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    Borse snobbano il Covid, agosto record per listini mondiali

    L’emergenza sanitaria causata dalla pandemia da Covid-19, e la conseguente crisi economica, non frenano la corsa del mercato azionario Usa. Al contrario. Dati alla mano, quello terminato ieri è stato il miglior agosto da oltre trent’anni.
    Nel dettaglio, l’indice Dow Jones ha messo a segno il quinto mese di fila in rialzo con una crescita del 7,6%, il balzo maggiore dall’agosto dal 1984. Un rialzo che riporta l’indice ai valori di inizio anno.

    Anche l‘S & P 500 è salito per il quinto mese consecutivo, registrando una crescita del 7%, aggiudicandosi così il miglior agosto dal 1986. Da inizio anno la crescita è del 7% circa.
    Ancora meglio è andata per il Nasdaq, che è balzato del 9,6%, ovvero il balzo maggiore dal 2000, anno dello scoppio della bolla hi-tech (+30% circa da gennaio).

    Ad agosto, i migliori risultati dell’indice S&P 500 sono stati guidati da quei settori che hanno ripreso le attività, dopo il lockdown. Compagnie di crociere, compagnie aeree e hotel, prima di tutto.
    Le azioni di Royal Caribbean e MGM Resorts hanno guadagnato entrambe circa il 40%, mentre quelle di FedEx e Gap sono aumentate del 30% ciascuna. Delta Air Lines e Norwegian Cruise Line erano anche tra i leader dell’S & P 500 ad agosto.
    In evidenza anche i listini europei
    Anche con guadagni più contenuti, anche i listini europei nel mese di agosto hanno dribblato l’emergenza coronavirus, e la conseguente crisi economica, riuscendo a realizzare il più alto guadagno ad agosto dal lontano 2009, con l’indice Stoxx 600 in rialzo del 2,8% (non accadeva da 11 anni). Il bilancio resta tuttavia negativo da inizio anno (-12%)
    Stessa sorte per i principali listini del l Vecchio Continente: Francoforte chiude il mese con un rialzo vicino al 5%, Parigi del 4%, Londra di un più modesto 1,2%.
    Milano saluta agosto con un Ftse MBI in crescita vicina all’1% intorno ai 19.700, lontano dai valori di inizio anno (23.702)
    Rally anche per le borse asiatiche
    Bene anche i listini asiatici: Tokyo chiude il mese con il Nikkei a + 6,4% (a un passo dai valori di inizio anno, quando l’indice apriva il 2020 a 3.204) mentre Hong Kong a + 2%. LEGGI TUTTO

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    Cambio Euro/dollaro verso 1,50? I motivi della debolezza del biglietto verde

    A cura di Peter Kinsella di Union Bancaire Privée (UBP)
    Negli ultimi mesi, il cambio Euro/dollaro è passato dai livelli di circa 1,08 (all’inizio di maggio) a quelli attuali di poco inferiori a 1,20. Si tratta di un movimento ampio e significativo nell’arco di pochi mesi.Per contestualizzare, negli ultimi due anni il cambio Euro/dollaro ha oscillato in un trading range ristretto, tra 1,06 e 1,14.
    Perchè il dollaro è debole

    L’apprezzamento del cambio riflette principalmente la debolezza del dollaro piuttosto che la forza dell’euro.I tassi di cambio ponderati per il commercio del biglietto verde sono scesi di circa il 5% dall’inizio di giugno, e si prevede un ulteriore calo.I motivi sono molteplici: la compressione del differenziale dei tassi d’interesse, le valutazioni sotto pressione, il calo scioccante del tasso di risparmio statunitense e la riduzione del sostegno governativo Usa alle istituzioni economiche multilaterali.
    In primo luogo, i tassi di interesse a lungo termine statunitensi hanno continuato a scendere. I rendimenti dei titoli decennali USA si attestano intorno allo 0,6% e se la FED annuncerà una politica di controllo della curva dei rendimenti nelle prossime settimane, prevediamo che i rendimenti obbligazionari ultra-lunghi si contrarranno.

