24 Novembre 2021

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    USA, PIL 3° trimestre rivisto a +2,1%

    (Teleborsa) – Confermata una crescita dell’economia americana nel 3° trimestre 2021, con il dato del PIL che nelle seconda lettura è stato rivisto al rialzo al 2,1% dal 2% della stima preliminare. Il dato, diffuso oggi dal Dipartimento del Commercio americano, si confronta anche con un +2,2% del consensus.Le spese personali reali, motore principale della crescita americana, sono cresciute dell’1,7% rispetto all’1,6% precedente. Rallenta la crescita dei profitti delle imprese, che fanno segnare un aumento del 4,2% doppo il +10,5% del trimestre precedente. L’indice PCE price (PCE price index), che dà un’approssimazione sulla misura dell’inflazione ed è monitorato con attenzione dalla Federal Reserve per valutare l’andamento dei prezzi, segna un +5,3% e si confronta con un +5,3% del trimestre precedente. L’indice PCE core, che esclude cibi freschi ed energia, registra un +4,5%, in linea con le attese e con il trimestre precedente.(Foto: by Rabih Shasha on Unsplash) LEGGI TUTTO

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    Petrolio in calo, scetticismo per decisione USA su riserve

    (Teleborsa) – Si muovono al ribasso le quotazioni di greggio il giorno dopo il balzo significativo innescato dall’annuncio del presidente USA, Biden, rendere disponibili 50 milioni di barili di petrolio dalla Strategic Petroleum Reserve per “abbassare i prezzi dell’energia per gli americani e affrontare il disallineamento tra la domanda che esce dalla pandemia e l’offerta”.Una decisione accolta con scetticismo dagli addetti ai lavori secondo i quali l’intervento, di portata temporanea, non è in grado di riequilibrare il rapporto tra domanda e offerta. I future sul greggio statunitense WTI (West Texas Intermediate) di gennaio 2022 scambiano in ribasso dello 0,33%, a 78,24 dollari al barile, mentre il Brent, di riferimento europeo, cede lo 0,28% a 82,08 usd/bar. LEGGI TUTTO

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    USA, ordini beni durevoli ottobre -0,5%, core +0,5%

    (Teleborsa) – Sono diminuiti, contro attese per un lieve aumento, gli ordinativi di beni durevoli americani a ottobre. Secondo il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti (Bureau of the Census), gli ordini hanno evidenziato un decremento dello 0,5% dopo il -0,4% del mese precedente. Il dato risulta peggiore delle stime che indicavano un +0,2%.Il dato “core”, ossia al netto degli ordinativi del settore trasporti, risulta in aumento dello 0,5% rispetto al +0,7% del mese precedente (dato rivisto da +0,4%) e al +0,5% del consensus. Se si esclude il settore della difesa, gli ordinativi sono aumentati dello 0,8%, dopo il -1,9% precedente. LEGGI TUTTO

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    USA, richieste sussidi disoccupazione ai minimi dal 1969

    (Teleborsa) – Scendono molto più del previsto le richieste di sussidio alla disoccupazione negli USA. Nella settimana al 19 novembre, i “claims” sono risultati pari a 199.000 unità, in calo di 71 mila unità rispetto al dato della settimana precedente di 270.000 (dato rivisto da 268.000). Il dato è migliore delle attese degli analisti, che erano per richieste in calo fino a 260 mila. Questo è il livello più basso per le richieste iniziali dal 15 novembre 1969, quando erano 197.000.La media delle ultime quattro settimane – in base ai dati del Dipartimento del Lavoro americano – si è assestata a 252.250 unità, in calo di 21 mila unità rispetto al dato rivisto della settimana precedente (273.2500 unità). Si tratta del livello più basso dal 14 marzo 2020, ovvero dall’inizio della pandemia. La media a quattro settimane viene ritenuta un indicatore più accurato dello stato di salute del mercato del lavoro, in quanto appiana le forti oscillazioni osservate settimanalmente. Infine, nella settimana al 13 novembre, le richieste continuative di sussidio sono calate a 2.049.000, con un decremento di 60 mila unità rispetto al dato rivisto della settimana precedente (2.109.000). Il consensus indicava 2.033.000. Si tratta del livello più basso dal 21 marzo 2020. LEGGI TUTTO

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    Open Fiber, fibra arriva anche nei piccoli comuni del Lazio

