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    Lavoro, Istat: nel 2050 tasso di attività salirà al 73,2%. Più anziani al lavoro

    (Teleborsa) – Nel corso degli anni si prevede una crescita del tasso di attività totale, che nel 2050 raggiungerebbe il 73,2%, più sostenuta per la componente femminile (+9 punti percentuali) rispetto a quella maschile (+3,7 punti percentuali), comportando un ulteriore avvicinamento tra i generi. Nel 2050 il divario rimane comunque significativo, con valori pari al 79,3% per gli uomini e al 66,5% per le donne. È quanto emerge dal report Istat con le previsioni delle forze di lavoro al 2050.La crescita prevista del tasso di attività non sarà uniforme su tutto il territorio italiano, rilevandosi alcune disparità, in particolare tra Centro-Nord e Mezzogiorno. Il Nord-ovest e il Nord-est presentano una traiettoria di crescita simile. Grazie a un previsto incremento rispettivamente di 5,6 e 5,2 punti percentuali, al 2050 si attestano entrambi intorno a un tasso di attività pari al 78%. Il Centro, che nel 2024 presenta valori del tasso di attività leggermente inferiori (70,6% contro il 73,1% del Nord-est e il 72,3% del Nord-Ovest), evolve in futuro convergendo gradualmente ai livelli del Nord, raggiungendo nel 2050 un valore pari al 77,5%. Il Mezzogiorno, pur presentando una crescita paragonabile a quella del Nord Italia (+5,8%), nel 2050 potrebbe arrivare a una quota di popolazione attiva pari al 61,9%, mantenendo inalterata la distanza dalle altre ripartizioni. Nei prossimi decenni la quota di anziani di 65 anni e più sul totale della popolazione potrebbe aumentare da meno di uno su quattro individui (24,3%) nel 2024 a più di uno su tre nel 2050 (34,6%). Contestualmente la quota di persone di 15-64 anni scenderà al 54,3%, dal 63,5% del 2024. La speranza di vita alla nascita è prevista in aumento per entrambi i sessi: secondo lo scenario mediano nel 2050 raggiungerà per i maschi 84,3 anni (dagli 81,7 del 2024) e per le femmine 87,8 anni (dagli 85,6 del 2024). Per di più, la speranza di vita a 65 anni nel 2050 potrebbe crescere per gli uomini a 21,5 anni (dai 19,8 del 2024) e per le donne a 24,4 anni (dai 22,7 del 2024). L’aumento della sopravvivenza, inoltre, è generalmente affiancato a un miglioramento generale delle condizioni di salute. Secondo stime della Ragioneria Generale dello Stato, il requisito anagrafico per l’accesso al pensionamento di vecchiaia salirà nel 2050 a 68 anni e 11 mesi per entrambi i sessi (dai 67 anni attuali), e toccherà la quota dei 70 anni nel 2067. Proprio a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, dell’allungamento della vita media e dell’innalzamento graduale dell’età pensionabile è interessante l’analisi del tasso di attività fino ai 75 anni, allargando il bacino delle forze di lavoro oltre i canonici 15-64 anni. Se la popolazione residente di 15-64 anni è prevista in continua diminuzione fino al 2050, quella di 65-74 anni potrebbe crescere fino al 2039 (quando si prevede sfiorerà i 9 milioni), mentre dal 2040 in poi potrebbe diminuire. Questo andamento sarà dovuto alle generazioni molto numerose nate negli anni del baby boom che tra il 2025 e il 2039 andranno a popolare le classi di età tra i 65 e i 74 anni. Dal 2040 in avanti le coorti che compiranno un’età compresa tra i 65 e i 74 anni sono quelle nate dalla metà degli anni ’70 in poi, meno numerose delle precedenti. Si prevede un aumento della partecipazione al mercato del lavoro delle persone in età mature e anziane. Tra il 2024 e il 2050, il tasso di attività tra i 55 e i 64 anni salirebbe dal 61% al 70%. Inoltre, il tasso di attività nella fascia di età 65-74 anni potrebbe crescere dall’11% nel 2024 al 16% nel 2050. Il tasso di attività esteso alla classe di età 15-74 anni potrebbe dunque raggiungere nel 2050 il 62% (con un incremento di quattro punti percentuali dal 58% del 2024). Per le donne la crescita risulterebbe di 5,6 punti percentuali, arrivando al 55% nel 2050. Gli uomini, con un aumento minore e pari a 1,8 punti percentuali, raggiungerebbero un tasso di attività pari al 68,3% nel 2050. Rispetto a quanto visto per la popolazione di 15-64 anni, estendendo l’età fino a 75 anni, si osservano andamenti diversi nei valori assoluti di attivi e inattivi per sesso. In particolare, anche se la partecipazione femminile rimarrà inferiore a quella maschile per tutto il periodo (come per i 15-64enni), si prevede intorno al 2038 un sorpasso della popolazione femminile attiva su quella inattiva. Un tale sorpasso, che per le 15-64enni non è visibile, è dovuto alle generazioni del baby boom, che mentre nel 2024 sono ancora attive (avendo tra i 50 e 64 anni), nel 2050, con una età compresa tra i 76 e 90 anni, saranno uscite dal mercato del lavoro (per pensionamento o decesso). LEGGI TUTTO

