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    Mercati, la ripresa a V e il sapore della bistecca

    di Michele De Michelis di Frame Asset Management  
    Alla fine i mercati dei capitali hanno deciso che questa situazione meritava una ripresa a V e quindi se un mio ipotetico collega avesse dormito dal 20 febbraio ad oggi risvegliandosi vedrebbe uno scenario generale tendenzialmente buono e potrebbe pensare di non essersi perso nulla.

    Magari, potrebbe venirgli il dubbio di come mai l’indice Nasdaq sia salito così tanto rispetto al Dow Jones o agli altri indici mondiali, ma in fondo è una tendenza in atto già da parecchio tempo e probabilmente non ci troverebbe nulla di strano.
    Immagino poi che, qualora questa persona immaginaria si mettesse a leggere le notizie di ciò che è accaduto mentre lui dormiva rimarrebbe sicuramente sconvolto. Io, almeno, lo sarei.

    E aggiungo anche che, se il 20 marzo mi avessero dato la possibilità di leggere in anticipo tutte le notizie fino ad oggi escludendo le pagine finanziarie, vi assicuro mi sarei fatto molto male finanziariamente parlando, perché avrei venduto troppo presto molti settori e sarei entrato su altri che alla fine sono saliti poco e niente.
    Tutto sommato me la sono cavata molto meglio affrontando le questioni giorno per giorno senza nessun aiuto straordinario, pur rimanendo pieno di dubbi seppur razionale allo stesso tempo.
    A volte penso al personaggio traditore di “Matrix” che, pur conscio che il mondo sia tutta una finzione legata ad un software, preferisce l’immaginario buon sapore della bistecca simulata nel suo cervello piuttosto che la realtà del gusto orribile del vero cibo.
    Stiamo forse vivendo una situazione di questo tipo?
    Sicuramente ci sono delle grandi incongruenze nelle valutazioni che in questo momento sono espresse nei multipli di mercato, pur tuttavia bisogna fare molta attenzione a non rimanere ingannati dalle performance degli indici dove vi sono pochi titoli che sono saliti moltissimo e tanti (troppi) titoli che sono rimasti al palo.
    Una delle cause che penalizza l’indice Euro Stoxx 600, ad esempio, è proprio la presenza più marcata di titoli ciclici rispetto all‘S&P 500, dove i tecnologici la fanno da padrone.
    Ma se pensiamo che la ripresa economica sarà importante nel 2021, perchè non salgono i ciclici che presentano valutazioni estremamente interessanti?
    Probabilmente, la maggior parte degli operatori economici non si fida e non si aspetta assolutamente una ripresa a V.Ma, allora, per quale motivo comprano futures o ETF sugli indici riportandoli a livelli pre-Covid?
    Bisognerebbe chiederglielo come Morpheus chiedeva a Neo “Pillola rossa o pillola blu? “.
    In realtà non credo serva una pillola per capire il codice matrix che le banche centrali e i governi stanno seguendo in questo momento.
    I governi necessitano di soldi per evitare una depressione economica (l’economia reale o “main street “ è tutt’altro che ai massimi come Wall Street) ed emettono titoli che vengono comprati dalle banche centrali a tassi inferiori all’inflazione, tenendo in questo modo artificiosamente i tassi reali in territorio negativo.
    Così facendo il valore reale del debito decresce e coloro che investono in attività produttive riescono (o per lo meno provano) a mantenere il potere di acquisto dei propri asset mentre quelli che tengono i soldi fermi sui conti o nelle obbligazioni governative perdono il loro potere di acquisto.
    Ecco spiegata anche la grande forza dell’oro che ha superato per la prima volta i 2 mila dollari e che, se rimarrà una situazione di questo tipo o addirittura peggiore con inflazione in crescita e tassi sempre prossimi allo zero, potrebbe apprezzarsi ulteriormente.
    E se per caso tutti questi enormi sforzi fatti dai Governi insieme ai vari banchieri riuscissero a far ripartire l’economia reale, allora sì che in quel caso sarà molto meglio detenere titoli ciclici a buon prezzo piuttosto che azioni con multipli assurdi.
    Il vero problema è che non sappiamo quale governo ci sarà negli Stati uniti nel 2021 e, anche se Biden sembra essere in vantaggio, mai sottovalutare la “non omogeneità” dell’americano medio.
    Concludo dicendo che tipicamente agosto non è buon momento per fare grandi variazioni alle proprie asset allocation quindi aspettiamo di vedere l’evolversi di questa seconda ondata di Covid-19, sempre che non succeda qualcosa di straordinario a cambiare le carte in tavola. LEGGI TUTTO

