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    Farmagorà, aumento di capitale da 20 milioni per piano di acquisizioni

    (Teleborsa) – Farmagorà Holding ha annunciato l’ingresso della famiglia Giubergia (Narval Investimenti) e della famiglia Gattiglia (Holding Sogegross) nella compagine azionaria. L’operazione ha visto i nuovi soci entrare con un aumento di capitale per complessivi 20 milioni di euro. Queste risorse, si legge in una nota, andranno a finanziare il piano di acquisizione di nuove farmacie ed integrazione di quelle già acquisite, supportando così una nuova fase di sviluppo di Farmagorà.Fondata nel 2021, Farmagorà – catena farmaceutica che conta 32 farmacie distribuite in 6 regioni (Lombardia, Piemonte, Liguria, Valle D’Aosta, Veneto e Sardegna) – ha raggiunto un fatturato annuo di circa 45 milioni di euro.In particolare, le competenze industriali del gruppo Sogegross e quelle finanziarie di Narval Investimenti contribuiranno a sviluppare nuove opportunità in due regioni strategiche dove operano da molti anni: la Liguria ed il Piemonte.Equita ha agito in qualità di advisor finanziario di Farmagorà, consolidando il proprio posizionamento di M&A advisor al fianco di famiglie imprenditoriali e realtà aziendali dal forte potenziale di crescita sul mercato.Nel novembre 2022 Farmagorà Holding aveva ottenuto da UniCredit un finanziamento di 15 milioni di euro della durata di 8 anni finalizzato a supportare l’acquisizione di società titolari di licenza farmaceutica. LEGGI TUTTO

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    Asili nido e PNRR: “Non è tema per mamme, serve per PIL e natalità”

    (Teleborsa) – Sono 4,6 i miliardi messi a disposizione dal PNRR per i servizi per l’infanzia, per la costruzione o il rimodernamento di oltre 2mila asili nido e scuole materne dalla cui messa a terra dipende anche la crescita del nostro Paese. Lo ha spiegato l’economista Azzurra Rinaldi, direttrice della School of Gender Economics all’Università di Roma Unitelma Sapienza.Ogni euro investito in servizi per l’infanzia torna indietro allo Stato 13 volte, ecco perché “costruire asili nido non è un tema per mamme e papà ma è fondamentale per il Prodotto interno lordo, oltre che per far ripartire la natalità”, ha detto. Il rischio, avvertono da tempo associazioni come Save the Children e società civile, è di perdere i fondi anche perché i Comuni, soprattutto quelli delle aree interne, hanno difficoltà con i bandi.”Uno degli equivoci in cui siamo impantanati – spiega ancora l’economista – è che si vedono gli asili nido come servizi a favore delle mamme. Questo è miope. Il 75% delle attività di cura è sulle spalle delle donne; ma è un problema di sistema che riguarda anche chi i figli non li ha. Il nostro paese – sottolinea l’economista – è affaticato perché la forza lavoro femminile non riesce a stare sul mercato del lavoro e 1 donna su 3 si licenzia dopo i figli. Invece, quando ci sono gli asili nido, le donne possono produrre reddito che si trasforma in Pil e poi in servizi per tutti”.Quanto agli obiettivi Ue di Barcellona, sui servizi per l’infanzia, prevedevano già almeno 1 posto garantito ogni 3 bambini in un nido. Tra l’altro nidi e materne sono già inquadrati come “diritto della persona”: nello spirito della Costituzione, contribuiscono a livellare le disparità sociali. In Italia ci sono differenze territoriali: al Nord ci sono più di due posti su tre nei nidi ma al Sud mancano.”È mancata una visione – secondo l’economista -. Parliamo del Next Generation UE, la prossima generazione. Potevamo arrivare almeno a due posti su 3 invece nel Pnrr abbiamo mantenuto l’obiettivo minimo di Barcellona. I Paesi in cui il tasso di occupazione è più alto – fa notare Rinaldi – sono anche quelli in cui si fanno più figli e cresce il PIL”. LEGGI TUTTO