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    Diritto allo studio, Inpgi lancia un bando per i sussidi ai Collegi Universitari di Merito

    (Teleborsa) – L’INPGI, nell’ambito del proprio programma di welfare attivo, ha pubblicato un bando per sostenere l’accesso ai Collegi Universitari di Merito riconosciuti dal Ministero dell’Università e Ricerca. Il provvedimento, approvato lo scorso 16 aprile dal Consiglio di Amministrazione dell’Ente, mira a valorizzare il merito e a fornire un aiuto concreto per il diritto allo studio di iscritti e loro figli. Il bando prevede un sussidio annuale per il pagamento della retta fino a un massimo di 5mila euro per ogni beneficiario. La misura ha un carattere sperimentale per un quinquennio, con uno stanziamento annuo di 75mila euro e un budget complessivo di 375mila euro.”Dopo la delibera dello scorso aprile, siamo orgogliosi di dare concretezza a uno strumento tangibile e in linea con le esigenze dei nostri iscritti e delle loro famiglie – dice il presidente dell’INPGI, Roberto Ginex –. L’Italia registra ancora uno dei tassi di laureati più bassi d’Europa ed è fondamentale che anche gli enti previdenziali facciano la loro parte per sostenere il diritto allo studio. Con questo bando offriamo un aiuto concreto per i costi legati al vitto e all’alloggio per chi studia fuori sede, un’iniziativa che premia il merito e l’impegno”.Possono partecipare al bando gli iscritti all’INPGI (attivi o pensionati) da almeno 36 mesi. Il reddito complessivo medio del nucleo familiare negli ultimi tre anni non deve superare i 50mila euro. Il beneficiario, che può essere l’iscritto stesso o un suo figlio, deve avere un’età non superiore ai 26 anni alla data di scadenza del bando e aver superato la selezione per l’iscrizione in uno dei Collegi di Merito riconosciuti dal MUR.Le domande, complete della documentazione richiesta, dovranno essere presentate esclusivamente in modalità telematica, tramite PEC, all’indirizzo sistemi_informativi@inpgi.legalmail.it, a partire dalle ore 12 del primo ottobre 2025 e fino alle ore 12 del 31 dicembre 2025.La graduatoria per l’assegnazione dei sussidi darà priorità ai beneficiari iscritti a corsi di laurea in Scienze della comunicazione con indirizzo in giornalismo. In seconda battuta, verrà data precedenza ai richiedenti con il reddito lordo medio familiare più basso. LEGGI TUTTO

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    Inps, Civ approva nota assestamento bilancio 2025: saldo +7,5 miliardi

