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    Bombardier, Moody’s migliora outlook a positivo. Confermato rating B1

    (Teleborsa) – Moody’s ha modificato l’outlook di Bombardier, azienda canadese attiva nel settore aerospaziale, da stabile a positivo. Allo stesso tempo, ha confermato il corporate family rating (CFR) di a “B1″.”Il cambiamento dell’outlook a positivo riflette l’aumento degli utili di Bombardier, la crescita dei suoi servizi post-vendita a margine più elevato, un portafoglio ordini stabile di 14,4 miliardi di dollari e piani di rimborso del debito che ridurranno la leva finanziaria”, ha dichiarato Jamie Koutsoukis, analista di Moody’s Ratings.Moody’s evidenzia che Bombardier ha compiuto progressi nelle sue priorità strategiche, con un conseguente miglioramento dei margini e degli utili e una riduzione del livello di debito assoluto. L’azienda ha generato un free cash flow positivo dal 2021 e il suo margine operativo rettificato è aumentato a oltre il 10% nel 2024, rispetto al 4% del 2021. Inoltre, l’azienda ha ridotto il debito, rimborsando oltre 100 milioni di dollari nel 2024 e altri 300 milioni di dollari da inizio anno nel 2025.Il CFR di Bombardier beneficia di: 1) un’ottima liquidità per il prossimo anno; 2) dimensioni significative; 3) una solida posizione di mercato nel mercato dei jet privati; e 4) un portafoglio ordini di 14,4 miliardi di dollari. Il rating di Bombardier è limitato da: 1) la sua partecipazione al mercato ciclico dei jet privati, che presenta numerosi concorrenti forti e una base di clienti di nicchia; e 2) elevati oneri fissi di circa 700 milioni di dollari all’anno (interessi e spese in conto capitale) che possono limitare il free cash flow dell’azienda. LEGGI TUTTO

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    Italia, Scope: con dazi impatto fino a un punto percentuale di PIL nel 2025-27

