutto di beni di largo consumo e ortofrutta. Le nostre imprese rimangono sotto pressione perché compresse tra l’aumento dei costi all’acquisto e le difficoltà derivanti dall’attuale livello dei prezzi al consumo. L’attuale debolezza dei volumi di consumo, che stagnano intorno al -5%, è un fattore di rischio per l’intero sistema agroalimentare italiano, rappresentato da numerose filiere di eccellenza, così come per le nostre imprese – ha commentato Carlo Alberto Buttarelli, presidente di Federdistribuzione –. Nel corso dell’ultimo anno le aziende del settore distributivo hanno messo in campo uno sforzo notevole per gradualizzare gli aumenti e per tutelare il potere di acquisto delle famiglie, sacrificando significativamente la propria redditività. Oggi questo sforzo non è ripetibile e le imprese sono sempre più impegnate a trovare soluzioni nell’offerta che rispondano alla necessità di coniugare convenienza e qualità a vantaggio dei clienti. È però evidente che occorre intervenire in una logica di sostegno ai consumi che passa necessariamente dal ristabilire un clima di fiducia e da un maggiore potere di acquisto delle famiglie”.”La ripresa dell’inflazione registrata nel mese di aprile, – rileva l’Ufficio Studi di Confcommercio – pur consolidando i timori di un percorso di rientro non privo di ostacoli e non immediato, non va letta con eccessivo allarme. Il dato italiano si inserisce, inoltre, in un contesto europeo in cui il rallentamento delle dinamiche inflazionistiche, seppure avviato, mostra analoghi elementi di difficoltà, con temporanee interruzioni e andamenti non omogenei tra paesi. Il permanere di tensioni sul versante energetico, soprattutto per quanto attiene alla componente non regolamentata, non deve far trascurare alcuni segnali che portano a guardare con fiducia alla possibilità di tornare, verso la fine dell’anno, su dinamiche dei prezzi al consumo meno espansive. Il cosiddetto carrello della spesa comincia a evidenziare tassi di variazione meno sostenuti, in linea con quanto rilevato per l’alimentare. Allo stesso tempo, l’inflazione di fondo segnala ad aprile una stabilizzazione della variazione tendenziale, dato che potrebbe sottintendere come, al di là di episodici aumenti, le tensioni interne al sistema si stanno lentamente raffreddando. È comunque evidente come il prolungamento nel tempo di dinamiche inflazionistiche elevate rappresenta un elemento d’incertezza per le possibilità di consolidare i segnali di recupero dell’economia emersi nel primo trimestre del 2023″.”Non è ancora tempo per dichiararsi fuori pericolo: il dato odierno dell’Istat, anticipatore dell’inflazione di aprile, evidenzia infatti che l’indice registra un aumento rispetto ad aprile dello scorso anno (8,3%) e superiore a quanto registrato a marzo (7,6%) ed il principale fattore alla base dell’incremento è, ancora una volta, l’aumento dei prezzi dei beni energetici non regolamentati – commenta l’Ufficio economico Confesercenti –. Non si deve, dunque, abbassare la guardia: l’inflazione per ora acquisita è pari al 5,4% mentre quella di fondo, al netto dei soli energetici, resta ferma al 6,4%. Livelli ancora preoccupanti, che prefigurano una nuova rilevante erosione del potere d’acquisto delle famiglie, che già hanno registrato 12 miliardi in meno lo scorso anno ed hanno portato a livelli mai visti (5%) la propensione al risparmio. L’inflazione energetica – sottolinea Confesercenti – ha pesato e continua ad incidere sul potere d’acquisto delle famiglie e dunque sulla crescita dei consumi. In questo senso, il taglio del cuneo fiscale del Governo contenuto nel decreto lavoro è un intervento certamente positivo, volto a sostenere il potere d’acquisto delle famiglie e la nostra economia in una fase delicata. L’impatto positivo, però, rischia di essere fortemente ridotto da un ritorno all’aumento delle tariffe energetiche. Per questo, riteniamo opportuna e necessaria anche una misura di detassazione dei futuri aumenti contrattuali riferiti ai CCNL comparativamente più rappresentativi, per sostenere con più vigore i consumi e quindi, l’occupazione e la crescita del Paese: si genererebbero 