    (Teleborsa) – Il consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’Inps ha approvato la nota di assestamento al bilancio preventivo finanziario generale di competenza e cassa ed economico-patrimoniale generale per l’esercizio 2025. Nella gestione finanziaria di competenza sono previsti accertamenti per 565.443 milioni con un incremento di 11.929 milioni rispetto alle previsioni precedenti e impegni per 557.923 milioni, in aumento di 6.563 milioni rispetto alla II nota di variazione 2025. È previsto un avanzo di 7.520 milioni, con un incremento di 5.366 milioni rispetto alle precedenti previsioni di avanzo pari a 2.154 milioni. L’esercizio presenta un risultato economico negativo pari a 1.738 milioni, in miglioramento rispetto alle previsioni precedenti (-9.287 milioni), quale differenza tra valore della produzione per 441.401 milioni e costo della produzione per 443.489 milioni, e un saldo positivo per altri proventi ed oneri di 350 milioni. Nell’ambito delle entrate correnti le entrate contributive sono pari a 289.734 milioni e le entrate derivanti da trasferimenti correnti sono quantificate in 167.613 milioni. Tra le voci di uscita rilevano le spese di funzionamento (2.962 milioni), le uscite per prestazioni istituzionali (429.004 milioni) e gli sgravi contributivi (17.119 milioni). Le previsioni di uscita per pensioni sono di 326.690 milioni, quelle per il sostegno al reddito di 21.183 milioni, di cui 15.232 milioni relativi ai trattamenti di disoccupazione, in crescita rispetto alle precedenti previsioni del 2,8%.Per le prestazioni di inclusione sociale sono previste uscite pari a 36.505 milioni, comprensivi di prestazioni di invalidità civile per 23.413 milioni e assegni e pensioni sociali per 6.759 milioni; rimane invariata la previsione di spesa per gli assegni di inclusione (5.692 milioni) e il supporto per la formazione (641 milioni). Con riferimento alle prestazioni erogate dall’istituto in favore della famiglia l’uscita complessiva prevista è pari a 27.102 milioni, di cui 20.192 milioni relativi all’assegno unico, la previsione è in calo del 4%. La gestione finanziaria di cassa presenta un differenziale negativo di 2.259 milioni, quale risultante di riscossioni per 555.512 milioni e pagamenti per 559.098 milioni. Per effetto di queste grandezze, la dimensione finale del fondo cassa risulta pari a 39.694 milioni. Il dato del patrimonio netto a fine esercizio era stimato pari a 18.787 milioni. A seguito delle stime del presente bilancio, tenuto conto del risultato d’esercizio sopra indicato e del ripiano delle anticipazioni ai sensi della L. n. 234/2021 art. 1 commi 634 e 635 pari a 3mila milioni, la situazione patrimoniale netta alla fine dell’esercizio è stimata in 36.575 milioni in miglioramento di 17.787 milioni rispetto alla II nota di variazione. L’avanzo di amministrazione a fine esercizio è previsto in 129.322 milioni, a fronte dei 125.715 milioni della II nota di variazione 2025. I dati di bilancio, riferisce l’Inps, sono influenzati dagli aspetti macroeconomici. Con riferimento al Pil reale ai prezzi di mercato, il documento di finanza pubblica prevede una crescita reale più bassa per il 2025 rispetto alla II nota di variazione (0,6% contro 0,9%). Il tasso di inflazione è previsto invece in aumento, passando dall’1,8% (piano strutturale di bilancio) al 2,1% del documento di finanza pubblica con riflessi sulla spesa pensionistica del 2026. Ad incidere sulla spesa del 2026 è previsto anche un conguaglio di perequazione pari allo 0,2% in quanto il rinnovo è stato eseguito allo 0,8% (DM 15/11/2024), rispetto al dato definitivo dell’inflazione 2024 stabilito pari all’1%. Relativamente all’occupazione si registra un lieve peggioramento della crescita dell’occupazione complessiva sia in termini di Ula (+0,9% nel Psb rispetto a +0,7% nel Dfp), sia in termini di Fl (+0,9% nel Psb rispetto a +0,8% nel Dfp).Le stime delle retribuzioni del Dfp indicano un miglioramento nella dinamica retributiva rispetto alle previsioni precedenti. Le retribuzioni lorde per dipendente passano da +2,2% a +2,5%, mentre quelle globali da +3,2% a +3,4%. LEGGI TUTTO

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    Welfare, INPS e ANCI insieme per l’attivazione di sportelli telematici nei comuni