    (Teleborsa) – L’Italia è uno dei Paesi più vulnerabili in Europa alle potenziali conseguenze di una guerra commerciale prolungata, dati i suoi stretti rapporti commerciali con gli Stati Uniti, e i dazi con le eventuali contromisure potrebbero ridurre la crescita del paese, tra quest’anno e il 2027, fino a un massimo di un punto percentuale. Lo afferma Scope Ratings in una ricerca sul tema.Viene ricordato che l’economia italiana è cresciuta dello 0,7% nel 2023 e nel 2024, al di sotto del suo potenziale a medio termine dell’1% e della media dell’area dell’euro (0,9% nel 2024). L’economia si è dimostrata relativamente resiliente dalla fine della pandemia di Covid, beneficiando della sua ampia e diversificata base industriale e del suo settore delle esportazioni. L’output economico è quasi del 5% superiore ai livelli pre-pandemici, in un confronto favorevole con altre grandi economie dell’UE come Francia (+4%) e Germania (+0%), sebbene più debole rispetto a Spagna (+7%), Portogallo (+9%) o Stati Uniti (+12%).Scope evidenzia anche la crescente importanza degli Stati Uniti come mercato di esportazione per i produttori italiani negli ultimi cinque anni, che ha portato a un sostanziale surplus commerciale di merci, stimato in circa 39 miliardi di euro. Solo Germania e Irlanda presentano surplus di merci maggiori con gli Stati Uniti tra i Paesi dell’area euro. L’agenzia di rating tedesca stima che uno scenario che preveda dazi statunitensi del 20% sulle importazioni di beni dall’UE e del 125% sulle importazioni di beni dalla Cina, oltre a misure di ritorsione da parte della Cina e, potenzialmente, dell’UE, potrebbe ridurre la crescita economica dell’Italia di circa 0,5-1 punto percentuale del PIL reale nel periodo 2025-27. La guerra commerciale porterebbe a un rallentamento della produzione industriale, delle esportazioni e degli investimenti, in un contesto di maggiore incertezza economica.Le esportazioni di beni dell’Italia verso gli Stati Uniti ammontavano a 65 miliardi di euro nel 2024 (il 10,4% delle esportazioni totali, il 3% del PIL), con il 7% della produzione manifatturiera italiana destinata al mercato statunitense. Tra i settori chiave ci sono farmaceutico, mezzi di trasporto, automobilistico, macchinari e beni di lusso. L’Italia ha inoltre esportato in media circa 10 miliardi di euro di servizi verso gli Stati Uniti tra il 2021 e il 2023 e ha investito in media 5 miliardi di euro in investimenti diretti esteri (IDE) nello stesso periodo.”Il pieno impatto economico dei dazi sull’Italia rimane tuttavia incerto, dato l’evoluzione del regime commerciale tra Stati Uniti e UE e l’elasticità eterogenea delle esportazioni, che tende a essere inferiore per i prodotti farmaceutici brevettati ma superiore per automobili, abbigliamento, bevande e alimenti, ad eccezione delle categorie di lusso di fascia alta si legge nella ricerca firmata da Eiko Sievert e Alessandra Poli – La capacità dell’Italia di mitigare gli effetti negativi dei dazi statunitensi dipenderà anche dalla sua capacità di diversificare e accedere a mercati alternativi di esportazione e importazione”.Date le tensioni commerciali globali, l’impiego efficiente dei fondi per la ripresa dell’UE da parte dell’Italia diventa “ancora più importante per sostenere la crescita economica interna”, sottolinea Scope Ratings. Dei 194,4 miliardi di euro assegnati all’Italia nell’ambito del meccanismo, il Paese ha finora ricevuto 122,1 miliardi di euro, pari al 63% delle risorse totali. Tuttavia, spendere una somma così ingente si è rivelato impegnativo, con una spesa stimata di 58,6 miliardi di euro nell’ottobre dello scorso anno, circa il 30% dello stanziamento totale secondo Confindustria.Una spesa annuale inferiore alle aspettative dei fondi stanziati ha inoltre ridotto il potenziale stimolo per l’economia. Nel 2021 il governo ha previsto un impatto cumulativo di 2,4 punti percentuali di crescita aggiuntiva del PIL reale per il periodo 2021-2024, stima poi rivista a 1 punto percentuale nel 2024. La maggior parte dello stimolo economico è ora prevista per il 2025-26, con un impatto cumulativo stimato di 2,7 punti percentuali di crescita aggiuntiva del PIL reale. Tuttavia, ciò implica una spesa eccezionalmente elevata, pari a 57,1 miliardi di euro nel 2025 e 49,5 miliardi di euro nel 2026, il che è “improbabile”.”Prevediamo che entro la fine del 2026 la maggior parte dei 194,4 miliardi di euro sarà destinata a progetti che saranno poi implementati negli anni successivi”, si legge nel report. E ancora: “La capacità del piano di ripresa di stimolare la crescita del PIL italiano sarà distribuita su un periodo più lungo di quanto inizialmente previsto”.Infine, il potenziale di crescita dell’Italia di circa l’1% nel medio termine dovrebbe essere sostenuto anche dall’attuazione delle riforme strutturali previste entro il 2026 relative, tra le altre, al sistema giudiziario, al diritto della concorrenza, alla pubblica amministrazione e alle riforme degli appalti. LEGGI TUTTO

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    S&P rivede rating su banche dopo mossa su Italia. Alza outlook su UniCredit e BPM

