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    Merck acquista Prometheus per 10,8 miliardi di dollari

    (Teleborsa) – Merck & Co. (conosciuta anche come MSD al di fuori di USA e Canada), una delle più grandi società farmaceutiche del mondo, ha stipulato un accordo definitivo per acquisire Prometheus Biosciences per 200 dollari per azione in contanti, per un valore totale di circa 10,8 miliardi di dollari.Prometheus è un’azienda biotecnologica in fase clinica che apre la strada a un approccio di medicina di precisione per la scoperta, lo sviluppo e la commercializzazione di nuovi prodotti diagnostici terapeutici e di accompagnamento per il trattamento delle malattie immunomediate.La transazione dovrebbe concludersi nel terzo trimestre del 2023.”L’accordo con Prometheus accelererà la nostra crescente presenza nell’immunologia, dove permangono sostanziali esigenze di pazienti insoddisfatte – ha affermato il CEO Robert Davis – Questa transazione aggiunge diversità al nostro portafoglio complessivo ed è un elemento importante per rafforzare il motore dell’innovazione sostenibile che guiderà la nostra crescita nel prossimo decennio”. LEGGI TUTTO

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    Moderna, vaccino antinfluenzale in ritardo per mancanza di casi nella sperimentazione

    (Teleborsa) – Moderna, società di biotecnologie specializzata in terapie e vaccini a RNA messaggero (mRNA), ha riportato progressi nel suo portafoglio di vaccini a mRNA, inclusa la somministrazione del suo candidato vaccino Covid-19 di nuova generazione, anche se ha registrato una battuta d’arresto nel suo vaccino antinfluenzale sperimentale.La società ha infatti dichiarato di non aver arruolato un numero sufficiente di casi in una sperimentazione in fase avanzata del suo vaccino antinfluenzale sperimentale per determinare se l’iniezione ha avuto successo o meno, sebbene abbia annunciato dati positivi nell’analisi preliminare di immunogenicità.In generale, Moderna prevede sei importanti lanci di prodotti vaccinali nei prossimi anni, ciascuno con mercati indirizzabili significativi. Secondo le stime di Moderna, il solo mercato globale annuale endemico del booster COVID-19 è di circa 15 miliardi di dollari.Infine, la società stima che le vendite di prodotti respiratori nel 2027 saranno comprese tra 8 miliardi e 15 miliardi di dollari, con un corrispondente utile operativo respiratorio compreso tra 4 miliardi e 9 miliardi di dollari. LEGGI TUTTO

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    Genenta amplia accordo con Ospedale San Raffaele

    (Teleborsa) – Genenta, biotech italiana quotata al Nasdaq che sta sviluppando terapie geniche contro tumori solidi, ha modificato il proprio license agreement con l’Ospedale San Raffaele (OSR) per avere accesso a tutti i tipi di tumori solidi, previo consenso governativo (regolamento Golden Power).”Siamo lieti di riaffermare la collaborazione di Genenta con OSR ampliando il nostro accordo di licenza e fornendo alla nostra piattaforma l’accesso a tutti i tipi di tumori solidi – ha affermato Pierluigi Paracchi, amministratore delegato di Genenta – Questo accordo rafforzerà l’ampiezza della nostra posizione IP e confermerà le opzioni per trattamenti combinati e altri potenziali payload”.”I promettenti dati clinici preliminari generati nello studio in corso sul glioblastoma supportano la nostra decisione di espandere la licenza per coprire tutti i tipi di tumori solidi e la nostra capacità di influenzare altri tipi di cancro difficili da trattare”, ha aggiunto.Genenta detiene i diritti commerciali esclusivi in tutto il mondo per Temferon, che è stato originariamente sviluppato da un team guidato dal co-fondatore di Genenta Luigi Naldini nei laboratori SR-Tiget, un istituto di ricerca sulla terapia genica e cellulare leader a livello mondiale formato in una joint venture tra OSR e Fondazione Telethon. LEGGI TUTTO

