16 Febbraio 2021

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    Future USA positivi. Rialzi per settore bancario e petrolifero

    (Teleborsa) – I future USA sono in rialzo negli scambi pre-apertura di Wall Street. Gli analisti vedono di buon occhio i progressi nel processo di approvazione del pacchetto di aiuti da 1.900 miliardi di dollari e sono positivi su una ripresa dell’economia mondiale.Si preannuncia quindi un apertura in positivo per i listini americani. Il contratto sul Dow Jones sale dello 0,54% a 31.565 punti, quello sullo S&P 500 avanza dello 0,47% a 3.949 punti, mentre il Nasdaq guadagna lo 0,49% a 13.872 punti.In positivo sia il settore bancario che quello energetico, comparti sensibili all’andamento generale dell’economia. Morgan Stanley, Goldman Sachs, JPMorgan, Citigroup e Bank of America sono in rialzo tra l’1,2% e l’1,5% negli scambi pre-apertura spinti dal fatto che i titoli del Tesoro USA a 10 anni hanno toccato il loro massimo da fine marzo. Le azioni delle big del petrolio come ExxonMobil, Marathon Oil, Devon Energy e Occidental Petroleum stanno avendo guadagni tra il 2,7% e il 4,6%, spinte dal rialzo del prezzo del greggio, ai massimi da tredici mesi. LEGGI TUTTO

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    Pensioni, nel 2019 spesa sotto controllo ma insostenibile costo assistenza