    (Teleborsa) – S&P Global Rating ha rivisto i rating di 15 banche italiane, dopo che l’11 aprile ha alzato il rating sovrano dell’Italia da “BBB” a “BBB+”, grazie al rafforzamento della posizione esterna, alla solidità dei bilanci di famiglie e imprese e agli squilibri fiscali ancora elevati ma in riduzione.In generale, l’agenzia di rating rileva un miglioramento strutturale della redditività delle banche italiane, con un rendimento medio del capitale proprio che si mantiene al di sopra del costo del capitale per la maggior parte degli istituti. Ciò è dovuto a una maggiore efficienza operativa, a modelli di business più resilienti e a una migliore qualità degli attivi.Su UniCredit, ha alzato il rating di credito a lungo termine da “BBB” a “BBB+” e migliorato l’outlook a positivo, valutando la banca potenzialmente idonea a ricevere un rating superiore a quello sovrano. Ciò dipenderà anche dalla configurazione finale della banca e dal suo bilancio in seguito all’esito delle potenziali transazioni con Banco BPM e Commerzbank.Su Intesa Sanpaolo, ha alzato il rating a “BBB+” da “BBB” con outlook confermato stabile. Su Mediobanca, ha alzato il rating creditizio a lungo termine a “BBB+” da “BBB” con outlook confermato stabile. Su FinecoBank, ha alzato il rating a “BBB+” da “BBB” con outlook confermato stabile. Su Banca Mediolanum, ha alzato il rating a “BBB+” da “BBB” con outlook confermato stabile.Su BPER Banca ha alzato i rating creditizi a lungo e a breve termine a “BBB/A-2” da “BBB-/A-3”, con outlook abbassato a stabile. Su Iccrea Banca, ha alzato i rating creditizi a lungo e breve termine a “BBB/A-2” da “BBB-/A-3” con outlook abbassato a stabile. Su Banco BPM, ha confermato i rating creditizi a lungo e breve termine a “BBB/A-2” e i nostri RCR a “BBB+/A-2”, con outlook migliorato a positivo. Le prospettive positive rispecchiano quelle di UniCredit e riflettono la convinzione che Banco BPM trarrebbe beneficio da una potenziale integrazione in UniCredit, un gruppo bancario più solido e con un rating più elevato. Riflettono inoltre la relativa solidità di Banco BPM che viene riscontrata rispetto alla maggior parte dei suoi concorrenti con rating simile.Su Istituto per il Credito Sportivo e Culturale ha alzato i rating creditizi a lungo e breve termine a “BBB/A-2” da “BBB-/A-3” con outlook confermato stabile. Su Mediocredito Centrale – Banca del Mezzogiorno ha alzato i rating creditizi a lungo e breve termine a “BBB/A-2” da “BBB-/A-3” con outlook confermato stabile.Su Banca Popolare di Sondrio, ha confermato i rating creditizi a lungo e breve termine a “BBB-/A-3” e gli RCR a “BBB/A-2” con outlook confermato positivo. Su Volksbank, ha confermato i rating creditizi a lungo e breve termine a “BBB-/A-3” con l’outlook che rimane stabile. Su Banco di Desio e della Brianza, ha confermato i rating di credito degli emittenti a lungo e breve termine a “BBB-/A-3” con l’outlook che rimane stabile.Su BNP Paribas (Filiale italiana) ha alzato i rating di credito (RCR) sulla filiale da “A+/A-1” a “AA-/A-1+” e mantenuto l’outlook stabile. Su Bank of New York Mellon (Filiale italiana) ha alzato i rating di credito degli emittenti a lungo e breve termine da “A+/A-1” a “AA-/A-1+” e mantenuto l’outlook.S&P spiega che i rating bancari in Italia sono stati in larga misura limitati dal merito creditizio relativamente più debole del Paese. In primo luogo, generalmente non classifica le banche con esposizione e operatività predominanti nel loro Paese di domicilio con un rating superiore al rating sovrano del Paese di origine, anche se la valutazione del loro merito creditizio intrinseco è superiore a quella del Paese di origine. Ciò è dovuto alla significativa esposizione delle banche al loro Paese di origine e alla bassa probabilità che sopravvivano a un ipotetico scenario di default sovrano. Di conseguenza, il rating sovrano dell’Italia rappresenta in alcuni casi un limite al rating della banca. In secondo luogo, l’elevato debito pubblico e i deficit fiscali dell’Italia limitano la flessibilità macroeconomica del governo e la sua capacità di sostenere l’economia quando necessario, rispetto a Paesi sovrani omologhi con ricchezza e livelli di sviluppo simili. Infine, gli elevati rischi esterni possono influire sulla valutazione complessiva degli squilibri economici affrontati dal settore bancario. Pertanto, la riduzione dei rischi macroeconomici ed esterni riduce gli squilibri economici che le banche italiane devono affrontare. LEGGI TUTTO

