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    Protesti, ISTAT: in calo numero e valore monetario

    (Teleborsa) – Nel 2023 i protesti iscritti nel Registro informatico dei protesti sono stati 225.024, di cui 200.764 cambiali (89,2%) e 24.260 assegni (10,8%). Il loro valore monetario complessivo supera i 239 milioni di euro:quasi 157 milioni riguardano le cambiali (65,5%) e circa 82 milioni gli assegni (34,5%). I soggetti protestati sono 61.845: 43.541 persone (70,4%) e 18.304 imprese (29,6%). Rispetto al 2022 i valori sono tutti in calo: -11,8% i protesti, -1,2% il valore monetario, -12,7% i soggetti protestati (persone -13,4%; imprese -11,0%). In media, nel 2023, sono 3,6 i protesti per soggetto protestato iscritti nel Registro, dato stabile rispetto al 2022. È quanto rileva l’Istat.Il calo dei protesti dipende da molti fattori. L’utilizzo dei titoli di credito come mezzi cambiari per il pagamento dilazionato di una certa somma di denaro, su base fiduciaria, ha subito sostanziali modifiche legate alla trasformazione dell’intero sistema creditizio. In particolare, tra le innovazioni informatiche nelle pratiche di pagamento di individui, famiglie e imprese, sono stati introdotti sistemi come le carte di pagamento: carte di credito, carte di debito, carte prepagate, carte a spendibilità limitata. In questo quadro, le cambiali emesse, calcolate sulla base delle marche da bollo rilasciate dall’Agenzia delle Entrate, sono in costante diminuzione. In particolare, tra il 2022 e il 2023 passano da 6.175.396 a 6.149.568 (-0,4%; -45,7% rispetto al 2013, quando erano 11.315.535). Diminuisce lievemente anche il loro tasso di utilizzo: 104 le cambiali emesse ogni 1.000 abitanti nel 2023 contro 105 del 2022 (-0,4%; -44,4% rispetto al 2013, quando erano 188 ogni 1.000 abitanti). Rispetto alla cambiale, l’uso dell’assegno è molto più diffuso, ma maggiormente in calo, sia nel breve che nel lungo periodo. Secondo quanto rilevato dalla Banca d’Italia, gli assegni emessi passano da 67.803.163 nel 2022 a 58.274.249 nel 2023 (-14,1%; -73,5% rispetto al 2013, quando erano 219.550.952). Anche il loro tasso di utilizzo è in calo: gli assegni emessi ogni 1.000 abitanti passano da 1.149 nel 2022 a 988 nel 2023 (-14,0% rispetto al 2022; -72,9% rispetto al 2013, quando erano 3.640). Nel 2023 sono protestate 32,6 cambiali ogni 1.000 emesse (nel 2022 erano 36,4). Il tasso di assegni protestati è di 0,4 ogni 1.000 emessi, come per l’anno precedente. Considerando un arco di tempo più lungo, sia il tasso di cambiali sia il tasso di assegni protestati sono più che dimezzati: nel 2013 erano rispettivamente 85,0 cambiali protestate ogni 1.000 emesse e 1,1 assegni protestati ogni 1.000 emessi. La riduzione della circolazione di cambiali e di assegni e del loro uso non è comunque sufficiente a spiegare la consistente diminuzione dei protesti. La flessione dei tassi di protesto delle cambiali è infatti più ampia della contrazione dei tassi di utilizzo delle cambiali stesse. Su questa dinamica ha inciso anche l’attività di pubblicità realizzata dal Registro informatico dei protesti (REPR) e, per gli assegni, anche l’esercizio di controllo da parte di altri organismi, come la Centrale di allarme interbancaria (CAI). L’attività di pubblicità e di vigilanza sui soggetti protestati, infatti, ha lo scopo di tutelare chiunque abbia rapporti economici con il protestato. Il nome del debitore iscritto nel REPR è pubblico ed è di semplice consultazione da parte di chiunque abbia a che fare con l’eventuale debitore. Inoltre tali servizi di vigilanza per gli assegni comportano effetti più restrittivi per i soggetti protestati in termini di accesso al credito e ai mezzi di finanziamento bancario, rispetto a quelli previsti dalla legislazione vigente in caso di pubblicità del protesto mediante il REPR. LEGGI TUTTO