    (Teleborsa) – Favorire l’attivazione e la promozione dei Punti Utenti Evoluti (PUE) e dei Punti Cliente di Servizio (PCS) presso i comuni italiani, con particolare attenzione alle aree Interne e le isole minori. È in sintesi il contenuto della collaborazione tra ANCI ed INPS prevista nel protocollo di intesa firmato oggi a Roma dai presidenti Gabriele Fava e Gaetano Manfredi. Lo fa sapere l’INPS in una nota.I Punti Utente e i punti cliente sono sportelli telematici INPS e sportelli virtuali di accesso ai servizi coadiuvati dalla presenza di un funzionario comunale. Un progetto già sperimentato in 23 Comuni di 7 Regioni che ora è pronto a diventare una rete nazionale. ANCI ed INPS individueranno ulteriori iniziative per migliorare l’accessibilità alle prestazioni INPS, con Anci che supporterà l’INPS nella raccolta di feedback e nell’analisi dell’esperienza degli enti comunali che hanno attivato il PUE o il PCS.Oggi più di 4.500 Comuni italiani – spiega la nota – non hanno un ufficio INPS nelle vicinanze. Significa che milioni di cittadini sono costretti a spostarsi. Inoltre, ANCI ed INPS promuoveranno attività di comunicazione e informazione per gli utenti sull’importanza e i benefici dell’utilizzo dei PUE e dei PCS, anche in relazione alle finalità del Progetto “INPS in rete per l’inclusione” che fa riferimento all’Accordo quadro di collaborazione tra Inps, Anci, Caritas italiana, Comunità di Sant’Egidio e Croce Rossa Italiana, sottoscritto il 27 marzo 2025. Il progetto è finalizzato a valorizzare e rafforzare la rete di protezione sociale a livello nazionale e locale e la sinergia in favore dei soggetti in difficoltà sociali ed economiche.”Il Protocollo tra INPS e ANCI non è un atto formale è un patto di prossimità e di responsabilità. È la scelta di avvicinare ulteriormente lo Stato dentro ogni comunità, soprattutto in quelle più fragili, affiancando e supportando i sindaci con le prestazioni Inps – afferma Fava –. Questo accordo segna un passo avanti verso un nuovo modello di servizio, centrato sullaconsulenza e sulla capacità di accompagnare i cittadini in scelte sempre più complesse. Un modelloche sa unire innovazione digitale e contatto umano, per ridurre il digital divide e dare risposte rapideanche a chi vive nei luoghi più remoti. Nei prossimi tre anni lavoreremo insieme ai sindaci, con l’Anci per estendere questa rete in tutto il Paese”.”Offrire un accesso facilitato ai servizi Inps è un passo concreto verso l’inclusione sociale e digitale, soprattutto nelle aree interne che, a causa di una limitata connettività e della posizione geografica, soffrono difficoltà di accesso ai servizi essenziali, come quelli previdenziali e assistenziali dell’INPS – evidenzia Manfredi –. L’attivazione dei PUE e dei PCS va quindi a rafforzare il ruolo dei comuni come presidi territoriali e punti di contatto essenziali tra lo Stato e icittadini, offrendo la possibilità ai cittadini di accedere ai servizi dell’INPS direttamente presso il proprio comune. Una soluzione particolarmente utile per le persone anziane, per coloro che non hanno familiarità con gli strumenti digitali, o per chi vive in luoghi dove recarsi in una sede INPS fisica è complicato. In tal senso, l’intesa tra ANCI e INPS rappresenta un modello virtuoso di collaborazione istituzionale che mette al centro il cittadino, specialmente quello che vive in contestipiù marginali. Questo impegno congiunto è fondamentale per costruire una società più equa e accessibile, dove i servizi non sono un privilegio, ma un diritto per tutti”.All’evento hanno preso parte anche il direttore generale dell’INPS, Valeria Vittimberga, il direttore centrale Organizzazione INPS, Maria Grazia Sampietro e il sindaco di L’Aquila, nonché responsabile nazionale formazione ANCI, Pierluigi Biondi. LEGGI TUTTO

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    Pensioni, per bloccare aumento età di tre mesi servono 3 miliardi l’anno