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    Stati Uniti, Biden trova l’accordo con i Repubblicani sul tetto del debito

    (Teleborsa) – Il Presidente americano Joe Biden ha finalmente trovato l’accordo con i Repubblicani sul “congelamento” del tetto del debito, a patto di qualche rinuncia da entrambe le parti, da parte dei Repubblicani che contavano in tagli più risoluti alla spesa sociale e da parte dei democratici che si vedono legare le mani per i prossimi due anni. Un accordo che arriva quasi in extremis per essere approvato dal Congresso nell’ultimo giorno utile prima del possibile default, che sarebbe scattato il 5 giugno, secondo quanto confermato dalla segretaria al Tesoro Janet Yellen.L’accordo raggiunto con l’opposizione, siglato nella notte fra sabato e domenica, dopo un lunghissimo periodo di negoziati, che ha fatto anche interrompere il G7 in anticipo al Presidente USA, consente di sospendere il tetto del debito per un paio di anni ed evitare un costosissimo default proprio nell’imminenza delle Presidenziali.L’accordo sospende per due anni il limite posto al debito, pari a 31.400 miliardi, e nello stesso tempo congela la spesa federale, limitandone l’aumento e legando le mani alla Casa Bianca, fin quando non si terranno le presidenziali USA nel 2024. Secondo i calcoli dle New York Time l’impatto sulla spesa nell’arco di un decennio sarebbe modesto per una cifra di 650 miliardi di dollari.Non è la prima volta che gli USA avvicinano il default. Nel 2011 questa possibilità, fugata all’ultimo minuto, era costata agli USA un taglio del rating da parte di S&P. Biden ha commentato l’intesa raggiunta con il leader repubblicano Kevin MCarthy come un “importante passo avanti” nella direzione della crescita economica e dell’interesse dei lavoratori.Ora l’intesa sarà sottoposta al voto di Camera e Senato USA, anche se la maggioranza appare più fragile alla Camera, dove viene osteggiata da entrambe le parti. LEGGI TUTTO

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    Italia ultima in UE per ragazzi che non studiano e non lavorano

    (Teleborsa) – L’Italia è all’ultimo posto tra i Paesi UE per i giovani uomini tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in percorsi di formazione. In base ai dati pubblicati da Eurostat riferiti al 2022. I ragazzi Neet in Italia sono il 17,7%, davanti a Romania (14,5%) e Grecia (14,1%). Per quel che riguarda le ragazze invece si registra il secondo peggior risultato con il 20,5%, dietro alla Romania (25,4%) e davanti alla Bulgaria (17,4%). Nel complesso, i giovani italiani che non studiano e non lavorano sono il 19% dietro solo alla Romania.Nel 2022, più di un giovane su dieci (11,7%) nell’UE di età compresa tra i 15 e i 29 anni non era né occupato né istruito o formato (NEET) , indicando una diminuzione di 1,4 punti percentuali (pp) rispetto al 2021. Durante l’ultimo decennio, c’è stata una significativa diminuzione della quota di giovani adulti NEET. Nel 2012 l’UE ha registrato un tasso del 16,0%, che ha raggiunto il picco nel 2013 (16,1%) per poi iniziare una costante diminuzione. Un’eccezione si è verificata nel 2020, quando l’indicatore ha raggiunto il 13,8% durante la pandemia (dal 12,6% del 2019), ma da allora ha continuato il suo trend decrescente, raggiungendo l’11,7% nel 2022.La riduzione di questo tasso è uno degli obiettivi del pilastro europeo dei diritti sociali. L’obiettivo è abbassare il tasso di giovani NEET di età compresa tra 15 e 29 anni al 9% nel 2030. Tra i paesi dell’UE, nel 2022 si sono registrate ampie variazioni quando si osservano i tassi di NEET per la fascia di età 15-29. La percentuale di NEET nell’UE variava dal 4,2% nei Paesi Bassi a una quota quasi 5 volte superiore in Romania (19,8%).I dati mostrano che, nel 2022, un terzo dei membri dell’UE era già al di sotto dell’obiettivo del 9 per il 2030, vale a dire Paesi Bassi (4,2%), Svezia (5,7%), Malta (7,2%), Lussemburgo (7,4%), Danimarca (7,9%), Portogallo (8,4%), Slovenia (8,5%), Germania (8,6%) e Irlanda (8,7%).Nella maggior parte dei membri dell’UE, vi erano differenze tra le quote di giovani donne e uomini NEET. Nel 2022, il 13,1% delle giovani donne di età compresa tra 15 e 29 anni nell’UE erano NEET, mentre la quota corrispondente tra i giovani uomini era del 10,5%. I tassi di NEET più bassi per le giovani donne e i giovani uomini si registrano entrambi nei Paesi Bassi: 3,8% per i giovani uomini e 4,6% per le giovani donne. Solo in quattro paesi dell’UE, le quote di giovani donne NEET erano inferiori alla quota associata di uomini: Lussemburgo (6,9% donne vs 7,9% uomini), Finlandia (8,8% vs 10,3%), Belgio (9,1% vs 9,3%) ed Estonia (9,2% contro 11,9%). LEGGI TUTTO

