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    HQF passa in utile nel 2022, ricavi salgono a 19,5 milioni di euro

    (Teleborsa) – High Quality Food (HQF), gruppo quotato su Euronext Growth Milan e attivo nel settore agro-industriale di alta qualità, ha chiuso il 2022 con ricavi delle vendite pari a 19,5 milioni di euro, in crescita del 30% rispetto al 2021. Il fatturato è stato realizzato per 13,1 milioni in Italia, per 5,4 milioni in Europa e per 1 milione nel resto del mondo. Riguardo le categorie merceologiche, il prodotto “carne” incide per il 40% sul totale delle vendite, il prodotto “formaggi” per il 11%, i “prodotti ittici” per il 8%, “salumi” per il 7%. L’EBITDA è positivo per 1,3 milioni di euro, rispetto all’esercizio precedente pari a -0,2 milioni, con una marginalità pari a 6,0%. Il risultato di periodo consolidato risulta positivo di 0,3 milioni di euro, rispetto al risultato annuale di -1 milione di al 31 dicembre 2021 (+134% YoY).La PFN al 31 dicembre 2022 è positiva (debito) per 6,5 milioni di euro, in miglioramento di 0,5 milioni circa rispetto al 31 dicembre 2021 (positiva per 7,0 milioni).”Siamo estremamente soddisfatti dei risultati ottenuti, con un bilancio molto positivo, con crescita consistente dei principali indicatori di performance, che riflette l’impegno e la determinazione del nostro team – ha commentato l’AD Simone Cozzi – Abbiamo raggiunto questotraguardo grazie alla nostra dinamicità e capacità di adattarsi alle sfide del mercato, mantenendo al contempo un’attenzione costante alla qualità dei nostri prodotti e al servizio che offriamo ai nostri clienti”. LEGGI TUTTO

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    Alimentazione, BCG: “Aumento prezzi penalizza proteine alternative. Ma potenziale green è enorme”

