Maggio 2022

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    Occupazione, ManpowerGroup: “Datori di lavoro italiani prevedono assunzioni in crescita del 23% nel terzo trimestre 2022”

    (Teleborsa) – I datori di lavoro italiani prevedono assunzioni in crescita da luglio a settembre 2022, registrando una previsione netta di occupazione (NEO) del +23%, al netto degli aggiustamenti stagionali. Sono più ottimisti rispetto al trimestre precedente, quando la previsione era inferiore di 6 punti percentuali. Inoltre, le prospettive sono di gran lunga migliori rispetto all’anno scorso: +13 punti percentuali rispetto al Q3 2021. Le prospettive sono quindi molto positive: il 34% dei datori di lavoro prevede un aumento della forza lavoro, contro il 12% che afferma che ci sarà una diminuzione delle assunzioni e il 50% che non prevede cambiamenti. È quanto emerge dall’indagine sulle prospettive occupazionali svolta da ManpowerGroup, che sarà uno degli insight sul mondo del lavoro che verranno discussi al World Economic Forum di Davos.A livello globale, ManpowerGroup ha intervistato più di 40 mila datori di lavoro in circa 40 Paesi e territori per misurare le previsioni di assunzione dei datori di lavoro per il terzo trimestre del 2022. I risultati dell’indagine per il periodo luglio-settembre 2022 riflettono un forte ottimismo, con una previsione media del +33%. Gli ambienti più favorevoli a un aumento dell’occupazione nei prossimi tre mesi sono segnalati in Messico (+59%), Brasile (+54%), India (+51%), Canada (+43%) e Colombia (+43%). D’altro canto, la crescita più debole è stata riscontrata in più deboli in Grecia (-1%), Taiwan (+3%) e Giappone (+4%). I datori di lavoro del Sud e Centro America hanno riportato le prospettive occupazionali più positive, seguiti da Nord America, APAC ed EMEA.A livello mondiale, la ricerca MEOS evidenzia inoltre che i ruoli più richiesti sono nel settore digitale: IT, Tecnologia, Telecomunicazioni, Comunicazioni e Media (44%), seguito dal settore Banche, Finanza, Assicurazioni e immobiliare (+38%). Le intenzioni di assunzione più basse a livello globale sono state riscontrate invece nel settore della ristorazione e ospitalità (+23%).”Anche nel terzo trimestre le previsioni sull’occupazione in Italia sono in crescita secondo l’indagine MEOS condotta da ManpowerGroup. Anzi, è possibile notare un ottimismo crescente sia a confronto del precedente trimestre sia rispetto allo scorso anno – afferma Anna Gionfriddo, amministratrice delegata di ManpowerGroup Italia –. Ci avviciniamo alla seconda metà dell’anno con un consolidamento dell’occupazione nonostante le diverse difficoltà e gli scenari globali emersi nel 2022. Tuttavia, le proiezioni occupazionali positive potrebbero essere limitate dal fenomeno ormai sistemico dello skill mismatch, che evidenzia un forte gap tra le competenze ricercate dalle imprese e quelle in possesso delle persone. Come evidenzia il MEOS, circa tre aziende su quattro hanno infatti difficoltà nel trovare i talenti necessari. Una tendenza che colpisce in modo trasversale quasi tutti i settori e che riguarda sia competenze tecniche sia soft skill, a conferma di come sia ancora più cruciale investire su upskilling e reskilling delle persone, se vogliamo diminuire questo divario e supportare la crescita economica delle aziende e del Paese”.Confronti regionali – Nel prossimo trimestre sono previsti aumenti di forza lavoro in tutte e quattro le macroregioni. I datori di lavoro del Nord Est (+39%) prevedono il ritmo di assunzione più sostenuto. Altrove, le prospettive di assunzione sono ancora buone con prospettive del +25% per il Nord Ovest. Anche i dati di Sud e le Isole sono inaspettatamente positivi con un NEO del +19%, 13 punti percentuali in più rispetto al trimestre precedente. In fondo alla classifica l’Italia centrale (+17%), con l’unica prospettiva inferiore al secondo trimestre (-2%). Tuttavia, tutte le regioni italiane si aspettano un clima più favorevole per l’occupazione rispetto al terzo trimestre del 2021: Nord Est (+27%), Nord Ovest (+18%), Sud/Isole (+16%) e Centro Italia (+5%).Confronti settoriali – Il mercato del lavoro più favorevole è previsto nel settore IT, Tech, Telecomunicazioni e Media, dove le prospettive occupazionali nette sono pari a +39%. Altrove, si prevede una vivace attività di assunzione per le Costruzioni, il Manifatturiero e il Commercio all’ingrosso e al dettaglio, ciascuno con un +26%. Leggermente più basse le previsioni per il settore bancario, finanziario, assicurativo e immobiliare e quello della Produzione primaria: +23%. Il settore dell’istruzione, della sanità, dell’assistenza sociale e della pubblica amministrazione prevede un ritmo di assunzioni vivace, con una previsione del +16%, e quello della ristorazione e dell’ospitalità del +11%. Le aspettative sul personale sono aumentate rispetto al terzo trimestre 2021, con crescite significative nel settore manifatturiero (+18%), nel commercio all’ingrosso e al dettaglio (+17%) e nella produzione primaria (+16%).Confronto tra le dimensioni delle organizzazioni – I datori di lavoro sono classificati in quattro dimensioni organizzative: le microimprese con meno di 10 dipendenti, le piccole imprese con 10-49 dipendenti, le medie imprese con 50-249 dipendenti e le grandi imprese con 250 o più dipendenti. Le prospettive di occupazione migliori sono previste dai grandi datori di lavoro, che registrano prospettive occupazionali nette del +26%, e anche le prospettive dei piccoli datori di lavoro sono molto vicine, con un +24%. Anche il NEO delle medie imprese è positivo, con un +19%, come pure quello delle microimprese con un +13%. Tutte le organizzazioni prevedono un clima occupazionale più forte rispetto al terzo trimestre del 2021: le piccole medie imprese (+17%), le microimprese (+13%), le medie imprese (+10%) e le grandi imprese (+3%).Domande extra: skill mismatch – L’indagine ha anche rilevato la difficoltà per le aziende italiane nel trovare i talenti con le competenze giuste per le loro esigenze. Il 72% delle imprese segnala di avere molta (9%) o qualche difficoltà (63%) nel reperire talenti, e solo una su quattro (26%) non rileva nessuna difficoltà. I valori non si discostano guardando i dati regionali. Per quanto riguarda la dimensione delle organizzazioni, sono quelle grandi a registrare le maggiori difficoltà (76%), mentre al contrario tra le micro il 36% non segnala alcun problema. Tra i settori più in difficoltà nel trovare professionalità adeguate si evidenziano l’edilizia, con il 21% delle posizioni ricercate molto difficile da ricoprire, la manifattura e la produzione primaria (entrambe con il 13%). Tra le competenze, quelle più difficili da trovare secondo i datori italiani sono IT e Data (27%), mentre un’azienda su cinque (20%) segnala problemi anche nella ricerca di skill amministrative, logistiche, gestione risorse umane, vendite e marketing. Percentuali poco inferiori per Manifattura/Produzione e Front Office/Customer Care. In particolare, sono le aziende del Nord Est e del Nord Ovest a registrare il più alto livello di carenza di competenze IT (31%), mentre al Sud e nelle Isole le capacità più problematiche da reperire sono HR, vendite e marketing. Inoltre, sono le imprese grandi (35%) e medie (32%) a segnalare più difficoltà nel trovare professionisti digitali, mentre il problema è molto meno sentito per le piccole (19%) e micro (12%) imprese. È stato indagato anche quale sia la soft skill più difficile da trovare secondo i datori di lavoro. Il 28% indica resilienza, tolleranza allo stress e adattabilità; il 25% responsabilità, affidabilità, disciplina, ragionamento e problem-solving; il 24% collaborazione e lavoro di squadra; il 22% creatività e originalità, il 21% pensiero critico e analisi. Queste sono le soft skill la cui scarsità è rilevata da almeno un’azienda su cinque. La soft skill più ricercata cambia in base alla dimensione dell’impresa: per esempio la scarsità di pensiero critico e analisi è segnalata dal 26% delle imprese medio-grandi e da solo il 12% di quelle micro-piccole. LEGGI TUTTO