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    Sanità, Fondazione GIMBE: “Sistema in codice rosso”

    (Teleborsa) – Quattordici punti per rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale(SSN) ormai in “codice rosso” per la coesistenza di varie “patologie”: imponente sotto-finanziamento, drammatica carenza di personale sanitario, crescenti diseguaglianze, modelli organizzativi obsoleti e inesorabile avanzata del privato. Una crisi di sostenibilità senza precedenti di un SSN vicino al punto di non ritorno: tanto che il diritto costituzionale alla tutela della salute nell’indifferenza di tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi 15 anni si sta trasformando in un privilegio per pochi, lasciando indietro le persone più fragili e svantaggiate, in particolare nel Sud del Paese. È questo il quadro della sanità pubblica tracciato dalla Fondazione GIMBE nel corso della 15esima Conferenza Nazionale in corso oggi a Bologna. “Per la nostra democrazia – ha affermato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – non è più tollerabile che universalità, uguaglianza ed equità, i princìpi fondamentali del SSN, siano stati traditi e ora troneggino parole chiave come: infinite liste di attesa, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni sanitarie, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, aumento della spesa privata, rinuncia alle cure, riduzione dell’aspettativa di vita. Da oltre dieci anni – ha continuato Cartabellotta – assistiamo all’assenza di visione e strategia politica a supporto della sanità pubblica, in un immobilismo che si limita ad affrontare solo problemi contingenti: per questo abbiamo elaborato il ‘Piano di rilancio del Servizio Sanitario Nazionale’, a seguito di una consultazione pubblica che ha coinvolto oltre 1.500 persone, che sarà utilizzato dalla Fondazione GIMBE come standard di riferimento per monitorare scelte e azioni di chi decide sul diritto alla tutela della salute”. Un rilancio progressivo e consistente del finanziamento pubblico per la sanità – rileva la Fondazione – è cruciale e inderogabile. Al momento, la Nota di Aggiornamento del DEF nel triennio 2023-2025 prevede una riduzione della spesa sanitaria media dell’1,13% per anno e un rapporto spesa sanitaria/PIL che nel 2025 precipita al 6%, ben al di sotto dei livelli pre-pandemia. Nel 2021 la spesa pubblica pro-capite nel nostro Paese è inferiore alla media OCSE (3.052 dollari vs 3.488) e in Europa ci collochiamo al 16esimo posto: ben 15 Paesi investono di più in sanità, con un gap che va dai 285 dollari della Repubblica Ceca ai 3.299 dollari della Germania. Impietoso il confronto con i paesi del G7 sulla spesa pubblica: dal 2008 siamo fanalino di coda con distanze sempre più ampie e oggi ormai incolmabili. “Senza più pretendere di guardare a paesi come Germania e Francia ponendosi obiettivi irrealistici – commenta Cartabellotta – entro il 2030 occorre allineare il finanziamento pubblico almeno alla media dei paesi europei rispetto ai quali nel 2020 il gap era già di quasi 12 miliardi di euro nel 2021. E vincolando la destinazione d’uso delle risorse: rilanciare le politiche del personale sanitario, garantire l’erogazione uniforme dei LEA e consentire un equo accesso alle innovazioni”.L’entità delle diseguaglianze regionali, e in particolare la “frattura” Nord-Sud, è ormai di tale entità che è indispensabile potenziare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, nel rispetto dei loro poteri, per ridurre diseguaglianze, iniquità e sprechi e garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute su tutto il territorio nazionale. “Al netto di riforme costituzionali – spiega Cartabellotta – è fondamentale che il monitoraggio dei LEA venga integrato nei meccanismi di programmazione e riparto delle risorse alle Regioni, rivedendo interamente il sistema dei Piani di rientro che, puntando esclusivamente al riequilibrio finanziario,hanno impedito alle Regioni del Centro-Sud di recuperare il gap. E attenzione alle autonomie differenziate che rischiano di dare il colpo di grazia al SSN”.Al fine di ridurre le diseguaglianze e garantire l’uniforme esigibilità dei LEA in tutto il territorio nazionale è necessario garantirne l’aggiornamento continuo per rendere rapidamente accessibili le innovazioni e potenziare gli strumenti per monitorare le Regioni. “Le intenzioni politiche – prosegue Cartabellotta – devono essere riallineate con l’esigibilità dei diritti delle persone. Oggi da un lato la mancata approvazione del cd. ‘Decreto Tariffe’ impedisce ai pazienti di accedere a prestazioni innovative di specialistica ambulatoriale e protesica, dall’altro i LEA non vengono aggiornati da oltre 6 anni, rendendo inaccessibili ai pazienti numerose innovazioni diagnostico-terapeutiche che nel frattempo la ricerca ha reso disponibili”. Quanto