    (Teleborsa) – Per bloccare l’aumento dell’età pensionabile di tre mesi, che scatterà automaticamente a partire dal 2027 a causa dell’aumento dell’aspettativa di vita a 65 anni, occorrerà trovare quasi 3 miliardi di euro l’anno. E’ quanto hanno calcolato i tecnici che stanno lavorando sul dossier.Fra settore pubblico e privato, il blocco dell’incremento dell’età pensionabile darebbe il via libera a 500mila pensioni in più all’anno, generando maggiori costi, in base ai dati del 2024, per 2,7 miliardi di euro, compreso il rateo della tredicesima. Il primo anno la cifra sarebbe più bassa e salirebbe negli anni successivi, considerando anche lo sblocco del TFR presso la tesoreria dell’INPS e l’impatto del pensionamento dei baby boomer, che raggiungerebbero i 67 anni nel 2027. LEGGI TUTTO

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    Pensioni, Unimpresa: con 64 anni a rischio sostenibilità del sistema previdenziale italiano

    (Teleborsa) – Nei prossimi cinque anni, l’introduzione di una riforma che abbassi l’età pensionabile a 64 anni per tutti comporterebbe un impatto economico rilevante e immediato per la finanza pubblica. L’incremento del numero di nuovi pensionati, stimabile tra 120mila e 160mila unità aggiuntive all’anno, determinerebbe un aumento della spesa pensionistica pari a circa 0,3 punti percentuali di pil già nel primo anno di applicazione, con una tendenza progressiva che porterebbe l’incidenza sul pil dal 15,3% previsto per il 2025 al 16,2% entro il 2030, rispetto al 15,7% a normativa vigente. In valori assoluti, ciò si tradurrebbe in una maggiore spesa cumulata di circa 40 miliardi di euro nel quinquennio 2025–2029, ai prezzi costanti. È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo cui la differenza si manterrebbe stabile intorno a 0,5 punti percentuali di pil anche nel lungo periodo, con una spesa al 2070 pari al 14,5% del pil nel nuovo scenario, rispetto al 14% a legislazione invariata.L’effetto cumulato di questo scostamento tra il 2025 e il 2045 – rileva Unimpresa – ammonterebbe, in termini nominali ai prezzi 2020, a circa 160-180 miliardi di euro di maggiore esborso complessivo. L’aggravio inciderebbe strutturalmente sull’indebitamento netto, mettendo sotto pressione il bilancio dello Stato proprio in una fase in cui si prevede una riduzione graduale del deficit e un rientro sotto la soglia del 3% nel medio periodo. Contestualmente, il minor gettito contributivo legato all’uscita anticipata di una quota consistente di lavoratori ridurrebbe la capacità del sistema previdenziale di autofinanziarsi, ampliando ulteriormente il fabbisogno da coprire con risorse generali. Nel primo quinquennio di applicazione, la riforma genererebbe uno squilibrio immediato e crescente, rendendo necessarie misure correttive o compensative per evitarne l’insostenibilità. “L’idea di abbassare l’età pensionabile a 64 anni per tutti va considerata con grande attenzione, soprattutto alla luce dei conti pubblici e dell’equilibrio previdenziale. Ogni scelta ha un costo e richiede responsabilità. In un momento in cui il Paese ha bisogno di rilanciare gli investimenti, sostenere le imprese e rafforzare l’occupazione giovanile, è fondamentale indirizzare le risorse pubbliche verso ciò che genera crescita. Non possiamo permetterci scelte miopi che rischiano di compromettere la sostenibilità finanziaria e penalizzare le nuove generazioni” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati della Ragioneria generale dello Stato, l’introduzione di una riforma previdenziale che abbassi l’età pensionabile a 64 anni per tutti i lavoratori, senza requisiti aggiuntivi né penalizzazioni attuariali, comporterebbe un