    (Teleborsa) – Una spesa previdenziale in crescita ma sotto controllo. Raggiunge, invece, livelli insostenibili il costo delle attività assistenziali a carico della fiscalità generale che sale a 114,27 miliardi di euro. Dal 2008 l’incremento strutturale è stato di oltre 41 miliardi, con un tasso di crescita annuo oltre il 4% e di tre volte superiore all’incremento della spesa per pensioni. Questo lo scenario fotografato dall’ottavo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano di Itinerari Previdenziali che auspica un’adeguata separazione tra previdenza e assistenza.Dal report emerge un aumento degli occupati (23.376.000 a fine 2019) e, benché si interrompa il trend in diminuzione dei pensionati del sistema Italia, che crescono fino a 16.035.165 (+30.662 unità), il rapporto attivi e pensionati sale fino a 1,4578, miglior risultato degli ultimi 23 anni con un valore molto prossimo a quell’1,5 che potrebbe garantire la sostenibilità di medio-lungo periodo del sistema. Il tutto mentre l’andamento della spesa per prestazioni di natura previdenziale si conferma sotto controllo, per quanto in crescita: nel 2019, ha raggiunto i 230,3 miliardi di euro. L’incidenza sul Pil è del 12,88%, in linea con la media Eurostat.Se, anche in virtù delle circa 150mila cancellazioni di prestazioni in pagamento dal 1980 o addirittura antecedenti, che hanno mitigato l’incremento del numero di pensionati in buona parte imputabile a Quota 100 e altre misure di pensionamento anticipato, la spesa per pensioni non desta eccessive preoccupazioni, è ancora una volta la spesa per assistenza a confermarsi – rileva il rapporto – il punto debole del nostro welfare state. Nel 2019, l’insieme delle sole prestazioni assistenziali (prestazioni per invalidi civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali e pensioni di guerra) ha toccato quota 4.177.011, quasi 56mila prestazioni in più rispetto al 2018, per un costo complessivo di 22,835 miliardi, importo in costante aumento negli ultimi 8 anni. E benché le altre prestazioni assistenziali (integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali e importo aggiuntivo) si riducano, i beneficiari di prestazioni totalmente o parzialmente assistite sono, senza considerare le quattordicesime mensilità, 8.137.540 e, al netto delle duplicazioni relative ai soggetti contemporaneamente percettori di pensioni di invalidità civile e indennità di accompagnamento, 7.728.678, vale a dire il 48,2% dei pensionati totali.”È quasi assurdo pensare che in un Paese del G7 come l’Italia quasi il 50% di pensionati non sia stata in grado di versare neppure 15/17 anni di contributi regolari e debba quindi essere assistita dallo Stato – ha commentato Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali – ed è allora importante che la politica rifletta su questi numeri. Innanzitutto, perché non sembrano rispecchiare le reali condizioni socio-economiche del Paese e, in secondo luogo, perché non va dimenticato che, a differenza delle pensioni finanziate da imposte e contributi, queste prestazioni gravano per 25,77 miliardi sulla fiscalità generale e non sono neppure soggette a imposizione fiscale”.Sul fronte del “peso” del welfare nel bilancio statale sono tre, in particolare, i rapporti che – sottolinea Itinerari Previdenziali – danno l’idea dell’incidenza del welfare sulla vita economica del Paese: quello sul Pil, che tocca il 27,32% (il 30% considerando anche casa e altre funzioni sociali); quello sul totale delle entrate contributive e fiscali, arrivato al 58,04%; e quello sulla spesa totale, che si attesta al 56,08%. Al welfare è destinato più di un quarto di quanto si produce o più della metà sia di quanto si incassa sia di quanto si spende in totale. “Ancora una volta – spiega Brambilla – siamo davanti a numeri che smentiscono il sentire comune secondo cui l’Italia spenderebbe meno degli altri Paesi dell’Unione Europea per il welfare”. Al contrario, la spesa sociale italiana, trascinata da un’assistenza fuori controllo, è elevata e cresce a ritmi difficilmente sostenibili in futuro.Nel 2019 il sistema di protezione sociale italiano è costato per previdenza, sanità e assistenza 488,336 miliardi. Se, per quanto riguarda pensioni, Inail e prestazioni temporanee, con un saldo entrate/uscite positivo (al netto dell’Irpef che grava su queste prestazioni) di 13,7 miliardi, si può parlare di un sistema in equilibrio e in grado di “autosostenersi”, lo stesso – evidenzia il rapporto – non può dirsi per spesa sanitaria (intorno ai 115 miliardi) e assistenziale (circa 114 miliardi) che, in assenza di contributi di scopo, devono attingere necessariamente alla fiscalità generale. In particolare, a partire dai dati indicati nel Def e nell’indagine annuale di Itinerari Previdenziali sulle dichiarazioni dei redditi ai fini Irpef, l’Ottavo Rapporto stima che nel 2019 per finanziare il welfare state siano occorsi quasi tutti i 248,68 miliardi di entrate dirette (Irpef, Ires, Irap, Isos) con un saldo attivo di 18,96 miliardi, insufficiente se solo si considerasse la spesa pensionistica al lordo dell’Irpef. “Poco resta per ricerca e sviluppo se già per sostenere il resto della spesa pubblica (istruzione, giustizia, infrastrutture, etc), non rimangono che le residue imposte indirette, le altre entrate e soprattutto la strada del “debito” – ha commentato Brambilla – non senza sollevare il grave problema dell’effettiva equità e della sostenibilità del sistema, tenuto conto del fatto che il 57,72% degli italiani versa al netto del bonus Renzi solo l’8,98% di tutta l’Irpef, vale a dire appena 15,4 miliardi, risultando sostanzialmente a carico di qualcun altro, e peraltro non certo oppresso dalle tasse”.Un quadro reso più complesso dall’emergenza sanitaria. Nel 2020, secondo le stime di Itinerari Previdenziali, il numero di pensionati potrebbe aumentare di 100mila unità a causa dell’effetto Covid. Il trend potrebbe continuare anche nei mesi successivi deteriorando per qualche anno il rapporto attivi/pensionati. Per il disavanzo dell’Inps, al netto dei trasferimenti del bilancio dello Stato, l’ipotesi relativa al biennio 2020-2021, è un aumento fino a 33 miliardi per poi rientrare su livelli più fisiologici a partire dal 2023. Mentre le entrate contributive risentiranno delle difficoltà occupazionali, la spesa pensionistica sconterà, dunque, l’incremento dovuto alla pandemia, toccando livelli persino superiori a quelli della crisi del 2008.A fine 2020 i benefici concessi per Quota 100 sono stati 267.802. In tale scenario Itinerari Previdenziali propone di superare Quota 100 con una revisione definitiva della Riforma Monti-Fornero valida per almeno 10 anni. Il primo step è la totale equiparazione delle regole generali e delle tutele per i giovani che hanno iniziato a lavorare dal primo gennaio 1996 eliminando le norme Fornero, seguita dall’istituzione di un “fondo di equità” per i contributivi, alimentato da subito con 500 milioni di euro l’anno per finanziare le tutele pensionistiche (integrazione al minimo) per i giovani, a partire dal 2036. Secondo punto il blocco per tutti i lavoratori dell’adeguamento alla speranza di vita del requisito di anzianità contributiva richiesto per la pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi (1 anno in meno per le donne), con ulteriori riduzioni per precoci e lavoratrici madri. Terzo punto l’utilizzo dei fondi esubero per lavoratori con problemi e reintroduzione delle forme di flessibilità già previste dalla Dini/Treu, consentendo quindi il pensionamento con 64 anni di età (adeguati) e 38 di contributi. LEGGI TUTTO

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    Allarme varianti, rischio lockdown totale? Esperti divisi