ai sanitari, “il tetto di spesa sul personale imposto dal progressivo definanziamento – spiega Cartabellotta – i blocchi contrattuali, la mancata programmazione dei nuovi specialisti hanno determinato prima una carenza quantitativa e adesso, soprattutto dopo la pandemia, una crisi motivazionale che porta sia a disertare alcune professioni (es. scienze infermieristiche) e specialità mediche (es. emergenza-urgenza), sia a lasciare le strutture pubbliche per quelle private, o addirittura per l’estero”. In tale scenario per la Fondazione è inderogabile rilanciare le politiche sul capitale umano in sanità al fine di valorizzare e (ri)motivare la colonna portante del SSN: investire sul personale sanitario con risorse vincolate, programmare adeguatamente il fabbisogno di tutti i professionisti sanitari, riformare i processi di formazione, valutazione e valorizzazione delle competenze secondo un approccio multi-professionale. “L’erogazione dell’assistenza sanitaria – ha spiegato il presidente della Fondazione GIMBE – oggi risulta molto frammentata, dicotomizzata tra ospedale e territorio e scarsamente integrata con quella socio-sanitaria, generando sprechi e inefficienze, ridotta qualità dei servizi e disagi per i pazienti”. Ecco perché bisogna programmare l’offerta di servizi sanitari in relazione ai bisogni di salute e renderla disponibile tramite reti integrate, che condividono percorsi assistenziali, tecnologie e risorse umane. “Le opportunità offerte dal PNRR, in particolare la riorganizzazione dell’assistenza territoriale – ha precisato Cartabellotta – sono necessarie ma non sufficienti perché richiedono coraggiose riforme per essere utilizzate al meglio”. In tal senso le risorse disponibili per la telemedicina, ha continuato il Presidente, “devono far parte di una trasformazione digitalemirata a promuovere cultura e competenze digitali nella popolazione e tra professionisti della sanità e a rimuovere ostacoli infrastrutturali, tecnologici e organizzativi”. L’annuario statistico del SSN pubblicato il 23 marzo documenta l’espansione delle strutture sanitarie private accreditate, ovvero rimborsate con il denaro pubblico. Nel 2021 le strutture private accreditate ospedaliere sono 995, un numero quasi raddoppiato in 10 anni (n. 525 nel 2011, 46,9% del totale) e pari al 48,6% del totale. Tra il 2011 e il 2021 aumentano anche quelle di specialistica ambulatoriale da 5.587 a 8.778 (da 58,9% a 60,4% del totale), quelle deputate all’assistenza residenziale che da 4.884 strutture passano a 7.984 (da 76,5% all`84% del totale) e semiresidenziale che da 1.712 salgono a 3.005 (da 63,5% a 71,3% del totale). Infine le strutture riabilitative passano da 746 a 1.154 (da 75,1% al 78,2% del totale).”Il nostro Piano di Rilancio – ha precisato Cartabellotta – mira ad arginare l’espansione incontrollata del privato accreditato, sia normando l’integrazione pubblico-privato, sia riordinando la normativa sui fondi sanitari oggi un vero e proprio ‘cavallo di troia’ che dirotta su assicurazioni e sanità privata accreditata risorse pubbliche provenienti dalla defiscalizzazione dei fondi sanitari”. Il Piano di Rilancio del SSN include altri punti: dall’attuazione del principio health in all alla prevenzione e promozione della salute; dalla necessità di potenziare l’informazione istituzionale basata sulle evidenze scientifiche e migliorare l’alfabetizzazione sanitaria delle persone all’aumento delle risorse da destinare alla ricerca clinica indipendente e alla ricerca sui servizi sanitari che devono arrivare almeno al 2% del finanziamento pubblico per la sanità; sino alla rimodulazione di ticket e detrazioni fiscali per le spese sanitarie, secondo princìpi di equità sociale ed evidenze scientifiche. “Per la sanità pubblica – conclude Cartabellotta – è ormai scaduto il tempo della ‘manutenzione ordinaria’ che ha portato allo sgretolamento dei princìpi di equità e universalismo. Ecco perché serve innanzitutto la visione sul modello di sanità che vogliamo lasciare in eredità alle future generazioni; quindi, occorre definire quante risorse pubbliche investire per la salute e il benessere delle persone; infine, bisogna attuare coraggiose riforme per condurre il SSN nella direzione voluta. Naturalmente tutto questo richiede ancor prima un patto politico che, prescindendo da ideologie partitiche e avvicendamenti di Governi, riconosca nel SSN un pilastro della nostra democrazia e una conquista sociale irrinunciabile. In alternativa, se mantenere un SSN pubblico, equo e universalistico non è più una priorità del nostro Paese, la politica dovrebbe avere l’onestà di scegliere apertamente un altro modello di sanità, governando in maniera rigorosa i processi di privatizzazione che si stanno già concretizzando in maniera subdola, creando di fatto una sanità a doppio binario”. LEGGI TUTTO