impatto economico strutturale rilevante per la finanza pubblica italiana, soprattutto nel medio periodo. L’attuale assetto normativo stabilisce un’età pensionabile di 67 anni, con forme di flessibilità limitate e mirate, accompagnate da requisiti contributivi elevati. Le previsioni ufficiali a legislazione vigente stimano che la spesa pensionistica, espressa in percentuale del pil, si attesterà intorno al 15,3% nel 2025, con una graduale crescita fino al 17,1% nel 2040, per poi decrescere lentamente al 14% nel 2070, sulla base dell’effetto combinato tra invecchiamento della popolazione, maturazione del metodo contributivo e innalzamento dei requisiti anagrafici legati alla speranza di vita. Nel caso di adozione della riforma ipotizzata, si determinerebbe un incremento immediato del numero di nuovi pensionati, stimabile tra 120mila e 160mila unità aggiuntive ogni anno nei primi cinque esercizi di applicazione, con un conseguente aumento della spesa pensionistica che già nel 2025 passerebbe dal 15,3% al 15,6% del pil, generando uno scostamento di 0,3 punti percentuali. Tale divario si allargherebbe progressivamente negli anni successivi, raggiungendo il 16,2% nel 2030 rispetto al 15,7% dello scenario base, per poi salire al 17,7% nel 2040, contro un livello atteso di 17,1% senza interventi. La differenza si manterrebbe stabile intorno a 0,5 punti percentuali di pil anche nel lungo periodo, con una spesa al 2070 pari al 14,5% del pil nel nuovo scenario, rispetto al 14% a legislazione invariata. L’effetto cumulato di questo scostamento tra il 2025 e il 2045 ammonterebbe, in termini nominali ai prezzi 2020, a circa 160-180 miliardi di euro di maggiore esborso complessivo. Si dovrebbe invece sostenere una maggiore spesa cumulata di circa 40 miliardi di euro nel quinquennio 2025–2029, ai prezzi costanti.La riforma avrebbe inoltre un impatto negativo sul saldo previdenziale, dal momento che la riduzione dell’età di uscita dal lavoro comporterebbe una contrazione della base contributiva attiva e una maggiore durata media delle prestazioni pensionistiche. Anche in presenza di importi medi più bassi, dovuti al calcolo contributivo applicato su un numero inferiore di anni lavorati, l’effetto moltiplicativo derivante dall’ampliamento della platea dei beneficiari e dalla loro maggiore longevità determinerebbe una pressione persistente sulla spesa pubblica. In termini macroeconomici, la misura produrrebbe un deterioramento del rapporto tra occupati e pensionati, contribuendo a ridurre il tasso di attività e il potenziale di crescita, mentre sul piano dell’equità intergenerazionale aggraverebbe la redistribuzione implicita tra coorti, a scapito delle generazioni più giovani. Ogni cinque anni, a partire dal 2025 e fino al 2070, la riforma determinerebbe uno scostamento costante di circa mezzo punto percentuale di pil tra lo scenario vigente e quello con pensione a 64 anni, rendendo strutturale l’aggravio per le finanze pubbliche. La riforma, in assenza di misure correttive, metterebbe a rischio la sostenibilità del sistema previdenziale italiano, costruito su un equilibrio fragile che si regge sulla combinazione tra età di pensionamento elevata, contributi versati e calcolo attuarialmente equo. Alla luce delle proiezioni della Ragioneria e delle simulazioni effettuate, risulta evidente – conclude Unimpresa – che un abbassamento generalizzato dell’età pensionabile non sarebbe neutrale sul piano contabile né economicamente compatibile con gli obiettivi di medio-lungo termine della finanza pubblica. LEGGI TUTTO

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    INPS in ascolto: chiesto agli utenti feedback su servizi e prestazioni

