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    La tedesca MEDIA Central Group acquista l’italiana ShopFully. Stefano Portu CEO Digital

    (Teleborsa) – ShopFully, tech company italiana attiva nel Drive to Store digitale, è stata acquisita da MEDIA Central Group, azienda tedesca specializzata nelle soluzioni data-based di marketing Drive to Store a 360 gradi. L’entità combinata si pone come una delle principali e più grandi piattaforme di marketing Drive to Store in Europa e nel resto del mondo, spiega una nota, in cui non vengono divulgati i dettagli finanziari dell’accordo.MEDIA Central Group – attraverso le controllate MEDIA Central, Offerista Group e Yagora – supporta brand e retailer nei mercati tedesco, austriaco, svizzero e dell’Europa centro-orientale. ShopFully è invece più concentrata sul Sud Europa e ha quattro marketplace proprietari: DoveConviene, PromoQui, VolantinoFacile e Tiendeo (acquisito lo scorso anno). Gli investitori nel gruppo includono Bregal, una delle maggiori società europee di investimento privato, in qualità di azionista di maggioranza, insieme agli investitori di minoranza Highland Europe e i fondatori e top manager delle due società.Stefano Portu, oltre a reinvestire, mantiene il suo ruolo di CEO di ShopFully e assume il nuovo ruolo di CEO Digital del gruppo, che comprende ShopFully, Offerista e Yagora.”Dieci anni dopo aver co-fondato ShopFully con Alessandro Palmieri, sono entusiasta di unirmi a MEDIA Central Group e di formare così il numero uno in Europa per il Marketing Drive to Store”, ha commentato Portu.Nell’operazione ShopFully è stata assistita da Rothschild & Co in qualità di advisor finanziario, mentre Orrick ha agito in qualità di advisor legale.(Foto: Markus Winkler on Unsplash) LEGGI TUTTO

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    USA, Fitch mette rating sotto osservazione. Casa Bianca: “rapida azione bipartisan”

    (Teleborsa) – Fitch mette il rating americano AAA sotto osservazione, con implicazioni negative spiegando che la decisione “riflette le tensioni politiche che ostacolano la risoluzione del problema, come l’innalzamento o la sospensione del tetto del debito, poichè la scadenza si avvicina rapidamente”.ll riferimento è alla data del 1 giugno, indicata dal Dipartimento del Tesoro Usa, in cui il governo federale finirà i soldi, innescando un default con probabili conseguenze economiche devastanti. “Fitch si aspetta ancora una risoluzione del limite del debito prima della data X”, si legge nella nota diffusa dall’agenzia. Le parole di Fitch rafforzano la necessità di un accordo bipartisan. Lo afferma la Casa Bianca, commentando l’avvertimento dell’agenzia di rating. Fitch è un’ulteriore prova che il default non è un’opzione, ribadisce la Casa Bianca, secondo quanto riporta l’agenzia Bloomberg.L’avvertimento di Fitch mette in evidenza la necessità di una “rapida azione bipartisan dal Congresso per aumentare o sospendere il tetto del debito ed evitare una crisi per la nostra economia”. Così il Tesoro americano, sottolineando che Janet Yellen da mesi mette in guardia sui rischi delle tensioni sul debito per l’affidabilità di credito Usa.Nelle scorse ore, il presidente Biden e lo speaker Kevin McCarthy hanno avuto un incontro produttivo sul tetto del debito ieri. Entrambi hanno convenuto che il deafault “è fuori discussione e sarebbe una catastrofe per gli Stati Uniti”, ha detto la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre in un briefing con la stampa sottolineando che gli Usa “non hanno mai fatto default nella loro storia e non lo faranno mai”. LEGGI TUTTO

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    Fed divisa sui tassi. Aumento tetto debito tempestivo “è essenziale”