    (Teleborsa) – Dopo le grandi città anche gli abitanti dei comuni delle province di Roma, Frosinone, Viterbo e Rieti potranno accedere a un servizio che permetterà loro di navigare ad alta velocità con la fibra ottica che entrerà direttamente nelle case, nelle scuole, nelle aziende e negli uffici pubblici. Open Fiber sta infatti realizzando nelle cosiddette “aree bianche” oggetto dei tre bandi Infratel, con il contributo economico delle regioni coinvolte, un’infrastruttura che punta a ridurre il divario digitale fornendo servizi di connettività a banda ultra larga in oltre 9 milioni di abitazioni in tutta Italia.Ad Agosta, Bovile Ernica, Capodimonte, Casperia e Villa Santo Stefano l’azienda ha realizzato una nuova rete estesa complessivamente per oltre 87 chilometri che in totale vede al momento 7422 unità immobiliari connesse attraverso un’infrastruttura che rimarrà di proprietà pubblica e sarà gestita in concessione da Open Fiber per 20 anni. Complessivamente, il piano coinvolge oltre 7mila comuni in tutta Italia.”Grazie alle conferenze di servizi e alla preziosa collaborazione della Regione Lazio e degli uffici comunali – fa sapere Open Fiber in una nota – il piano nelle province laziali è avanzato in maniera spedita per quanto riguarda la permissistica e il riutilizzo dell’infrastruttura esistente in modo da evitare disagi per i cittadini”. LEGGI TUTTO

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    Panetta (BCE): riduzione drastica acquisti equivarrebbe a politica monetaria restrittiva

    (Teleborsa) – “L’aumento del numero di infezioni e l’introduzione di nuove restrizioni legate alla pandemia in alcuni Paesi dell’area euro indicano che la pandemia non è ancora finita” e quindi “una riduzione netta e inappropriata degli acquisti equivarrebbe ad adottare una politica monetaria restrittiva”. Lo ha affermato Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Banca Centrale Europea, in un discorso a Sciences Po. “Gli acquisti netti di attività continueranno a essere un ingrediente essenziale della nostra posizione di politica monetaria anche se il programma di acquisto di emergenza pandemico dovesse terminare – ha aggiunto – Devono essere calibrati per aiutarci a raggiungere il nostro obiettivo, evitando un aumento indesiderato e prematuro dei tassi di interesse a lungo termine”.Le aspettative del mercato sono un per un rallentamento degli acquisti nell’ambito de Pandemic emergency purchase programme (PEPP) da 1.850 miliardi di euro a partire dal prossimo mese, ma c’è meno certezza sulla forma in cui l’istituzione di Francoforte continuerà ad acquistare bond dopo la fine del PEPP a marzo. “Poter continuare a trasmettere i nostri impulsi politici a tutta l’area euro, la flessibilità che ci è stata utile nei mesi scorsi dovrebbe diventare un elemento integrante dei nostri acquisti di attività”, ha detto oggi Panetta.Secondo l’economista italiano, la corsa dell’inflazione, che ha segnato un +4,1% nell’eurozona lo scorso mese, sarebbe dovuta a “fattori puramente temporanei” e “a shock globali dal lato dell’offerta” che stanno danneggiando l’economia, invece che portare ad un surriscaldamento. “Non dobbiamo esagerare il rischio che gli shock dell’offerta si trasformino in uno shock della domanda, e minacciare la ripresa applicando misure monetarie restrittive o tollerando passivamente un restringimento indesiderabile delle condizioni finanziarie”, ha detto Panetta.Nel corso del suo discorso ha sottolineato che l’80% dell’inflazione attuale “riflette gli shock generati all’estero, principalmente perché l’area dell’euro è un importatore netto di energia e materie prime. In effetti, l’inflazione complessiva supera l’inflazione generata internamente in una misura mai vista prima”. In conclusione, “la politica monetaria dovrebbe rimanere paziente – ha detto il membro della BCE – Un inasprimento prematuro limiterebbe la spesa prima che la domanda torni in trend. Potremmo finire con un calo della domanda quando l’offerta si normalizza e le scorte si accumulano, con conseguente inflazione e occupazione a medio termine troppo basse”. LEGGI TUTTO

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    Lavoro, nei primi 10 mesi del 2021 creati 603mila nuovi posti

