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    Alluvione in Emilia-Romagna: il Gruppo Lavazza dona 500mila euro per sostenere le popolazioni

    (Teleborsa) – Il Gruppo Lavazza sostiene le popolazioni colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna con una donazione di 500mila euro erogata tramite la Fondazione Giuseppe e Pericle Lavazza Onlus. “L’azienda – si legge in una nota – desidera dare un segnale positivo e di impegno concreto agendo direttamente sul territorio, dimostrando la sua solidarietà e il supporto alla comunità in un momento di grande difficoltà con una donazione che mira a fornire assistenza immediata alle persone coinvolte e a contribuire alla ricostruzione delle aree danneggiate”.Parte della cifra verrà devoluta a “Specchio dei Tempi” e alle sue attività dirette al recupero funzionale di quanto danneggiato, alle esigenze delle famiglie e alla ripresa delle piccole attività dei singoli comuni.Attraverso la donazione, inoltre, saranno supportate economicamente alcune ONG e associazioni locali con cui la Fondazione Lavazza già lavora e che sono operative sul territorio. Un particolare focus sarà posto sulle istituzioni più vulnerabili, come le case di cura e le comunità per disabili, vittime anch’esse di danni significativi causati dall’alluvione, garantendo il supporto necessario per ripristinare e migliorare le condizioni di vita di queste comunità, lavorando in sinergia con le autorità locali e le organizzazioni competenti.Inoltre, come di consueto in queste situazioni emergenziali, Lavazza ha messo in atto misure per consentire ai dipendenti di donare una somma, che verrà poi raddoppiata dall’Azienda al fine di fornire ulteriore sostegno alle iniziative di soccorso e ricostruzione.”Siamo profondamente toccati dalla devastazione provocata dall’alluvione in Emilia-Romagna, è una tragedia che sta causando enormi sofferenze e difficoltà alle persone coinvolte – ha dichiarato Giuseppe Lavazza, presidente del Gruppo Lavazza –. Crediamo nell’importanza di unire le forze e vogliamo fare la nostra parte per aiutare le popolazioni locali a superare questa situazione di emergenza con un aiuto concreto. Sono convinto che le persone dell’Emilia-Romagna dimostreranno ancora una volta la forza per uscire da questa emergenza e ripartire”. LEGGI TUTTO

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    Inps, approvato il bilancio 2022: positivo il risultato di esercizio (+7,1 miliardi)