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    Dollaro, attesa una sua ripresa nei prossimi mesi

    L’inizio di settimana è stato caratterizzato da un proseguimento della debolezza del dollaro verso le principali valute, inparticolare verso yen (che beneficia delle tensioni crescenti sul fronte tecnologici tra Usa e Cina), dollaroaustraliano/canadese e corona norvegese. Anche verso euro si è assistito ad un deprezzamento, fanno notare gli analisti di Mps Capital Services, con il cambio che tuttavia ancora resta al di sotto della resistenza 1,1916.
    Dalla metà di maggio, il dollaro ha perso più dell’8% rispetto all’euro. Storicamente queste oscillazioni valutarie non sono affatto insolite ma nonostante questo gli esperti di Dws sono rimasti alquanto sorpresi dall’improvvisa forza dell’euro rispetto al dollaro.Prevedere i tassi di cambio è una questione insidiosa. Poiché sono sempre coinvolti due Paesi o aree valutarie, ciò che conta è come si rapportano tra loro, per esempio come evolve il livello dei prezzi di un Paese rispetto a quello di un altro.Per semplificare il concetto, noto come parità del potere d’acquisto, si possono confrontare i prezzi delle catene di fast food presenti in vari Paesi. Anche i dati sul commercio con l’estero offrono utili indizi, oppure l’andamento relativo dei tassi di interesse in diversi Paesi.
    Gli aiuti in Europa hanno sorpreso gli investitori

    Nessuno di questi approcci può spiegare perché negli ultimi mesi il dollaro si sia così indebolito rispetto all’euro. Sembra piuttosto che gli sforzi risoluti dei responsabili politici europei abbiano colto i mercati di sorpresa.Grazie alle drastiche misure adottate per contenere la pandemia di Covid-19 e le sue ripercussioni economiche, a maggio il numero di contagi è notevolmente diminuito in Europa, mentre negli Stati Uniti si è registrata una nuova impennata nei mesi di giugno e luglio. Inoltre, la Germania ha smesso di opporsi a un’unione dei trasferimenti, formulando insieme alla Francia una proposta di fondo per la ricostruzione europea.Inoltre sulla correzione del biglietto verde ha inciso il posizionamento: a inizio anno molti partecipanti al mercato dei future si erano posizionati per un indebolimento dell’euro, come mostra il grafico, ma con l’euro più forte anche il posizionamento è cambiato. Attualmente, le speculazioni su un’ulteriore debolezza del dollaro hanno raggiunto livelli che non si vedevano dal 2018.

    Adesso il focus ritorna sugli Stati Uniti
    Questo sembra suggerire che le buone notizie sull’euro siano già in buona parte scontate e possano esserci sorprese negative. Attualmente il numero dei contagi sta di nuovo salendo in Europa, mentre diminuisce negli Stati Uniti.Sullo scenario incombono le elezioni americane di novembre, che in una prospettiva di mercato potrebbero portare cambiamenti indesiderati come un aumento delle tasse. I sondaggi sono ora nettamente a favore dei Democratici, ma i Repubblicani potrebbero tornare a crescere.Per le prossime settimane gli esperti di Dws si aspettano inoltre nuove misure fiscali negli Stati Uniti, mentre appare improbabile un ulteriore aumento del fondo per la ricostruzione europea.