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    Fondazione GIMBE: “Servizio Sanitario Nazionale in codice rosso”

    (Teleborsa) – “La crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sta raggiungendo il punto di non ritorno tra l’indifferenza di tutti i Governi che negli ultimi 15 anni, oltre a tagliare o non investire in sanità, sono stati incapaci di attuare riforme coraggiose per garantire il diritto alla tutela della salute. Con l’aggravante di ignorare tre incontrovertibili certezze: che la sanità pubblica è una conquista sociale irrinunciabile e un pilastro della nostra democrazia; che il livello di salute e benessere della popolazione condiziona la crescita economica del Paese; infine, che la perdita di un SSN universalistico porterà ad un disastro sanitario, sociale ed economico senza precedenti”. Questo l’allarme lanciato da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE. L’emergenza COVID-19 ha ulteriormente indebolito il SSN, specialmente sul fronte del personale e il netto aumento del finanziamento pubblico negli ultimi anni è stato interamente assorbito dall’emergenza, tanto che ora le Regioni rischiano di tagliare i servizi. Senza contare che il DdL sull’autonomia differenziata potrebbe dare il colpo di grazia al SSN. “E se durante la fase più drammatica dell’emergenza – sottolinea Cartabellotta – tutte le forze politiche convergevano sulla necessità di potenziare la sanità pubblica, ben presto è ritornata nell’oblio. E i professionisti sanitari continuano ad essere ringraziati solo con la “retorica degli eroi. Oggi i pazienti – chiosa il Presidente – vivono ogni giorno le conseguenze di un SSN ormai in codice rosso per la coesistenza di varie malattie: imponente sotto-finanziamento, carenza di personale per assenza di investimenti, mancata programmazione e crescente demotivazione, incapacità di ridurre le diseguaglianze, modelli organizzativi obsoleti e inesorabile avanzata del privato. Un SSN gravemente malato che costringe i pazienti ad attese infinite, migrazione sanitaria, spese ingenti, sino alla rinuncia alle cure”. Liste di attesa – Il ritardo delle prestazioni sanitarie accumulato durante la pandemia ha determinato un ulteriore allungamento delle liste di attesa che le Regioni non riescono a smaltire nonostante le risorse stanziate dal Governo. “Così le persone sono costrette a rivolgersi al privato se ne hanno le possibilità economiche – spiega Cartabellotta – oppure attendere gli inaccettabili tempi di attesa delle strutture pubbliche sino a rinunciare alle prestazioni, con conseguenze imprevedibili sulla loro salute”. Secondo una recente audizione dell’ISTAT la quota di persone che hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie è passata dal 6,3% nel 2019 al 9,6% nel 2020, sino all’l’11,1% nel 2021. E se nel 2022 le stime attesterebbero un recupero con una riduzione al 7%, l’ostacolo principale rimangono le lunghe liste di attesa (4,2%) rispetto alle rinunce per motivi economici (3,2%).La spesa privata – Nel 2021 la spesa sanitaria in Italia ha raggiunto i 168 miliardi di euro, di cui 127 miliardi di spesa pubblica (75,6%), 36,5 miliardi (21,8%) a carico delle famiglie e 4,5 miliardi (2,7%) sostenuti da fondi sanitari e assicurazioni (dati ISTAT). Secondo il recente Rapporto CREA Sanità nel 2021 la spesa privata è in media 1.734 euro per nucleo familiare, ovvero il 5,7% dei consumi totali. E nel 2020 oltre 600mila famiglie hanno dovuto sostenere spese “catastrofiche”, ovvero insostenibili rispetto ai budget, e quasi 380mila famiglie si sono impoverite per spese sanitarie, in particolare nelle Regioni meridionali. “La chiave di lettura – afferma Cartabellotta – è chiarissima: la politica si è sbarazzata di una consistente quota di spesa pubblica per la sanità, scaricando oneri iniqui sui bilanci delle famiglie”.Diseguaglianze – Il monitoraggio del Ministero della Salute sugli adempimenti ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) spiega Cartabellotta “documenta enormi diseguaglianze regionali con un gap Nord-Sud ormai incolmabile, che rende la questione meridionale in sanità una priorità sociale ed economica”. Infatti, guardando ai punteggi LEA nel decennio 2010-2019, tra le prime 10 Regioni solo due sono del centro (Umbria e Marche) e nessuna del sud; nel 2020 solo 11 Regioni risultano adempienti ai LEA, di cui solo la Puglia al Sud; eccetto Basilicata e Sardegna sono in Piano di rientro tutte le Regioni del centro-sud, con Calabria e Molise commissariate; e nel 2020 Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto attraggono il 94,1% della mobilità sanitaria. “Esistono poi – spiega Cartabellotta – altre diseguaglianze meno note: tra aree urbane e rurali, tra uomini e donne, oltre che correlate al grado di istruzione e di reddito. Ovvero, il SSN garantisce una salute diseguale che si riflette anche sugli anni di vita perduti”. Infatti, il recente report dell’Eurostat documenta che in Italia si vive più a lungo nelle Regioni del Centro-Nord, con la Provincia autonoma di Trento in testa (84,2 anni), rispetto a quelle del Sud, con la Campania fanalino di coda (80,9 anni). “Un inaccettabile gap di oltre 3,3 anni – commenta Cartabellotta – che dimostra come la qualità dei servizi sanitari regionali produca effetti evidenti sull’aspettativa di vita, vanificando quel vantaggio che le Regioni meridionali avevano conquistato nei decenni scorsi grazie a favorevoli condizioni ambientali e climatiche e alla dieta mediterranea”.Mancato accesso alle innovazioni – L’ultimo aggiornamento dei LEA risale al gennaio 2017, ma per mancanza di risorse non è mai stato approvato il cd “Decreto Tariffe” relativo a specialistica ambulatoriale e protesica. “Di conseguenza – puntualizza il presidente della Fondazione GIMBE – innovazioni quali la procreazione medicalmente assistita, lo screening neonatale esteso, ausili e dispositivi all’avanguardia (es. apparecchi acustici digitali, protesi di ultima generazione, carrozzine basculanti) oggi possono essere erogate solo dalle Regioni non in Piano di rientro con risorse proprie, generando ulteriori diseguaglianze e tenendo in ostaggio i diritti dei pazienti. Intanto, il “continuo aggiornamento dei LEA al fine di mantenerli allineati all’evoluzione delle conoscenze scientifiche” rimane solo un vuoto slogan, visto che i LEA non vengono aggiornati da oltre 6 anni rendendo numerose innovazioni diagnostico-terapeutiche inaccessibili a tutti i pazienti che ne avrebbero diritto”.Privatizzazione – L’annuario statistico del SSN pubblicato il 23 marzo restituisce l’entità dell’offerta delle strutture sanitarie private accreditate, ovvero rimborsate con il denaro pubblico. Nel 2021 risultano private accreditate: il 48,6% delle strutture ospedaliere (n. 995); il 60,4% di quelle di specialistica ambulatoriale (n. 8.778); l’84% di quelle deputate all’assistenza residenziale (n.7.984) e il 71,3% di quelle semiresidenziali (n. 3.005), ovvero le due tipologie di RSA; il 78,2% di quelle riabilitative (n. 1.154). “Inoltre esiste un vero e proprio cavallo di Troia – aggiunge Cartabellotta – che erode risorse pubbliche dirottandole ai privati: il connubio tra fondi sanitari e assicurazioni, sostenuto dalle politiche del welfare aziendale”. I fondi sanitari, che godono di consistenti agevolazioni fiscali, erano nati per integrare le prestazioni non offerte dal SSN (odontoiatria, long term care), ma di fatto per circa il 70% erogano prestazioni già incluse nei LEA tramite la sanità privata accreditata. E siccome le assicurazioni sono divenute veri e propri gestori dei fondi sanitari, puntualizza Cartabellotta “i presunti vantaggi del welfare aziendale per i lavoratori iscritti ai fondi sono una mera illusione, perché il 40-50% dei premi versati non si traducono in servizi in quanto erosi da costi amministrativi e utili delle compagnie assicurative. Ovvero, i beneficiari delle risorse pubbliche provenienti dalla defiscalizzazione dei fondi sanitari sono le assicurazioni che generano profitti, la sanità privata che aumenta le prestazioni erogate e le imprese che risparmiano sul costo del lavoro”. “Nel marzo 2013 – conclude Cartabellotta – la Fondazione GIMBE ha lanciato la campagna ‘Salviamo il Nostro Servizio Sanitario Nazionale’, con il monito che la perdita del SSN non sarebbe stata annunciata dal fragore di una valanga, ma dal silenzioso scivolamento di un ghiacciaio, attraverso anni, lustri, decenni. Che lentamente, ma inesorabilmente, avrebbe eroso il diritto costituzionale alla tutela della salute. E dopo 10 anni di battaglie GIMBE per la sanità pubblica, nell’indifferenza di tutti i Governi, le evidenze dimostrano che siamo vicini al punto di non ritorno. Se un SSN pubblico, equo e universalistico rappresenta ancora una priorità del Paese Italia e un pilastro della nostra democrazia è necessario un repentino cambio di rotta, indicato dalla Fondazione GIMBE con il ‘Piano di Rilancio del Servizio Sanitario Nazionale’ che sarà presentato a Bologna il 31 marzo, in occasione della 15a Conferenza Nazionale”. LEGGI TUTTO