    (Teleborsa) – Il 2022 dell’INPS sul piano economico-patrimoniale si è chiuso con un risultato di esercizio positivo per 7,1 miliardi di euro. Il risultato d’esercizio 2022, pari a +7.146 milioni, è in miglioramento di 10.857 milioni rispetto al 2021. L’avanzo finanziario, pari a 23.554 milioni, registra una netta crescita rispetto al 2021 (+21.497 milioni). Sono alcuni dei numeri presentati dal presidente dell’Istituto, Pasquale Tridico, nel corso di una conferenza stampa dopo l’approvazione da parte del Cda del bilancio avvenuta ieri. Nel 2022 la spesa per pensioni è cresciuta del 3,8% a quota 283.254 milioni di euro (nel 2021 era stata pari a 272.807 milioni di euro). Lo scorso anno inoltre la spesa per prestazioni dell’INPS è salita a quota 380,7 miliardi, in aumento del 5,8% rispetto al 2021. Nel 2021, infatti, la spesa per prestazioni era stata 359,8 miliardi. Nel 2022 le entrate contributive sono risultate pari a 256,1 miliardi in aumento dell’8,1%.Le pensioni della Gestione Dipendenti Pubblici vigenti al 1 gennaio 2023 sono 3.107.983, lo 0,8% in più rispetto all’anno precedente (3.082.954 pensioni), per un importo complessivo annuo di 83.318 milioni di euro, il 5,2% in più rispetto al 2022, in cui l’importo risultava di 79.203 milioni di euro. Lo rileva l’INPS nel suo osservatorio sulle pensioni dei dipendenti pubblici. Il 58,9% delle pensioni sono di anzianità o anticipate, con importo complessivo annuo pari a 54.416 milioni di euro; il 14,3% sono pensioni di vecchiaia con importo complessivo annuo di 13.736 milioni di euro; le pensioni di inabilità sono il 6,5% e il restante 20,3% è costituito, complessivamente, dalle pensioni erogate ai superstiti di attivo e di pensionato.Il 59,6% del totale dei trattamenti pensionistici è erogato a donne, contro il 40,4% erogato a uomini. In tutte le categorie di pensione, eccetto la categoria delle pensioni di inabilità, si rileva una maggior presenza di pensionate sui pensionati, con differenziazione massima nelle pensioni ai superstiti in cui le donne rappresentano il 16,8% del totale delle pensioni e gli uomini il 3,5%. Il maggior numero delle prestazioni è concentrato nelle regioni settentrionali con il 40,9% del totale nazionale, seguito dal 36,5% delle prestazioni erogate al Sud, isole comprese. Al Centro il valore minimo, con il 22,3%. Il 39,8% della spesa pensionistica complessiva della Gestione Dipendenti Pubblici viene erogata nell’Italia settentrionale, contro il 36,4% dell’Italia meridionale ed isole ed il 23,6% dell’Italia centrale. Il maggior incremento in valore assoluto riguarda le contribuzioni dei lavoratori dipendenti del settore privato (+9,2%), ed è pari a 13.755 milioni, per un totale di 163.657 milioni; in termini percentuali, invece, i versamenti dei lavoratori autonomi riportano un aumento del 13% (+2.521 milioni, per un totale di 21.948 milioni). I contributi dei dipendenti del settore pubblico raggiungono i 60.586 milioni (+1.906 milioni, pari ad un incremento del 3,2%); quelli dei lavoratori parasubordinati e liberi professionisti aumentano del 12%, per un totale di 9.947 milioni. Le spese per il sostegno del reddito (trattamenti di disoccupazione, integrazioni salariali bonus, trattamenti di malattia ecc.), che nel 2021 erano pari a 24.355 milioni, presentano un aumento del 7% e totalizzano 26.049 milioni (+1.694 milioni). La voce più consistente è rappresentata dai trattamenti di disoccupazione, pari 11.848 milioni, con aumento del 4% (+458 milioni) sul 2021. Seguono i Bonus 200 euro e Bonus 150 euro che complessivamente ammontano a 8.391 milioni. L’inclusione sociale (assegni e pensioni sociali, prestazioni di invalidità civile, reddito e pensione di cittadinanza e reddito d’emergenza) riporta una spesa di 33.802 milioni, in calo del -6,5% rispetto al 2021, in cui sono in evidenza le prestazioni per l’invalidità civile, pari a 20.535, (+2,3% rispetto allo scorso esercizio) e il reddito e pensione di cittadinanza, pari a 8.039 (in flessione del 9,4% rispetto al 2021). Le spese per la famiglia (assegni al nucleo familiare, assegno unico e universale, trattamenti di maternità, assegni di natalità, rette di asili nido e congedi parentali) con 21.242 milioni, registrano un’impetuosa crescita del 79,6% (+11.825 milioni) sul dato 2021, andamento motivato dal debutto dell’assegno unico e universale a partire dal marzo 2022. Completano la rassegna della spesa istituzionale, le cosiddette altre prestazioni (trattamento di fine servizio e di fine rapporto per i dipendenti pubblici, trattamento di fine rapporto e fondo di garanzia per i dipendenti privati e prestazioni creditizie e sociali per i dipendenti pubblici) che incidono sul bilancio dell’Istituto per 16.371 milioni, con un aumento dell’11,4% rispetto ai 14.695 milioni dell’anno precedente. LEGGI TUTTO

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    UK, prezzi produzione aprile +0% mese +5,4% anno

    (Teleborsa) – Giungono dati contrastanti dai prezzi alla produzione del Regno Unito nel mese di aprile 2023. Secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica (ONS), l’indice dei prezzi alla produzione (output) è salito dello 0% su base mensile, contro aspettative di mercato per un calo dello 0,1% e rispetto al +0% del mese precedente (rivisto da un preliminare di +0,1%). A livello annuale, si è registrata una variazione positiva del 5,4%, contro il +8,5% del mese precedente (rivisto da un preliminare di +8,7%) e il +8,6% atteso dal mercato. L’indice core, al netto di cibo, bevande, tabacchi e petrolio, è salito su mese dello 0% (+0,3% a marzo) e su base annuale del 6% dal +8,3% precedente.(Foto: Clayton Cardinalli su Unsplash) LEGGI TUTTO