    (Teleborsa) – Un aumento del tetto del debito tempestivo è essenziale. Lo afferma la Federal Reserve nei verbali della riunione del 2 e 3 maggio in cui la banca centrale rivela divisa sulle prossime mosse di politica monetaria.Molti funzionari all’interno dell’istituzione guidata da Jerome Powell – afferma la Fed nella minute – premono per una pausa, mentre altri chiedono di andare avanti con i rialzi per cercare di fermare l’elevata inflazione. Lo staff della Fed – si legge – mantiene la previsione di una “lieve” recessione quest’anno.Sull’inflazione degli Stati Uniti, ci sono sia rischi al rialzo che al ribasso – secondo i componenti del direttorio – mentre “in generale hanno espresso incertezza su quanto inasprimento monetario potrebbe essere appropriato”. Alcuni governatori – proseguono i verbali – hanno sostenuto che in base alle loro aspettative i progressi sul ritorno dell’inflazione al 2% potrebbero essere “inaccettabilmente lenti” e che un “inasprimento addizionale” potrebbe essere giustificato alle prossime riunioni. Tuttavia altri funzionari hanno notato che se l’economia si evolverà in base alle prospettive attuali ulteriori in esperimenti dopo questa riunione potrebbero “non essere necessari”. LEGGI TUTTO

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    Via libera a Ponte sullo Stretto, Salvini: “Porterà 100mila posti di lavoro”

    (Teleborsa) – Via libera alla conversione in legge del decreto sul ponte sullo Stretto di Messina: l’aula del Senato ha approvato con 103 voti favorevoli, 49 contrari e tre astenuti. Presente il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. Dai banchi del centrodestra e’ partito un applauso. Il provvedimento, che era stato approvato alla Camera lo scorso 16 maggio, definisce, tra l’altro, l’assetto della società Stretto di Messina Spa e riavvia le attività di programmazione e progettazione.Quella di oggi è stata “una giornata storica”, secondo il Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, dopo il via libera definitivo al Senato al decreto sul ponte sullo Stretto di Messina. In una conferenza stampa convocata subito dopo il Ministro ha spiegato che “i lavori inizieranno entro l’estate del 2024 per concludersi nel 2030”. Il ponte, ha aggiunto “farà risparmiare 6 miliardi di euro ai siciliani e porterà centomila posti di lavoro. Si ridurranno i tempi di percorrenza e ne guadagnerà l’ambiente”. “Non si tratta del Ponte di Messina – ha concluso Salvini – ma del Ponte degli italiani”Salvini ha definiti il ponte sullo Stretto di Messina un’opera che “verrà studiata in tutto il mondo dagli studenti di ingegneria e ne sono orgoglioso”. Il Ministro ha aggiunto che il ponte rappresenta “il giusto risarcimento a Calabria e Sicilia, dopo 50 anni di promesse non mantenute” e “unisce tutto il Paese”.Entrando più nel dettaglio, per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, i prossimi passi sono “la nomina del Consiglio di Amministrazione della società” che è stata riattivata con il decreto appena approvato al Senato. L’ok definitivo al decreto, ha detto “è un passaggio fondamentale, perché senza la società Stretto di Messina non ci sarebbe nessuno a lavorare al ponte”. “Con la prossima manovra, in autunno – ha aggiunto il Ministro – saranno previsti i primi stanziamenti per l’avvio dei lavori. Il costo dell’opera previsto nel Def è di circa 14 miliardi. Sono in corso studi aggiornati”.Il Ministro ha concluso dicendo che il ponte sullo Stretto di Messina diventerà anche “un’attrazione turistica, porterà un indotto turistico”, anticipando l’ intenzione di rendere l’opera “visitabile. LEGGI TUTTO

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    Economia circolare: al 2040 soddisfatto fino a 32% fabbisogno annuo di materie prime strategiche per Italia