2,9 miliardi di consumi aggiuntivi”.”In controtendenza i prezzi degli alimentari rallentano la loro crescita che è pari in media al +12,3% ma scende al +7,9% per i vegetali freschi – evidenzia Coldiretti –. A pesare è la stagnazione dei consumi con il taglio delle quantità acquistate nel carrello che si riflette sull’intera filiera dove si registrano situazioni di difficoltà nei campi dove i ricavi spesso non coprono i costi di produzione. I prezzi al dettaglio degli alimentari lavorati – sottolinea la Coldiretti – passano da +15,3% di marzo a +14,7% di aprile mentre quelli non lavorati da +9,1% a +8,4%. Per difendersi dagli aumenti 8 italiani su 10 (81%) hanno preso l’abitudine di fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per mettere sotto controllo le spese d’impulso, secondo l’analisi Coldiretti/Censis che evidenzia come siano cambiati anche i luoghi della spesa. Infatti il 72% degli italiani si reca e fa acquisti low cost nei discount, mentre l’83% punta su prodotti in offerta, in promozione. Le famiglie infatti vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti. Le difficoltà si estendono dalle tavole dei consumatori alle imprese per le quali si sono registrati nell’anno di guerra aumenti dei costi dal vetro alle etichette, dal cartone ai barattoli di banda stagnata, dai mangimi al gasolio, secondo l’analisi Coldiretti che evidenzia come nelle campagne a pesare sono anche le condizioni climatiche con siccità e maltempo che si abbattono sui raccolti”. In tale scenario le associazioni dei consumatori rivolgono un appello al governo. “Per salvare la spesa degli italiani e difendere la sovranità alimentare del Paese è necessario – afferma Coldiretti – aumentare i fondi destinati ai contratti di filiera per soddisfare gli investimenti proposti dalla pasta alla carne, dal latte all’olio, dalla frutta alla verdura nell’ambito del Pnrr”. “?È necessario adottare misure tempestive per invertire questo andamento, avviando – evidenzia Federconsumatori – interventi mirati al sostegno dei redditi e del potere di acquisto delle famiglie. Il taglio del cuneo fiscale va in questa direzione, ma sarebbe necessario renderlo strutturale: limitare l’intervento a solo 5 mesi è insufficiente e rappresenta l’ennesima misura spot. Anche sul fronte dell’energia sarebbe necessario ripristinare la sterilizzazione degli oneri di sistema sulla bolletta elettrica, eliminata prematuramente. Le risorse necessarie per tali operazioni possono e devono essere reperite attraverso il potenziamento della lotta ai fenomeni speculativi, all’evasione e all’elusione fiscale, disponendo anche un aumento della tassazione su extraprofitti (non solo in campo energetico) e rendite finanziarie”. “L’emergenza prezzi – rileva il presidente del Codacons Carlo Rienzi – non è affatto superata, e il Governo farebbe bene ad intervenire con misure concrete per calmierare i listini, a partire dal taglio dell’Iva su alimentari e generi di prima necessità”. “Chiediamo al Governo di studiare, al pari di quanto fatto in tema di lavoro, – è l’appello di Assoutenti – un apposito decreto anti-inflazione, contenente misure specifiche volte a contrastare il caro-prezzi, dal rafforzamento del Garante dei prezzi e della commissione di allerta rapida sui prezzi all’inasprimento delle sanzioni contro gli speculatori, fino ad arrivare ad un azzeramento dell’Iva sui generi di prima necessità”. (Foto: © Bred2k8 / Dreamstime) LEGGI TUTTO

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    Mediocredito Centrale, Francesco Minotti nominato amministratore delegato

    (Teleborsa) – Il neo-eletto consiglio di amministrazione di Mediocredito Centrale ha nominato Francesco Minotti amministratore delegato. Mediocredito Centrale è controllato da Invitalia e controlla a sua volta la Banca Popolare di Bari e la Cassa di Risparmio di Orvieto.Il CdA è composto da: Ferruccio Ferranti, presidente; Francesco Minotti, amministratore delegato; Stefano Bertollini, consigliere; Alessandra Bianchi, consigliere; Carmela D’Amato, consigliere; Andrea Messuti, consigliere; Leonarda Sansone, consigliere.(Foto: © rawpixel) LEGGI TUTTO