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    UK, inflazione aprile scende all’8,7% ma delude le attese

    (Teleborsa) – Giungono dati deludenti dall’inflazione nel Regno Unito ad aprile 2023. Secondo il report memnsile dell’Office for National Statistics (ONS), i prezzi al consumo segnano una crescita dell’8,7% su base annua, in discesa rispetto al +10,1% del mese precedente ma superiori rispetto al +8,3% atteso dagli analisti. Su base mensile l’inflazione ha registrato un incremento dell’1,2%, dopo il +0,8% del mese precedente (+0,8% atteso).Il dato core dell’inflazione, che esclude le componenti più volatili quali cibo e carburanti, sale al +6,8%% contro il +6,2% del mese precedente (+6,2% le attese). Su base mensile si registra un +1,3% (+0,8% le attese del mercato) e rispetto al +0,9% precedente. LEGGI TUTTO

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    Il Gruppo SACE per le imprese vittime dell’alluvione

    (Teleborsa) – Il Gruppo SACE è vicino a tutte le famiglie colpite dai danni dell’alluvione ed è già oggi pronto a supportare tutte le imprese dell’Emilia-Romagna e Marche con iniziative concrete. In sintesi, le oltre 1.800 aziende già clienti del Gruppo, possono contare su posticipi e moratorie sul pagamento dei premi, a cui si aggiungono proroghe gratuite dei termini delle coperture assicurative e di factoring da parte di tutte le aziende del Gruppo. Per tutte le imprese dei territori colpiti dall’alluvione, oltre alla gratuità di tutti i pareri preliminari e delle valutazioni delle controparti italiane ed estere, saranno disponibili, con accesso privilegiato, i prodotti finanziari a supporto delle filiere produttive, garantendo dilazioni in favore dell’azienda debitrice leader di territorio e l’anticipo sugli ordini per consentire il ripristino delle commesse e la ripresa dell’attività. Inoltre, le persone del Gruppo SACE hanno già avviato una raccolta fondi attraverso la donazione di giornate lavorative, che saranno raddoppiate dall’azienda, destinate all’Agenzia per la Sicurezza territoriale e la Protezione civile delle Regioni coinvolte. Maggiori informazioni sul sito www.sace.it nella pagina dedicata all’emergenza alluvione o al numero verde 800.269.264. LEGGI TUTTO

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    Vodafone Italia: dal 1 giugno Lorenzo Forina assume il ruolo di chief commercial officer

    (Teleborsa) – Lorenzo Forina, attuale direttore di Vodafone Business, assume dal 1 giugno il ruolo di chief commercial officer di Vodafone Italia, a riporto dell’amministratore delegato Aldo Bisio. Forina, entrato in Vodafone Italia nel 2021 come Direttore di Vodafone Business, avrà la responsabilità di guidare e coordinare le attività delle business unit Consumer’ Business e Customer Operations. Forina mantiene ad interim il ruolo di direttore di Vodafone Business, e a lui riporteranno Gianluca Pasquali che assume il ruolo di direttore Customer Operations e Wholesale, e Anita Carra, attuale direttore Consumer di Vodafone Irlanda, che diventa direttore Consumer di Vodafone Italia.In precedenza, Forina – dopo una significativa esperienza nella consulenza – ha maturato una lunga esperienza in Telecom Italia, dove ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità fino a diventare chief revenue officer nel 2019.Carra, è entrata in Vodafone nel 2017 come direttore Consumer prima in Ungheria e, successivamente, in Irlanda, dopo aver maturato una significativa esperienza internazionale in Unilever e UPC.Pasquali, è entrato in Vodafone nel 2011 dove ha ricoperto numerosi ruoli senior sia in Italia che all’estero fino ad assumere il ruolo di Direttore Consumer nel 2021, dopo aver maturato una importante esperienza nella consulenza. Fanno, inoltre, parte del Comitato Esecutivo di Vodafone Italia, guidato da Bisio, Sabrina Casalta (Finance), Silvia Cassano (Risorse Umane e Organizzazione), Antonio Corda (External Affairs, Legal, Compliance & Privacy) Silvia de Blasio (Comunicazione Corporate & Fondazione), Ignacio Garcia (Information Technology), Marco Zangani (Network). LEGGI TUTTO