    (Teleborsa) – Si è tenuta oggi, 24 maggio a Roma, presso la sede dell’Ara Pacis, la presentazione del Position Paper “Materie prime critiche e produzioni industriali italiane. Le opportunità derivanti dall’economia circolare” – realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Iren. L’evento di presentazione, moderato dalla giornalista Laura Tecce, ha visto la partecipazione Adolfo Urso (Ministro delle Imprese e del Made in Italy), Valerio De Molli (Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti), Luca Dal Fabbro (Presidente, Iren), Fiorenzo Fumanti (Ispra) e Danilo Bonato (Direttore Generale, Erion). “Le materie prime critiche sono centrali per l’industria europea e rientrano in tecnologie chiave per la politica energetica e digitale, in un contesto in cui l’Europa e l’Italia sono fortemente dipendenti da Paesi terzi. In Italia, in particolare, il fabbisogno di materie prime critiche strategiche è previsto crescere fino a 11 volte rispetto ad oggi, rendendo necessarie soluzioni di policy volte a garantire un approvvigionamento sicuro e resiliente”, dichiara Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti. “I risultati della ricerca – afferma il presidente di Iren Luca Dal Fabbro – dimostrano come l’incremento della dotazione impiantistica in termini di recupero e riciclo delle materie prime critiche sia l’azione più urgente da intraprendere a beneficio della sicurezza del sistema economico italiano. Al 2040 l’economia circolare potrà soddisfare fino al 32% del fabbisogno annuo di materie prime strategiche in Italia. Iren eserciterà un ruolo da protagonista in questo ambito, forte di un piano industriale che prevede al 2030 10,5 miliardi di Euro di investimenti con l’obiettivo di diventare il player di riferimento per l’economia circolare nel Paese”. Durante la Tavola Rotonda sono stati condivisi i principali risultati dello studio, con l’obiettivo di qualificare la centralità delle materie prime critiche per le produzioni industriali europee, mettendo in luce le potenziali criticità legate alla concentrazione delle forniture, e quantificare il fabbisogno attuale e prospettico per l’Italia identificando le opportunità derivanti dall’economia circolare.Nel 2023 la Commissione Europea ha identificato 34 materie prime critiche per l’industria Europea (20 in piùrispetto alla rilevazione effettuata nel 2011). La Cina è oggi il principale fornitore europeo per il 56% delle materie prime critiche con implicazioni significative per i target energetici al 2030: se la Cina interrompesse la fornitura di terre rare all’Europa, da qui al 2030 sarebbero a rischio 241 GW di eolico (47% del totale) e 33,8 milioni di veicoli elettrici (66% del totale), rendendo impossibile il raggiungimento degli obiettivi legati alle linee guida europee.Il posizionamento della Cina sulle materie prime critiche non si basa solamente sulla produzione domestica, ma anche sulla capacità di raffinazione. La Cina, infatti, raffina oltre il 90% della produzione mondiale di terre rare, di manganese e di germanio. Non solo: tra il 2005 e il 2021 la Cina ha indirizzato oltre 80 miliardi di Euro di investimenti diretti esteri verso il settore estrattivo e della raffinazione. Si tratta di un valore pari a 2,3 volte gli investimenti pubblici europei in rinnovabili osservati nello stesso periodo di riferimento. I primi 3 Paesi in cui la Cina ha diretto gli investimenti sono Australia (26,6 miliardi di Euro), Repubblica Democratica del Congo(13,7 miliardi di Euro) e Perù (11,8 miliardi di Euro). Gli effetti di questa strategia sono visibili su materie prime critiche quali cobalto e litio, per cui la Cina detiene il 3% e l’11% della capacità mineraria globale, ma con quota che raggiunge rispettivamente il 25% e il 24% includendo le società a controllo cinese.All’interno di questo mercato fortemente concentrato, il Critical Raw Materials Act, emanato a marzo 2023 dalla Commissione Europea stabilisce che, entro il 2030, estrazione, raffinazione