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    Grab, ordini in aumento e perdita ridotta in primo trimestre 2022

    (Teleborsa) – Grab, il più grande servizio di trasporto (con un servizio simile a Uber) e consegna di cibo nel sud-est asiatico, ha chiuso il primo trimestre del 2022 con un gross merchandise value (GMV) di 4,8 miliardi di dollari, in crescita del 32% anno su anno. Il GMV è una metrica operativa che rappresenta la somma del valore totale in dollari delle transazioni dei servizi di Grab, comprese eventuali tasse, mance, pedaggi e commissioni applicabili. Le entrate sono state pari a 228 milioni di dollari, in crescita del 6% su base annua. La perdita netta per il trimestre è stata di 435 milioni di dollari, in miglioramento del 35% anno su anno, principalmente a causa dell’eliminazione degli interessi passivi non monetari delle azioni privilegiate convertibili di Grab convertite in azioni ordinarie nel dicembre 2021 e che non saranno più sostenute andando avanti.”I risultati del primo trimestre sono una testimonianza della resilienza dell’economia del sud-est asiatico, mentre superiamo le peggiori restrizioni della pandemia – ha affermato Anthony Tan, Group Chief Executive Officer e co-fondatore di Grab – Siamo ottimisti sul fatto che la nostra attività continuerà a rafforzarsi man mano che più paesi si orientano verso la convivenza con Covid-19″.”Nel trimestre, abbiamo registrato una forte crescita della top-line nelle consegne poiché abbiamo ampliato la nostra selezione di commercianti per offrire agli utenti più motivi per scegliere Grab – ha aggiunto – Anche il nostro business della mobilità è rimbalzato e prevediamo che si riprenderà gradualmente man mano che le restrizioni Covid si allentano ulteriormente e la nostra base di conducenti attivi aumenta”.Per il secondo trimestre, Grab prevede che il gross merchandise value per il segmento delle consegne sia compreso tra 2,55 miliardi di dollari e 2,65 miliardi di dollari e tra 950 milioni di dollari e 1 miliardo di dollari per l’unità di mobilità. Il GMV per le due unità è stato rispettivamente di 2,56 miliardi di dollari e 834 milioni di dollari nel primo trimestre. LEGGI TUTTO

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    Ansaldo Green Tech, siglato accordo con Engie per la produzione di idrogeno

    (Teleborsa) – Engie e Ansaldo Green Tech, società di Ansaldo Energia attiva nel campo delle energie rinnovabili e dello storage, hanno firmato un accordo per la realizzazione di impianti di produzione di idrogeno verde e di altre soluzioni di accumulo di energia in Italia. Gli innovativi progetti saranno realizzati dai due player energetici in aree industriali, da individuare, in diverse regioni italiane, facendo leva sugli strumenti finanziari messi a disposizione dai bandi del PNRR. La potenza prevista degli impianti sarà dell’ordine di 1MW, con valori variabili mediante capacità aggiuntive per rispondere alla domanda di energia.Engie si occuperà della progettazione e realizzazione degli impianti per la produzione di energia elettrica green e dell’integrazione dei sistemi di gestione della produzione e stoccaggio di idrogeno, mentre Ansaldo Green Tech realizzerà gli elettrolizzatori che, sfruttando l’energia elettrica da fonte rinnovabile, produrranno l’idrogeno da dedicare alle utenze finali.”Decarbonizzazione ed efficienza energetica – afferma Monica Iacono, ceo di Engie Italia – sono i cardini della nostra strategia e in questo contesto l’idrogeno rappresenta un driver importante, un vettore pulito e verde. La sinergia con un player di primo piano come Ansaldo Energia, attraverso la sua controllata Ansaldo Green Tech, ci consente di lavorare sullo sviluppo di soluzioni a basse emissioni di carbonio in risposta alle sfide del cambiamento climatico. Si tratta di una partnership che contribuisce alla realizzazione di una strategia globale: al livello globale, Engie ha l’obiettivo di sviluppare, entro il 2030, 4 GW di capacità di produzione di idrogeno rinnovabile, 700 km di rete dedicata all’idrogeno e 1 TWh di capacità di stoccaggio”. LEGGI TUTTO

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    Petroliferi deboli su calo prezzi greggio

    (Teleborsa) – Si muovono con debolezza i titoli petroliferi di Piazza Affari che si allineano alle vendite generalizzate che hanno colpito l’intero listino milanese. Il future luglio sul Brent segna una flessione dell’1.93% a 107 dollari al barile, mentre quello sul WTI con consegna giugno scambia a 106,43 dollari con una discesa del 2,88%. Tra i player del settore, Tenaris cede il 4,19% mentre Eni limita la discesa allo 0,17%. (Foto: © Amikishiyev / 123RF) LEGGI TUTTO

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    Petrolio, la Russia annuncia dirottamento in Asia dei volumi rifiutati dall'Europa