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    Fondazione Gimbe, Cartabellotta: “SSN in codice rosso: autonomia rischia di amplificare diseguaglianze”

    (Teleborsa) – “L’emergenza COVID-19 ha ulteriormente indebolito il SSN, la cui crisi di sostenibilità ormai perdura da oltre 10 anni per varie ragioni: imponente sotto-finanziamento, carenza di personale per assenza di investimenti, mancata programmazione e crescente demotivazione, incapacità di ridurre le diseguaglianze, modelli organizzativi obsoleti e inesorabile avanzata del privato. Per la nostra democrazia non è più tollerabile che universalità, uguaglianza ed equità, i princìpi fondamentali del SSN, siano stati traditi e che i pazienti vivano oggi le conseguenze quotidiane di una sanità pubblica in codice rosso: infinite liste di attesa, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni sanitarie, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, rinuncia alle cure, riduzione dell’aspettativa di vita”. È quanto ha evidenziato il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, in audizione alla Commissione Affari costituzionali del Senato sulle proposte di legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata. Cartabellotta ha illustrato le ragioni del suo “no” all’autonomia differenziata in sanità. L’analisi di Cartabellotta evidenzia che – come emerge dal Report “Il regionalismo differenziato in Sanità” pubblicato lo scorso febbraio dalla Fondazione GIMBE – “‘abolizione dei tetti di spesa per il personale sanitario e l’istituzione di contratti di formazione-lavoro peranticipare l’ingresso nel mondo del lavoro di specialisti e medici di medicina generale rappresentano oggi strumenti fondamentali per fronteggiare la grave carenza di personale sanitario che dovrebbero essere estesi a tutte le Regioni”. In tale scenario – prosegue Cartabellotta – “alcune forme di autonomia rischiano di sovvertire gli strumenti di governance del SSN aumentando le diseguaglianze nell’offerta dei servizi: sistema tariffario, di rimborso, di remunerazione e di compartecipazione, sistema di governance delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Regionale, determinazione del numero di borse di studio per specialisti e medici di famiglia. Altre istanze risultano francamente ‘eversive’. Una maggiore autonomia in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi darebbe il via a sistemi assicurativo-mutualistici regionali sganciati dalla, seppur frammentata, normativa nazionale. Inoltre, la richiesta del Veneto di contrattazione integrativa regionale per i dipendenti del SSN, oltre all’autonomia in materia di gestione del personale e di regolamentazione dell’attività libero-professionale, rischia di concretizzare una concorrenza tra Regioni con ‘migrazione’ di personale dal Sud al Nord, ponendo una pietra tombale sulla contrattazione collettiva nazionale e sul ruolo dei sindacati”.Per Cartabellotta “l’impatto delle maggiori autonomie si inserirebbero in un contesto di enormi diseguaglianze regionali in termini di adempimenti ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e di conseguente mobilità sanitaria”. In particolare – spiega il presidente della Fondazione Gimbe – “dagli adempimenti al mantenimento dei LEA relativi al decennio 2010-2019 emerge che nelle prime 10 posizioni non c’è nessuna Regione del Sud e solo 2 del Centro (Umbria e Marche) e che le tre Regioni che hanno richiesto maggiori autonomie si collocano nei primi 5 posti della classifica: Emilia-Romagna (1a), Veneto (3a) e Lombardia (5a). E secondo le nuove “pagelle” relative al 2020, basate sul Nuovo Sistema di Garanzia, tra le 11 Regioni adempienti l’unica del Sud è la Puglia. L’analisi della mobilità sanitaria conferma la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord e la fuga dalle Regioni del Centro-Sud: infatti, nel decennio 2010-2019 13 Regioni, quasi tutte del Centro-Sud,hanno accumulato un saldo negativo pari a € 14 miliardi. E tra i primi quattro posti per saldo positivo si trovano sempre le tre Regioni che hanno richiesto le maggiori autonomie: Lombardia (+€ 6,18 miliardi), Emilia-Romagna (+€ 3,35 miliardi), Toscana (+€ 1,34 miliardi), Veneto (+€ 1,14 miliardi). Nel 2020 su € 3,33 miliardi di valore della mobilità sanitaria, il 94,1% della mobilità attiva si concentra in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, mentre l’83,4% del saldo passivo grava su Campania, Lazio, Sicilia, Puglia, Abruzzo e Basilicata, peraltro con la Calabria non contabilizzata. Questi dati confermano che nonostante la definizione dei LEA dal 2001, il loro monitoraggio annuale e l’utilizzo da parte dello Stato di strumenti quali Piani di rientro e commissariamenti, persistono inaccettabili diseguaglianze tra i 21 sistemi sanitari regionali, in particolare un gap strutturale Nord-Sud che compromette l’equità di accesso ai servizi e alimenta un’imponente mobilità sanitaria dalle Regioni meridionali a quelle settentrionali”.Di conseguenza – per Cartabellotta – “l’attuazione di maggiori autonomie in sanità, richieste proprio dalle Regioni con le migliori performance sanitarie e maggior capacità di attrazione, non potrà che amplificare le inaccettabili diseguaglianze registrate con la semplice competenza regionale concorrente in tema di tutela della salute. Ovvero, il regionalismo differenziato in sanità legittimerà normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute. Peraltro proprio quando il Paese ha sottoscritto con l’Europa il PNRR, il cui obiettivo trasversale è proprio quello di ridurre le diseguaglianze regionali e territoriali. Tenendo conto della grave crisi di sostenibilità del SSN, delle inaccettabili diseguaglianze regionali e dell’impatto delle maggiori autonomie la Fondazione GIMBE propone di espungere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere il trasferimento delle funzioni da parte dello Stato, perché la loro attuazione finirà per assestare il colpo di grazia al SSN”. LEGGI TUTTO