    (Teleborsa) – Prosegue nel mese di luglio la campagna d’indagine reputazionale avviata dall’INPS con il Messaggio n. 2192 dell’8 luglio 2025, volta a raccogliere percezioni, suggerimenti e giudizi da parte dei cittadini sull’immagine dell’Istituto. L’iniziativa – fa sapere l’INPS in una nota – rappresenta un’occasione concreta per ascoltare le voci degli utenti e misurare il livello di fiducia nei confronti dell’Istituto. Sono oltre 700mila i cittadini coinvolti, selezionati secondo criteri demografici e territoriali, che hanno ricevuto o riceveranno un’e-mail con un link per accedere al questionario.”Esprimere la propria opinione – sottolinea l’INPS – significa contribuire direttamente al miglioramento dell’INPS. Ogni risposta rappresenta un tassello fondamentale per comprendere come l’Ente viene percepito in termini di trasparenza, affidabilità, accessibilità e vicinanza. Ma soprattutto, ogni suggerimento è uno stimolo per crescere e per rispondere sempre meglio alle esigenze della collettività. L’INPS invita tutti coloro che ricevono l’invito a partecipare attivamente all’indagine: la reputazione dell’Istituto è un bene condiviso e ogni cittadino ha il potere di influenzarne positivamente l’evoluzione. I risultati dell’indagine – conclude la nota – costituiranno la base per migliorare i servizi e rafforzare il legame tra Istituto e cittadino. Partecipare è semplice, rapido e utile: bastano pochi minuti per contribuire a costruire un INPS sempre più attento e vicino ai cittadini”. LEGGI TUTTO

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    Prestazione Universale, INPS: “Potenziato il servizio di presentazione delle istanze”

    (Teleborsa) – L’INPS ha rilasciato nuove importanti funzionalità finalizzate a semplificare e migliorare il servizio di presentazione delle domande nell’ambito della Prestazione Universale, una misura economica istituita in via sperimentale dal primo gennaio 2025 al 31 dicembre 2026, introdotta in attuazione dell’articolo 34 del decreto legislativo 15 marzo 2024, n. 29. Tale prestazione, subordinata a uno specifico bisogno assistenziale, mira a promuovere il potenziamento delle prestazioni assistenziali per il sostegno alla domiciliarità e all’autonomia personale delle persone anziane non autosufficienti. “Grazie alle nuove funzionalità, – fa sapere l’INPS in una nota – presentare la domanda diventa ancora più semplice e veloce”. Il servizio online dedicato è stato aggiornato con diverse innovazioni. Semplificazione del questionario “bisogno assistenziale gravissimo”: la nuova versione del questionario prevede una compilazione guidata e semplificata per migliorare l’esperienza dell’utente. La compilazione è intuitiva, grazie a domande che prevedono risposte guidate (Sì/No) e la richiesta di dettagli solo se necessari. Inoltre, è possibile indicare con facilità i componenti del nucleo familiare e segnalare eventuali soggetti disabili presenti, con calcolo automatico dell’età e del punteggio. Il sistema, quindi, è in grado di calcolare automaticamente le informazioni necessarie, favorendo una maggiore precisione e riducendo il margine di errore da parte dell’utente.Nuova funzione per l’allegazione dei documenti a supporto della domanda: è ora disponibile una sezione dedicata per caricare nel sistema i documenti utili alla rendicontazione della spesa sostenuta, tra cui contratti di lavoro domestico, buste paga, fatture per servizi di assistenza e documentazione medico-sanitaria. Tale funzionalità consente di completare la procedura in modo più rapido, trasparente ed efficace, agevolando l’istruttoria e la successiva erogazione della prestazione.Con l’occasione l’INPS ricorda che una volta riconosciuta, la Prestazione Universale assorbe l’indennità di accompagnamento e viene erogata dall’INPS, su richiesta diretta della persona anziana o tramite gli enti di patronato. Hanno diritto alla prestazione le persone non autosufficienti con almeno 80 anni di età, un livello di bisogno assistenziale gravissimo, un ISEE non superiore a 6mila euro e la titolarità dell’indennità di accompagnamento. La domanda può essere presentata telematicamente fino al 31 dicembre 2026, da chi ha un’età pari o superiore a 80 anni o dal primo giorno del mese in cui viene perfezionato il requisito anagrafico, attraverso il portale dedicato sul sito istituzionale dell’Istituto, tramite la propria identità digitale, o tramite gli istituti di patronato.”Le nuove funzionalità introdotte per la compilazione e la gestione delle domande, – sottolinea l’INPS – rispondono all’esigenza di garantire un accesso sempre più semplice ed efficiente ai servizi dell’Istituto, rafforzando il sostegno alle persone anziane e ai loro nuclei familiari e contribuendo a migliorare la qualità della presa in carico”. LEGGI TUTTO