    (Teleborsa) – Il vice primo ministro russo, Alexander Novak, ha dichiarato che il petrolio rifiutato dai paesi europei sarà dirottato in Asia e in altre regioni. Novak ha anche assicurato che le esportazioni di petrolio russo si stanno riprendendo gradualmente e che, nonostante lo shock, il settore energetico della nazione non è in crisi. Ad aprile, secondo i dati citati dal vice primo ministro, la produzione petrolifera della Russia è stata inferiore di circa un milione di barili al giorno, ma è risalita di 200.000 barili al giorno fino a 300.000 barili al giorno nel corso del mese maggio con maggiori volumi che dovrebbero essere ripristinati il mese prossimo. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel corso della sua informativa in Senato ha ribadito l’importanza delle sanzioni per “mantenere alta la pressione sulla Russia” e convincere Mosca a sedersi al tavolo dei negoziati. Draghi ha spiegato che “l’Europa è al lavoro su un sesto pacchetto di sanzioni che l’Italia sostiene con convinzione. La lista degli interventi prevede misure legate al petrolio restrizioni su alcuni istituti finanziari, l’ampliamento della lista degli individui sanzionati”.Nel frattempo i prezzi del petrolio sono tornati a scendere trascinati giù dai timori che la crescita del costo dei carburanti possa danneggiare la crescita economica globale. A contenere le perdita il previsto allentamento delle restrizioni per il Covid a Shanghai e la prospettiva di un’offerta più ristretta con un eventuale divieto dell’Unione europea sulle importazioni di petrolio russo. Il prezzo del Brent è sceso dell’1% a quota 108 dollari al barile e quello del Wti dell’1,39% a 105,55 dollari al barile. LEGGI TUTTO

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    USA, Philly FED maggio diminuisce a 2,6 punti

    (Teleborsa) – Diminuisce più delle attese l’attività del settore manifatturiero nell’area di Philadelphia negli Stati Uniti. A maggio l’indice relativo all’attività manifatturiera del distretto FED di Philadelphia (Philly FED) è sceso a 2,6 punti dai 17,6 di aprile. Il dato è inferiore alle attese degli analisti, che indicavano un calo fino a 16 punti. Va detto che un indice superiore allo zero indica che all’interno del distretto di Philadelphia ci sono nel settore manifatturiero più imprese ottimiste che pessimiste.Fra le componenti dell’indice, quello dei nuovi ordini è salito a 22,1 punti da 17,8 punti, quello sulle condizioni di business si porta a 2,5 da 8,2, quello sull’occupazione si attesta a 25,5 da 41,4 punti e quello sui prezzi a 78,9 da 84,6 punti, mentre quello sulla spesa per investimenti (capex) diminuisce a 9,6 da 19,9. LEGGI TUTTO

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    Kohl's taglia guidance con indebolimento vendite da aprile

    (Teleborsa) – Kohl’s, catena statunitense di grandi magazzini, ha registrato ricavi totali pari a 3,72 miliardi di dollari nei tre mesi al 30 aprile 2022, in diminuzione del 4,4% rispetto ai 3,89 miliardi di dollari dello stesso periodo dell’esercizio precedente. Le vendite nette e le vendite comparabili sono diminuite del 5,2%. Il margine lordo è stato del 38,3%, in calo rispetto al 39% dei primi tre mesi del 2021. L’utile per azione è stato di 0,11 dollari, in calo del 90% rispetto a un anno fa. Il mercato, secondo dati Refinitiv, si aspettava un utile per azione di 0,70 dollari su ricavi totali per 3,68 miliardi di dollari.”L’anno è iniziato al di sotto delle nostre aspettative – ha affermato la CEO Michelle Gass – Dopo un buon inizio di trimestre con aumenti low-single digits fino alla fine di marzo, le vendite si sono notevolmente indebolite ad aprile, poiché abbiamo incontrato venti contrari macroeconomici legati allo stimolo dell’anno scorso e a un contesto inflazionistico dei consumi.”Continuiamo a prevedere che la nostra attività migliorerà con l’avanzare dell’anno, con una crescita nella seconda metà grazie al vantaggio dell’introduzione di 400 negozi Sephora aggiuntivi, dei migliori premi fedeltà e di ulteriori investimenti nei nostri negozi””, ha aggiunto.La società ha affermato che ora prevede una crescita minima o nulla delle vendite nette quest’anno (intervallo 0-1%), contro una previsione precedente fino al +3%. Kohl’s ha anche tagliato di 25 punti base il punto medio del suo intervallo di previsione per il margine operativo e ha affermato che l’utile per azione rettificato sarà in un intervallo tra 6,45 e 6,85 dollari per azione; si tratta di un calo di circa il 12% rispetto alla precedente guidance di un intervallo di circa 7,25 dollari per azione. LEGGI TUTTO

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    Verbali BCE, falchi spingono per “agire senza indebito ritardo”