    Non è impossibile prevedere una situazione in cui i rendimenti delle obbligazioni trentennali calino sotto l’1% (attualmente l’1,4%). In un certo senso, il dollaro rischia di perdere un vantaggio permanente in termini di tassi d’interesse e ciò peserà nel medio periodo.Storicamente una delle ragioni per cui il dollaro ha beneficiato dell’aumento dell’avversione al rischio è stata la disponibilità di beni rifugio molto liquidi.Gli investitori potrebbero essere meno incentivati ad acquistare dollari in futuro, visti i rendimenti reali negativi (aggiustati per l’inflazione). Poiché la Fed ha promesso di mantenere bassi i tassi di interesse per un periodo di tempo prolungato, ci vorranno almeno cinque anni prima che decida di aumentare i tassi a livelli anche solo vicini all’1%.La Banca centrale americana ha già indicato che perseguirà un obiettivo di inflazione “simmetrica”, il che significa che non aumenterà i tassi anche se l’inflazione crescerà, perché compenserà gli ultimi dieci anni di assenza di inflazione. La conclusione è che il dollaro non mostrerà a breve un vantaggio interessante in termini di tasso d’interesse.
    Tuttavia, nonostante il dollaro sia attualmente debole, continua a scambiare a livelli elevati. I tassi di cambio ponderati per il commercio e i tassi di cambio effettivi reali sono scambiati ai massimi pluriennali, il che dimostra che il dollaro è ancora costoso, con una sopravvalutazione del 15% in base alla maggior parte delle metriche di valutazione tradizionali.
    Di solito, il biglietto verde non passa dall’essere costoso a valutazioni eque. Piuttosto, tende all’overshooting e poi a muoversi verso valutazioni più economiche. Ciò è in linea con la teoria del sorriso del dollaro, in base alla quale la valuta Usa tende a rally aggressivi in due scenari – quando gli Stati Uniti godono di un premio di crescita superiore al resto del mondo (si pensi al 2014 -2019) e durante i periodi di estrema avversione al rischio (si pensi alla crisi finanziaria del 2008/9 e all’impatto iniziale di COVID-19).Al contrario, quando negli Stati Uniti si registra una crescita modesta, mentre nel resto del mondo è forte, il greenback tende a sell off consistenti. Quest’ultimo è lo scenario a cui stiamo assistendo attualmente, il che significa che c’è ampio spazio per un ulteriore calo del dollaro.
    Un altro aspetto riguarda il tasso di risparmio Usa. Già prima della pandemia, il tasso di risparmio nazionale netto era notevolmente peggiorato, a causa degli enormi disavanzi di bilancio dell’amministrazione Trump.Il tasso di risparmio delle famiglie è aumentato drasticamente negli ultimi mesi, ma è probabile che diminuisca rapidamente in assenza di una robusta crescita economica. I deficit di bilancio degli Stati Uniti rimarranno probabilmente a livelli incredibilmente elevati nei prossimi anni e questo porterà molto probabilmente a un ampliamento del disavanzo delle partite correnti negli Stati Uniti. Un deficit delle partite correnti significa che un paese deve importare capitali dall’estero e un modo per farlo in modo più efficace è quello di indebolire la valuta in modo significativo, in modo che gli investitori credano di ottenere beni a prezzi economici.
    La situazione dell’Euro
    La situazione per la zona euro non potrebbe essere più diversa. Anche se nei prossimi anni i Paesi dell’eurozona registreranno probabilmente grandi disavanzi di bilancio, l’Eurozona ha un enorme surplus di partite correnti.In effetti, l’avanzo di partite correnti della zona euro è il più grande al mondo in termini assoluti.Ciò offre un supporto fondamentale all’euro. Con l’evolversi di questi fattori nei mesi e negli anni a venire, il risultato sarà un aumento delle valutazioni del cambio euro/dollaro.
    Sotto l’amministrazione Trump, gli Stati Uniti hanno costantemente ritirato il sostegno a molte delle istituzioni multilaterali del mondo. In un certo senso, stiamo assistendo alla fine dell’eccezionalità americana, che ha permesso alla moneta di un paese di rappresentare oltre il 65% delle riserve valutarie globali e di avere un ruolo incredibilmente sovradimensionato nel commercio globale.Ciò non è di buon auspicio per il dollaro nel lungo periodo. Questo potrebbe cambiare sotto la presidenza di Biden, ma anche in questo caso bisognerà attendere.
    Gli scenari per il forex
    Abbiamo già visto in precedenza aggiustamenti simili del dollaro che, se si dovessero ripetere, renderebbero un generale indebolimento ampio di circa il 30% del dollaro del tutto possibile. Questo porterebbe comodamente il cambio Euro/dollaro sopra 1,50. La Bce non sarebbe entusiasta, ma non è del tutto chiaro se possa fare qualcosa. Con i tassi più bassi possibili, l’unico modo per la Bce di evitare un movimento di questa portata sarebbe quello di intervenire e acquistare dollari, ma non riteniamo che questo possa accadere. LEGGI TUTTO