e riciclo debbano soddisfare, rispettivamente, almeno il 10%, 40% e 15% del fabbisogno europeo di materie prime critiche, con l’obiettivo di rendere le filiere industriali più resilienti e meno dipendenti da Paesi terzi. Inoltre, al massimo il 65% delle materie prime critiche consumate potranno essere importate da un singolo Paese.Sempre nel 2023 la Commissione Europea ha introdotto anche il concetto di materie prime strategiche, ovvero le materie prime necessarie per produzioni industriali che ricadono in settori di utilizzo strategici identificati in: energie rinnovabili, mobilità elettrica, digitale, aerospazio e difesa. Le analisi di The European House – Ambrosetti, basate su oltre 50 documenti di policy europei degli ultimi 5 anni, consentono di identificare le tecnologie sottostanti ai settori strategici (fotovoltaico, eolico, batterie, data storage e server, prodotti di elettronica, droni e satelliti) e conseguentemente di identificare il fabbisogno italiano, attuale e prospettico, di materie prime strategiche.I risultati dell’analisi evidenziano come il fabbisogno odierno italiano di materie prime strategiche si attesti a circa 2.782 tonnellate nel 2020, con il rame che rappresenta il 44% del totale. Al 2040, inoltre, il fabbisogno è previsto crescere fino a 11 volte rispetto a tali volumi, nell’ipotesi di una specializzazione produttiva del Paese sugli ambiti dell’eolico e del fotovoltaico e di una espansione tecnologica coerente con i target energetici europei. In generale, alla luce del crescente fabbisogno di materie prime critiche strategiche, esistono dei vincoli da considerare per soddisfare tali fabbisogni. Infatti, da un lato, le materie prime critiche strategiche hanno pochi materiali sostituti, parte dei quali sono a loro volta critici e con soluzioni a minor maturità tecnologica che rendono difficile performance comparabili. Dall’altro lato, l’estrazione di materiali minerali metallici in Italia è oggi sostanzialmente nulla, con tempi autorizzativi per valorizzare un nuovo sito minerario che raggiungono in Europa 15/17 anni.In questo quadro, l’economia circolare rappresenta quindi una leva ad alto potenziale, anche alla luce dei volumi crescenti di tecnologie low-carbon che raggiungeranno il fine vita: lo stock di prodotti riciclabili da qui al 2040 è previsto crescere di 13 volte. In questo contesto, il riciclo potrà soddisfare nel 2040 dal 20% al 32% del fabbisogno italiano annuo di materie prime strategiche, con il target del 15% fissato dalla Commissione Europea che può essere raggiunto già nel 2030. Tuttavia, per raggiungere tassi di riciclo significativi e potenziare l’autonomia strategica italiana è necessario un incremento della dotazione impiantistica: The European House – Ambrosetti ha stimato che in Italia saranno necessari 7 impianti per valorizzare i prodotti che contengono materie prime critiche, per un investimento complessivo di circa 336 milioni di Euro.Diventa quindi fondamentale il ruolo delle multiutility come Iren, grazie al forte presidio territoriale, l’elevata capacità di investimento e la presenza radicata in tutta la filiera energetica e dei rifiuti. Iren attiva nei settori strategici dell’energia, dell’acqua, dell’ambiente e delle reti fornirà un contributo sostanziale al raggiungimento dei target richiesti dal Critical Raw Materials Act grazie alla gestione diretta di circa 60 impianti di trattamento dei rifiuti in Italia, fra i quali innovative linee di trattamento dei RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) per il recupero delle materie prime critiche contenute.Nel piano industriale Iren al 2030, che prevede circa 10,5 miliardi di investimenti, l’80% dei quali dedicati alla crescita sostenibile, è previsto un ulteriore sviluppo impiantistico, fra cui la realizzazione del primo impianto italiano dedicato esclusivamente al recupero dei materiali preziosi e materie prime critiche, la cui costruzione partirà entro il 2023 in Valdarno. LEGGI TUTTO