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    PNRR, FMI: all’Italia serve una “piena e tempestiva” realizzazione del Piano

    (Teleborsa) – Per il Fondo Monetario Internazionale la politica di bilancio può aiutare l’economia italiana ad affrontare gli shock e proteggere allo stesso tempo la sostenibilità dei conti pubblici. “Dato l’elevato debito pubblico e le più stringenti condizioni finanziarie, risparmiare le entrate inaspettate dall’inflazione e dalle modifiche contabili è consigliabile. Un credibile piano di riduzione del debito di medio termine mitigherebbe ulteriormente i rischi legati al debito”, ha spiegato il FMI nell’Article IV per l’Italia.Inoltre, una completa e tempestiva implementazione del PNRR è necessaria per aumentare la produttività e aumentare il potenziale di crescita. “Riforme strutturali ambiziose, che favoriscano la produttività, sono una priorità per compensare il freno alla produzione derivante dalla contrazione della forza lavoro dovuta al rapido invecchiamento della popolazione italiana. Ciò richiede misure per ridurre le trappole della disoccupazione e dell’inattività, diminuire il ‘nero’ ed evitare di sostenere le imprese in declino”, hanno aggiunto gli economisti di WashingtonLe riforme del PNRR, sottolinea il Fondo, “sono mirate a colmare numerose carenze che frenano la produttività e dovrebbero essere attuate pienamente e tempestivamente. Il rafforzamento della capacità amministrativa ed esecutiva degli enti locali favorirebbe una gestione efficiente del grande volume di progetti e le misure per accelerare le procedure dovrebbero promuovere la concorrenza e l’integrità delle risorse finanziarie”.Il FMI ha poi sottolineato che un’accelerazione nella transizione alle rinnovabili rinforzerebbe la sicurezza energetica e sosterrebbe il raggiungimento degli obiettivi sul clima. L’Istituzione internazionale ha stimato che l’economia italiana crescerà dell’1,1% sia nel 2023 che nel 2024.(Foto: © ruskpp/123RF) LEGGI TUTTO

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    USA, Università Michigan: fiducia consumatori cala a maggio

    (Teleborsa) – Scivola l’indice che misura la fiducia dei consumatori statunitensi, secondo l’ultimo sondaggio condotto dall’Università del Michigan, che ha pubblicato la stima definitiva. Nel mese di maggio, l’indice sul consumer sentiment si è attestato a 59,2 punti dai 57,9 della lettura preliminare e contro i 63,5 di aprile. Rivista al rialzo invece la componente relativa alle aspettative, che si posiziona a 55,4 punti da 60,5 e contro il 53,4 atteso, mentre quella sulla condizione attuale è stata rivista a 64,9 punti dal preliminare di 64,5 punti e rispetto al 68,2 di aprile. LEGGI TUTTO