    “Nel complesso, è decisamente prematuro scrivere il necrologio del dollaro”, commenta Stefanie Holtze-Jen, chief currency strategist di Dws. Dopo una fase di temporanea debolezza, ci aspettiamo piuttosto che il biglietto verde torni a rafforzarsi”. LEGGI TUTTO

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    Azionario europeo, le migliori opportunità secondo Hedge Invest

    A cura di Paul Marriage e Fred Batoua di Hedge Invest Sgr
    Il primo semestre del 2020 lascerà senz’altro un ricordo indelebile nella memoria degli investitori, date le straordinarie turbolenze che si sono registrate sia dal punto di vista macroeconomico che sui mercati finanziari. La risposta delle autorità d’altra parte è stata altrettanto straordinaria.Gli stimoli globali infatti hanno ormai raggiunto i 18.000 miliardi di dollari, di cui 10.000 miliardi di tipo fiscale e 8.000 miliardi di tipo monetario. Nel complesso, si tratta una cifra pari a circa il 20% del Pil mondiale.In Europa, gli asset della Bce sono cresciuti fino a 6.300 miliardi di euro, vale a dire il 54% del Pil dell’Eurozona, con un aumento del 40% rispetto ai livelli pre-Covid.

    Questo enorme volume di stimoli ha avuto un impatto molto significativo sia a livello economico che finanziario, che può essere riassunto in quattro punti principali:
    1. Un recupero ‘da record’ dell’indice Pmi dopo il crollo di aprile2. Una forte compressione della volatilità sui mercati e un restringimento altrettanto marcato degli spread sul credito;3. Una notevole spinta ai mercati azionari, che li ha portati a recuperare nonostante i risultati negativi sugli utili che continuano ad emergere4.Una netta sovraperformance dei titoli tech rispetto al resto del mercato, favorita anche dall’accelerazione della digitalizzazione e dalla diffusione dello smart working.

    La supremazia dei titoli tech a livello di performance a partire dall’inizio della pandemia è un dato tanto evidente quanto discusso. A nostro avviso, nel complesso non si può affermare che le valutazioni in questo settore siano ingiustificate o su livelli paragonabili a quelli dell’ultima bolla tecnologica, scoppiata nel 2000. Infatti, se si prendono come esempio i cosiddetti FAANG (Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google), questi titoli rappresentano circa il 25% della capitalizzazione dell’S&P500, ma ad essi è anche riconducibile circa il 25% degli utili dell’indice, una percentuale che sale addirittura all’80% se si considera solo il 2020.
    I titoli tecnologici in Europa
    In Europa il settore tech ha un peso sicuramente minore negli indici – cosa che contribuisce a spiegare il ritardo dell’azionario europeo rispetto a quello statunitense. Tuttavia, anche nel Vecchio Continente non mancano le società tech interessanti che hanno potuto beneficiare delle circostanze straordinarie degli ultimi mesi.
    Tra queste spiccano il colosso spagnolo delle torri di telecomunicazione Cellnex e il ‘supermercato online’ britannico Ocado, la cui forza non sta solo nella fitta rete distributiva, ma anche nei software proprietari su cui è basato il modello di business. Sono interessanti anche la società di welfare Edenred, l’operatore di mercati online Adevinta e il provider IT tedesco Sap. Dall’altro lato, occorre essere consapevoli che altre società in questo settore hanno ormai effettivamente raggiunto valutazioni elevate, quindi non risultano più altrettanto attraenti, ad esempio Ayden e ASML. Ciò mette in evidenza la necessità di adottare un approccio estremamente selettivo e bottom-up per destreggiarsi tra le distorsioni che caratterizzano i mercati attuali.Con lo stesso approccio è possibile individuare diverse opportunità anche tra i titoli più ciclici, gli apparenti ‘sconfitti’ degli ultimi mesi. Sullo sfondo di un quadro macroeconomico in miglioramento, vediamo un outlook positivo per i gruppi industriali Saint-Gobain e Schneider Electric e le società automotive Peugeot e Volvo.
    L’impatto del Recovery Fund da 750 miliardi
    Guardando avanti, uno dei principali driver per il mercato europeo nel medio termine sarà il Recovery Fund da 750 miliardi recentemente attivato dall’Unione. Gli investimenti si concentreranno su temi come transizione energetica, efficienza energetica degli immobili e mobilità elettrica, in linea con il Green Deal promosso dalla Commissione Europea.A beneficiarne saranno quindi soprattutto alcuni settori: tra questi, il comparto energia e utility, quello delle infrastrutture e dei materiali per l’edilizia, e l’automotive. Sarà cruciale quindi individuare le società meglio posizionate per intercettare la spinta dei fondi messi a disposizione.Un buon esempio è la società di energia solare spagnola Solaria, che ha già ottenuto l’autorizzazione a triplicare la propria capacità produttiva e dovrebbe quindi incrementare significativamente i propri utili.Anche Vestas, uno dei due principali player sul mercato europeo nell’ambito delle turbine eoliche, è molto attraente: oltre a vendere gli impianti, la società ne cura il servizio e la manutenzione, un business che offre margini tre volte superiori alla semplice vendita e un flusso di entrate molto più costante nel tempo.Tra i beneficiari del Recovery Fund vediamo anche la società spagnola di energia rinnovabile EDPR e Kingspan, leader nell’ambito dei materiali isolanti. LEGGI TUTTO