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    Gruppo Nestlé in Italia: in sinergia con il Ssn investiti 70mila per la prevenzione oncologica

    (Teleborsa) – Quest’anno il Gruppo Nestlé in Italia ha investito 70mila euro per la prevenzione oncologica delle proprie persone, potenziando ulteriormente il suo impegno in questo campo e ponendosi in maniera complementare al Sistema Sanitario Nazionale. Nel corso di tutto il 2025, Nestlé offre ai propri dipendenti la possibilità di effettuare visite ed esami di screening oncologico su tutti i territori in cui il Gruppo opera nel nostro Paese (headquarter di Assago, stabilimenti produttivi e centri di distribuzione) durante l’orario di lavoro, senza quindi dover chiedere ore di permesso. Nello specifico, il programma di prevenzione oncologica – spiega Nestlé in una nota – si focalizza su due tipologie di neoplasie, la cui incidenza è in continuo aumento e l’età media sempre più bassa, come i tumori della pelle (in primis il melanoma cutaneo) e il tumore al seno. Grazie al supporto del personale medico di partner specializzati, le persone Nestlé potranno, con un contributo di 20 euro, eseguire una visita dermatologica con dermatoscopia e, per le donne, una visita senologica con ecografia mammaria direttamente nel luogo di lavoro. Il Gruppo Nestlé in Italia ha introdotto già da diversi anni programmi di screening oncologico rivolti alle sue persone. Lo scorso anno sono state effettuate quasi 900 visite e per il 2025 l’obiettivo è di mettere a disposizione più di 1.000 slot. Nestlé è convinta che le aziende rivestano un ruolo cruciale nella promozione del benessere e della salute dei propri collaboratori. Per questo, in affiancamento alla campagna di screening, il Gruppo sta lavorando da anni per aumentare la consapevolezza delle proprie persone sulla rilevanza della prevenzione oncologica e per incentivare la partecipazione ai programmi di screening del Sistema Sanitario Nazionale. Quest’anno Nestlé collabora, tra gli altri, con la Fondazione Umberto Veronesi per sensibilizzare le proprie persone sull’importanza di uno stile di vita sano per la prevenzione del carcinoma del colon retto, nonché su come riconoscere i campanelli d’allarme e su quali siano gli esami da effettuare per una diagnosi precoce.”La prevenzione svolge un ruolo fondamentale nella lotta ai tumori e, indubbiamente, è più semplice farla al lavoro. Nella consapevolezza che ogni controllo possa fare davvero la differenza, abbiamo scelto di rafforzare ancora di più il nostro programma di screening oncologico, affiancandoci al Sistema Sanitario Nazionale. Queste misure non solo mirano a prevenire malattie, ma anche a supportare le nostre persone nel prendersi cura della propria salute in modo proattivo” ha dichiarato Ramona Politanò, Employee Health Manager del Gruppo Nestlé in Italia.”Il programma di screening oncologico di Nestlé si inserisce in un piano più ampio per la salute e il benessere delle persone che si focalizza anche sulla salute mentale, sull’educazione alimentare per far comprendere i principi di una sana nutrizione e sul servizio di telemedicina, lanciato nel 2024, finalizzato alla risoluzione da remoto di piccole problematiche di salute non urgenti. Siamo orgogliosi di questo importante investimento e l’obiettivo per i prossimi anni è di continuare lungo questo percorso, per le nostre persone, le loro famiglie e le comunità” ha commentato Ruben Campagner, Head of Employee Relations del Gruppo Nestlé in Italia. LEGGI TUTTO

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    Scuola, Istat: ancora oltre un terzo 25-64enni senza diploma