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    Dividendi: il Covid abbatte le cedole, mai così male da dieci anni

    L’emergenza sanitaria provocata dal coronavirus ha avuto forti ricadute sui dividendi globali, con le aziende che hanno ridotto in modo significativo le cedole per fare quadrare i conti. Un colpo basso per tutti gli azionisti, grandi e piccoli.
    Stando al Global Dividend Index, indice stilato da Janus Henderson, gestore di fondi che monitora i dividendi a livello globale, nei tre mesi a giugno le cedole sono diminuite complessivamente del 22%, il calo peggiore dal 2009.

    In totale sono state staccate cedole per 383,2 miliardi di dollari, il livello più basso dal secondo trimestre 2012, con un calo di 108,1 miliardi.
    Resiste Nord America, male Europa e Regno Unito
    Nord America

    Tutte le regioni hanno riportato un calo delle distribuzioni, ad eccezione del Nord America per via della resilienza dei pagamenti in Canada. Europa e Regno Unito sono le regioni più colpite..

    Le distribuzioni negli Stati Uniti sono scese dello 0,1% a 123,0 miliardi di dollari: solo una società su dieci ha tagliato o annullato i dividendi.
    In Canada, dove la pandemia è stata più circoscritta, i dividendi sono saliti del 4,1%. Il Canada è uno dei due maggiori Paesi che hanno registrato un aumento delle distribuzioni.
    Nel 4° trimestre si avvertirà un impatto più consistente poiché è il periodo in cui vengono decise le distribuzioni dei dodici mesi successivi.

    Europa (Regno Unito escluso)
    • Il 2° trimestre è fondamentale per la distribuzione dei dividendi in Europa.
    • I dividendi complessivi sono scesi del 45% (il sottostante è in calo del 40%), con una flessione di 66,9 miliardi di dollari.
    • Il 54% delle società europee ha ridotto le distribuzioni, di cui due terzi sono state annullate del tutto.
    • Le banche rappresentano metà del calo, seguite da beni voluttuari e industriali.
    • Francia, Spagna, Italia e Svezia sono i fanalini di coda.
    • Le distribuzioni in Germania sono scese solamente del 20% mentre i dividendi in Svizzera appaino stabili su base annua.
    Regno Unito
    Le distribuzioni complessive nel Regno Unito sono scese del 54%, quelle sottostanti sono scese del 41%, in linea col resto d’Europa.
    Tra i principali mercati azionari mondiali, solamente Francia e Spagna hanno registrato una flessione più consistente nel secondo trimestre.
    Oltre la metà delle aziende britanniche nel nostro indice ha tagliato o annullato le distribuzioni.

    2020: anno peggiore da oltre un decennio
    Nulla di buono è atteso per l’intero 2020, considerato  l’anno peggiore per le cedole dalla crisi finanziaria del 2009. Le attese sono per un ribasso del 19% nell’ipotesi migliore e del 25% nello scenario peggiore.
    Jane Shoemake, Direttore degli Investimenti, Global Equity Income ha dichiarato:

    “La maggior parte delle aziende europee effettua distribuzioni solo una volta all’anno nel secondo trimestre, quindi la cancellazione di un dividendo ha un impatto molto consistente sul totale annuo; d’altro canto nel 2021 si assisterà a un rimbalzo in Europa. Quanto al Regno Unito, la ripresa sarà di minore entità poiché diverse società, non da ultimo i giganti petroliferi Shell e BP, hanno colto l’occasione per rivedere al ribasso i rispettivi pagamenti di dividendi in modo permanente. È in questi casi che si apprezzano i vantaggi di un approccio diversificato a livello globale all’income investing. In alcuni casi le distribuzioni sono state solo posticipate.
    Già ora determinate società stanno ripristinando i dividendi, nonostante un ampio margine di incertezza. In certi casi i dividendi rinviati saranno distribuiti in toto, in altri i pagamenti saranno inferiori e non mancheranno cancellazioni definitive. Resta da vedere cosa accadrà negli Stati Uniti e in Canada nel quarto trimestre, quando le società stabiliscono il dividendo annuale. I segnali registrati sinora lasciano presagire che in Nord America i tagli saranno meno marcati rispetto a Unione Europea, Regno Unito e Australia, dati i payout ratio contenuti e la capacità delle società di assorbire gran parte dello shock tramite la riduzione dei riacquisti di azioni proprie. Riteniamo tuttora che il Giappone, l’Asia e alcuni mercati emergenti saranno meno colpiti, ma non escludiamo una reazione ritardata che frenerà la crescita nel 2021.
    Nonostante i tagli, continuiamo a prevedere dividendi superiori a $1.000 miliardi quest’anno e il prossimo e ribadiamo l’importanza di valutare la capacità di generazione di reddito delle azioni. Sebbene possa influire sul sentiment a breve, una sospensione temporanea delle distribuzioni non modifica il valore fondamentale di un’azienda. Se il capitale di nuova emissione o portato a nuovo non è necessario, tornerà agli azionisti.” LEGGI TUTTO

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    Non solo Nasdaq. Hi-tech cinese snobba Covid e divieti Usa: titoli in gran corsa

    La difficoltà nella fornitura di materie prime per via della pandemia del COVID  e i divieti imposti ai giganti come Huawei e Tik Tok non frenano la corsa delle azioni hi-tech cinesi. Che continuano a produrre rendimenti impressionanti in Borsa grazie alla crescita nazionale. Un apprezzamento che si confronta con il listino tecnologico per eccellenza, l’americano Nasdaq che da inizio anno ha messo a segno un rialzo del 32% facendo registrare nuovi massimi storici.

    Lo rileva GlobalData, una delle principali società di dati e analisi.

    “Nonostante le mosse degli Stati Uniti contro le app cinesi, l’ Invesco China Technology ETF (CQQQ), un importante indice che traccia le prestazioni di mercato delle società tecnologiche cinesi, ha riportato nell’ultimo anno (al 19 agosto 2020) un rendimento del 24,3%. L’incremento è stato dovuto principalmente a una crescente fiducia all’interno degli investitori come risultato della nuova politica del presidente cinese, Xi, che si concentra  su una politica di consumi e innovazione interni  per garantire una “crescita economica sicura” ha spiegato Anindya Biswas, analista di GlobalData.

    Boom dei ricavi
    La corsa delle azioni trova le base nel buon andamento dei ricavi. Qualche esempio. Tencent Holdings ha registrato una crescita dei ricavi su base trimestrale del 6,3% nel secondo trimestre del 2020, a seguito dell’aumento del numero di account utente attivi mensili e della crescente spesa in automobili ed elettronica di consumo.
    Altri top player come Baidu e NetEase hanno registrato una crescita rispettivamente del 15,5% e del 25,9% nei loro ricavi trimestrali.
    Senza considerare che negli ultimi mesi aziende cinesi come Huawei, Xiaomi e Oppo,  che hanno sostituito Samsung e Apple come protagonisti nel mercato globale degli smartphone. Modelli, prezzi competitivi e domanda interna sono stati fattori di supporto.
    Biswas conclude:

    “Sebbene gli Stati Uniti si siano recentemente aggiunti ad Australia, Nuova Zelanda, Vietnam, Taiwan e Norvegia nell’elenco dei paesi che hanno ridotto la loro dipendenza dalla tecnologia cinese, gli investitori continuano a investire nel mercato interno. Tuttavia, l’impatto del riorientamento verso l’interno dell’economia cinese come risultato di questi blocchi e il successo della doppia circolazione del paese si vedrà nel lungo periodo “. LEGGI TUTTO

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    Come diversificare il portafoglio con le valute

    A cura di Manuel Pozzi, Investment Director di M&G Investments Italia
    Gli investimenti che possano offrire diversificazione, specialmente in tempi di crisi, tipicamente sono Bund, Treasury, oro e valute.