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    Borse europee, fallisce rimbalzo. Ftse Mib -0,7%

    Fallisce nel finale il rimbalzo delle Borse europee, che chiudono in rosso dopo aver viaggiato in territorio positivo per buona parte della seduta.
    A ‘tradire’ i listini del Vecchio Continente è Wall Street dove le perdite miliardarie di colossi come Exxon e Chevron – piegati dalla pandemia e dal crollo della domanda di greggio – offuscano i profitti sopra le attese delle Big Tech, da Amazon a Facebook

    Londra segna un calo dell’1,54%, Parigi lascia sul terreno a fine giornata l’1,43% mentre Francoforte perde lo 0,54%.
    Male anche piazza Affari nel giorno della diffusione del Pil del secondo trimestre (-12,4%) Il Ftse Mib, che nel corso della seduta era arrivato a guadagnare oltre l’1,2%, ha chiuso con una perdita dello 0,7%, aggravando il bilancio mensile di luglio (-1,47%).

    Tra i titoli di Milano, prosegue la discesa di Eni (-3,5%) dopo la trimestrale e il taglio del dividendo.
    Tra i pochi in controtendenza Ubi Banca (+4,4%) dopo che i risultati finali dell’opas di Intesa Sanapaolo (-1,6%) hanno decretato una adesione superiore al 90%.
    Contrastato, infine, il petrolio con il Wti di settembre che scende a 39,7 dollari (-0,5%) e il Brent sale a 43 dollari (+0,3 per cento).
    Lieve peggioramento dello spread, che sale a +154 punti base, con un aumento di 3 punti base, con il rendimento del BTP a 10 anni pari all’1,01%. LEGGI TUTTO

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    Sprofondano le borse europee: pesano il comparto energetico e il colpo sul Pil Usa

    Le borse europee stanno aggravando le perdite di inizio giornata nel pomeriggio del 30 luglio, non certo aiutate dalle notizie provenienti Oltreoceano. Come previsto, il Pil statunitense del secondo trimestre ha registrato il calo più ampio dal secondo Dopoguerra (-32,9%), oltre ad aver osservato un ulteriore incremento nelle domande di sussidio di disoccupazione.
    Mentre lo S&P 500 naviga in ribasso dell’1,26%, l’Euro Stoxx 50 cede un ben più negativo 3,62%.