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    BioNTech aumenta ricerca e sviluppo mentre entrate Covid diminuiscono

    (Teleborsa) – BioNTech, azienda tedesca di biotecnologia e biofarmaceutica che ha sviluppato assieme a Pfizer un vaccino per il Covid-19, ha registrato ricavi totali pari a 4.278,3 milioni di euro nell’ultimo trimestre del 2022, in calo dai 5.532,5 milioni nello stesso periodo del 2021. Per l’intero esercizio, i ricavi totali sono stati pari a 17.310,6 milioni di euro (18.976,7 milioni l’anno prima), a causa del calo della domanda di vaccini COVID-19. L’utile netto è stato di 2.278,7 milioni per i tre mesi chiusi al 31 dicembre 2022 (vs 3.166,2 milioni) e di 9.434,4 milioni di euro nell’intero anno (vs 10.292,5 milioni).La società si aspetta un sensibile calo delle entrate nell’anno in corso, avendo comunicato una guidance sulle entrate del vaccino BioNTech COVID-19 per l’anno finanziario 2023 pari a 5 miliardi di euro.BioNTech intende spendere da 2,4 a 2,6 miliardi di euro in ricerca e sviluppo (R&S) nel 2023, in sensibile aumento rispetto agli 1,54 miliardi di euro dell’anno scorso.”Mentre guardiamo al 2023 e oltre, prevediamo di continuare a investire nella nostra trasformazione, concentrandoci sullo sviluppo di capacità commerciali in oncologia e lavorando per nuovi registrational trials – ha commentato Ugur Sahin, CEO e co-fondatore di BioNTech – Il nostro obiettivo a medio termine è cercare l’approvazione per più prodotti oncologici nelle indicazioni del cancro con un’elevata esigenza medica insoddisfatta”. LEGGI TUTTO

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    Covid: stabili contagi (-1%), decessi (-1,9%) e terapie intensive (0%). Scendono i ricoveri