    I titoli di stato offrono rendimenti ai minimi storici e, nonostante il crescente supporto delle banche centrali, i prezzi di questi titoli non stanno andando da nessuna parte negli ultimi due mesi. Se in futuro dovesse arrivare una nuova ondata di panico sui mercati, questi titoli avrebbero meno potenziale di protezione.
    L’oro ha fatto una notevole corsa quest’anno, grazie anche agli acquisti di fondi specializzati in oro fisico. Il prezzo attuale vicino ai 2000$ l’oncia (poco meno di 60€ al grammo al cambio attuale), ne fa un bene rifugio da guardare con un po’ di attenzione, in quanto il prezzo è senz’altro ben più alto dei costi di estrazione, il che lo rende suscettibile di cali qualora dovessero ridursi sensibilmente i numerosi motivi per cui sta venendo comprato in ottica di protezione, ovvero pandemia, crisi economica, potenziali rischi inflattivi nel medio/lungo termine, monetizzazione del debito in molti Paesi, tensioni geopolitiche.In tal senso l’oro mantiene il suo stato di bene rifugio e beneficia anche della debolezza del dollaro (gli investitori esteri possono comprarlo più a buon mercato grazie a un dollaro debole), ma come sempre gli investitori farebbero bene a tenere la guardia un po’ più alta ora che i prezzi sono risaliti.

    Per quanto riguarda le valute, questa asset class ha sofferto il recupero dei mercati finanziari a partire da fine marzo.Infatti molte valute emergenti si sono indebolite per via della recessione in atto, mentre le valute “rifugio” come il Dollaro, lo Yen giapponese o il Franco svizzero hanno perso gradualmente di “utilità” per gli investitori, che hanno acquisito nuova fiducia grazie ai crescenti aiuti fiscali e monetari.In effetti queste monete avevano offerto una notevole diversificazione e protezione fino a inizio maggio, ma da quando l’Unione Europea ha mostrato segni di compattezza tramite il Recovery Fund e la decisione di emettere debito comunitario, le speranze per l’economia europea sono migliorate, di pari passo anche con i primi segnali di miglioramento dopo i periodi di lockdown più severo.
    Il contributo della diversificazione
    Ora, in un’ottica di costruzione di portafoglio, le valute potrebbero offrire un buon contributo in termini di diversificazione rispetto ai tradizionali investimenti in obbligazioni e azioni. Inoltre nell’ottica di un risparmiatore, è meglio iniziare a investire dopo che il prezzo è già sceso, pur consapevoli del fatto che non si può sapere se e quanto a lungo la fase di ribasso dei prezzi proseguirà.
    Tra le valute emergenti, molte sembrerebbero essere già sottovalutate ai valori attuali, stando a molti modelli econometrici. Il Dollaro era leggermente sopravvalutato a inizio anno e ora si sta indebolendo per via dei tassi d’interesse molto più bassi rispetto agli anni passati, oltre che per la forte monetizzazione del debito, derivante sia dall’enorme deficit fiscale di quest’anno sia dal quantitative easing della Fed.Anche il differenziale di crescita economica, che per qualche anno è stato in favore degli States, è oggi meno chiaro. Rispetto all’euro, il biglietto verde ha una storia di alta volatilità: negli ultimi 20 anni è passato da 0,8 a 1,6 e ora siamo più o meno nel mezzo.
    Tenuto conto delle incognite politiche da entrambe le sponde dell’Atlantico, potrebbe essere più saggio investire in un paniere diversificato di valute. In questo caso la gestione attiva e anche tattica è particolarmente importante.È un approccio che noi stessi adottiamo e che caratterizza il nostro modus operandi, forti di un’expertise ultraventennale in materia: nella fase attuale stiamo privilegiando la protezione, con posizioni su asset rischiosi solo in chiave tattica e solo quando le valutazioni sono molto attraenti. Questo vale per i corporate bond e anche per le valute più legate al ciclo, come per quelle emergenti.
    Inoltre, preferiamo al momento diversificare sull’Euro e altre valute europee, Yen e qualche valuta emergente, mentre siamo sottopesati sul Dollaro ma sfruttiamo anche i movimenti di prezzo intramese per aggiustare il portafoglio.
    Nei prossimi due o tre anni la strategia vincente sarà probabilmente la gestione attiva e decorrelata, che investe tenendo conto sia dei rischi geopolitici che delle opportunità dettate dalle valutazioni, sfruttando anche il momentum dei mercati. Strategia che mettiamo in pratica già da molto tempo nella nostra offerta obbligazionaria globale, che investe attivamente anche in valute. LEGGI TUTTO