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    Startup, De Lise (commercialisti): “Solo il 5 per cento genera ricavi”

    (Teleborsa) – “Il dato complessivo di startup iscritte nel registro delle imprese comprende in realtà un insieme di società non ancora operative e operanti sul mercato. Solo il 5 per cento, infatti, presenta una generazione di ricavi e un percorso di crescita nel capitale investito. Nel 2022, tra l’altro, si evidenzia un drastico calo di nascite di startup, in controtendenza con la costante crescita che aveva caratterizzato gli anni precedenti. Un calo dovuto anche a una normativa ormai risalente al 2012, che necessiterebbe di ulteriori interventi ai fini di rendere il tessuto economico nazionale più attrattivo per questa specifica tipologia di società”. Lo ha detto il presidente dell’Unione Nazionale dei Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, Matteo de Lise, a margine del convegno “Startup, è già ieri?”, che si è svolto a Milano, presso Le Village, alla presenza di esperti in materia e rappresentanti istituzionali. Nel corso dell’incontro è stata presentata un’indagine nazionale sul tema a cura della Fondazione Centro Studi Ungdcec in collaborazione con l’Università degli Studi di Parma e l’Università Gabriele D’Annunzio Chieti-Pescara. “I numeri emersi – spiega Francesco Puccio, presidente della Fondazione Centro Studi Ungdcec – sono indicativi di una necessità improrogabile di interventi legislativi mirati a fornire nuove agevolazioni non solo fiscali riservate alle startup. Il tema, tra l’altro, non è stato considerato all’interno dei contenuti della legge delega fiscale e per tale motivo, dopo aver esaminato i più recenti interventi normativi di altri paesi comunitari, abbiamo formulato una serie di proposte di modifica normativa che nelle prossime settimane saranno sottoposte alla politica”. L’indagine si compone di una analisi dell’intero panorama delle startup italiane, campione di circa 14mila aziende, sul quale è stata eseguita un’analisi qualitativa e quantitativa al fine di meglio inquadrare il fenomeno startup italiano la sua diffusione, le differenziazioni sui territori, la composizione degli assetti societari e di governance e le principali risultanze economiche. Nella seconda parte dell’indagine, è stato individuato un campione di startup “tipiche”, ossia rispondenti a determinate caratteristiche: questo campione, corrispondente a circa 700 aziende pari al 5 per cento del totale delle startup italiane, è stato analizzato al fine di evidenziare i principali indicatori economici, patrimoniali e finanziari, i trend di periodo, le principali dinamiche che hanno caratterizzato l’ultimo triennio, gli interventi sul capitale eseguiti, il tutto analizzato in funzione dei settori economici, della tipologia di governance adottata e della diversa compagine sociale. LEGGI TUTTO