    (Teleborsa) – Nel 2023, solo il 65,5 per cento dei 25-64enni possiede almeno un diploma di scuola secondaria superiore, contro il 79,8 per cento della media UE27. Il divario è ancora più ampio sul fronte dei laureati: appena il 21,6 per cento in Italia, a fronte del 35,1 per cento nella media europea e quote doppie in Francia e Spagna. Il ritardo riguarda anche le generazioni più giovani, in particolare per l’istruzione terziaria: tra i 25-34enni, il 31,6 per cento ha un titolo terziario nel 2024, un dato in crescita ma ancora lontano dall’obiettivo europeo del 45 per cento entro il 2030. È quanto evidenzia l’Istat nel Rapporto annuale 2025 presentato oggi. L’abbandono scolastico precoce, seppur in calo, – rileva l’Istat – rimane una criticità. Nel 2024, il 9,8 per cento dei giovani tra 18 e 24 anni lascia il sistema di istruzione e formazione senza aver conseguito un titolo secondario superiore. Il fenomeno è più diffuso tra gli uomini (12,2 per cento), nel Mezzogiorno (12,4 per cento) e tra i giovani con cittadinanza straniera (24,3 per cento).Le competenze digitali restano insufficienti per raggiungere gli obiettivi europei. Nel 2023 solo il 45,8 per cento degli italiani tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali almeno di base, contro una media UE27 del 55,5 per cento e obiettivi europei che puntano all’80 per cento entro il 2030. Persistono forti divari territoriali, generazionali e di istruzione. Nel Mezzogiorno la quota di cittadini con competenze digitali almeno di base è pari al 36,1 per cento, contro il 50 per cento circa nel Centro-nord. Il divario tra giovani (16-24 anni) e adulti (45-54 anni) è di 10 punti percentuali a sfavore dei secondi. Le differenze legate all’età si attenuano tra i più istruiti. Le donne risultano svantaggiate solo nelle fasce d’età oltre i 45 anni.Nell’anno scolastico 2023/2024 il numero di alunni con disabilità ha superato 360mila unità, con un incremento, in 10 anni, di quasi il 60 per cento. Il numero di docenti impegnati in attività di sostegno,aumentato in proporzione alla crescita degli alunni con disabilità, conta 246mila unità. Permangono, tuttavia, alcune criticità, tra cui, in particolare, la carenza di formazione: oltre 66mila insegnanti per il sostegno, il 26,9 per cento del totale, sono privi della relativa specializzazione. LEGGI TUTTO

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    UE, proposte nuove semplificazioni: risparmi per 400 milioni l’anno per le imprese