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    FS Italiane, S&P alza rating a “BBB+” in scia a giudizio su Italia

    (Teleborsa) – S&P ha alzato il rating di lungo termine di Ferrovie dello Stato Italiane da “BBB” a “BBB+” con Outlook stabile. L’iniziativa è diretta conseguenza dell’upgrade al Rating della Repubblica Italiana – effettuato lo scorso 11 aprile 2025 dalla stessa agenzia – in virtù della metodologia applicata da S&P al Rating di FS. Il rating di breve termine è stato confermato a “A-2”. LEGGI TUTTO

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    Autostrade per l’Italia, S&P alza rating a “BBB” con outlook stabile

    (Teleborsa) – S&P ha elevato a “BBB” (da “BBB-“) il merito di credito di lungo periodo di Autostrade per l’Italia (ASPI), migliorando anche il rating di breve termine che passa a “A-2”. L’outlook sul rating è stabile.L’upgrade di ASPI riflette un innalzamento di un notch del rating sovrano sull’Italia. S&P considera ASPI un GRE (Government-related entity) da quando il consorzio guidato da CDP ha acquisito una partecipazione dell’88,06% in ASPI nel 2022 da Atlantia (ora Mundys). Ritiene che l’emittente tragga beneficio da un’elevata probabilità di un sostegno straordinario da parte del governo italiano, che si traduce in un innalzamento di un notch del rating sull’emittente. Ciò riflette il ruolo molto importante di ASPI per il governo, in quanto principale gestore di autostrade a pedaggio in Italia, che copre circa il 50% della rete autostradale nazionale e fornisce un’infrastruttura strategica per l’economia e il movimento delle persone in Italia. Riflette inoltre un forte legame con il governo italiano, che detiene indirettamente il 45% di ASPI tramite CDP. Gli ingenti investimenti di ASPI nella modernizzazione degli asset e nell’ammodernamento delle tratte più trafficate della rete sono una priorità per il governo, innescando un significativo rischio reputazionale. A nostro avviso, il coinvolgimento di CDP migliora anche la stabilità e la prevedibilità della struttura patrimoniale di ASPI.Sono in corso discussioni con il concedente per il periodo di semi-regolazione 2025-2029, evidenzia S&P. Il ritardo nel processo di approvazione, che stabilirebbe l’entità dell’aumento tariffario annuo per remunerare gli investimenti previsti nel periodo di regolazione, è conseguente al significativo aumento del piano di spesa in conto capitale (capex) per la durata residua della concessione, derivante da varianti progettuali, aumenti dei costi delle materie prime e aggiornamenti degli standard normativi infrastrutturali. In attesa dell’approvazione del piano economico-finanziario, S&P continua a ritenere che una politica finanziaria di supporto rimanga fondamentale per preservare la qualità del credito di ASPI. In tale contesto, valuta positivamente l’impegno degli azionisti di ASPI a mantenere un rating pari o superiore a “BBB-“. LEGGI TUTTO

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    Europa, Fitch: pressione per aumentare spesa militare aggraverà sfide fiscali