    (Teleborsa) – Le proteine alternative, ovvero quelle di origine non animale, continuano la corsa alla conquista del mercato. Stando al report di BCG “Taking Alternative Proteins Mainstream”, il loro potenziale è innegabile: aumentare la loro quota a livello globale dall’attuale 2% all’8% entro il 2030 potrebbe portare ad una riduzione delle emissioni di CO2 equivalente alla decarbonizzazione del 95% dell’industria aeronautica. Per far crescere a lungo termine questo nuovo settore, però, è fondamentale un approccio incentrato sul consumatore. Nel 2022 il mercato al dettaglio statunitense delle proteine alternative è cresciuto del 9% e le vendite di prodotti lattiero-caseari alternativi sono aumentate del 12%, crescendo più rapidamente di quelle dei corrispettivi tradizionali (+10%); il latte vegetale refrigerato ha registrato un incremento delle vendite dell’8% e la categoria degli spalmabili, come la margarina alternativa, è cresciuta a due cifre dopo la contrazione del 2021.Le carni alternative stanno inoltre diventando una presenza fissa nei ristoranti fast-food di tutto il mondo: un canale cruciale perché crea l’opportunità per i consumatori di provare nuovi prodotti, spingendo così gli acquisti al dettaglio. In questo contesto, infatti, sono nate partnership come quella tra McDonald’s e Beyond Meat (adesso interrotta) oppure tra Burger King e Impossible Foods, con l’obiettivo di rendere il 50% del menu della catena food a base vegetale entro il 2030. Ciò nonostante, dopo le cifre esplosive registrate nel 2019 e nel 2020 (che hanno visto un aumento del 25% delle vendite al dettaglio), le vendite di carne alternativa sono diminuite dello 0,4% nel 2022, contro un aumento dell’8% della carne tradizionale. La decelerazione di questi prodotti green era prevedibile, poiché – si legge nel report – il 2020 è stato un anno anomalo, con vendite al dettaglio gonfiate dagli effetti del COVID-19. Il calo registrato nell’ultimo anno è dovuto principalmente a una contrazione del 14% dei volumi di carne alternativa refrigerata rispetto all’anno precedente, nonostante questa abbia ottenuto un aumento dei ricavi del 6%, dato l’aumento di prezzo che le aziende hanno effettuato per compensare la diminuzione delle unità vendute. “L’attuale contesto di mercato, caratterizzato da aumento dei prezzi e inflazione dei costi ha rallentato la crescita delle vendite al dettaglio di carni alternative, perché non tutti i consumatori sono disposti a pagare un sovrapprezzo per questo tipo di prodotti – spiega Lamberto Biscarini, managing director e senior partner di BCG –. Anche le preoccupazioni relative al prodotto rimangono al centro dell’attenzione dei consumatori, secondo cui c’è ancora margine di miglioramento su aspetti come gusto e consistenza. Per ottenere un’adozione su larga scala, l’industria dovrà lavorare su queste dimensioni e cercare di raggiungere la parità con la carne tradizionale”.L’innovazione è dunque necessaria, soprattutto perché, stando ai risultati, i vantaggi che i prodotti a base di carne alternativa offrono già oggi non sono sempre apprezzati dai consumatori: nel prendere decisioni sul cibo, solo il 20% di questi basa le proprie scelte d’acquisto su temi di sostenibilità, mentre il 60%, ovvero il segmento mainstream, pur preoccupandosi della sostenibilità della filiera alimentare, è influenzato da altre esigenze. Si tratta di elemento rilevante per poter portare il consumo di proteine green su ampia scala.Da una ricerca BCG e Blue Horizon basata su dati di social listening di Instagram raccolti su oltre 300 consumatori statunitensi, è emerso che i criteri principali per l’acquisto di proteine alternative sono il gusto e il valore nutrizionale. I dati hanno mostrato come le associazioni spontanee nei consumatori tra le parole legate al gusto e alla salute con la carne alternativa, siano diminuite rispettivamente del 5% e del 3% dal 2021 al 2022. Ci sono quindi degli ostacoli di percezione nei consumatori, su cui le aziende possono lavorare ottimizzando la comunicazione. Attraverso i principi della scienza comportamentale, BCG ha individuato quattro azioni da attuare: le prime due possono essere implementate rapidamente da tutte le aziende, mentre le altre due dipendono dall’occasione d’uso dei prodotti. Limitare le diciture “vegano” e “vegetariano” sulle confezioni, perché possono creare una barriera psicologica nei consumatori tradizionali. È consigliabile sostituirle con “non contiene derivati animali” o “adatto a una dieta vegana”: in questo modo il prodotto continuerà a essere informativo senza dissuadere gli onnivori. Accanto alla dicitura “a base vegetale” è utile specificare la fonte proteica del prodotto, per generare familiarità nei consumatori, superando l’idea che le carni alternative siano eccessivamente lavorate o artificiali. Dare spazio sulla confezione al lato sensoriale della carne alternativa: come avviene per i prodotti tradizionali, le aziende dovrebbero comunicare ai consumatori gli aspetti positivi legati al sapore e alla consistenza dei prodotti, utilizzando, ad esempio, termini quali “saporito” o “arrostito a fuoco lento”. I marchi possono anche combinare questo linguaggio con immagini vivaci e allettanti. Questa soluzione è particolarmente importante quando ci si rivolge a occasioni di consumo in cui la desiderabilità è l’esigenza principale dei consumatori. Quando si commercializza un prodotto che ha un profilo nutrizionale desiderabile e che si rivolge a un’occasione salutistica, enfatizzare sul packaging i benefici per la salute può avere sui consumatori una certa risonanza. Solo il 56% dei 25 marchi di carne alternativa più famosi, applica almeno 2 di questi 4 principi e, non a caso, il tasso di crescita di questi brand dal 2019 è 6 volte superiore a quello delle aziende concorrenti che non li hanno ancora implementati.Lo studio di BCG indica poi altre azioni concrete che le aziende possono compiere per costruire quote di mercato a lungo termine. In primis è necessario comprendere chi sono i consumatori mainstream e di cosa hanno bisogno nelle varie occasioni d’uso del prodotto, ma anche innovare i prodotti a base di proteine alternative per migliorarne gusto, consistenza e prezzo. Diventa necessario quindi, eseguire test che permettano di simulare il comportamento dei consumatori nel mondo reale e adottare un approccio di apprendimento continuo, affinando sia i prodotti che la comunicazione legata a essi. I prodotti lattiero-caseari alternativi hanno dimostrato che il passaggio al mainstream è possibile: anche per il settore della carne alternativa è ora di cogliere quest’opportunità. LEGGI TUTTO