    (Teleborsa) – La Commissione europea propone di ridurre di 400 milioni di euro i costi amministrativi annui per le imprese, in aggiunta agli 8 miliardi di euro già previsti attraverso precedenti sforzi di semplificazione. Con una nuova categoria di small-mid cap, le misure alleggeriranno gli obblighi di conformità e libereranno quindi risorse per la crescita e gli investimenti in tutto il mercato unico. Le misure incentivano le PMI a espandersi, a digitalizzare i processi normativi, a ridurre la burocrazia e sostengono l’obiettivo della Commissione di ridurre i costi amministrativi complessivamente del 25 % e del 35 % per le PMI entro la fine di questo mandato.Sbloccare il supporto mirato per le piccole imprese a media capitalizzazioneQuando le PMI superano i 250 dipendenti, diventano grandi imprese in base alle norme vigenti e devono far fronte a un forte aumento degli obblighi di conformità. Questo “taglio” può scoraggiare la crescita e limitare la competitività. La Commissione europea sta pertanto individuando una nuova categoria di imprese, le piccole imprese a media capitalizzazione (PMI), ossia le imprese con meno di 750 dipendenti; e fino a 150 milioni di euro di fatturato o fino a 129 milioni di euro di attività totali. Queste piccole imprese a media capitalizzazione – quasi 38.000 imprese nell’UE – accederanno per la prima volta a determinati vantaggi esistenti per le PMI, come deroghe specifiche ai sensi del regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) o norme semplificate, come le norme sul prospetto che rendono la quotazione delle società di gestione del rischio in borsa più semplice e meno costosa.Esenzione dalla registrazione dei gas fluorurati ad effetto serraCirca 10 000 imprese, solo nel 2026, non dovranno più registrarsi nel portale UE dei gas fluorurati in base alle modifiche proposte. Attualmente, tutti gli importatori e gli esportatori di prodotti contenenti gas fluorurati (gas fluorurati) devono registrarsi. Circa 2.000 nuove aziende richiedono la registrazione ogni mese, molte delle quali sono piccole concessionarie di auto che importano o esportano alcune auto usate con un gas fluorurato nel sistema di condizionamento dell’aria. La modifica proposta ridurrà l’onere di conformità per le imprese più piccole che gestiscono volumi commerciali limitati, mantenendo nel contempo gli obiettivi climatici del regolamento.Registrazione basata sul rischioLa proposta odierna semplifica l’obbligo di tenuta dei registri previsto dal regolamento generale sulla protezione dei dati, tenendo conto delle esigenze e delle sfide specifiche delle piccole e medie imprese e delle organizzazioni, garantendo nel contempo la tutela dei diritti delle persone fisiche. La proposta esenta le piccole e medie imprese e le organizzazioni con meno di 750 dipendenti, oltre alle PMI.Le PMI, le piccole e medie imprese e le organizzazioni con meno di 750 dipendenti saranno tenute a tenere registri solo quando il trattamento dei dati personali è “ad alto rischio” ai sensi del GDPR. Concentrando i requisiti di conservazione dei dati su attività ad alto rischio, le organizzazioni possono dedicare le proprie risorse alle aree in cui la protezione dei dati è più critica, pur mantenendo elevati standard di protezione dei dati.Dalla carta al digitaleLa proposta accelererà la transizione digitale, eliminando gli onerosi requisiti cartacei nella legislazione sui prodotti. Le attuali norme dell’UE impongono ancora alle imprese di fornire dichiarazioni di conformità su supporto cartaceo, istruzioni per l’uso e altro ancora. Digitalizzando questi requisiti, le imprese possono presentare e distribuire più facilmente le informazioni e le autorità nazionali possono verificare la conformità in modo più efficiente.Certezza del diritto attraverso specifiche comuniLe imprese, comprese le PMI e le piccole e medie imprese, avranno un percorso chiaro per dimostrare che i loro prodotti soddisfano i requisiti dell’UE, anche quando non sono disponibili norme armonizzate a livello dell’UE. Ciò offrirà loro maggiore certezza giuridica, ridurrà i costi e aumenterà la competitività.Facilitare l’introduzione graduale degli obblighi di dovuta diligenza per le batteriePer aiutare l’industria delle batterie ad affrontare le sfide dell’approvvigionamento di materie prime in tempi incerti, la Commissione concede alle imprese più tempo per prepararsi alle nuove norme in materia di dovere di diligenza. Il termine per conformarsi a tali norme sarà posticipato di due anni, dal 2025 al 2027. Ciò offre anche più tempo per l’istituzione di organismi di verifica terzi.Inoltre, gli orientamenti in materia di dovuta diligenza saranno pubblicati un anno prima dell’entrata in vigore degli obblighi. Ciò fornirà orientamenti tempestivi alle imprese e contribuirà a garantire un’attuazione più agevole delle nuove norme.ContestoLa presente proposta è il quarto pacchetto semplificativo omnibus presentato dalla Commissione europea nell’ambito di questo mandato, in uno sforzo risoluto in tutta l’istituzione per ridurre la burocrazia superflua e creare un contesto normativo che stimoli l’innovazione, la crescita, l’occupazione di qualità e gli investimenti.Omnibus I e II ha razionalizzato le norme in materia di informativa sulla sostenibilità e le norme sul dovere di diligenza e gli investimenti dell’UE, fornendo circa 6,3 miliardi di eurodi sgravi amministrativi annuali. Omnibus III, presentato la scorsa settimana, si è concentrato sulla semplificazione della politica agricola comune, risparmiando fino a 1,58 miliardi di euro all’anno per gli agricoltori e 210 milioni di euro per le amministrazioni nazionali.Il prossimo pacchetto Omnibus, provvisoriamente previsto per giugno 2025, si concentrerà sulla difesa e mirerà a contribuire al conseguimento degli obiettivi di investimento stabiliti nel Libro bianco e a consentire alle imprese innovative di prosperare.Seguiranno un Omnibus per l’industria chimica e un pacchetto digitale. Questo cambiamento nella cultura normativa e societaria coinvolge l’intera Commissione europea. Ogni servizio della Commissione e membro del collegio ha il compito di realizzare questo sforzo di razionalizzazione, ridurre gli oneri amministrativi e allineare le norme alle realtà sul campo. LEGGI TUTTO