    (Teleborsa) – L’entità della spesa aggiuntiva per la difesa da parte dei paesi europei dipenderà dalla percezione della minaccia e dalla capacità fiscale dei singoli paesi, che variano in modo sostanziale. Lo afferma Fitch Ratings in un nuovo report sul tema. I paesi europei sono sotto pressione per aumentare la spesa in risposta ai cambiamenti geopolitici guidati dalla nuova amministrazione statunitense, e la NATO probabilmente aumenterà il suo obiettivo di spesa per la difesa dal 2% al 3% del PIL.Molti governi europei hanno perso fiducia nell’impegno degli Stati Uniti a difendere i propri alleati europei della NATO e stanno modificando la loro valutazione del fabbisogno di spesa per la difesa. Fitch ha cercato di prevedere le traiettorie della spesa per la difesa nel periodo 2025-2028 sulla base delle dichiarazioni pubbliche, dei precedenti impegni di spesa militare e della valutazione della percezione della minaccia e dei vincoli fiscali.La maggior parte dei paesi aumenterà probabilmente la spesa per la difesa, ma l’aumento sarà solo graduale, con un aumento medio della spesa di appena 0,5 punti percentuali del PIL tra il 2024 e il 2028. Fitch prevede che gli aumenti più significativi si verificheranno nei Paesi baltici e nei Paesi nordici, mentre la Germania sarà tra i cinque paesi europei con gli aumenti maggiori.La Commissione europea prevede un margine di manovra per la spesa nazionale cumulativa per la difesa da parte dei membri dell’UE al di sopra della base di 650 miliardi di euro nel periodo 2025-2028, ma si tratta di un obiettivo ambizioso. Fitch ritiene che l’UE registrerà una spesa aggiuntiva cumulativa di soli 374 miliardi di euro (il 2% del PIL annuo del 2025) rispetto a una base di spesa per la difesa/PIL costante in tale periodo.Fitch non prevede che l’aumento della spesa per la difesa comporti direttamente modifiche del rating. Tuttavia, insieme all’invecchiamento della popolazione, alla bassa crescita e, in molti paesi, agli elevati livelli di debito e deficit, la pressione per aumentare la spesa militare aggraverà le sfide fiscali. LEGGI TUTTO

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    STMicroelectronics, Standard Ethics conferma il rating ESG

    (Teleborsa) – Standard Ethics ha confermato il Corporate Standard Ethics Rating (SER) “EE” a STMicroelectronics, colosso italo francese dei semiconduttori. Si tratta del sesto notch su nove (nella fascia “Strong”) della scala usata dall’agenzia di rating indipendente con sede a Londra e focalizzata sulla sostenibilità. La società mantiene un rating EE senza produrre scostamenti, commenta l’agenzia di rating. Si rileva un allineamento alle indicazioni internazionali sulla Sostenibilità nel modello standard di rendicontazione extra-finanziaria, nella definizione degli obbiettivi, nel sistema di gestione e prevenzione dei rischi ESG e negli strumenti di governo ancorati alle referenze sovranazionali di Onu, Ocse e Ue.Gli analisti osservano l’evoluzione dei piani industriali e raccomandano di seguire con attenzione le Linee Guida Ocse per le Imprese Multinazionali anche per eventuali delocalizzazioni o ristrutturazioni. LEGGI TUTTO

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    Banche italiane non quotate bocciate sui fattori ESG. Indietro su parità di genere e AI