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    Alluvione, Musumeci: per le famiglie sfollate fino a 900 euro di contributo

    (Teleborsa) – Il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, ha dichiarato che “è prevista l’assegnazione ai nuclei familiari di un contributo, per l’autonoma sistemazione, di 400 euro per i nuclei monofamiliari, 500 per le famiglie con due persone, 700 per quelle con tre, 800 per quelle con 4, fino a un massimo di 900 euro mensili. Qualora siano presenti portatori di handicap o disabili è concesso un contributo aggiuntivo di 200 euro mensili per ognuno dei soggetti indicati”.Nella sua informativa urgente alla Camera sull’alluvione in Emilia Romagna, Musumeci ha anche fatto riferimento al provvedimento sulla sospensione dei mutui per i cittadini delle zone colpite e le spese per i funerali. Gli eventi hanno interessato infatti anche zone limitrofe delle regioni Marche e Toscana. “Dal punto di vista idrogeologico diverse sono state le aste fluviali che hanno avuto criticità e che hanno interessato complessivamente 23 fiumi, oltre 30 frane e 500 strade chiuse per allagamenti o smottamenti. Sono state evacuate 23mila persone. Il transito dovrebbe riprendere regolarmente nelle prossime ore e restano chiuse 622 strade, molte delle quali secondarie. La maggior parte delle linee ferroviarie dovrebbe essere riattivata entro inizio giugno”, ha spiegato il ministro.”Il ministero della Cultura sta valutando i possibili danni ai beni culturali, anche per i danni di beni di tipo archivistico che in parte è stato duramente compromesso”, ha poi fatto sapere Musumeci. “Per il ripristino di numerosi ammanchi di alimentazioni di energia elettrica, gli allagamenti non consentono alle squadre tecniche di intervenire e si confida che nei prossimi giorni tutto possa tornare alla normalità”, ha aggiunto il ministro, secondo il quale “per quanto riguarda i servizi essenziali si registrano, a fronte del picco dei disservizi dello scorso 17 maggio, le 54mila utenze rimaste senza energia elettrica, alcune decine migliaia utenti senza il servizio di telefonia mobile, 14.600 unità per la fissa”. “Dobbiamo fare della messa in sicurezza del territorio nazionale la priorità dell’agenda politica di governo di questo Esecutivo e di tutte le sue articolazioni nel territorio”, ha proseguito. “La nostra – ha aggiunto Musumeci – è una nazione più propensa a ricostruire che a prevenire. Eventi come quello in Emilia Romagna non si possono prevedere, ma si possono ridurre gli effetti disastrosi che produce. Serve un piano nazionale concepito in funzione di una strategia unitaria finora mancata, stiamo anche predisponendo progetti normativi per semplificare le procedure nella fase post-emergenziale che è quella della ricostruzione”.”Quando parlo di prevenzione strutturale non mi riferisco solo alla lotta al dissesto idrico e idrogeologico ma anche al rischio terremoti. Quante sono le infrastrutture strategiche che potrebbero resistere a una determinata sollecitazione sismica? Quanti sono i Comuni in Italia che in caso di sisma potrebbero essere raggiunti dai mezzi di soccorso? Sono domande che dobbiamo tutti porre nella considerazione che oltre la metà del territorio nazionale ricade in zona sismica e quasi totalmente il 94%, ricade in zona rischio frane o dissesto idrico o idrogeologico”, ha sottolineato Musumeci. LEGGI TUTTO

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    Economia circolare, al 2040 soddisfatto fino al 32% fabbisogno annuo materie prime strategiche dell’Italia