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    Lavoro, Istat: in 6 anni perso 10,5% potere d’acquisto

    (Teleborsa) – Nel 2024 l’occupazione è cresciuta ad un ritmo sostenuto: +1,5 per cento l’incremento stimato nella Rilevazione sulle forze di lavoro, trainata dall’aumento dei dipendenti a tempo indeterminato. Gli occupati sono aumentati di 352mila unità (+173mila uomini e +179mila donne) e i disoccupati si sono ridotti di 283mila. In media d’anno il tasso di disoccupazione è diminuito di 1,1 punti percentuali, al 6,5per cento. La produttività del lavoro per occupato si è ridotta: dello 0,9 per cento, e dell’1,4 per cento per ora lavorata, come risultato dell”espansione dell’occupazione maggiore rispetto a quella del valore aggiunto. È quanto emerge dal rapporto annuale 2025 dell’Istat, presentato oggi alla Camera dei Deputati.L’inflazione al consumo in Italia, misurata attraverso l’indice armonizzato (IPCA), nel 2024 è stata pari all’1,1 per cento, significativamente più bassa rispetto alle altre maggiori economie europee e di 1,3 punti percentuali inferiore alla media della Uem (2,4 per cento). L’andamento dell’inflazione in corso d’anno ha riflesso soprattutto la dinamica dei prezzi dei beni energetici e alimentari, e negli ultimi mesi ha dato segnali di accelerazione, superando in marzo e aprile il 2 per cento: ad aprile l’inflazione acquisita per il 2025 è pari all’1,9 per cento. Nel 2024 le retribuzioni nominali sono cresciute più dell’inflazione, consentendo un parziale recupero della perdita di potere di acquisto del biennio 2021-2022. Alla fine del 2024 la crescita delle retribuzioni contrattuali per dipendente è stata pari al 10,1 per cento rispetto all’inizio del 2019, a fronte di un aumento dell’inflazione (IPCA) pari al 21,6 per cento. Nei primi mesi del 2025 la crescita delle retribuzioni contrattuali è rimasta robusta.Nel caso delle retribuzioni lorde di fatto per dipendente stimate dalla Contabilità nazionale (che includono gli effetti degli accordi decentrati e dei cambiamenti nella composizione dell’occupazione), dal 2019 al 2024 la perdita di potere d’acquisto è stata più contenuta e pari al 4,4 per cento in Italia, al 2,6 per cento in Francia e all’1,3 per cento in Germania, mentre in Spagna si registra un guadagno del 3,9 per cento.Il recupero delle retribuzioni orarie in presenza di una produttività in calo ha determinato nel 2024 un aumento del costo del lavoro unitario pari al 5,4 per cento per l’intera economia. Il mark-up si è corrispondentemente ridotto dello 0,8 per cento, pur restando superiore rispetto al livello del 2019. LEGGI TUTTO

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    PNRR, Pichetto: “Abbiamo messo in sicurezza il Piano, puntando su efficienza e realismo”