    (Teleborsa) – Le banche italiane non quotate sono largamente insufficienti nel loro impegno sui fattori ESG (Environmental, Social e Governance). È quanto emerge da un rapporto di Standard Ethics, agenzia di rating indipendente con sede a Londra e focalizzata sulla sostenibilità, che ha effettuato la ricognizione con l’obiettivo di valutare la loro capacità di interpretare e semplificare i temi di Sostenibilità per renderli funzionali ai rapporti con clientela, fornitori e destinatari dei propri investimenti.Sono stati selezionati 43 istituti tra gruppi e singole banche non quotate. La selezione è avvenuta tra i primi 100, per mezzi amministrati, escludendo gruppi esteri o quotati. L’indagine ha tenuto conto di 23 marcatori distribuiti in 4 macroaree di appartenenza: i) procedure e policy ESG ii) target ESG iii) valutazioni ESG iv) policy ESG attinenti al settore bancario.Dallo studio emergono i seguenti punti chiave: solo il 14% delle banche pubblica una policy ambientale; solo il 9% pubblica una policy sui diritti umani e nessuna banca ha una policy sull’Intelligenza Artificiale; solo il 19% pubblica una policy sulla parità di genere ed il 26% pubblica una policy su diversità ed inclusione.Guardando agli aspetti su cui più si avvicinano alle banche quotate, quello che spicca è la parte ambientale, “perché più in odore di regolamentazione”, dice a Teleborsa Jacopo Schettini Gherardini, Direttore dell’Ufficio Ricerca di Standard Ethics. “Ma è una visione che lascia scoperti altri ambiti e lascia che alcuni rischi non siano né individuati, né gestiti, né mitigati”, sottolinea l’esperto.Dal report emerge anche che, sebbene il 98% del campione pubblichi un Codice Etico o di Condotta, solo il 22% degli strumenti di governo appaiono conformi e dotati di riferimenti internazionali sulla Sostenibilità di Onu, Ocse e Ue, mentre il 55% delle banche analizzate fornisce una rendicontazione ESG standard.Un dato che salta all’occhio è che il tasso medio di rappresentanza del genere meno rappresentato in CdA è di circa il 30%. Inoltre, solo in 6 banche dell’insieme, ovvero circa il 14% dei casi, viene raggiunta la parità di genere nel CdA.Standard Ethics scrive nelle sue conclusioni che i risultati suggeriscono ampie difformità nella comunicazione e nelle politiche adottate. Sebbene alcune banche non quotate abbiano iniziato un percorso di allineamento alle indicazioni internazionali, nel complesso il divario rispetto agli standard internazionali e alle banche quotate resta significativo.Schettini Gherardini non crede che l’impegno sia solo di facciata, ma “l’allineamento alle indicazioni di Sostenibilità è sporadico. Due dati tra i tanti: delle banche non quotate esaminate solo il 9% pubblica una policy sui diritti umani, contro il 100% delle quotate; solo il 7% ha un rating e interloquisce con una agenzia di rating specializzata e indipendente, contro il 100% delle quotate. E non è una questione di dimensione”.Da report emerge che, al netto degli obblighi regolamentari, sembrano rari i casi in cui sia stata effettuata una preventiva analisi di posizionamento sui rischi ESG e appare diffuso l’impiego di consulenza esterna in termini di comunicazione e rendicontazione. In molti casi, ne deriva una ridotta coerenza delle comunicazioni pubbliche in ambito ESG Risk Management, governance, politiche e target ESG, così come appare debole il loro allineamento alle indicazioni internazionali.Guardando al futuro, Schettini Gherardini si aspetta dei passi avanti perchè “siamo in un periodo storico in cui è molto forte la richiesta da parte dei clienti di trasparenza sui temi ambientali, sociali e di governo”. Inoltre, “la decisione, da parte della Commissione europea, di posporre alcuni obblighi di rendicontazione pubblica renderà ancora più importante interloquire con le agenzie di rating per non rimanere nel limbo e non sapere come porsi nella fase di passaggio” e “vedere che i concorrenti si muovono con maggiore chiarezza e decisione spingerà il settore a non affidarsi solo alla consulenza esterna (spesso legata al marketing) ma a migliorare le professionalità interne e dotarle dei punti di riferimento più adeguati al fine di decidere”.Le banche analizzate da Standard Ethics, che non ha pubblicato i dettagli dei singoli istituti, sono: Banca Cambiano 1884, Banca Cf+ Credito Fondiario, Banca del Fucino, Banca del Piemonte, Banca di Cividale (CiviBank), Banca di Credito Popolare, Banca Ersel, Banca Ifigest, Banca Investis, Banca Popolare Alto Adige, Banca Passadore, Banca Popolare del Lazio, Banca Popolare di Fondi, Banca Popolare Etica, Banca Popolare di Piacenza, Banca Popolare Puglia e Basilicata, Banca Popolare Pugliese, Banca Popolare di Ragusa (BAPR), Banca Popolare Valsabbina, Banca Progetto, Banca Promos, Banca Santa Giulia, Banca Sella, Banca Stabiese, Cassa Centrale Alto Adige, Cassa Centrale Banca, Cassa di Bolzano, Cassa di Fermo, Cassa di Risparmio di Asti, Cassa di Volterra, Cherry Bank, Extrabanca, Ibl Banca, Iccrea Banca, Imprebanca, Istituto per il Credito Sportivo e Culturale, La Cassa di Ravenna, Mediocredito Centrale, Prader Bank, Solution Bank, Suedtirol Bank, Tyche Bank, Vivibanca. 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