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    Commodities agricole: fiammata prezzi penalizza paesi trasformatori come l'Italia

    (Teleborsa) – A confronto con i massimi del 2022 i prezzi delle commodities agricole sono tornati sui valori precedenti lo scoppio del conflitto russo-ucraino, ma si attestano ancora su livelli superiori rispetto a due anni fa. Stesso andamento si riscontra per i prodotti energetici, con i prezzi del gas crollati dai picchi della scorsa estate pur rimanendo 3 volte superiori rispetto alle medie di lungo termine. Si tratta di un ritorno alla normalità, o è solo calma apparente? È da questo punto che parte la riflessione del VII Forum Agrifood Monitor, organizzato da Nomisma in collaborazione con CRIF nato per comprendere le possibili evoluzioni della filiera agroalimentare.Lo studio dal titolo “Commodities e food & beverage. La filiera agroalimentare alla prova delle tensioni su materie prime agricole, energia, acqua” prodotto da Nomisma e presentato in occasione del VII Forum Agrifood Monitor mostra dinamiche sui mercati internazionali profondamente mutate, tanto che, secondo la FAO, considerando le superfici in Ucraina seminate a cereali invernali (per il raccolto 2023), queste risultano inferiori del 40% rispetto alla media del 2017-2021. Una riduzione che coinvolge anche il mais, coltivazione per cui si prospetta una produzione di circa 21 milioni di tonnellate contro i 34 della media 2017-2021. A questo si aggiunge la scadenza dell’accordo, prevista per il 18 marzo, per il “grano del Mar Nero”, stipulato con Russia, Turchia e ONU. Anche l’Argentina – che assieme all’Ucraina incide sull’export mondiale di mais per il 35% – a causa della siccità prevede per il 2023 una riduzione sensibile sia nella produzione sia nell’export. Questa dinamica, sottolinea Nomisma, viene compensata a livello globale dalla crescita del Brasile, che nel 2022 è diventato il primo esportatore assieme agli Stati Uniti per questo tipo di cereale. Artefice e protagonista dello scatto in avanti del Brasile è stato proprio il mais (+230%), per il quale l’Italia ha registrato nello stesso anno – complice la perdurante siccità che ha interessato le zone più vocate a questa coltivazione – un raccolto più basso del 24% rispetto alla media 2017-2019, praticamente pari alla metà rispetto al picco avuto nel 2014.”Nel panorama dei top esportatori mondiali di prodotti agroalimentari, il Brasile rappresenta il Paese che più ha guadagnato da questo scenario fortemente condizionato da tensioni geopolitiche e avversità climatiche – sottolinea Denis Pantini, responsabile Agroalimentare di Nomisma –. Nell’anno da poco terminato il Brasile ha messo a segno una crescita a valore del proprio export agroalimentare di oltre il 50%, superando i 126 Miliardi di euro e conquistando così il secondo posto assoluto, dopo gli Usa, nel ranking mondiale. La fiammata nei prezzi ha infatti favorito gli esportatori di commodities agricole, penalizzando invece i trasformatori come l’Italia: basti pensare che, mentre il Brasile ha ottenuto un surplus nella bilancia commerciale agroalimentare di 113 miliardi di euro (contro i 73 dell’anno precedente), l’Italia dai 4 Miliardi di euro del 2021 è tornata in negativo, dopo diversi anni di avanzo, di 1,4 miliardi di euro”.Per l’Italia – quando si parla di autosufficienza delle filiere – la questione non riguarda però soltanto il mais visto che per il frumento, l’orzo, la soia, e carni e oli vegetali (ma anche latte, zucchero e frutta in guscio) il fabbisogno del Paese risulta superiore alla produzione nazionale. Negli ultimi dieci anni, a fronte di una produzione agricola e di consumi interni stazionari, l’export italiano è cresciuto a valore del 70%, posizionando il nostro Paese al settimo