    (Teleborsa) – “Le materie prime critiche sono centrali per l’industria europea e rientrano in tecnologie chiave per la politica energetica e digitale, in un contesto in cui l’Europa e l’Italia sono fortemente dipendenti da Paesi terzi. In Italia, in particolare, il fabbisogno di materie prime critiche strategiche è previsto crescere fino a 11 volte rispetto ad oggi, rendendo necessarie soluzioni di policy volte a garantire un approvvigionamento sicuro e resiliente”. È quanto ha dichiarato Valerio De Molli, managing partner & ceo di The European House – Ambrosetti in occasione della presentazione – avvenuta oggi a Roma, presso l’Ara Pacis, del Position Paper “Materie prime critiche e produzioni industriali italiane. Le opportunità derivanti dall’economia circolare” – realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Iren. L’evento di presentazione, moderato dalla giornalista Laura Tecce, ha visto la partecipazione Adolfo Urso (ministro delle Imprese e del Made in Italy), Valerio De Molli (managing partner & ceo, The European House – Ambrosetti), Luca Dal Fabbro (presidente, Iren), Fiorenzo Fumanti (Ispra) e Danilo Bonato (direttore generale, Erion). “I risultati della ricerca – afferma Dal Fabbro – dimostrano come l’incremento della dotazione impiantistica in termini di recupero e riciclo delle materie prime critiche sia l’azione più urgente da intraprendere a beneficio della sicurezza del sistema economico italiano. Al 2040 l’economia circolare potrà soddisfare fino al 32% del fabbisogno annuo di materie prime strategiche in Italia. Iren eserciterà un ruolo da protagonista in questo ambito, forte di un piano industriale che prevede al 2030 10,5 miliardi di Euro di investimenti con l’obiettivo di diventare il player di riferimento per l’economia circolare nel Paese”. Durante la Tavola Rotonda sono stati condivisi i principali risultati dello Studio, con l’obiettivo di qualificare la centralità delle materie prime critiche per le produzioni industriali europee, mettendo in luce le potenziali criticità legate alla concentrazione delle forniture, e quantificare il fabbisogno attuale e prospettico per l’Italia identificando le opportunità derivanti dall’economia circolare.Nel 2023 la Commissione Europea ha identificato 34 materie prime critiche per l’industria Europea (20 in più rispetto alla rilevazione effettuata nel 2011). La Cina è oggi il principale fornitore europeo per il 56% delle materie prime critiche con implicazioni significative per i target energetici al 2030: se la Cina interrompesse la fornitura di terre rare all’Europa, da qui al 2030 sarebbero a rischio 241 GW di eolico (47% del totale) e 33,8 milioni di veicoli elettrici (66% del totale), rendendo impossibile il raggiungimento degli obiettivi legati alle linee guida europee.Il posizionamento della Cina sulle materie prime critiche non si basa solamente sulla produzione domestica, ma anche sulla capacità di raffinazione. La Cina, infatti, raffina oltre il 90% della produzione mondiale di terre rare, di manganese e di germanio. Non solo: tra il 2005 e il 2021 la Cina ha indirizzato oltre 80 miliardi di euro di investimenti diretti esteri verso il settore estrattivo e della raffinazione. Si tratta di un valore pari a 2,3 volte gli investimenti pubblici europei in rinnovabili osservati nello stesso periodo di riferimento. I primi 3 Paesi in cui la Cina ha diretto gli investimenti sono Australia (26,6 miliardi di Euro), Repubblica Democratica del Congo(13,7 miliardi di Euro) e Perù (11,8 miliardi di Euro). Gli effetti di questa strategia sono visibili su materie prime critiche quali cobalto e litio, per cui la Cina detiene il 3% e l’11% della capacità mineraria globale, ma con quota che raggiunge rispettivamente il 25% e il 24% includendo le società a controllo cinese.All’interno di questo mercato fortemente concentrato, il Critical Raw Materials Act, emanato a marzo 2023 dalla Commissione Europea stabilisce che, entro il 2030, estrazione, raffinazione