    (Teleborsa) – Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 10-16 marzo 2023, rispetto alla precedente, una sostanziale stabilità dei nuovi casi (23.732 vs 23.963), dei decessi (212 vs 216), delle terapie intensive (104 vs 104) e delle persone in isolamento domiciliare (139.157 vs 141.005). In calo i ricoveri con sintomi (2.727 vs 2.962). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni: Decessi: 212 (-1,9%); Terapia intensiva: 0 (0%); Ricoverati con sintomi: -235 (-7,9%); Isolamento domiciliare: -1.848 (-1,3%); Nuovi casi: 23.732 (-1%).Nuovi casi – “Dopo la discesa delle ultime due settimane – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – sono sostanzialmente stabili (-1%) i nuovi casi settimanali, che rimangono comunque ampiamente sottostimati. Dai 23,9 mila nella settimana precedente si attestano a quota 23,7 mila, con una media mobile a 7 giorni di 3.387 casi al giorno”. I nuovi casi aumentano in 10 Regioni: dal +1,2% della Toscana al +33,8% della Basilicata. In calo le restanti 10 Regioni: dal -4% del Piemonte al -25,8% della Valle d’Aosta; mentre è stabile la Puglia con una variazione dello 0% . In 61 Province si registra un aumento dei nuovi casi: dal +0,1% di Treviso al +76,9% di Lodi. Nelle restanti 44 Province si rileva una diminuzione dei nuovi casi (dal -0,6% di Brescia al -43,2% di Reggio Calabria); stabili le province di Fermo e Verona con una variazione dello 0%.Testing – Si registra un calo del numero dei tamponi totali (-5,3%): da 477.908 della settimana 3-9 marzo a 452.747 della settimana 10-16 marzo. In particolare i tamponi rapidi sono diminuiti del 3,9% (-14.310), mentre quelli molecolari del 10,2% (-10.851). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività aumenta dal 4,3% al 4,6% per i tamponi molecolari e dal 5,1% al 5,4% per gli antigenici rapidi.Ospedalizzazioni – “Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione GIMBE – prosegue il calo dei ricoveri in area medica (-7,9%) mentre sono stabili quelli in terapia intensiva (0%)”. In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, raggiunto il massimo di 148 il 28 febbraio, restano fermi a quota 104 il 16 marzo; in area medica, raggiunto il massimo di 3.331 il 23 febbraio, sono scesi a 2.727 il 16 marzo. Al 16 marzo il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 4,3% in area medica (dall’1,8% della Basilicata al 10,1% dell’Umbria) e dell’1% in area critica (dallo 0% di Basilicata, Marche, Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d’Aosta al 2,8% dell’Emilia Romagna). “Stabili gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 11 ingressi/die rispetto ai 12 della settimana precedente”.Decessi – Sostanzialmente stabili i decessi (-1,9%): 212 negli ultimi 7 giorni, con una media di 30 al giorno rispetto ai 31 della settimana precedente.Vaccini: persone non vaccinate – Al 17 marzo (aggiornamento ore 06.18) sono 8,61 milioni le persone che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino, di cui: 8,31 milioni attualmente vaccinabili, pari al 14% della platea (dall’11,2% della Toscana al 26,4% della Provincia Autonoma di Trento); 0,30 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari allo 0,5% della platea (dallo 0,2% della Sicilia all’1% del Friuli Venezia Giulia).Vaccini: terza dose – Al 17 marzo (aggiornamento ore 06.18) sono 8,51 