posto nella classifica degli esportatori mondiali nel comparto food&beverage. Alla luce del gap nella disponibilità di materie prime agricole, anche le importazioni sono parallelamente cresciute e la dipendenza dell’Italia dall’estero pone il Paese in una condizione di maggior precarietà e debolezza in contesti di estrema volatilità (sia dei prezzi sia degli scambi commerciali) come quello attuale. Per quanto il 57% del nostro import agricolo derivi da paesi dell’Unione Europea, che rappresentano una sorta di “scudo” a protezione della sicurezza alimentare nazionale, per alcuni prodotti primari la dipendenza da aree extra-comunitarie è ancora alta (si pensi in particolare alla soia, all’olio di girasole, al grano duro).”Non ci sono dubbi sul fatto che l’attuale situazione geopolitica mondiale porterà nei prossimi anni a rafforzare i legami e gli scambi commerciali tra blocchi di paesi amici – continua Pantini –. L’obiettivo, secondo l’analisi prodotta da Nomisma, sarà quello di ridurre quei rischi di rotture nelle catene di approvvigionamento che da due anni a questa parte hanno generato, da un lato, rilevanti aumenti nei costi di produzione delle imprese, e dall’altro, fiammate inflattive nei prezzi al consumo di generi alimentari che non si vedevano da oltre trent’anni, con effetti a cascata sul carrello della spesa degli italiani”.Contestualmente, sarà altrettanto fondamentale, se non incrementare, quanto meno mantenere i livelli attuali di produzione agricola nazionale con la consapevolezza che il tessuto produttivo agricolo italiano continua ad essere troppo frammentato. Il 40% delle aziende agricole italiane presenta una superficie coltivata inferiore a 2 ettari e il 27% delle aziende produce esclusivamente per autoconsumo. A questo si aggiunge il fatto che solamente il 23% delle aziende agricole si trova inserito stabilmente in “filiera” (il 21% conferisce ad organismi associativi, il 2,5% vende attraverso accordi pluriennali con industria e distribuzione), vale a dire “strumenti contrattuali” in grado di mitigare i rischi della volatilità di prezzi e mercati. Accanto a questo il 33% della superficie agricola italiana è soggetta a forte erosione mentre ogni giorno vengono consumati mediamente 19 ettari di suolo e in ultimo l’area mediterranea (e in particolare le regioni del Sud Italia) rappresentano un “hot spot” del cambiamento climatico, dove negli ultimi sessant’anni si sono registrati gli aumenti più elevati delle temperature medie annuali, con effetti nefasti in termini di avversità climatiche, tra cui quella della siccità.”Fatturati in crescita e margini operativi in difficoltà. Questa è la fotografia delle aziende italiane, comprese quelle attive nel comparto food” – commenta Niccolò Zuffetti, head of Marketing at CRIBIS D&B, CRIF Group –. Le aziende si stanno concentrando sulla gestione della cassa e dei crediti nonché sul miglioramento della gestione della supply chain e della sostenibilità”. LEGGI TUTTO

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    Fiera Milano, decisione su piattaforma agro-alimentare spetta a soci Fiere Parma

    (Teleborsa) – In relazione alle notizie di stampa in merito alla finalizzazione di un’operazione con Fiere di Parma per la creazione di una comune piattaforma fieristica europea nel comparto agro-alimentare, Fiera Milano ha precisato che “allo stato attuale ogni decisione in merito al perfezionamento dell’operazione è rimessa all’assemblea dei soci di Fiere di Parma”.Successivamente alle determinazioni assunte dall’assemblea dei soci di Fiere di Parma, il consiglio di amministrazione di Fiera Milano sarà chiamato a decidere in merito, si legge in una nota della società quotata su Euronext STAR Milan e attiva nel settore fieristico e congressuale. LEGGI TUTTO