e riciclo debbano soddisfare, rispettivamente, almeno il 10%, 40% e 15% del fabbisogno europeo di materie prime critiche, con l’obiettivo di rendere le filiere industriali più resilienti e meno dipendenti da Paesi terzi. Inoltre, al massimo il 65% delle materie prime critiche consumate potranno essere importate da un singolo Paese.Sempre nel 2023 la Commissione Europea ha introdotto anche il concetto di materie prime strategiche, ovvero le materie prime necessarie per produzioni industriali che ricadono in settori di utilizzo strategici identificati in: energie rinnovabili, mobilità elettrica, digitale, aerospazio e difesa. Le analisi di The European House – Ambrosetti, basate su oltre 50 documenti di policy europei degli ultimi 5 anni, consentono di identificare le tecnologie sottostanti ai settori strategici (fotovoltaico, eolico, batterie, data storage e server, prodotti di elettronica, droni e satelliti) e conseguentemente di identificare il fabbisogno italiano, attuale e prospettico, di materie prime strategiche.I risultati dell’analisi evidenziano come il fabbisogno odierno italiano di materie prime strategiche si attesti a circa 2.782 tonnellate nel 2020, con il rame che rappresenta il 44% del totale. Al 2040, inoltre, il fabbisogno è previsto crescere fino a 11 volte rispetto a tali volumi, nell’ipotesi di una specializzazione produttiva del Paese sugli ambiti dell’eolico e del fotovoltaico e di una espansione tecnologica coerente con i target energetici europei. In generale, alla luce del crescente fabbisogno di materie prime critiche strategiche, esistono dei vincoli da considerare per soddisfare tali fabbisogni. Infatti, da un lato, le materie prime critiche strategiche hanno pochi materiali sostituti, parte dei quali sono a loro volta critici e con soluzioni a minor maturità tecnologica che rendono difficile performance comparabili. Dall’altro lato, l’estrazione di materiali minerali metallici in Italia è oggi sostanzialmente nulla, con tempi autorizzativi per valorizzare un nuovo sito minerario che raggiungono in Europa 15/17 anni.In questo quadro, l’economia circolare rappresenta quindi una leva ad alto potenziale, anche alla luce dei volumi crescenti di tecnologie low-carbon che raggiungeranno il fine vita: lo stock di prodotti riciclabili da qui al 2040 è previsto crescere di 13 volte. In questo contesto, il riciclo potrà soddisfare nel 2040 dal 20% al 32% del fabbisogno italiano annuo di materie prime strategiche, con il target del 15% fissato dalla Commissione Europea che può essere raggiunto già nel 2030. Tuttavia, per raggiungere tassi di riciclo significativi e potenziare l’autonomia strategica italiana è necessario un incremento della dotazione impiantistica: The European House – Ambrosetti ha stimato che in Italia saranno necessari 7 impianti per valorizzare i prodotti che contengono materie prime critiche, per un investimento complessivo di circa 336 milioni di Euro.Diventa quindi fondamentale il ruolo delle multiutility come Iren, grazie al forte presidio territoriale, l’elevata capacità di investimento e la presenza radicata in tutta la filiera energetica e dei rifiuti. Iren attiva nei settori strategici dell’energia, dell’acqua, dell’ambiente e delle reti fornirà un contributo sostanziale al raggiungimento dei target richiesti dal Critical Raw Materials Act grazie alla gestione diretta di circa 60 impianti di trattamento dei rifiuti in Italia, fra i quali innovative linee di trattamento dei RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) per il recupero delle materie prime critiche contenute. Nel piano industriale Iren al 2030, che prevede circa 10,5 miliardi di investimenti, l’80% dei quali dedicati alla crescita sostenibile, è previsto un ulteriore sviluppo impiantistico, fra cui la realizzazione del primo impianto italiano dedicato esclusivamente al recupero dei materiali preziosi e materie prime critiche, la cui costruzione partirà entro il 2023 in Valdarno. LEGGI TUTTO