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    Fiducia, Associazioni consumatori: “Dato riflette incertezze quadro economico”

    (Teleborsa) – Un dato annunciato, che riflette la realtà dell’attuale quadro economico, sul quale pesa l’erosione potere d’acquisto data dalla mancata discesa dei prezzi. Il segnale che arriva dalle associazioni dei consumatori non è di allarme ma racchiude un monito al governo affinché intervenga con misure atte a calmierare i listini. Questo, in sintesi, il commento delle associazioni dei consumatori alle stime dell’Istat sulla fiducia dei consumatori che, per il mese di maggio 2023, rilevano una riduzione della fiducia dei consumatori da 105,5 a 105,1.”La riduzione della fiducia dei consumatori e degli imprenditori rilevata a maggio non è affatto grave ma – evidenzia l’Ufficio Studi di Confcommercio – riflette direttamente le incertezze che caratterizzano il quadro economico, a cominciare dall’inflazione il cui riassorbimento potrebbe essere più lento del previsto. Lo stesso peggioramento del sentiment presso le imprese del turismo va interpretato come un fisiologico riallineamento su valori comunque elevati, dopo lo strappo di aprile. Nel complesso, allo stato attuale, sarebbe, quindi, prematuro leggere lo stop della fiducia come l’inizio di una fase di ripiegamento dell’attività economica che, in ogni caso, appare in moderato rallentamento come si evince dalle recenti dinamiche della produzione industriale e delle vendite al dettaglio”.”Il mese di maggio segna una battuta d’arresto per la fiducia di famiglie ed imprese: il dato odierno sul clima di fiducia di consumatori ed imprese registrato dall’Istat segnala, infatti, due cali paralleli, ad indicare che sia le aspettative che la situazione reale sono, purtroppo, ancora incerte – afferma l’Ufficio economico di Confesercenti –. Sul versante dei consumi, in particolare, la situazione è ancora critica, con un rientro dell’inflazione più lento del previsto e che per tre anni si manterrà, comunque, abbondantemente al di sopra del 2%: con questi andamenti il potere d’acquisto delle famiglie continuerà ad essere eroso ed il livello di spesa si manterrà ancora al di sotto dei livelli pre-crisi. In questo contesto, perciò, la priorità rimane salvaguardare il potere d’acquisto delle famiglie. In particolare, la riforma fiscale deve puntare a neutralizzare gli effetti del fiscal drag correlato all’accelerazione dell’inflazione, che rischia di annullare gli effetti positivi della riforma stessa sul potere d’acquisto delle famiglie”. “Da tempo invitavamo alla cautela sui dati relativi alla fiducia dei consumatori: dopo l’entusiasmo iniziale dato dai primi cali del costo dell’energia, una volta visto che i costi di beni e servizi non sono affatto diminuiti ma son rimasti invariati, su livelli altissimi, l’ottimismo – sottolinea Federconsumatori – è svanito ed è scattato, purtroppo, un clima di generale sconforto. Un andamento prevedibile, in un certo senso annunciato, a cui solo il Governo e le aziende possono rispondere con operazioni di ribasso dei prezzi e sanzioni a chi non effettua i dovuti adeguamenti. A tal proposito, si è tenuta ieri la commissione di allerta prezzi di cui Federconsumatori fa parte, insieme ad Adoc e Assoutenti in rappresentanza delle Associazioni dei Consumatori riconosciute dal CNCU: in tale occasione ha avuto luogo una discussione, in cui le aziende accampavano le scuse e le motivazioni più svariate per giustificare il susseguirsi di aumenti a nostro avviso inammissibili.Riteniamo sia giunto il momento di porre fine a questa situazione, per questo Federconsumatori ha proposto la realizzazione di Osservatori Territoriali presso le Prefetture, con la partecipazione delle Associazioni dei Consumatori riconosciute. Questi condurranno delle serie e dettagliate azioni di