    (Teleborsa) – “Abbiamo messo in sicurezza il PNRR, garantendo alle misure del MASE gli aggiustamenti tecnici necessari per cogliere appieno tutte le opportunità del Piano. In particolare, abbiamo rafforzato la misura sul biometano, recuperando risorse inizialmente destinate a progetti nei settori hard-to-abate, resi di difficile realizzazione dai vincoli e dalle tempistiche stringenti del PNRR. Con la stessa logica di efficienza e realismo, abbiamo riallocato parte dei fondi destinati alle infrastrutture di ricarica elettrica, a seguito della verifica di una domanda inferiore alle previsioni”. È quanto afferma il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto.”Per quanto riguarda le Comunità Energetiche Rinnovabili, – prosegue Pichetto – siamo riusciti a superare alcuni vincoli, in particolare quelli legati alle dimensioni dei Comuni coinvolti, che rischiavano di rallentare una misura su cui il Ministero crede fortemente e intende continuare a investire. Siamo pronti inoltre a lanciare una nuova campagna di incentivi per l’acquisto di auto elettriche, destinata sia ai privati che alle imprese, con l’obiettivo di accelerare la mobilità sostenibile e accompagnare il processo di decarbonizzazione”.”Finora – conclude il ministro – abbiamo centrato tutti gli obiettivi previsti dal cronoprogramma, grazie anche all’accortezza politica e amministrativa con cui siamo intervenuti, in modo puntuale e strategico, nelle finestre di revisione tecnica del Piano”. LEGGI TUTTO

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    USA, scorte petrolio settimanali aumentano di 1,3 milioni di barili

    (Teleborsa) – Sono salite più delle attese le scorte di greggio in USA nell’ultima settimana. L’EIA, la divisione del Dipartimento dell’Energia americano, ha segnalato che gli stocksdi greggio, negli ultimi sette giorni al 16 maggio 2025, sono saliti di circa 1,3 milioni di barili a 443,2 MBG, contro attese per un calo di 0,9 milioni.Gli stock di distillati hanno registrato un aumento di 0,6 milioni, arrivando a 104,1 MBG, contro attese per un variazione di -1,2 milioni, mentre le scorte di benzine hanno registrato un aumento di 0,8 milioni a quota 225,5 MBG (era atteso un decremento di 1,7 milioni).Le riserve strategiche di petrolio sono aumentate di 0,8 milioni a 400,5 MBG. LEGGI TUTTO

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    UBS Global Family Office Report 2025: occhi puntati sulla guerra commerciale globale