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    Edilizia, Istat: impatto incentivi edilizi su sistema produttivo 1,4%

    (Teleborsa) – “Nel 2022, gli incentivi edilizi considerati quale stimolo effettivo agli investimenti in costruzioni, pari a 32 miliardi, rappresentano poco più dell’8% degli investimenti complessivi dell’anno. L’impatto stimato sul valore aggiunto del sistema produttivo è di poco meno di 26 miliardi di euro (pari all’1,4%), quello sul solo settore delle costruzioni è poco più del 14%”. In termini occupazionali, l’effetto è pari al 1,7% (413 mila unità lavorative annue), mentre sul reddito l’effetto è pari all’1,5% (11,6 miliardi di euro)”. È quanto ha affermato il direttore della Direzione Centrale per la Contabilità Nazionale Giovanni Savio in audizione alla commissione Bilancio della Camera sugli incentivi fiscali in edilizilia. “In termini occupazionali, l’effetto – ha aggiunto – è pari al 1,7% (413 mila ULA), mentre sul reddito l’effetto è pari all’1,5% (11,6 miliardi di euro)”. Il Superbonus del 110% e il Bonus facciate – secondo le stime dell’Istat – hanno prodotto gli investimenti addizionali in costruzioni pari a 758 milioni di euro per il 2020, 18,6 miliardi per il 2021 e 32,0 miliardi per il 2022. In totale nel triennio quasi 51,4 miliardi di euro. “Secondo la simulazione, per l’anno 2020, lo stimolo degli incentivi edilizi al sistema produttivo – ha evidenziato Savio – risulterebbe trascurabile sia sul valore aggiunto (poco meno di 640 milioni di euro) sia su occupazione e redditi. Nel 2021, gli incentivi edilizi considerati quale stimolo effettivo agli investimenti in costruzioni, 18,6 miliardi, sono pari al 5,4% degli investimenti complessivi e l’impatto stimato sul valore aggiunto del sistema produttivo è di circa 15,6 miliardi di euro (pari allo 0,9%). Di questi, poco più della metà si concentrano nel settore delle costruzioni, con uno stimolo al valore aggiunto del settore pari al 10,1%. In termini di occupazione, l’effetto complessivo è dell’1,1% (circa 261 mila unità di lavoro a tempo pieno, ULA20), mentre nelle costruzioni è del 10,0% (circa 160 mila ULA). Lo stimolo sui redditi da lavoro è pari a circa 7,0 miliardi di euro (l’1,0% del totale). Nel biennio 2021-2022, in termini di scostamenti percentuali (cumulati) rispetto allo scenario base di assenza di incentivi, la crescita aggiuntiva in termini reali attribuibile alle spese riferite al Superbonus 110% e al Bonus facciate oscillerebbe tra 1,4 punti nel primo scenario e 2,6 punti nel secondo, assumendo in entrambi i casi un’intensità più contenuta nel secondo anno” ha detto Savio, facendo riferimento ad un esercizio di simulazione che “si basa sul profilo degli investimenti addizionali in costruzioni” pari a +18,6 miliardi nel 2021 e +32,0 miliardi nel 2022 rispetto allo scenario controfattuale di assenza di incentivi. “Gli investimenti in costruzioni hanno mostrato nel biennio (2021-22) – ha detto Savio – tassi di crescita più elevati del valore aggiunto: quelli in Abitazioni sono aumentati del 37,2% nel 2021 e dell’10,3% nel 2022, quelli in Fabbricati residenziali e altre opere rispettivamente del 18,4% e 12,9%. In rapporto al PIL, gli investimenti del settore sono così tornati sui valori osservati nel 2008. Nel biennio 2021-2022, il settore delle costruzioni ha conosciuto un periodo di crescita eccezionale”.Per il settore dell’edilizia gli ultimi dati congiunturali, relativi ai primi mesi del 2023, – rileva l’Istat – mostrano nel complesso segnali moderatamente positivi. L’indice della produzione nelle costruzioni ha registrato, a marzo, un lieve incremento (+0,1%), dopo il calo marginale di gennaio (-0,2% la variazione congiunturale) e il recupero di febbraio (+0,3%). Su base trimestrale – sottolinea l’istituto di statistica – l’aumento congiunturale dell’indice rimane robusto (+1,1% nel primo trimestre rispetto ai tre mesi precedenti). Nel confronto con i primi tre mesi del 2022, l’indice corretto della produzione nelle costruzioni registra però una lieve flessione (-0,4%). Ad aprile, il clima di fiducia delle imprese di costruzioni ha mostrato una decisa accelerazione, attestandosi su livelli molto alti dell’indicatore (a 164,2, dal 159,1 di marzo), a fronte del peggioramento della fiducia delle imprese manifatturiere e del commercio al dettaglio e un aumento più contenuto per quelle dei servizi di mercato. LEGGI TUTTO