    (Teleborsa) – Alcuni membri del Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ritengono sia “importante agire senza indebito ritardo per dimostrare la determinazione del Consiglio a raggiungere la stabilità dei prezzi a medio termine”. Lo si legge nei verbali della riunione della BCE del 13-14 aprile, dai quali emerge un certo dissenso tra i banchieri centrali in merito alla velocità con cui ritirare lo stimolo monetario messo in campo durante la pandemia. “Questi membri – si legge nelle minute – hanno ritenuto che l’orientamento altamente accomodante della politica monetaria, che era stato appropriato quando le aspettative di inflazione rischiavano di disancorarsi al ribasso, non fosse più coerente con le prospettive inflazionistiche, caratterizzate da livelli elevati di inflazione e crescenti aspettative di inflazione”. Questi banchieri hanno evidenziato che “attualmente la politica monetaria contribuisce ancora a stimolare l’economia poiché i tassi di interesse reali sono rimasti in territorio profondamente negativo”.Un altro punto delle discussione ha toccato la bontà delle scelte e delle comunicazioni degli scorsi mesi. “Gli errori di proiezione passati, sia per l’inflazione principale che per quella sottostante, stavano contribuendo a queste preoccupazioni – afferma il documento – Molti dei rischi al rialzo per le prospettive inflazionistiche di cui il Consiglio direttivo aveva già discusso la scorsa estate si erano concretizzati anche prima dell’inizio della guerra”.Altri membri hanno sostenuto, tuttavia, che un aggiustamento troppo aggressivo dell’orientamento della politica monetaria “potrebbe rivelarsi controproducente, poiché abbasserebbe la crescita mentre l’inflazione rimarrebbe elevata, poiché la politica monetaria non è stata in grado di affrontare le cause immediate dell’elevata inflazione”.Crescono incertezza e rischi al ribassoLe relazioni degli economisti della BCE hanno evidenziato che l’accresciuta incertezza del contesto geopolitico influisce sulle prospettive dell’area euro, insieme allo shock negativo dell’offerta determinato dall’impennata dei prezzi dell’energia e di altre materie prime. “L’incertezza ha raggiunto livelli tali da assoggettare qualsiasi valutazione sull’andamento futuro dell’economia a fasce di fiducia molto ampie”. Allo stesso tempo, è stato sottolineato che, nel complesso, i dati suggerivano che la guerra avrebbe rallentato la ripresa ma non l’avrebbe fatta deragliare, a meno di scenari estremi.In questo contesto, i membri del Comitato direttivo hanno valutato i rischi per le prospettive economiche “come inclinati al ribasso”. Sebbene i rischi relativi alla pandemia siano diminuiti, la guerra in Ucraina potrebbe avere un effetto più forte sul sentiment economico e potrebbe peggiorare nuovamente i vincoli dal lato dell’offerta. “I costi energetici costantemente elevati, insieme a una perdita di fiducia, potrebbero trascinare al ribasso la domanda più del previsto e limitare i consumi e gli investimenti”, si legge nelle minute.I fattori che spingono l’inflazioneAnche se le conseguenze economiche della guerra sono state maggiori di quelle previste, secondo Francoforte ci sono stati una serie di fattori che rendono l’inflazione più persistente di quanto previsto in precedenza. Il primo riguarda i prezzi alla produzione nell’area euro, che sono aumentati di oltre il 30% a gennaio, un massimo storico. La guerra in Ucraina e le misure pandemiche in Cina suggeriscono che è probabile che le pressioni e le strozzature della pipeline di trasmissione dei prezzi “si intensificheranno ulteriormente, incidendo sui prezzi al consumo per un periodo di tempo relativamente lungo”. Inoltre, data l’entità dello shock energetico, è “probabile che il trasferimento sui prezzi al consumo sia maggiore che in passato e, in un contesto di inflazione generale più elevata, i consumatori potrebbero essere più disposti ad accettare un trasferimento più forte dai costi ai prezzi”. Un secondo fattore è legato ai salari. Finora, solo un piccolo numero di contratti salariali è stato rinegoziato da quando l’inflazione ha iniziato a salire. “Ma non c’è dubbio che i lavoratori alla fine chiederanno un risarcimento per la perdita di reddito reale – afferma il verbale – E un terzo fattore è legato alle pressioni strutturali al rialzo sull’inflazione. La guerra ha accresciuto le prospettive di un’ulteriore accelerazione della transizione verde. Ciò potrebbe esacerbare gli squilibri della domanda e dell’offerta in molti mercati delle materie prime in cui i prezzi di molti metalli erano già ai massimi storici”. Inoltre, i governi europei stavano cercando di limitare attivamente la loro dipendenza dalle catene del valore globali in aree di importanza strategica. Ci si potrebbe aspettare che ciò acceleri gli sforzi di “reshoring”, allentando il freno della globalizzazione su salari e inflazione. LEGGI TUTTO