    (Teleborsa) – Una guerra commerciale a livello globale è il principale rischio per gli investimenti da parte dei family office nel 2025, seguita da un considerevole conflitto geopolitico e un’inflazione maggiore. Per proteggere i propri portafogli, i family office stanno adottando strategie di hedging quali gestione attiva, hedge fund e, tramite un approccio selettivo, anche i metalli preziosi. A livello regionale, l’asset allocation è orientata prevalentemente verso il Nord America e l’Europa occidentale, tanto che alcuni family office hanno aumentato la loro esposizione ad azioni e obbligazioni dei mercati sviluppati, dal momento che sono alla ricerca di opportunità liquide per la crescita del capitale e la generazione di rendimento in un contesto volatile. Queste le principali evidenze che emergono dal Global Family Office Report 2025 pubblicato oggi da UBS. Il report raccoglie gli insight di 317 singoli family office in oltre 30 mercati in tutto il mondo. L’indagine presenta un patrimonio netto medio rilevato pari a 2,7 miliardi di dollari e family office che gestiscono in media 1,1 miliardi di dollari, confermandosi come l’analisi più completa e autorevole di questo importante gruppo di investitori. La survey condotta copre il periodo dal 22 gennaio al 4 aprile 2025.”In un contesto caratterizzato da crescente volatilità, timori di recessione a livello globale e dopo un sell-off dei mercati pressoché senza precedenti registrati all’inizio di aprile, il nostro ultimo report ci ricorda che i family office di tutto il mondo puntano innanzitutto su un approccio stabile e a lungo termine, concentrandosi sulla conservazione del patrimonio per le generazioni future – ha affermato Benjamin Cavalli, Head of Strategic Clients di UBS Global Wealth Management –. Sebbene la survey sia stata condotta principalmente nel primo trimestre, i family office erano già pienamente consapevoli delle sfide poste dalla guerra commerciale mondiale, tanto che l’hanno identificata come il rischio maggiore di quest’anno. Tuttavia, nelle interviste condotte a seguito delle turbolenze di mercato che hanno caratterizzato l’inizio di aprile, gli intervistati hanno ribadito la loro strategia, incentrata su un’asset allocation diversificata e capace di navigare tutte le condizioni di mercato”.”Siamo lieti di poter affermare che la portata del nostro set di dati ci ha permesso di condurre un’analisi regionale più approfondita che mai – ha dichiarato Yves-Alain Sommerhalder, Head of GWM Solutions di UBS Global Wealth Management –. Sebbene il contesto macroeconomico e politico globale continui a essere caratterizzato da rapidi cambiamenti e da un elevato grado di incertezza, la survey offre indicazioni su ciò che possiamo aspettarci nei prossimi cinque anni. E, soprattutto, delinea un quadro chiaro delle priorità, delle strategie e delle preoccupazioni dei family office a livello globale”.”In un periodo caratterizzato dall’incertezza data dalla guerra commerciale in atto, i family office italiani – ha affermato Giovanni Ronca, Head of UBS GWM in Italia, commentando i trend in Italia – continuano a guardare al futuro con una strategia volta alla stabilità, concentrandosi su asset class tradizionali e mercati sviluppati. Anche in Italia, l’obiettivo principale resta preservare e accrescere il patrimonio familiare, attraverso una solida diversificazione e un’attenzione crescente alle opportunità che potrebbero influire positivamente sul patrimonio. In questo scenario, la nostra esperienza nella gestione patrimoniale diventa fondamentale, soprattutto in momenti cruciali come il passaggio generazionale”.La guerra commerciale globale è la principale preoccupazione per il 2025Quando è stato chiesto loro quali siano le minacce al raggiungimento dei loro obiettivi finanziari nei prossimi 12 mesi, oltre due terzi (70%) dei family office hanno indicato la guerra commerciale. Il secondo motivo di preoccupazione, per oltre la metà degli intervistati (52%), è rappresentato da un grave conflitto geopolitico, seguito da un’inflazione maggiore. Guardando ai prossimi cinque anni, la percentuale di coloro che temono un grande conflitto geopolitico sale al 61%, mentre il 53% è preoccupato per una possibile recessione globale causate da gravi dispute commerciali. Secondo il sondaggio, il 50% dei family office era preoccupato per una crisi del debito, consapevole dei pericoli rappresentati dall’indebitamento pubblico. Nonostante i timori, quando è stato condotto il sondaggio, il 59% dei family office prevedeva di mantenere nel 2025 lo stesso livello di rischio in portafoglio del 2024, rimanendo fedeli ai propri obiettivi d’investimento. Tuttavia, il 38% ha evidenziato la difficoltà nell’identificare una strategia efficace nella gestione dei rischi di portafoglio, mentre il 29% ha sottolineato l’imprevedibilità degli asset di sicurezza a causa di fattori quali l’instabilità delle correlazioni di mercato. Di conseguenza il 40% ritiene che il modo più efficace