    (Teleborsa) – Con l’allarme varianti si è aperto un nuovo capitolo nella lunga lotta alla pandemia che va avanti ormai da oltre un anno. “L’agenda non la decidono né i politici né gli esperti: la decide il virus. Finché non lo controlliamo, la realtà è questa”. A dirlo Andrea Crisanti, Direttore di Microbiologia e Virologia dell’Università di Padova, ad Agorà Rai Tre, in riferimento alle parole di Walter Ricciardi che ieri aveva chiesto un lockdown di qualche settimana per limitare la diffusione delle varianti.Sulla stessa linea l’infettivologo Massimo Galli, che parlando alla trasmissione Mattino 5, dice: “siamo tutti d’accordo che vorremmo tutti riaprire, ma io mi ritrovo di nuovo un reparto invaso da nuove varianti, e questo riguarda tutta l’Italia e questo fa facilmente prevedere che a breve avremo problemi più seri”. “Le avvisaglie vengono guardando cosa sta succedendo in altri paesi europei e le varianti – ha continuato – Le varianti ci sono e sono maggiormente contagiose e quindi hanno maggiore capacità a diffondersi in situazioni che non si ristendono sicure. E’ spiacevole ma è un dato di fatto. Questa è la realtà intorno a cui è inutile fare chiacchiere”.Intanto arriva una nuova circolare del Ministero della Salute sui test antigenici rapidi alla luce della circolazione delle nuove varianti del virus. Da quella inglese a quella brasiliana, le nuove varianti “che presentano diverse mutazioni nella proteina spike, non dovrebbero in teoria causare problemi ai test antigenici, in quanto questi rilevano la proteina N”. Tuttavia, “è da tenere presente che anche per la proteina N stanno emergendo mutazioni che devono essere attentamente monitorate per valutare la possibile influenza sui test antigenici che la usino come bersaglio”.”Data la sensibilità analitica non ottimale” di diversi test rapidi oggi disponibili, “è consigliabile confermare la negatività di test antigenici eseguiti su pazienti sintomatici o con link epidemiologico con casi confermati di Covid-19”.C’è spazio però per una buona notizia: il numero dei casi di contagio da Covid-19 a livello globale è diminuito per la quinta settimana consecutiva e dall’inizio dell’anno il bilancio settimanale delle infezioni si è quasi dimezzato: lo ha reso noto su Twitter il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus. I casi settimanali, ha precisato, sono passati da oltre cinque milioni nel periodo 4-10 gennaio a 2,6 milioni nel periodo 8-14 febbraio. LEGGI TUTTO

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    Bitcoin supera i 50 mila dollari per la prima volta

    (Teleborsa) – Il bitcoin ha superato per la prima volta i 50 mila dollari di valore. Alle 13:34 ha raggiunto i 50.336 dollari, secondo i dati di CoinMarketCap, prima di riscendere sotto la quota psicologica appena superata. La capitalizzazione di mercato è salita a oltre 937 miliardi di dollari (+3,5%), mentre i volumi scambiati nelle ultime 24 ore sono più di 77 miliardi (-4,4%).Il valore della più popolare delle criptovalute è aumentato di oltre il 73% da inizio anno, dopo aver terminato il 2020 con una crescita del 170% nel quarto trimestre a circa 29.000 dollari. Già alla fine della prima settimana di gennaio era salito a quota 40.000 dollari, mentre ci sono volute quasi sei settimane per superare anche la soglia dei 50 mila dollari.Gli aumenti delle ultime settimane sono stati sostenuti anche dal fatto che importanti investitori, istituti finanziari e imprenditori abbiano spinto per un’adozione di massa del bitcoin. All’inizio della scorsa settimana, Tesla aveva annunciato di aver acquistato bitcoin per 1,5 miliardi e di prevedere di accettarli come pagamento nel prossimo futuro. Lo stesso Elon Musk, fondatore dell’innovativa società automobilistica, aveva più volte spinto al rialzo il bitcoin e altre criptovalute minori con i suoi tweet.Pochi giorni dopo la mossa di Tesla, Mastercard ha annunciato che consentirà ai commercianti di accettare direttamente criptovalute entro fine anno, senza la necessità di convertirle in valute tradizionali. Altri specialisti della finanza starebbero pensando di “aprire” alla valuta elettronica, come Bank of New York Mellon, che sta mettendo su una piattaforma per la custodia e gestione dei bitcoin. Anche una divisione di Morgan Stanley starebbe valutando se scommettere sul bitcoin, mentre il Canada ha approvato il primo fondo quotato North American Bitcoin.(Foto: © Wit Olszewski / 123RF) LEGGI TUTTO