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster, di cui:7,73 milioni possono riceverla subito, pari al 15,8% della platea (dall’11,8% del Piemonte al 22,5% della Sicilia);0,78 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari all’1,6% della platea (dallo 0,4% della Valle D’Aosta al 3,1% del Veneto).Vaccini: quarta dose – La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre 2022, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 12,2 milioni possono riceverlo subito, un milione non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 6 milioni l’hanno già ricevuto. Al 17 marzo (aggiornamento ore 06.18) sono state somministrate 5.984.294 quarte dosi, con una media mobile di 876 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 961 della scorsa settimana (-8,8%). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 31,3%, ovvero sono scoperte più di due persone su tre, con nette differenze regionali: dal 14% della Calabria al 45,3% del Piemonte.Vaccini: quinta dose – La platea per il terzo richiamo (quinta dose), aggiornata al 20 gennaio 2023, è di 3,1 milioni di persone: di queste, 2,4 milioni possono riceverlo subito, 0,2 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 0,5 milioni l’hanno già ricevuto. Dopo cinque mesi dall’avvio della campagna, al 17 marzo (aggiornamento ore 06.18) sono state somministrate 495.567 quinte dosi, con una media mobile di 746 somministrazioni al giorno, in aumento rispetto alle 735 della scorsa settimana (+1,5%). In base alla platea ufficiale (n. 3.146.516 di cui 2.298.047 over 60, 731.224 fragili e immunocompromessi, 117.245 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quinte dosi è del 15,7% con nette differenze regionali: dal 6% della Campania al 29,9% del Piemonte .”In considerazione della progressiva riduzione della circolazione virale da dicembre 2022, dell’impatto sempre minore su ospedalizzazioni e decessi, del sostanziale immobilismo della campagna vaccinale sui richiami e dell’assenza di nuove varianti di preoccupazione – conclude Cartabellotta – la Fondazione GIMBE dopo 3 anni sospende il report settimanale relativo al monitoraggio indipendente della pandemia COVID-19 e della campagna vaccinale. Confidando di avere reso un servizio utile al Paese, continueremo ad aggiornare i dati della pandemia e della campagna vaccinale sul nostro sito web”. LEGGI TUTTO

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    USA, FDA approva lo spray nasale di Pfizer per l'emicrania

    (Teleborsa) – La Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha approvato lo ZAVZPRET (zavegepant), lo spray nasale di Pfizer per il trattamento acuto dell’emicrania con o senza aura negli adulti. Lo comunica la stessa azienda farmaceutica statunitense in una nota, spiegando che, nel suo studio cardine di fase 3, ZAVZPRET si è dimostrato statisticamente superiore al placebo per quanto riguarda la libertà dal dolore e dai sintomi più fastidiosi dopo due ore dalla somministrazione. Lo studio ha anche dimostrato sollievo dal dolore già in 15 minuti.”L’approvazione della FDA di ZAVZPRET segna una svolta significativa per le persone con emicrania che hanno bisogno di liberarsi dal dolore e preferiscono opzioni alternative ai farmaci orali – ha affermato Angela Hwang, Chief Commercial Officer della divisione Global Biopharmaceuticals Business di Pfizer. LEGGI TUTTO