per incrementare la diversificazione del portafoglio sia fare affidamento sulla selezione dei gestori e/o sulla gestione attiva, seguito dagli hedge fund (31%). Quasi la stessa percentuale di intervistati sta aumentando l’esposizione agli asset illiquidi (27%) e oltre un quarto (26%) sta utilizzando gli investimenti nel reddito fisso di alta qualità e a breve durata. I metalli preziosi, utilizzati da quasi un quinto degli intervistati a livello globale (19%), hanno registrato l’incremento maggiore rispetto all’anno precedente, con il 21% che anticipa un aumento significativo o moderato della propria allocation nei prossimi cinque anni.Spostamento dell’asset allocation verso i mercati liquidiIn un periodo di instabilità per il commercio e l’economia globale, è in corso un cambiamento nell’allocazione strategica degli asset.. Alcuni family office stanno incrementando le loro esposizioni alle azioni e alle obbligazioni dei mercati sviluppati, alla ricerca di opportunità liquide che consentano di ottenere una crescita del capitale e un rendimento in un contesto volatile. Sono sempre più numerose le opportunità che offrono accesso a trend di crescita secolari nei mercati azionari pubblici, che fino a pochi anni fa erano per lo più limitati al private equity, spaziando dai titoli legati all’intelligenza artificiale generativa a quelli dei settori dell’energia, delle risorse e della longevità. Le allocazioni azionarie nei mercati sviluppati sono salite in media al 26% nel 2024 e i family office che prevedono modifiche nel 2025 intendono incrementarle ulteriormente fino al 29%. Guardando ai prossimi cinque anni, quasi la metà (46%) dei family office prevede un aumento significativo o moderato della propria esposizione azionaria nei mercati sviluppati. Al contrario, meno di un quarto degli intervistati (23%) intende fare lo stesso con i propri investimenti a reddito fisso nei mercati sviluppati. A seguito di un lungo periodo di rendimenti deludenti, durante il quale la crescita economica non si è tradotta in rendimenti sui mercati azionari, i family office di Stati Uniti ed Europa sono più cauti nei confronti dei mercati emergenti rispetto ai loro pari dell’Asia-Pacifico, dell’America Latina e del Medio Oriente. A livello globale, nel 2024 i family office hanno allocato solo il 4% in azioni e il 3% in obbligazioni dei mercati in via di sviluppo, ma è molto probabile che aumentino la loro esposizione a India e Cina nei prossimi dodici mesi. Per quanto riguarda le barriere agli investimenti in queste regioni, le preoccupazioni geopolitiche sono state citate con maggiore frequenza (56%), insieme all’incertezza politica e/o al rischio di default sovrano (55%). Tuttavia, anche la svalutazione della moneta e/o l’inflazione (48%) e l’incertezza giuridica/la mancanza di regolamentazione (51%) si sono rivelate deterrenti quasi altrettanto importanti. Mentre i family office stanno riducendo leggermente l’esposizione ai private equity, gli investimenti sui mercati privati sono rimasti relativamente elevati nel 2024, attestandosi al 21%. Tuttavia, coloro che intendono apportare modifiche agli investimenti nel 2025 prevedono di ridurre tale quota in mediaal 18% – con le riduzioni principalmente guidate da investimenti diretti – poiché la debolezza dei mercati dei capitali e il rallentamento dell’attività di acquisizione frenano le exit in portafoglio, mentre l’aumento dei tassi rende il finanziamento più costoso. Proseguendo il trend degli ultimi anni, Nord America (53%) e Europa occidentale (26%) restano le destinazioni preferite per gli investimenti, con circa quattro quinti del patrimonio totale. Le allocationnell’Asia-Pacifico (esclusa la Cina) e in Cina sono scese leggermente al 7% ciascuna.Il futuro dei family officeIn un momento in cui è in corso il più grande trasferimento di ricchezza della storia, poco più della metà (53%) dei family office a livello globale dispone di piani di successione patrimoniale per i membri della famiglia. Gli altri, tuttavia, non hanno ancora agito, principalmente perché i beneficiari effettivi ritengono di avere tutto il tempo necessario per farlo (il 29% dei family office senza un piano di successione lo ha dichiarato). Oltre un quinto (21%) ha dichiarato che i beneficiari effettivi non hanno ancora deciso come suddividere il proprio patrimonio, mentre quasi la stessa percentuale (18%) indica che i proprietari effettivi non hanno avuto il tempo di discuterne. Nei casi in cui le famiglie dispongono di piani di successione, secondo quasi due terzi (64%) degli intervistati la sfida principale rimane quella di garantire il trasferimento del patrimonio nel modo fiscalmente più efficiente. Più di quattro su dieci (43%) ritengono che preparare la generazione successiva a gestire responsabilmente il patrimonio in linea con gli obiettivi della famiglia rappresenti un’altra grande sfida, mentre solo il 26% coinvolge la generazione successiva nella pianificazione successoria sin dall’inizio. LEGGI TUTTO