    (Teleborsa) – Nel periodo che va dal primo gennaio alla fine di ottobre sono stati creati oltre 603.000 posti di lavoro alle dipendenze, a fronte dei 105.000 del 2020 e dei 411.000 del 2019. È quanto è emerso dall’analisi della Banca d’Italia e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il numero di licenziamenti rimane modesto anche a settembre e ottobre. Nei settori interessati dallo sblocco del 31 ottobre, nei primi 15 giorni di novembre il tasso di licenziamento è rimasto sostanzialmente in linea con quello osservato prima della pandemia. La creazione di posti di lavoro “è sostenuta ancora largamente dall’occupazione a termine”, si legge in una nota congiunta. Nei mesi autunnali sono tuttavia cresciute lievemente anche le assunzioni a tempo indeterminato, tornate a ottobre sui livelli pre-pandemici. La dinamica delle posizioni a tempo indeterminato “ha sostenuto la mobilità complessiva del mercato del lavoro, incentivando i passaggi da un impiego permanente a un altro”. A questo fenomeno “è ascrivibile buona parte della crescita delle dimissioni volontarie di lavoratori a tempo indeterminato osservate dalla primavera”. La lieve ripresa delle assunzioni a tempo indeterminato “ha contribuito al miglioramento dei saldi occupazionali soprattutto al Centro Nord e tra la popolazione maschile, dove l’incidenza del lavoro permanente è tradizionalmente maggiore. Al contrario il numero di nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato destinati alle donne ha ristagnato”.L’occupazione femminile non ha beneficiato della lieve ripresa delle assunzioni a tempo indeterminato. Penalizzata nella prima fase della pandemia anche dagli accresciuti carichi familiari la dinamica dell’occupazione femminile ha gradualmente recuperato nel corso del 2021, ma soprattutto grazie a contratti di lavoro temporanei, molti dei quali sono scaduti nei mesi autunnali: tra le donne oltre l’82 per cento dei posti di lavoro creati nel 2021 erano a termine (72 per cento tra gli uomini). Il lieve incremento del lavoro permanente ha invece favorito, seppur di poco, l’occupazione maschile: a settembre e ottobre le assunzioni a tempo indeterminato tornavano sui livelli pre-pandemici tra gli uomini mentre tra le donne erano di oltre il 3 per cento inferiori rispetto al 2019. Tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno sono emerse anche forti eterogeneità geografiche. Il processo di creazione di posti di lavoro si e’ concentrato nelle regioni centro-settentrionali, rallentando invece in quelle meridionali: tra settembre e ottobre il saldo negativo delle posizioni a tempo determinato è stato più ampio nel Sud e nelle Isole (-165.000 unità, come due anni prima) rispetto al resto d’Italia (-127.000 posti di lavoro; -200.000 nello stesso periodo del 2019). Negli stessi mesi le assunzioni a tempo indeterminato nel Mezzogiorno sono rimaste ancora inferiori rispetto al periodo pre-pandemia, mentre al Centro Nord sono aumentate a ritmi lievemente superiori (167.000 posti di lavoro nel bimestre); il ritardo delle regioni meridionali e insulari e’ stato marcato nella manifattura e nei servizi a maggior valore aggiunto.Il numero di licenziamenti rimane modesto anche a settembre e ottobre. Nei settori interessati dallo sblocco del 31 ottobre, nei primi 15 giorni di novembre il tasso di licenziamento è rimasto sostanzialmente in linea con quello osservato prima della pandemia. In particolare i licenziamenti sono rimasti su livelli contenuti anche in settembre e ottobre (59.000 contratti cessati con questa causale, il 37 per cento in meno rispetto agli stessi mesi del 2019). Secondo i dati preliminari disponibili, nei primi quindici giorni di novembre si è rilevato invece un aumento dei licenziamenti nei settori in cui il blocco è scaduto il 31 ottobre (servizi e industria dell’abbigliamento, del tessile e delle calzature). La crescita, analogamente con quanto osservato dopo lo sblocco del 30 giugno in gran parte della manifattura e nelle costruzioni, potrebbe riflettere esuberi già previsti nei mesi precedenti. Nonostante tale aumento il tasso di licenziamento non si è discostato dai livelli precedenti la pandemia. LEGGI TUTTO

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    BBVA, OPA su Garanti prendeva in considerazione deprezzamento lira

    (Teleborsa) – BBVA, gruppo bancario multinazionale spagnolo, ha confermato il proprio impegno a lungo termine nei confronti della Turchia, nonostante la politica monetaria del Paese abbia spinto la lira turca verso minimi storici (prima di un piccolo rimbalzo nella giornata odierna). Quella che il presidente Recep Tayyip Erdogan ha chiamato una “guerra economica di indipendenza” non sembra per il momento spaventare il gruppo spagnolo.La settimana scorsa il gruppo bancario spagnolo aveva deciso di lanciare un’offerta pubblica di acquisto (OPA) volontaria per la quota del 50,15% che non possiede nella banca turca Garanti BBVA. “Un ulteriore deprezzamento della lira turca era già stato preso in considerazione nell’accordo con Garanti, in modo che quest’ultimo garantisse comunque ritorni significativi”, ha detto oggi a Reuters un portavoce di BBVA. L’accordo è stato denominato in lira turca e siccome la valuta ha perso oltre il 20% contro l’euro dall’annuncio, il deprezzamento rende l’acquisto più vantaggioso in euro per la banca spagnola.Intanto è discreta la performance di Bbva, che si attesta a 5,35, in lieve aumento dello 0,94%. A livello operativo si prevede un proseguimento della seduta all’insegna del toro con resistenza vista a quota 5,383 e successiva a 5,483. Supporto a 5,283. LEGGI TUTTO