monitoraggio sui prezzi di un paniere di beni, con un apposito applicativo, che dovranno condurre, in presenza di scorrettezze o fenomeni poco chiari, ad un tempestivo intervento sanzionatorio da parte di Mr Prezzi e delle Autorità preposte. I rincari, per le famiglie, continuano infatti ad avere ripercussioni insostenibili: secondo le stime dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, con l’inflazione attuale, ammontano a 2.443,60 euro annui a famiglia. Aumenti che non hanno lo stesso impatto per tutti: pesano molto di più per le famiglie meno abbienti. Queste ultime, ma non solo, sono ancora costrette a mettere in atto rinunce e sacrifici: secondo le rilevazioni dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori i cittadini continuano a ridurre i consumi di carne e pesce (-16,9%, con uno spostamento anche verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati); a ricercare sempre più assiduamente offerte, sconti, acquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 49% dei cittadini); ad effettuare acquisti presso i discount (+11,9%). Questa dinamica accresce le disuguaglianze, le ingiustizie e le difficoltà nel nostro Paese: per questo si rende sempre più urgente che il Governo affronti questa emergenza con misure in grado di aiutare e sostenere in maniera strutturale e duratura le famiglie, specialmente quelle con minore possibilità di spesa. Si possono trovare i fondi per mettere in atto tali interventi attraverso il potenziamento della lotta ai fenomeni speculativi, all’evasione e all’elusione fiscale, nonché disponendo un aumento della tassazione su extraprofitti (non solo in campo energetico) e rendite finanziarie”.”Effetto realtà! Dopo il rialzo illusorio di aprile, dovuto ai ponti e al primo periodo di vacanze primaverili degli italiani, si torna al modo reale e ai problemi irrisolti degli italiani – afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori –. Infatti, non solo peggiorano sia i giudizi che le attese sulla situazione economica dell’Italia, ma anche quelli sulla famiglia. In particolare le attese sulla condizione economica della famiglia precipitano fa -11,3 a -14,8, ben 3,5 punti percentuali. Insomma, il Governo continua a navigare a vista, senza alcuna svolta nella sua politica economica, troppo fiacca per incidere sulla condizione di difficoltà delle famiglie”. “Dopo la positiva ripresa dei mesi scorsi, legata soprattutto al calo delle bollette di luce e gas e alle ripercussioni sul tasso d’inflazione, l’indice sulla fiducia torna a diminuire – spiega il presidente del Codacons Carlo Rienzi –. È evidente che la crescita dei prezzi al dettaglio registrata nell’ultimo periodo, e listini in costante aumento per i beni più acquistati dalle famiglie, dagli alimentari al carrello della spesa, abbia influito sul clima di fiducia e sulle aspettative dei consumatori. Il calo della fiducia è un segnale preoccupante perché si riflette sulla propensione alla spesa dei cittadini, e ribadiamo ancora una volta la necessità di un intervento del Governo attraverso misure specifiche tese a calmierare i listini al dettaglio, specie per i beni primari di cui le famiglie non possono fare a meno”. LEGGI TUTTO

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    USA, calano le scorte di magazzino in aprile

    (Teleborsa) – Sono calate le scorte di magazzino negli Stati Uniti. Nel mese di aprile, secondo quanto comunicato dal Bureau of Census statunitense, si è registrato una flessione dello 0,2% a 914,9 miliardi di dollari, rispetto alla variazione nulla del mese precedente e stimata dagli analisti. Su base annua si registra una salita del 6,2%. Nello stesso periodo le vendite sono cresciute dell’1,6% su base mensile a 722,3 miliardi di dollari, rispetto al -0,1% precedente. Su anno si è registrato un incremento del 7,7%. LEGGI TUTTO