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    Newlat Food consolida partnership con CDP e investe 10 milioni in fondo

    (Teleborsa) – Newlat Food, gruppo italiano multi-brand del settore agro-alimentare e quotato su Euronext STAR Milan, consolida la partnership strategica con il Gruppo CDP attraverso l’investimento di 10 milioni di euro nel Fondo Corporate Partners I di CDP Venture Capital e la sottoscrizione di una lettera d’intenti con CDP Venture Capital per studiare ulteriori iniziative strategiche per l’innovazione nel settore agroalimentare.L’accordo, sottolinea una nota, ha per Newlat Food “importanti risvolti strategici”, poiché permette di monitorare e supportare attivamente il mondo delle startup focalizzate sullo sviluppo di soluzioni industriali trasversali, funzionali a tutti i settori produttivi.Inoltre, Newlat Food metterà a disposizione la propria esperienza per supportare lo sviluppo di piccole realtà innovative dell’agri-food che potranno diventare esse stesse, una volta completato il percorso di sviluppo con CDP Venture Capital, potenziali target per la strategia M&A del gruppo.Con l’investimento di 10 milioni nel comparto Industry Tech, Newlat Food si affianca ai corporate partners attuali del comparto, i gruppi Adler, Bolton, Camozzi e Marcegaglia, diventando l’unico corporate partner ad entrare a far parte dellìadvisory board.(Foto: Newlat) LEGGI TUTTO

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    SIGEP, l'Italia trionfa alla Gelato Europe Cup