    Il Ftse Mib italiano, alle 16 e 34, è in calo del 3,42%; le altre piazze borsistiche del Vecchio Continente mostrano cedimenti analoghi, quando non superiori (il Dax è il listino più colpito, con un calo del 4,29%).
    Fra i maggiori ribassi del listino principale di Borsa Italiana, spiccano i nomi di Eni e Saipem, il cui rosso supera abbondantemente la soglia del 7%. A pesare sul titolo Eni non sono solo le perdite, dovute al crollo dei prezzi energetici, ma anche la politica sui dividendi: se il prezzo del Brent si manterrà al di sopra dei 45 dollari al barile il dividendo avrà un valore base di 36 centesimi per azione cui si potrebbe aggiungere una componente variabile costituita dal 30-45% del free cash flow incrementale apportato da ulteriori aumenti nel prezzo del barile.

    Il comparto energetico, con i conti di Total (8,4 miliardi di perdite nette) e Shell (perdita netta di 18,1 miliardi di dollari nel secondo trimestre), è stato fra i più colpiti nella giornata di oggi. LEGGI TUTTO

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    Borse europee: accordo Ue dà spinta ai listini. Euro in rally

    L’accordo storico trovato dai Paesi europei sul Recovery Fund da 750 miliardi di euro dà sostegno alle Borse europee e alla moneta unica, che aggiorna i massimi di quattro mesi, ovvero dal 9 marzo.
    Nelle prime battute Parigi sale dello 0,9%, Francoforte dell’1,26%, Londra +0,6% e Madrid dell’1,28%. Milano (+1,4%) è la migliore, con lo spread in calo a 152 punti dai 155 della chiusura di ieri: l’Italia riceverà circa il 28% dei fondi totali del Recovery Fund, ovvero circa 209 miliardi di euro (81 di sussidi e 127 di prestiti), una cifra “adeguata per fare ripartire il Paese con forza”, come ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

    A Piazza Affari scattano subito le banche, già ieri sugli scudi sulla riapertura del risiko bancario innescato dall’operazione Intesa-Ubi: in cima al Ftse Mib c’è Banco Bpm (+3,5%) grazie alle indiscrezioni che la vedono in combinazione con UniCredit (+2,5%), con cui ci sarebbero stati contatti al vertice, o Mps (+2,78%).
    A passo rapido anche StMicroelectronics (+2,3%). Mentre tutti i titoli del listino principale sono in aumento, viaggiano a passo lento le utility (Terna +0,12%) e i farmaceutici (Diasorin +0,22% e Recordati (+0,16%).

    L’euro, che già ieri si era rafforzato quando è apparso chiaro che un’intesa era a portata di mano, in avvio sale dello 0,2% a 1,147 dollari, contro gli 1,1448 della chiusura di ieri

    “L’accordo è positivo, dà un segnale di solidarietà e garantisce un aiuto per una più solida ripresa economica”, hanno detto gli analisti di Maybank, spiegando che “anche se le notizie positive erano già in parte state scontate dal mercato, un ulteriore rialzo al di sopra del valore di marzo a 1,1495 dollari potrebbe spianare la strada verso una corsa fino alla soglia degli 1,16 dollari”.

    Il biglietto verde si è indebolito, scivolando ai minimi in quattro mesi, rispetto a un paniere delle maggiori valute, con il cambio dollaro/yen a 107,21 e il dollaro australiano salito sopra i 70 centesimi di dollaro americano. Anche la sterlina ha toccato il massimo in un mese a 1,2684 dollari.
    Poco mosso il petrolio: il Wti settembre sale dello 0,5% a 41,13 dollari al barile, il Brent di pari scadenza acquista lo 0,6% a 43,54 dollari. LEGGI TUTTO