    (Teleborsa) – La squadra italiana trionfa alla Gelato Europe Cup, con la premiazione avvenuta oggi, 23 gennaio, durante la terza giornata del SIGEP di Italian Exhibition Group , in corso fino a mercoledì alla fiera di Rimini. Il team tricolore composto da Davide Malizia, manager, Vincenzo Donnarumma, pasticcere, e Rosario Nicodemo, gelatiere, si assicura così la partecipazione alla decima edizione della Gelato World Cup, che si disputerà a SIGEP nel 2024, e che vedrà la partecipazione delle squadre selezionate dalla Coppa latino-americana, svoltasi a Buenos Aires nel giugno 2022 e della Gelato Asia Cup, che si è tenuta a ottobre 2022 a Singapore.”Sono felicissimo per questa vittoria – ha commentato a caldo Malizia – che abbiamo ottenuto proponendo le degustazioni all’insegna del grande stile italiano e con una magnifica scultura artistica realizzata con tecniche innovative. Ora nella prima settimana di febbraio completeremo la squadra con uno scultore del ghiaccio e uno chef per cominciare subito gli allenamenti in vista della Coppa del Mondo della gelateria, che si disputerà sempre qui a Sigep nel 2024. Sarà un’altra sfida entusiasmante”. Seconda classificata la squadra tedesca, seguita dall’Ungheria e dall’Austria, che con l’Italia andranno al mondiale.CONSUMI FUORI CASA: ORMAI RECUPERATO IL GAP CAUSATO DALLA PANDEMIA – Questa mattina la Vision Plaza del Sigep di Rimini ha ospitato l’evento, a cura di NPD Group, dal titolo “I consumi fuori casa in Italia, opportunità e prospettive future”. Nel suo intervento Matteo Figura, director Foodservice Italy di NPD Group, è partito da una fotografia della situazione attuale. “Il fuori casa alimentare è completamente ripartito, sotto l’aspetto dei valori. È un mercato da circa 60 miliardi ed attualmente siamo al +3% rispetto al pre covid per spese effettuate. Quel livello non è ancora recuperato sotto l’aspetto delle presenze, che sono a -5%. Tale risultato è spiegabile con l’aumento dei prezzi. Il consumatore tendenzialmente si muove meno rispetto al passato, per tanti motivi fra i quali anche la percezione che non tutto è finito dal punto di vista delle limitazioni. Meno spostamenti sui quali incide ovviamente anche la componente prezzo e quindi i comportamenti di acquisto si modificano. Al ristorante la strategia di risparmio interviene sul menu, con scelte limitate. Al bar invece l’aumento dei prezzi è sostanzialmente stato assorbito, infatti crescono i valori di spesa e restano stabili le occasioni di acquisto”. Sui trend in atto, Figura ha indicato due direttrici. “La prima – ha spiegato – è quella della sostenibilità. Il consumatore ha interiorizzato che si tratta di un valore anche discriminante rispetto agli acquisti. Premia chi si impegna e chi sa spiegarlo in modo convincente. La seconda tendenza è la selezione delle occasioni di acquisto, che si dirigono sempre più verso quelle opportunità che insieme al prodotto veicolano valori, e qui ci sta tutta l’arte dei Maestri del dolce artigianale a fare la differenza”. Infine, una suggestione: “La transizione digitale – ha detto Figura – è una domanda concreta per gli imprenditori del settore. Metaverso, NFT e robotica sono strumenti che potranno aiutare il business. Larghe fette di consumatori sono già pronte a recepire questi segnali: bisogna accelerare verso il loro utilizzo”.SORBETTI DAL MONDO: IL MIGLIORE È “FONDENTE, FICHI, RUM E CANNELLA” DI ANDREA BRUZZESE – È il gusto “Fondente, Fichi, Rum e Cannella”, presentato da Andrea Bruzzese, ad essersi aggiudicato il primo premio nel concorso Sorbetti dal Mondo organizzato a Sigep 2023 dall’Associazione Italiana Gelatieri. Al secondo posto il gusto “Ma.Ma”, di Denis Scomparin, terzo “Mela e Caramello” di Yoshhro Makino. I primi tre classificati accedono di diritto alle fasi finali della Coppa Italia di Gelateria. Premi anche per il quarto classificato, il gusto “Il Moro di Venezia” di Remigio Jeans e Marco Piovani, e per il quinto, il gusto “Sahara” di Danilo Cinelli.SIGEP: SANTO PALAMARA VINCE LA GERMAN CHALLENGE – Con il gusto Sfizio Calabrese alle noci, bergamotto e fichi caramellati, il maestro gelatiere Santo Palamara della Gelateria Zio Santo di Monaco di Baviera si è aggiudicato la prima tappa europea 2023 del Gelato Festival World Masters – svoltosi al Sigep di Rimini tra 15 gelatieri tedeschi in lizza –, il prestigioso torneo di gelato organizzato da Gelato Festival con Carpigiani Gelato University e Sigep – Italian Exhibition Group come partner strategici, che si tiene ogni quattro anni. Secondo classificato Adriano Di Stasio della Gelateria La Dolce Vita di Abensberg col gusto Sole Mio e al terzo posto Rino Bernardi della Gelateria By Rino di Ochsenhausen col gusto Red King. I tre gelatieri selezionati accederanno alle finali tedesche del Gelato Festival previste per il 2024.DIFFERENTI VISIONI, GRANDI IDEE: PREMIATE LE ECCELLENZE DI APEI – “Differenti Visioni, grandi idee”, quelle dei maestri gelatieri e cioccolatieri che si sono susseguiti sul palco della Pastry Arena nel format curato da Iginio Massari, presidente dell’Associazione Pasticceri dell’Eccellenza Italiana APEI che a Sigep ha conferito alcuni premi speciali. Agrimontana e Molino Dallagiovanna hanno ottenuto il riconoscimento come migliori materie prime. Per le migliori tecnologie sono stati premiati Polin e Roboqbo. A CierreEsse è stato consegnato il riconoscimento Apei in Sigep, mentre Davide Malizia ha ottenuto il premio al miglior soggetto al cioccolato natalizio innovativo e al miglior panettone al cioccolato decorato a tema natalizio. Per il miglior panettone con gelato è stato premiato Davide Morrone, mentre Giuseppe Piffaretti si è aggiudicato il riconoscimento per il miglior panettone al cioccolato. Il premio “Pasticcere dell’anno APEI” è andato infine ai fratelli Andrea e Nicola Pansa di Amalfi. “La tendenza della pasticceria, che poi è data dal risultato finale e dal riconoscimento del pubblico, è quella di andare sempre più verso la leggerezza – ha spiegato Massari –. Per quanto riguarda le materie prime, a farla da padrone si conferma l’utilizzo del pistacchio, in particolare quello di Bronte che è una vera e propria straordinaria bandiera italiana. Per il futuro auspico che i migliori artigiani italiani del nostro settore possano essere riconosciuti pubblicamente per la loro qualità dal Ministero dell’Agricoltura”. LEGGI TUTTO

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    Ocado Retail, vendite in aumento ma clienti acquistano meno articoli

    (Teleborsa) – Il supermercato online britannico Ocado Retail ha registrato ricavi pari a 549,4 milioni di sterline nel quarto trimestre dell’anno fiscale 2022 (terminato il 27 novembre scorso), in aumento dello 0,3% rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso.La società, una joint venture tra Ocado Group e Marks & Spence, ha però segnalato un “Valore medio del paniere” di 117 sterline, in calo dell’1,3% su base annua poiché un aumento del 7,6% del prezzo medio di vendita per articolo è stato compensato da un calo dell’8,3% in articoli medi per paniere (a 45 articoli).Il fatturato per l’intero anno di 2,2 miliardi di sterline è diminuito del 3,8% rispetto all’anno precedente, con un aumento di circa 40% dall’anno fiscale 2019.In discesa Ocado, che si attesta a 7,606 sterline, con un calo del 5,87%. Attesa per il resto della seduta un’estensione della fase ribassista con area di supporto vista a 7,29 e successiva a 6,974. Resistenza a 7,809.Discreta la performance di Marks And Spencer, che si attesta a 1,507 sterline, in lieve aumento dello 0,40%. A livello operativo si prevede un proseguimento della seduta all’insegna del toro con resistenza vista a quota 1,525 e successiva a 1,575. Supporto a 1,476.(Foto: © tupungato / 123RF) LEGGI TUTTO

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    Lindt & Spruengli, buona crescita nel 2022. Conferma guidance 2023

    (Teleborsa) – Lindt & Sprungli, multinazionale svizzera specializzata nella produzione di prodotti dolciari e cioccolato, ha registrato una crescita organica dei ricavi del +10,8% nel 2022 a CHF 4,97 miliardi. Ciò equivale a una crescita dell’8,4% in franchi svizzeri. Alla crescita hanno contribuito tutte le aree geografiche e in particolare i paesi dell’area Resto del Mondo e Nord America, che hanno registrato incrementi rispettivamente del 16,6% e del 15,7%.La regione Europa ha registrato una crescita organica del 5,3%, che ha portato a un fatturato di CHF 2,30 miliardi. In Europa, Germania, Francia, Regno Unito e Italia rimangono i mercati più importanti, con una buona crescita partendo da un’elevata base di vendita.Lindt & Sprungli è fiduciosa di raggiungere l’obiettivo, comunicato con i risultati semestrali, di raggiungere un margine di profitto operativo (EBIT) di circa il 15% nell’esercizio 2022.Per l’anno finanziario 2023, che sarà un altro impegnativo a causa dell’attuale contesto inflazionistico, la multinazionale prevede – come parte dei suoi immutati obiettivi di medio e lungo termine – di raggiungere una crescita delle vendite dal 6 all’8% all’anno e un aumento margine di profitto operativo da 20 a 40 punti base.Migliora l’andamento di Chocoladefabriken Lindt & Spruengli, che si attesta a 100.000 CHF, con un aumento dello 0,40%. Operativamente le attese sono per un proseguimento della giornata in senso positivo con resistenza vista a quota 100.466,7 e successiva a 101.866,7. Supporto a 99.066,7. LEGGI TUTTO